Pensioni, assegno minimo di 650 euro per i giovani

Redazione 01/09/17
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Ai giovani che si trovano interamente nel sistema contributivo potrà essere garantita una pensione con assegno minimo di 650 euro. È questo quanto emerge dal tavolo del Governo con i sindacati del 30 agosto, che mira ad assicurare la pensione a 66 anni e 7 mesi a tutti i lavoratori che abbiano maturato un importo pari a 1,2 volte l’assegno sociale. E si dibatte anche sull’aumento automatico dell’età pensionabile al cambiamento della speranza di vita. Vediamo allora nel dettaglio quali potranno essere le novità più importanti per i lavoratori.

 

Requisiti più bassi e assegni più alti

Ottime notizie per i giovani lavoratori, dunque. Se le indicazioni emerse dagli incontri di questi giorni tra Governo e sindacati dovessero essere confermate, anche coloro che hanno carriere discontinue e hanno maturato un importo pensionistico basso potranno lasciare il lavoro all’età stabilita per la pensione di vecchiaia (attualmente, 66 anni e 7 mesi) e con un assegno più alto rispetto a quello previsto oggi.

In sostanza, mentre oggi nel sistema contributivo è necessario per andare in pensione a 66 anni aver maturato un importo superiore a 1,5 volte l’assegno sociale (che è pari a 448 euro) in futuro la soglia sarà ridotta a 1,2 volte tale importo. Dunque, 537 euro al posto di 670 euro. Ma non solo: i lavoratori vedrebbero in ogni caso lievitare il loro assegno fino a un minimo di 650 euro per tutti, perché verrebbe aumentata la cumulabilità tra assegno sociale e pensione.

 

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Stop all’aumento dell’età pensionabile?

Ma le buone notizie potrebbero non finire qui. I sindacati chiedono con insistenza al Governo di fermare l’aumento dell’età pensionabile “automatico” in relazione al mutamento dell’aspettativa di vita a partire dal 2019. L’anno prossimo è prevista la parificazione dell’età pensionabile per tutte le categorie di lavoratori a 66 anni e 7 mesi; già dal 2019 si dovrebbe passare a 67 anni, e negli anni successivi la soglia dovrebbe aumentare ancora.

Il Ministro del Lavoro Poletti ha confermato che le organizzazioni sindacali “hanno ribadito l’importanza del tema”, ma ha anche reso noto che il tema potrà essere discusso solo nei prossimi mesi. Le risorse del Governo, comunque, potrebbero non essere sufficienti.

Rendita integrativa Rita detassata

Tra le proposte al vaglio del Governo anche quella di detassare la Rita (Rendita integrativa temporanea anticipata) e svincolarla completamente dall’Ape social. Questo per permettere una maggiore adesione da parte dei lavoratori.

La Rita, ricordiamo, è una misura introdotta dalla Legge di Bilancio 2017 che permette a tutti i lavoratori iscritti alla previdenza complementare di richiedere l’erogazione –anche solo parziale– del capitale maturato sulle proprie forme pensionistiche. Si offre quindi un sostegno finanziario a chi è vicino alla pensione e vorrebbe usufruire dell’Ape. I requisiti, infatti, sono gli stessi dell’Anticipo pensionistico, inclusa l’età minima di 63 anni.

Le decisioni nei prossimi mesi

Poletti si è detto soddisfatto degli incontri con i sindacati e dei tavoli di discussione, ma ha sottolineato come quello delle pensioni contributive è un tema all’ordine del giorno, ma non necessariamente urgente. “Il problema non si configura domani mattina”, ha dichiarato il Ministro.

I tempi potrebbero essere relativamente lunghi, quindi. I prossimi appuntamenti sul tema sono comunque fissati per le prossime due settimane: 5, 7 e 13 settembre. Secondo il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo, tuttavia, sarebbe bene procedere in fretta, “entro settembre” e comunque in tempo per la prossima Legge di Bilancio.

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