Il permesso di costruire in deroga e vaglio dell’interesse pubblico

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T.A.R. Piemonte, I sez., *************, Est. **********, sent. 18.9.2018, n. 1028

La natura privata e speculativa dell’intervento edilizio non è di per sé ostativa alla individuazione di un interesse pubblico, tenuto conto che nel rilascio del permesso di costruire in deroga previsto dall’art. 5 del c.d. Decreto sviluppo n.70/2011 (convertito in L. 106/2011), l’interesse del privato ad attuare l’intervento costruttivo assume un rilievo pubblicistico nella misura in cui consente di razionalizzare e riqualificare aree urbane degradate, con il solo limite che si tratti di destinazioni tra loro compatibili e complementari (in tal senso, cfr. TAR Piemonte, sez. II, 29 gennaio 2016 n. 91); sicchè il problema, di volta in volta, è quello di stabilire se l’intervento proposto dal privato, oltre a perseguire finalità imprenditoriali e lucrative, realizzi, nel contempo, le predette esigenze di carattere pubblicistico.

Allorquando l’intervento non ricada all’interno della fascia di rispetto cimiteriale individuata dal Piano regolatore cimiteriale (nella specie già dal 2004 il consiglio comunale di Giaveno aveva ridotto tale fascia a 50 metri nella zona) limitatamente alla realizzazione di interventi urbanistici “di rilevante interesse pubblico”, la questione attiene allo stabilire se l’intervento edilizio proposto dalle ricorrenti possa essere qualificato “di rilevante interesse pubblico”, e tale qualificazione dipende, a sua volta, dalla idoneità (o meno) dell’intervento a razionalizzare il patrimonio edilizio esistente e a riqualificare aree urbane degradate.

Pubblicato il 18/09/2018
N. 01028/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00033/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 33 del 2018, proposto da:
*** S.P.A. e *** S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avvocati **************** e ********************, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. **************** in Torino, via G. Giusti n. 3;
contro
COMUNE DI GIAVENO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati *************** e ************, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. *************** in Torino, via San Francesco ******** 14;
per l’annullamento
– della delibera del Consiglio Comunale di ******* n. 48 del 18.9.2017 (pubblicata dal 12.10 al 27.10.2017) avente ad oggetto “P.E. N.255/2016 ISTANZA DI PERMESSO DI COSTRUZIONE IN DEROGA AI SENSI DELLA L.106/2011 ART. 5 (DECRETO SVILUPPO) PER LA NUOVA COSTRUZIONE DI DUE FABBRICATI COMMERCIALI (MEDIA STRUTTURA MISTA M-SAM4 E RISTORAZIONE) A GIAVENO IN VIA TORINO (AREA ITT.1.16.2E ITT2.34.2 DEL P.R.G.C. VIGENTE). PROPRIETA’ SOC. *** SPA – PROPONENTE SOC. *** S.R.L. – MANCATO RICONOSCIMENTO DELL’INTERESSE PUBBLICO E DINIEGO ALLA DEROGA RICHIESTA”;
– del provvedimento di diniego prot. 28299 del 10.11.2017 formulato dal Comune di Giaveno nella pratica Edilizia PE 255/206 conseguente alla richiesta formulata dalle Società ricorrenti in data 12.7.2016 avente ad oggetto – come da comunicazione di avvio prot. 17629 del 18.7.2016 – “PERMESSO DI COSTRUIRE IN DEROGA AI SENSI DELLA L.R. 106/2011 ART. 5 PER LA NUOVA COSTRUZIONE DI 2 FABBRICATI COMMERCIALI (MEDIA STRUTTURA MISTA M-SAM4 E RISTORAZIONE)”;
– del preavviso di diniego prot. 26964 del 25.10.2017 a firma del Responsabile dell’Area Urbanistica e Gestione del Territorio;
– del provvedimento di diniego prot. “REP_PROV_TO/TO-SUPRO/0037222 del 15/11/2017” (prot. Comunale 28559 del 15.11.2017) formulato dal SUAP del Comune di Giaveno a fronte della “istanza di autorizzazione per attivazione di un esercizio di vendita di medie dimensioni M-SAM4 in via Torino n. 75 (SP 187) – F. 101 mappale 912 presentata tramite SUAP in data 07.07.2016 con protocollo REP_PROV_TO/TO-SUPRO 21392/07.072016 dalla Società *** S.R.L.”; con accertamento e declaratoria della formazione per silenzio-assenso dell’autorizzazione commerciale richiesta;
– della comunicazione di preavviso di rigetto, trasmessa ai sensi dell’art. 10 bis della L. 241/90 e s.m.i., con protocollo comunale n. 27463/2017 del 31.10.2017 tramite SUAP in data 02.11.2017;
– di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Giaveno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2018 il dott. ************************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Le società *** s.p.a. e *** s.r.l. sono rispettivamente la proprietaria e la promissaria acquirente dell’area sita nel Comune di Giaveno (TO), via Torino n. 75, identificata in catasto al foglio 101, mappali 912, 935, 937, 938, 940 e 942.
