Opposizione a decreto ingiuntivo in materia condominiale ed opposizione a delibera assembleare: cenni sull’inesistenza/nullità radicale di quest’ultima

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I) Non infrequente può essere il caso in cui il condomino opponente a decreto ingiuntivo basi la propria opposizione sulla relativa delibera assembleare, tentando di far entrare nella res litis la questione dei vizi patologici legati ad essa.
Leggendo la S.C., pare che in materia condominiale ove l’attore – opponente ad ingiunzione concessa ex art. 63 d. att. c.c. voglia eliminare dal mondo giuridico la delibera posta a base dell’ingiunzione, abbia l’onere di proporre un’impugnazione separata ed autonoma della delibera medesima:
Cass. 8 agosto 2000 n. 10427: «L’amministratore del condominio può promuovere il procedimento monitorio per la riscossione degli oneri condominiali, e l’eventuale opposizione da parte del condomino ingiunto potrà riguardare la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione, ovvero il verbale della delibera assembleare, ma non può estendersi alla nullità o annullabilità della delibera avente ad oggetto l’approvazione delle spese condominiali, che dovranno invece essere fatte valere in via separata con l’impugnazione di cui all’art. 1137 c.c.».
 
II) La lezione appena impartita dalla S.C. è confermata anche dall’orientamento che afferma l’inesistenza di un qualsivoglia nesso processuale di continenza, pregiudizialità necessaria et similia tra il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e quello d’impugnazione della deliberazione posta a base del ricorso monitorio – tale da giustificare la possibilità di una domanda riconvenzionale come quella in esame –, e ciò in quanto:
«L’esclusione del nesso di pregiudizialità necessaria (quindi, un legame tra il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo e d’impugnazione a delibera assembleare, n.d.r.), si spiega considerando che il diritto del condomino alla percezione delle quote di spese erogate per il godimento delle cose e dei servizi comuni non nasce con la delibera assembleare d’approvazione del riparto delle spese stesse, ma è inerente all’effettuata gestione dei detti beni e servizi comuni, allo stesso modo che il fondamento dell’obbligo degli ingiunti di pagare i contributi non si fonda sulla delibera, ma è inerente alla titolarità del diritto reale sull’immobile» (cfr. la fondamentale Cass., sez. un., 27 febbraio 2007, che ha composto un precedente contrasto; conff., Cass. 7 ottobre 2005, n. 19519, idd., 26 gennaio 2000, n. 857, 17 maggio 1997, n. 4309, 7 luglio 1988, n. 4467, 21 maggio 1964, n. 1251).
 
Consegue dagli insegnamenti appena citati che il condomino che intenda tutelarsi avverso la delibera de qua, avrebbe l’onere di attivazione di un’autonoma impugnazione ex art. 1137 c.c. innanzi all’autorità giudiziaria, in ipotesi accompagnata dalla richiesta di sospensione della stessa ex art. 1137, comma 2, c.c., iniziativa che gli garantirebbe appieno un’auspicata difesa processuale.

III) Passando alla deliberazioni dell’assemblea dei condomini, che in ipotesi siano poste a base di un decreto ingiuntivo ex art. 63 d.att. c.c., in giurisprudenza si è soliti affermare che:
a) se approvano un piano di riparto, hanno carattere dichiarativo, non già costitutivo, del diritto di credito dei condomini ed assurgono a vero e proprio titolo di credito del condominio;
b) hanno quale unico rimedio impugnatorio quello il procedimento ex art. 1137 c.c., e nessun altro.
In proposito, leggasi la recentissima Cass., sez. un., n. 4421/2007, cit.:
 «La delibera di approvazione del riparto delle spese non è costitutiva del diritto di credito del condomino ma solo dichiarativa di esso»;
«Le deliberazioni condominiali sono soggette ad impugnativa ai sensi del secondo comma dell’art. 1137 c.c. e tuttavia, per espressa previsione della medesima norma, restano non di meno vincolanti per i singoli condomini, nonostante l’esperita impugnazione, salvo il giudice di questa ne disponga la sospensione dell’efficacia esecutiva, tale delibera costituendo, infatti, ex lege titolo di credito in favore del condominio e, di per sé, prova idonea, ai fini di cui agli artt. 633 e 634 c.p.c., dell’esistenza di tale credito, sì da legittimare non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio d’opposizione che quest’ultimo proponga contro tale decreto» (conf., ex multis, Cass. 18 febbraio 2003 n. 2387).
 
IV) In ordine ai vizi patologici individuati nell’inesistenza/nullità radicale delle deliberazioni, si rammenti che si ha inesistenza delle prime quando sussista la mancanza di una fattispecie socialmente rispondente alla nozione di atto giuridico (così, Bianca, Diritto civile, Il Contratto, 3, Milano, 2000, rist. 2002, 614), che con riferimento alla materia de qua dovrebbe affermarsi solo quando neppure una parvenza di delibera sussista (es., perché assunta al di fuori dell’assemblea, Cian – Trabucchi Commentario al codice civile, Padova, 2002, sub art. 1137).
 Nella medesima direzione, si avrà nullità della delibera nei soli casi tipici ex art. 1418 c.c. (contrarietà a norme imperative, oggetto impossibile, illecito, indeterminato o indeterminabile et similia, cfr. Cass. 2 ottobre 2000, n. 13013).
Cfr, sul punto, Trib. Milano 25 luglio 1996: «Le deliberazioni con le quali vengono in concreto ripartite le spese condominiali, pur se siano adottate in violazione dei criteri legali o convenzionali prescritti, rappresentano esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art. 1135 c.c.; anche se viziate, tali deliberazioni devono considerarsi annullabili e non nulle, poiché danno luogo all’ipotesi delle deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, rispetto a cui l’impugnazione deve essere proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c. Il giudice non controlla l’opportunità o la convenzione della soluzione adottata dalla deliberazione, ma deve solo stabilire se la delibera sia o non il risultato del legittimo esercizio dei poteri discrezionali dell’assemblea, la quale incontra un limite nell’esercizio delle sue attribuzioni, poiché non può perseguire interessi extracondominiali in contrasto con l’interesse comune».
Giorgio Vanacore
Avvocato
giorgiovanacoreavv@libero.it
 

Vanacore Giorgio

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