Partecipazione associazione per traffico di stupefacenti: elemento oggettivo

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Quando, in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, il coinvolgimento in un solo reato – fine può integrare l’elemento oggettivo della partecipazione.

Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n.4637 del 21-12-2023

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Indice

1. La questione: elemento oggettivo dell’associazione traffico stupefacenti


Il Tribunale di Napoli aveva respinto un’istanza di riesame proposta avverso un’ordinanza emessa dal G.i.p. del medesimo Tribunale, che aveva disposto l’applicazione della misura degli arresti domiciliari agli indagati per il delitto di partecipazione all’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, e per due episodi di importazione dall’estero di consistenti quantitativi di hashish e marijuana.
Ciò posto, avverso questa decisione ambedue i ristretti proponevano ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, era dedotta violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. in relazione all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 in quanto, ad avviso della difesa, non era sufficiente il ravvisato concorso in due episodi, per quanto rilevanti, di traffico di sostanze stupefacenti per configurare la partecipazione associativa, in difetto di elementi dimostrativi dell’esistenza di una struttura organizzativa e in considerazione del fatto che l’indagato non compariva più nelle intercettazioni successive ai predetti episodi. Per approfondimenti sugli stupefacenti si consiglia: La disciplina dei reati in materia di stupefacenti

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva la doglianza suesposta infondata perché, a suo avviso, il Tribunale partenopeo aveva ravvisato gravi indizi di colpevolezza in ordine alla condotta associativa, desumendolo. dalla incontestata partecipazione dei ricorrenti, a sua volta ricavata dal contenuto di significative conversazioni intercettate, a due tentativi di importazione dall’estero di sostanze droganti, in applicazione di consolidati principi da tempo affermati dalla giurisprudenza dalla stessa Corte di Cassazione.
In particolare, si richiamava a tal proposito quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, anche il coinvolgimento in un solo reato – fine può integrare l’elemento oggettivo della partecipazione, nel caso in cui le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi della organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale (ex pluribus v. Sez. 3, n. 36381 del 09/05/2019, omissis, Rv. 27670; Sez. 6, n. 1343 del 04/11/2015; Sez. 6, n. 50965 del 02/12/2014), con il corollario che dal momento che il dolo del delitto di associazione a delinquere è dato dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione dell’accordo e quindi del programma delinquenziale in modo stabile e permanente, anche quando la condotta si esaurisca nella partecipazione ad un solo episodio criminoso, non è esclusa la responsabilità per il reato associativo, sebbene la prova della volontà di partecipazione debba essere particolarmente puntuale e rigorosa (Sez. 6, n. 5970 del 23/01/1997).
Per la Corte di legittimità, quindi, andava esclusa nel caso di specie la ricorrenza di una violazione di legge per contrasto con gli artt. 273 cod. proc. pen. e 74 d.P.R. n. 309 del 1990.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando, in tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, il coinvolgimento in un solo reato – fine può integrare l’elemento oggettivo della partecipazione.
Si afferma difatti in tale pronuncia che anche la commissione di un reato scopo può essere sufficiente per provare l’intraneità in un consorzio criminale di questo genere nella misura in cui, però, le connotazioni della condotta dell’agente, consapevolmente servitosi della organizzazione per commettere il fatto, ne rivelino, secondo massime di comune esperienza, un ruolo nelle dinamiche operative del gruppo criminale.
Di conseguenza, ove la modalità delittuosa inerente il singolo reato-fine denoti una sua effettiva partecipazione dell’attività criminale dell’associazione deviante in sé e per sé considerata, la realizzazione di tale illecito penale ben può rappresentare la prova di una sua adesione a questo pactum sceleris.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

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