Sulla porzione centrale di detta area sono attualmente presenti alcuni manufatti in cattivo stato di manutenzione derivanti dall’attività agricola preesistente, quali serre, bassi fabbricati e tettoie aperte e chiuse, che in anni più recenti sono stati utilizzati come locali di rimessa degli autobus di linea appartenenti alla *** s.p.a., che svolge servizi di autotrasporto; la restante parte dell’area risulta invece inutilizzata, incolta e coperta da vegetazione.
Nel vigente PRGC del Comune di Giaveno, l’area è inclusa all’interno delle “Aree situate ai bordi dell’abitato poste lungo la S.P. 187 per Torino” ed è destinata ad attrezzature funzionali alle ditte erogatrici del servizio del trasporto pubblico.
2. Con istanza presentata il 12 luglio 2016, le predette società hanno richiesto al Comune di Giaveno il rilascio di un permesso di costruire in deroga ai sensi dell’art. 5 della L. 106/2011 per la realizzazione sulla predetta area, previa demolizione dei manufatti attualmente esistenti, di due edifici a destinazione commerciale, il primo classificato come media struttura di vendita M-SAM4, il secondo destinato a ristorazione, per una superficie complessiva di circa 4.450 mq. La società *** ha inoltre depositato in data 7 luglio 2016 un’istanza di autorizzazione commerciale per l’attivazione della media struttura di vendita.
3. Con delibera n. 48 del 18 settembre 2017, il consiglio comunale di ******* ha espresso parere negativo sull’istanza di permesso di costruire in deroga, non riconoscendo la sussistenza di ragioni di interesse pubblico alla realizzazione dell’intervento edilizio e alla contestuale deroga allo strumento urbanistico. Le ragioni del parere negativo, diffusamente illustrate nella motivazione del provvedimento, possono essere così sintetizzate:
a) la zona interessata dall’intervento non presenta le caratteristiche di “area urbana degradata”, e quindi l’intervento non soddisfa l’interesse pubblico tipizzato dal legislatore, consistente nella “riqualificazione di aree urbane degradate”: gli edifici esistenti possono, al più, essere qualificati come “dismessi”ma non certo in stato di degrado, e la zona non manifesta i tratti propri delle aree “disagiate a livello sociale” (elevato tasso di disoccupazione e bassa scolarizzazione);
b) l’intervento progettato non persegue di per sé alcun interesse pubblico che giustifichi la deroga alla disciplina urbanistica comunale; esso, infatti, appare diretto a realizzare essenzialmente un interesse privato-imprenditoriale correlato ad un fine di lucro, non già a perseguire un interesse pubblico;
c) l’area interessata dall’intervento si trova all’interno della fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri dal perimetro del cimitero, soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta, il quale si impone anche su contrastanti o incompatibili previsioni di piano regolatore generale;
d) l’intervento non è comunque compatibile con il vincolo cimiteriale, il quale ammette soltanto la realizzazione di interventi integranti “un’opera pubblica” o un “intervento urbanistico”, pubblico o privato, di rilevante interesse pubblico.
4. Alla luce del parere negativo formulato dal consiglio comunale, il responsabile dell’Area Urbanistica e Gestione del Territorio del Comune di Giaveno ha comunicato alle società proponenti, con nota del 25 ottobre 2017, la sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, invitando le interessate a presentare osservazioni entro 10 giorni.
