Come deve essere valutato il pericolo di inquinamento probatorio?
[Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 274, co. 1, lett. a)]
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Indice
1. La questione: il pericolo di inquinamento probatorio
Il Tribunale del riesame di Taranto, pronunciandosi ex art. 310 cod. proc. pen., respingeva un appello formulato avverso il rigetto da parte del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale della medesima città, riguardante una richiesta di revoca o sostituzione con altra meno afflittiva della misura cautelare degli arresti domiciliari applicata ad un indagato per un caso di corruzione.
Ciò posto, avverso questa decisione la difesa proponeva ricorso per Cassazione deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione, relativo alle esigenze cautelari.
In particolare, secondo il ricorrente, le esigenze a fondamento della misura domiciliare (pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione della condotta delittuosa) erano ormai venute meno in ragione di una serie di “elementi nuovi, atti certamente a mutare il quadro cautelare”, non adeguatamente considerati dal Tribunale dell’appello cautelare. Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale rappresenta un valido strumento operativo di ausilio per il Professionista: Formulario annotato del processo penale
2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto infondato, reputando, tra le argomentazioni ivi addotte, la motivazione del provvedimento impugnato conforme al principio di diritto secondo il quale «in tema di misure cautelari personali, la valutazione del pericolo di inquinamento probatorio deve essere effettuata con riferimento sia alle prove da acquisire, sia alle fonti di prova già acquisite, a nulla rilevando lo stato avanzato delle indagini o la loro conclusione, in quanto l’esigenza di salvaguardare la genuinità della prova non si esaurisce all’atto della chiusura delle indagini preliminari, specie nel caso in cui il pericolo sia stato in concreto correlato alla protezione delle fonti dichiarative, in vista della loro assunzione dibattimentale» (Sez. 2, n. 3135 del 09/12/2022; conf., Sez. U, n. 19 del 25/10/1994).
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3. Conclusioni
Con la decisione in esame la Corte di legittimità chiarisce come deve essere valutato il pericolo di inquinamento probatorio.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in tema di misure cautelari personali, la valutazione del pericolo di inquinamento probatorio deve considerare sia le prove da acquisire che le fonti di prova già ottenute, a nulla rilevando lo stato avanzato o la conclusione delle indagini.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, prendere in considerazione la fase delle indagini preliminari in sé e per sé considerata, senza, invece, fare alcun riferimento alle prove e alle fonti di prova già emerse nel corso di questa fase processuale.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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