Pensioni, il bonus Poletti è legittimo

Redazione 27/10/17
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La Corte Costituzionale ha deciso: il bonus Poletti sulle perequazioni delle pensioni è legittimo, i rimborsi per i blocchi del 2012 e 2013 resteranno solo parziali. Respinte dalla Consulta le richieste di quasi 6 milioni di pensionati che erano stati danneggiati dalla Riforma Fornero e che erano tornati a sperare nel risarcimento da parte dello Stato dopo che la norma era stata dichiarata incostituzionale nel 2015. Il governo risparmia così 30 miliardi di euro in vista del varo della Legge di Bilancio.

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Bocciato il ricorso a favore dei pensionati

La decisione di mercoledì 25 ottobre della Corte Costituzionale è quindi risultata favorevole al Decreto legge n. 65/2015, il cosiddetto “bonus Poletti”. Sono state respinte tutte le censure di incostituzionalità sollevate sulla base della sentenza della stessa Corte in tema di Riforma Fornero e finalizzate ad assicurare il rimborso dei soldi persi da tutti i pensionati che percepiscono un assegno mensile superiore a 3 volte il minimo Inps.

Salvi i piani del Governo in materia di risparmi e in un periodo così delicato come quello di approvazione della nuova Manovra 2018, dunque, ma per 6 milioni di pensionati si tratta dell’addio definitivo alla rivalutazione degli assegni mensili in base all’inflazione per gli anni 2012 e 2013. Quelli che, appunto, erano stati bloccati dalla Riforma Fornero.

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Rivalutazione solo per pensioni fino a 3 volte il minimo

Perché la sentenza della Corte Costituzionale è così importante? La norma Fornero, varata in periodo di piena crisi finanziaria sotto il governo Monti, aveva previsto tra le altre cose che tutte le pensioni di importo pari ad almeno 3 volte il minimo Inps (circa 1.450 euro lordi) non dovessero essere rivalutate in base all’inflazione per il biennio 2012-2013. Il blocco della perequazione aveva portato a numerose polemiche finché, nel 2015, una sentenza della Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittima la norma Fornero. Non solo: la Corte aveva stabilito che i pensionati avevano il diritto “costituzionalmente fondato” all’adeguamento della pensione, e che quest’ultimo era stato “irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio”.

In risposta alla sentenza della Consulta, il bonus Poletti era intervenuto a cambiare le carte in tavola. Solo parzialmente, però: assicurata come prima la perequazione piena solo alle pensioni pari a massimo 3 volte il minimo mensile Inps, il decreto restituiva il 40% delle somme perse agli assegni tra 3 e 4 volte il minimo, il 20% a quelli tra 4 e 5 volte e il 10% a quelli tra 5 e 6 volte. Chi percepisce una pensione di importo pari a oltre 6 volte il minimo non ha invece diritto ad alcun risarcimento.

Consulta: il bilanciamento è ragionevole

Una tale soluzione, a molti apparsa insufficiente e parziale, è stata dichiarata dalla Corte Costituzionale “un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica”. Capitolo chiuso, dunque, con l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri che ricorda che il bonus Poletti consente di non sforare il limite del 3% imposto dall’Europa ed evitare possibili procedure di infrazione. I legali dei ricorrenti contro il decreto sostengono però che la riforma non ha di fatto rispettato la sentenza della Consulta del 2015 e che interventi di blocco delle pensioni di questo tipo possono essere realizzati solo in casi eccezionali e motivati da una specifica finalità. Finalità che, a parere dei ricorrenti, in questo caso non si ravvisa.

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