5. Non essendo pervenute osservazioni, con successivo provvedimento del 10 novembre 2017, lo stesso responsabile del procedimento ha adottato il provvedimento conclusivo di diniego del rilascio del permesso di costruire in deroga, per le motivazioni espresse dal consiglio comunale nella delibera n. 48/2017.
6. Infine, con provvedimento del 31 ottobre 2017, il responsabile del SUAP ha respinto l’istanza di autorizzazione per l’attivazione della media struttura di vendita M-SAM4, perché “in contrasto con la destinazione d’uso prevista dal PRGC per l’area interessata che non consente l’insediamento di nuove attività commerciali”.

7. Con ricorso notificato il 13 dicembre 2017 e ritualmente depositato, le società *** s.p.a. e *** s.r.l. hanno impugnato i provvedimenti da ultimo citati (parere negativo del consiglio comunale, diniego del permesso di costruire in deroga e diniego dell’autorizzazione commerciale), e ne hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione, sulla base di quattro motivi, con i quali hanno dedotto vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto plurimi profili, in sintesi:
7.1.) la sussistenza di un’”area degradata” da riqualificare non costituirebbe, secondo le ricorrenti, una condizione imprescindibile per il rilascio del permesso di costruire in deroga, dal momento che l’art. 5 comma 9 della L. 106/11 ne prevede il rilascio anche nell’ipotesi di riqualificazione “di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione”, come nel caso di specie; in ogni caso, l’area in questione sarebbe in condizioni di oggettivo degrado, come si evincerebbe sia dalla documentazione fotografica versata in atti, sia dalla stessa descrizione dell’area contenuta nella motivazione della delibera consiliare impugnata; d’altra parte, proprio su questo stesso presupposto (ossia l’esistenza di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione) il consiglio comunale di Giaveno ha di recente assentito la deroga ex art. 5 L. 106/2011 per il recupero delle ex Cartiere Reguzzoni in via di dismissione, per la realizzazione di una struttura commerciale al dettaglio alimentare ed extralimentare M-SAM inferiore a 2.500 mq, con cambio di destinazione d’uso, e di tre strutture commerciali all’ingrosso di materiale sanitario ed elettrico per una superficie complessiva di 8.000 mq; in tal caso il consiglio comunale non ha ritenuto necessaria l’esistenza di una condizione di degrado dell’area, di modo che il diniego opposto alle ricorrenti sarebbe viziato da eccesso di potere per disparità di trattamento;
7.2) l’interesse pubblico dell’intervento è implicito nel fatto che esso, pur perseguendo un interesse privato, consente di riqualificare un’area degradata; inoltre, la nuova destinazione commerciale che verrebbe impressa all’area con la realizzazione dell’intervento edilizio in deroga al PRGC non farebbe che anticipare l’adeguamento dello strumento urbanistico comunale ai criteri commerciali già approvati dal Comune di Giaveno, tenuto conto che l’area oggetto dell’intervento sarebbe ricompresa – secondo parte ricorrente – nel parametro “E.3 Estensione massima possibile dell’addensamento oltre l’ultimo esercizio”; d’altra parte, nel caso dell’intervento relativo alle ex Cartiere Reguzzoni, il consiglio comunale, pur a fronte di un progetto relativo ad un insediamento commerciale, ha ritenuto sussistenti i presupposti di interesse pubblico sotto plurimi profili (garantire la presenza sul territorio della media e grande distribuzione, con vantaggio per la concorrenza e quindi per i consumatori; garantire la salvaguardia dei posti di lavoro; garantire lo sviluppo economico del Comune), con conseguente disparità di trattamento;
7.3) l’area interessata dall’intervento non ricade all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, dal momento che nel Comune di Giaveno tale fascia è stata ridotta a 50 metri nella zona sud-est del cimitero con delibera del consiglio comunale n. 5 del 12 febbraio 2004 con cui è stato approvato il Piano regolatore cimiteriale, in piena attuazione dell’art. 338 comma 5 T.U.LL.SS, al dichiarato fine di individuare un’area “destinata o da destinare a servizi sociali, ad attrezzature di interesse generale”; tale riduzione è stata poi recepita nel PRGC in occasione dell’approvazione della Variante generale di revisione approvata con DGR del 28 novembre 2011; tale fascia ridotta continua ad essere in vigore in via transitoria pur dopo la novella introdotta all’art. 27 della L.R. 56/77 dalla L.R. 3/2013, fino all’adeguamento del PRGC alla fascia di rispetto legale di 200 metri; la tesi sostenuta nel parere impugnato secondo cui la fascia di rispetto di 200 metri stabilita dalla legge regionale prevarrebbe su previsioni contrarie del PRGC vale soltanto per le norme di PRGC approvate dopo la L.R. 3/2013, non per quelle approvate prima;
