Perdita di rapporto parentale: il danno dev’essere liquidato in via equitativa

Il danno per la perdita di chances di proseguire il rapporto parentale deve essere liquidato in via equitativa.

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Corte di Appello di Milano -sez. II civ.- sentenza n. 1787 del 18-06-2025

SENTENZA_CORTE_DI_APPELLO_DI_MILANO_N._1787_2025_-_N._R.G._00001940_2024_DEPOSITO_MINUTA_18_06_2025__PUBBLICAZIONE_18_06_2025.pdf 432 KB

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Indice

1. I fatti: perdita di rapporto parentale


Una struttura sanitaria proponeva appello dinanzi alla Corte di Appello di Milano avverso una sentenza di primo grado che l’aveva condannata a risarcire agli attori i danni subiti dal proprio congiunto per la perdita di chances di sopravvivenza nonché a risarcire i danni subiti in proprio dagli attori per la perdita di chances di proseguire il rapporto parentale con il proprio congiunto.
La condanna della struttura sanitaria era basata sul comportamento omissivo che era stato tenuto dai suoi sanitari tale da configurare un inadempimento agli obblighi di cura assunti nei confronti del congiunto degli attori che si era sottoposto ad una visita presso l’ospedale.
In particolare, detto congiunto si era sottoposto ad una visita cardiologica a seguito del riscontro di una tachiaritmia di prima evidenza e, nonostante lo stesso fosse in sovrappeso e con un quadro clinico complesso caratterizzato da cardiopatia ed ipertensione arteriosa, era stato dimesso con diagnosi di fibrillazione atriale.
Circa 40 giorni dopo detta visita, a seguito di un infarto miocardico, il paziente era stato trasportato al Pronto soccorso e poi ricoverato presso il reparto di rianimazione dell’ospedale, dove moriva dopo circa 5 giorni.
I parenti del paziente avevano così agito nei confronti della struttura sanitaria e il giudice di primo grado aveva accertato la responsabilità dei sanitari dell’ospedale per essersi limitati a prendere in carico il paziente per la gestione della fibrillazione atriale, senza però compiere una valutazione generale della situazione cardiologica e il rischio cardiovascolare.
In particolare, il giudice di primo grado aveva accertato che la mancata valutazione della stabilità o meno della cardiopatia ischemica del paziente e la mancata effettuazione dei necessari accertamenti (in particolare, la mancata esecuzione di un test da sforzo), avevano determinato la perdita delle possibilità di individuare la patologia cardiaca che 42 giorni dopo aveva condotto alla morte il paziente. Conseguentemente, detta condotta omissiva aveva causato la perdita di chance di sopravvivenza del paziente quantificate nella misura del 30%.
La struttura sanitaria aveva quindi proposto appello fondato, per quanto qui di interesse, su due motivi: 1) l’erronea valutazione della sussistenza del nesso di causalità tra le condotte omissive dei sanitari e la perdita di possibilità di guarigione del paziente; 2) l’erronea liquidazione del danno da perdita di chances di mantenere il rapporto parentale.
Con riferimento al primo motivo, la convenuta lamentava che non vi era alcun elemento che avrebbe potuto indurre i propri sanitari a svolgere delle attività diagnostiche diverse da quelle svolte, né a fornire indicazioni specifiche per approfondire lo stato di stabilità della cardiopatia.
Con riferimento al secondo motivo di appello, la struttura sanitaria sosteneva che il giudice di prime cure avrebbe errato nel liquidare il danno da perdita del rapporto parentale, in quanto aveva riconosciuto soltanto un danno da perdita di chance, in quanto la condotta dei sanitari non aveva causato la morte del paziente. Pertanto, secondo la struttura sanitaria, il giudice non avrebbe potuto riconoscere ai congiunti del paziente deceduto il danno da perdita del rapporto parentale. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

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2. La decisione del Tribunale


Per quanto riguarda il primo motivo di appello, il Collegio milanese ha evidenziato come i consulenti tecnici d’ufficio, nella relazione svolta in primo grado, avessero chiaramente accertato il nesso di causalità tra la condotta posta in essere dai sanitari della convenuta e la perdita di chance di sopravvivenza del paziente, individuando esattamente i singoli profili di censura del comportamento di detti sanitari e la correlazione causale tra tali condotte e la perdita della possibilità del paziente di ricevere cure adeguate e dunque di poter sopravvivere più a lungo.
Secondo la Corte di Appello, il giudice di primo grado ha correttamente recepito le conclusioni dei CTU e pertanto ha confermato la decisione di accertamento del nesso causale tre le condotte omissive dei sanitari e la perdita di chance di sopravvivenza subita dal paziente.
Per quanto concerne il secondo motivo di appello, il Collegio milanese ha evidenziato che, dalla lettura della sentenza di primo grado, emerge in maniera chiara che il Tribunale, seppure ha usato la terminologia “danno da perdita del rapporto parentale”, ha liquidato a favore degli attori non detta ultima tipologia di danno, bensì quello correlato alla perdita di chance di continuare a godere del rapporto parentale.
A tal proposito, i giudici di appello hanno evidenziato la differenza tra dette due voci di danno:

  • il danno da perdita del rapporto parentale, presuppone l’accertamento del nesso di causalità tra la condotta del medico e il decesso del paziente;
  • il danno da perdita di chances di continuare a godere del rapporto parentale, presuppone l’accertamento del nesso di causalità tra la condotta dei sanitari e la perdita delle chance di sopravvivenza del paziente, dovute alla incertezza sull’anticipazione dell’evento morte.

Infatti, ricorda la Corte di Appello, secondo la nota sentenza della Corte di Cassazione sul punto, detti danni hanno un autonomo fondamento.
Il giudice di primo grado ha ribadito come nel caso in esame non vi fosse la prova che la condotta omissiva dei sanitari della convenuta avesse cagionato la morte del paziente, in quanto era stata accertata dai consulenti tecnici d’ufficio una insanabile incertezza rispetto all’eventualità di una maggiore durata della vita del paziente.
Pertanto, secondo la corte d’appello milanese, il giudice di primo grado, coerentemente con la diversa natura del danno da perdita del rapporto parentale rispetto al danno da perdita della chance di godere di tale rapporto, ha in maniera corretta proceduto alla liquidazione di quest’ultimo tipo di danno.
Infine, i giudici di appello hanno ritenuto corretta anche la modalità di quantificazione del predetto danno da perdita di chances di mantenere il rapporto parentale.
In particolare, il giudice di primo grado aveva liquidato l’importo a favore degli attori, partendo dall’importo del danno da perdita del rapporto parentale determinato sulla base delle Tabelle del Tribunale di Milano e poi aveva ridotto detto importo della misura corrispondente alla chance di sopravvivenza del paziente che era stata accertata dai CTU.
Conseguentemente, la Corte di Appello di Milano ha confermato la liquidazione del danno da perdita di chance di godere del rapporto parentale che era stata compiuta dal giudice di prime cure.

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Avv. Muia’ Pier Paolo

Co-founder dello Studio Legale “MMP Legal”, svolge la professione di avvocato in Firenze, Prato e Pistoia, occupandosi in via principale con il suo staff di responsabilità professionale e civile; internet law, privacy e proprietà
intellettuale nonchè diritto tributario. …Continua a leggere

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