Pari opportunità nella giustizia militare: il CNF firma il protocollo d’intesa con le massime istituzioni giudiziarie

Redazione 06/05/13
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Anna Costagliola

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha firmato a Roma il Protocollo d’intesa per garantire la tutela della genitorialità nell’organizzazione delle attività giudiziarie e della professione forense nella giustizia militare. Il protocollo è stato sottoscritto con il presidente della Corte di appello militare e con i rappresentanti del Consiglio della Magistratura militare e della Procura Generale militare presso la Corte militare d’Appello, di Tribunali e Procure militari, insieme con il Comitato unico di garanzia per le pari opportunità del Ministero della difesa. Le parti firmatarie del Protocollo, nel riconoscere la centralità del tema della conciliazione tra vita professionale e vita familiare nell’organizzazione lavorativa di donne e uomini, hanno condiviso l’esigenza di proporre interventi per assicurare un’effettiva tutela della maternità e della paternità, anche ai fini di una reale parità tra uomini e donne nell’esercizio della professione forense in relazione all’organizzazione delle attività giudiziarie. Pertanto, in ragione dei ruoli loro attribuiti e delle rispettive competenze, si sono impegnate ad adottare condotte ed atteggiamenti funzionali alla tutela dello stato di gravidanza, della condizione di maternità e paternità e alla realizzazione dei principi di parità.

L’intesa è stata ispirata dall’ordinanza della Corte costituzionale n. 312 del 12-20 dicembre 2012, con la quale la Consulta ha indicato al giudice di perseguire una soluzione interpretativa «idonea ad equiparare la posizione lavorativa della donna libera professionista alle altre lavoratrici in tema di diritto di usufruire del periodo di maternità». Il presidente del CNF, Guido Alpa, si è mostrato convinto che, oltre alle necessarie e opportune previsioni di legge, le buone prassi tra le istituzioni rappresentative di avvocati e magistrati possono senz’altro contribuire a garantire l’obiettivo della conciliazione tra vita professione e vita familiare, entrambi valori fondamentali e diritti insopprimibili sia per le donne che per gli uomini. La recente legge di riforma dell’ordinamento forense (L. 247/2012) si è fatta carico della questione in norme specifiche che, da una parte, riconoscono la maternità e il puerperio come giuste esenzioni dalla prova dell’effettività/continuità della professione forense e, dall’altra, prevedono la rappresentanza di genere in tutte le istituzioni rappresentative della categoria forense.

La circostanza che un problema di pari opportunità si sia posto anche nella magistratura militare costituisce un segnale emblematico di avvicinamento fra i due generi anche in una carriera così particolare.

Il protocollo suggerisce di riconoscere lo stato di gravidanza e l’accudimento dei figli (sopratutto nei primi tre anni di vita) come motivo di impedimento nelle udienze penali con imputati liberi (artt. 420ter e 484, comma 2bis, e 598 c.p.p.) e motivo di rinvio dell’udienza e di trattazione del processo ad orario specifico.

La condizioni che si intendono tutelare con il Protocollo in oggetto (gravidanza, allattamento, obblighi di cura della prole nei primi tre anni di vita o altre gravi necessità dei figli) sono considerate motivo di impedimento a comparire da parte del difensore anche nei procedimenti penali con imputati sottoposti a custodia cautelare. Sul difensore graverà l’onere, prima di richiedere il rinvio dell’udienza a norma dell’art. 304 c.p.p., di informare l’imputato delle conseguenze dell’eventuale accoglimento dell’istanza sotto il profilo della sospensione dei termini di durata della misura.

Nei procedimenti relativi alle misure di prevenzione, in quelli di sorveglianza ed in quelli che presentano ragioni particolari di celerità l’eventuale rinvio dell’udienza dovrà tener conto di ogni altro interesse configgente e dei relativi termini processuali.

Per il CNF, quello con la Giustizia militare è un protocollo che si aggiunge a quelli già firmati con il Dipartimento delle Pari Opportunità, con il Ministero della Giustizia, con il CSM, con la Corte di Cassazione.

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