7.4) in ogni caso, anche a voler ritenere vigente la fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri, l’edificazione delle due strutture commerciali sarebbe comunque possibile, dal momento che all’interno della fascia di rispetto cimiteriale non vige un vincolo di inedificabilità assoluta; in particolare, in base a quanto previsto dall’art. 338 T.U.LL.SS, all’interno di tale fascia sono possibili consistenti attività edificatorie (quali manutenzione, restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione, ampliamenti volumetrici entro il 10%) e soprattutto è possibile che, in presenza di opere pubbliche e interventi urbanistici di rilevante interesse pubblico, venga attivato il procedimento di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale;
7.5) la parte ricorrente ha poi dedotto censure di illegittimità derivata nei confronti del diniego di permesso di costruire e del diniego di autorizzazione commerciale, in conseguenza dell’illegittimità del presupposto parere del consiglio comunale; peraltro, con specifico riferimento al diniego di autorizzazione commerciale, la parte ricorrente ha dedotto anche il vizio di violazione di legge con riferimento all’art. 8 comma 4 del D. Lgs. 114/98, sostenendo che l’autorizzazione commerciale per la media struttura di vendita si sarebbe formata per silenzio-assenso.
8. Si è costituito il Comune di Giaveno, depositando documentazione e resistendo al gravame con memoria difensiva.
9. All’udienza in camera di consiglio del 31 gennaio 2018, la difesa di parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare.
10. All’udienza pubblica del 10 luglio 2018, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie conclusive nei termini di rito, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato, ma in termini complessivamente insufficienti a consentire l’annullamento dei provvedimenti impugnati, dal momento che la ragione principale del diniego espresso dall’amministrazione comunale, ossia l’assenza di sufficienti presupposti di interesse pubblico per la realizzazione dell’intervento edilizio in ragione dell’inesistenza di un’area urbana degradata da riqualificare, resiste alle censure di parte ricorrente e, stante la sua autonomia nel contesto motivazionale degli atti impugnati, è in grado da sola di sorreggerne la legittimità.
1. Come si è esposto nella parte in fatto, i dinieghi impugnati si fondano sul parere negativo espresso dal consiglio comunale, il quale, a sua volta, si fonda su quattro concorrenti e autonome ragioni giustificatrici:
a) l’insussistenza di una situazione di degrado dell’area interessata;
b) l’insussistenza di un interesse pubblico all’intervento, stante la finalità privatistico-imprenditoriale di quest’ultimo;
c) la localizzazione dell’intervento all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta;
d) l’insussistenza di profili di rilevante interesse pubblico dell’intervento urbanistico, atti a consentire la riduzione della fascia di rispetto cimiteriale.
2. In relazione ai capi di motivazione di cui sub b) c) e d), le censure di parte ricorrente appaiono fondate, atteso che:
– la natura privata e speculativa dell’intervento edilizio non è di per sé ostativa alla individuazione di un interesse pubblico, tenuto conto che nel rilascio del permesso di costruire in deroga previsto dall’art. 5 del c.d. Decreto sviluppo n.70/2011 (convertito in L. 106/2011), l’interesse del privato ad attuare l’intervento costruttivo assume un rilievo pubblicistico nella misura in cui consente di razionalizzare e riqualificare aree urbane degradate, con il solo limite che si tratti di destinazioni tra loro compatibili e complementari (in tal senso, cfr. TAR Piemonte, sez. II, 29 gennaio 2016 n. 91); sicchè il problema, di volta in volta, è quello di stabilire se l’intervento proposto dal privato, oltre a perseguire finalità imprenditoriali e lucrative, realizzi, nel contempo, le predette esigenze di carattere pubblicistico;
– l’intervento non sembra ricadere all’interno della fascia di rispetto cimiteriale individuata dal Piano regolatore cimiteriale, dal momento che già dal 2004 il consiglio comunale di ******* ha ridotto tale fascia a 50 metri nella zona in cui ricadrebbe l’intervento di cui si discute, limitatamente alla realizzazione di interventi urbanistici “di rilevante interesse pubblico”; anche sotto questo profilo, pertanto, il problema diventa quello di stabilire se l’intervento edilizio proposto dalle ricorrenti possa essere qualificato “di rilevante interesse pubblico”, e tale qualificazione dipende, a sua volta, dalla idoneità (o meno) dell’intervento a razionalizzare il patrimonio edilizio esistente e a riqualificare aree urbane degradate.
3. In definitiva, alla luce di quanto appena appena esposto, nel contesto motivazionale del parere espresso dal consiglio comunale di Giaveno assume un rilievo decisivo e assorbente il capo di motivazione sintetizzato al punto a) del dispositivo, secondo cui “la zona interessata non presenta le caratteristiche dell’area urbana degradata e quindi l’intervento non soddisfa l’interesse pubblico tipizzato della “riqualificazione di aree urbane degradate”.
4. Ritiene il collegio che tale capo di motivazione resista alle censure di parte ricorrente.
4.1. L’art 5 commi 9 e ss. D.L. n. 70 del 2011 (conv. in L. 106/2011) dispone che “Al fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili (…) è ammesso il rilascio di un permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 anche per il mutamento delle destinazioni d’uso, purchè si tratti di destinazioni tra loro compatibili e complementari (…)
4.2. In forza di tale disposizione, il presupposto in presenza del quale “è ammesso” – quindi comunque non “dovuto” – il rilascio di un permesso di costruire in deroga al vigente PRGC è che l’intervento edilizio consenta di perseguire “la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente” e “la riqualificazione di aree urbane degradate”, caratterizzate, queste ultime, dalla “presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare”.
4.3. Nel contesto della disposizione, il riferimento all’esistenza di “funzioni eterogenee” o di “tessuti edilizi disorganici o incompiuti” o di “edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare” non individua presupposti autonomi per il rilascio di un permesso di costruire in deroga, ulteriori rispetto a quelli costituiti dalla “razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente” e dalla “riqualificazione di aree urbane degradate”, ma intende unicamente esemplificare gli specifici contesti urbani “degradati” in cui la norma trova applicazione. In tal senso, Consiglio di Stato, sez. IV, 11 aprile 2014 n. 1767, secondo cui “se può convenirsi che i “fini” della norma sono due: “la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate”, sono queste ultime ad essere connotate dalla “presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare”. Se così è, la norma si applica agli edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare soltanto ove ricadenti in “aree degradate”.
4.4. In altre parole, l’esistenza di “edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare” costituisce un presupposto sufficiente a consentire il rilascio di un permesso di costruire in deroga al vigente strumento urbanistico comunale, soltanto nel caso in cui tali edifici si collochino in “aree urbane degradate”; solo in tal caso la legge consente al consiglio comunale di valutare l’assentibilità di proposte di edificazione in deroga al vigente PRGC e con il riconoscimento al soggetto proponente di particolari facoltà “premianti” (volumetria aggiuntiva, possibilità di delocalizzare la volumetria in area diversa, ammissibilità di modifiche della destinazione d’uso e delle sagome degli edifici), nella misura in cui gli interventi proposti consentano di perseguire l’interesse pubblico prioritario alla “razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente” e alla “riqualificazione di aree urbane degradate”.
4.5. La valutazione circa la sussistenza di tali presupposti, ed in particolare circa l’esistenza di aree urbane “degradate”, è rimessa per legge al consiglio comunale; si tratta di una valutazione connotata da ampia discrezionalità tecnica, tenuto che conto che essa può comportare deroghe più o meno estese alla vigente strumentazione urbanistica, e che per tale motivo è sindacabile da questo giudice solo in presenza di profili di macroscopica illogicità, irragionevolezza o di travisamento del fatto: profili che, nel caso di specie, il collegio non rileva.
4.6. Le società ricorrenti sostengono che lo stato di degrado dell’area si evincerebbe sia dalla motivazione della delibera consiliare impugnata, sia dalla documentazione versata in atti.
Il collegio non condivide la tesi di parte ricorrente:
– premesso che la nozione di “degrado” di un bene non attinge a regole tecniche desunte da scienze esatte e quindi sconta sempre, inevitabilmente, un tasso più o meno elevato di opinabilità, va osservato che nella motivazione della delibera consiliare n. 48/2017 l’area è così descritta: “L’area presenta le seguenti caratteristiche: la proprietà risulta delimitata da una recinzione il cui accesso principale è individuato da un cancello carraio posto sulla via Torino al civico 75. Nell’area sono presenti alcune serre, bassi fabbricati e tettorie aperte e chiuse (in cattivo stato di manutenzione e derivanti dall’attività agricola preesistente), ora utilizzate per il parcheggio degli autobus di linea appartenenti alla ditta ***, proprietaria degli immobili. La restante parte della proprietà risulta inutilizzata, incolta e ricoperta da vegetazione”; il provvedimento, osserva il collegio, non sembra individuare un’area “degradata”, quanto piuttosto un’area su cui insistono manufatti in cattivo stato di manutenzione (ma tuttora utilizzati da una delle società ricorrenti per l’esercizio della propria attività imprenditoriale di autotrasporto), e in parte costituita da terreno incolto e inutilizzato;
– la stessa documentazione fotografica prodotta in giudizio dalle società ricorrenti (doc.11) non restituisce l’immagine di un’area “degradata”: si percepisce la presenza di abbondante vegetazione spontanea, con alcuni modesti manufatti agricoli in evidente stato di cattiva manutenzione; sembra anche di percepire che l’area si collochi in un contesto rurale, o comunque scarsamente urbanizzato; tuttavia, dedurre da questi elementi l’esistenza di un’area urbana degradata è una conclusione che il collegio non ritiene di condividere, e che comunque, allo stato degli atti, appare quanto meno opinabile;
– è noto, a questo riguardo, che quando l’Amministrazione non applica scienze esatte che conducono ad un risultato certo ed univoco, ma formula un giudizio tecnico connotato da un fisiologico margine di opinabilità, per sconfessare quest’ultimo non è sufficiente evidenziare la mera non condivisibilità del giudizio, dovendosi piuttosto dimostrare la sua palese inattendibilità, l’evidente insostenibilità, con la conseguenza che, ove non emergano travisamenti, pretestuosità o irrazionalità, ma solo margini di fisiologica opinabilità e non condivisibilità della valutazione tecnico-discrezionale operata dalla Pubblica amministrazione, il giudice amministrativo non può sovrapporre alla valutazione opinabile del competente organo della stessa la propria, giacché diversamente egli sostituirebbe un giudizio opinabile (nella specie, quello del consiglio comunale circa l’insussistenza di una situazione di degrado dell’area interessata dal progetto di edificazione in deroga al PRGC) con uno altrettanto opinabile (nella specie, quello espresso dalla difesa di parte ricorrente), assumendo così un potere che la legge riserva all’Amministrazione;
– in tale contesto, pertanto, ritiene il collegio che la valutazione del consiglio comunale di Giaveno circa l’insussistenza di un’area degradata da riqualificare, per quanto opinabile, non sia tuttavia manifestamente illogica o irragionevole o frutto di un macroscopico travisamento della situazione di fatto, e in quanto tale si sottragga al sindacato giurisdizionale di questo giudice, alla stregua dei principi sopra esposti.
4.7. A tali considerazioni va poi aggiunto un rilievo di fondo, e cioè che l’art. 5 comma 9 del Decreto Sviluppo n. 70/2011 (convertito in L. 106/2011) si limita ad individuare i presupposti in presenza dei quali l’amministrazione può rilasciare eccezionalmente un permesso di costruire in deroga alla vigente strumentazione urbanistica, senza la necessità di passare attraverso una previa modifica formale dello strumento urbanistico: “può”, non “deve”. In altre parole, pur in presenza di “aree degradate…conedifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare”, l’amministrazione non è obbligata ad accogliere qualsiasi richiesta di edificazione presentata da privati in deroga al vigente piano regolatore comunale, per il solo fatto che questa consenta di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente e di riqualificare aree urbane degradate; l’amministrazione può farlo, ma non è vincolata a farlo; il principio di carattere generale è che lo strumento urbanistico va rispettato finchè è in vigore; la possibilità di rilasciare permessi di costruire in deroga al vigente strumento urbanistico costituisce una eccezione a tale principio; eccezione che può essere assentita dall’amministrazione comunale in presenza di taluni presupposti previsti dalla legge, nell’esercizio di poteri ampiamente discrezionali che possono afferire anche agli indirizzi politici di fondo dell’amministrazione in carica in materia di governo del territorio (e che non a caso sono affidati, in prima battuta, al consiglio comunale, ossia all’organo elettivo a cui sono riservate per legge le decisioni più importanti in materia di governo del territorio, quali l’approvazione dei piani territoriali ed urbanistici); per tale motivo, si tratta di valutazioni di merito dell’amministrazione comunale, di carattere latamente politico, che potrebbero persino prescindere da particolari motivazioni di carattere tecnico e che, in ogni caso, sono sindacabili da questo giudice entro i limiti ristrettissimi di cui si è detto; per dirla in breve, è la concessione della deroga che va adeguatamente motivata, rappresentando un’eccezione ai principi generali della materia, non il suo diniego, che al contrario costituisce la mera riaffermazione di tali principi.
4.8. Infondata, da ultimo, è anche la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento dedotta dalle società ricorrenti con riferimento alle decisioni di segno contrario assunte dall’ amministrazione comunale in relazione alle ex Cartiere Reguzzoni.
Secondo consolidati principi giurisprudenziali, la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento a fronte di scelte discrezionali dell’Amministrazione è riscontrabile solo nel caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, la cui prova rigorosa deve essere fornita dall’interessato.
Ritiene il collegio che, nel caso di specie, le situazioni poste a confronto dalla parte ricorrente presentito profili di sostanziale diversità:
– nel caso delle ex Cartiere Reguzzoni si trattava di edifici produttivi dismessi o in via di dismissione, sicchè il contesto urbano era totalmente diverso da quello “rurale” proprio del caso di specie, come si evince anche visivamente dalla documentazione cartografica e fotografica versata in atti (docc. 13 e 16 di parte ricorrente; docc. 9 e 10 di parte resistente);
– nel caso delle ex Cartiere Reguzzoni, nella stessa relazione tecnica allegata alla domanda di permesso di costruire in deroga si parlava di “degrado strutturale” e “degrado funzionale” dell’edificio produttivo, con perdita delle capacità resistenti originarie delle strutture in ferro e cemento armato, distacchi, efflorescenze, alterazioni cromatiche (doc. 16 parte ricorrente e doc. 10 di parte resistente, pagg. 9-11); la stessa delibera consiliare n. 51 del 5 agosto 2016, recante parere favorevole al rilascio dei permessi di costruire, parlava di un edificio produttivo “destinato ad un rapido degrado” (doc. 12 ricorrente e doc. 9 parte resistente);
– in definitiva, ritiene il collegio che le due situazioni non siano comparabili e ragionevolmente abbiano dato origine a provvedimenti di segno diverso dell’amministrazione comunale.

5. In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, ritiene il collegio che il capo di motivazione relativo all’assenza di adeguati presupposti di interesse pubblico, in ragione dell’inesistenza di un’area urbana degradata da riqualificare, resista alle censure di parte ricorrente e, stante la sua autosufficienza nel contesto motivazionale della delibera consiliare n. 48 del 18 settembre 2017, sia idoneo di per sé a sorreggere la legittimità di quest’ultima.
6. L’accertata legittimità del provvedimento consiliare vanifica conseguentemente la censura di illegittimità derivata dedotta dalla parte ricorrente in relazione ai due atti conseguenti (diniego di permesso di costruire e diniego di autorizzazione commerciale).
7. Per l’effetto, va dichiarata improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse la censura di illegittimità del diniego di autorizzazione commerciale per vizi propri, tenuto conto che l’avvio dell’attività commerciale sarebbe comunque impedito ab origine dall’impossibilità di edificare la struttura commerciale, stante il diniego espresso (legittimamente) dall’amministrazione comunale.
8. Il ricorso va quindi respinto, mentre le spese di lite possono essere compensate per la complessità e la relativa novità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:
*************, P**************************, Consigliere
**************************, ***********, Est*********************** IL PRESIDENTE
************************** *************

Avv. Biamonte Alessandro

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