Opponibilità dell’eccezione di prescrizione presuntiva del curatore fallimentare

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La Corte di Cassazione si è pronunciata sull’opponibilità dell’eccezione di prescrizione presuntiva da parte del curatore fallimentare e sul correlato deferimento al medesimo del giuramento decisorio in ordine all’avvenuto pagamento.

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Corte di Cassazione – Sez. Un. Civ. – Sent. n. 25442 del 29/08/2023

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Indice

1. La controversia

Un avvocato propone domanda di ammissione al passivo fallimentare di una S.r.l. in relazione a crediti da lui vantati a titolo di corrispettivi per prestazioni professionali esercitate in favore della società in bonis.
Il giudice delegato rigetta in parte la domanda, accogliendo l’eccezione di prescrizione presuntiva triennale, sollevata dal curatore in riferimento all’art. 2956, n. 2, c.c.
Il Tribunale, decidendo sull’opposizione avanzata dall’avvocato ai sensi dell’art. 98 della L.F., ribadisce il rigetto della domanda, condannando l’opponente alla rifusione delle spese di lite.
Contro il decreto del tribunale, il professionista propone ricorso per cassazione a cui replica il fallimento con controricorso.
Attesa la rilevanza nomofilattica delle questioni sollevate e la presenza di orientamenti non univoci, in ordine alla legittimazione del curatore a sollevare l’eccezione di prescrizione presuntiva dei crediti e alla correlata deferibilità del giuramento decisorio al medesimo da parte del creditore, le questioni stesse vengono rimesse alla cognizione delle Sezioni Unite.

2. Eccezione di prescrizione presuntiva del curatore fallimentare: la questione di diritto

Oggetto giuridico della controversia è l’annosa questione in ordine al se, ed in quale misura, il curatore fallimentare possa eccepire la prescrizione presuntiva prevista per i crediti relativi ai rapporti giuridici richiamati negli artt. 2954, 2955, 2956 c.c. (nel caso di specie quello afferente i crediti professionali di cui all’art. 2956, n. 2, c.c.), e a quali effetti produca il deferimento al curatore medesimo del giuramento decisorio sull’avvenuto pagamento, unico strumento posto a tutela del creditore a cui sia opposta la prescrizione presuntiva.
In particolare, ci si interroga, analiticamente, sui seguenti punti:
se, nell’ambito del giudizio di accertamento del passivo fallimentare, il curatore fallimentare sia legittimato a opporre la prescrizione presuntiva (nel caso di specie ex art. 2956, n. 2, c.c.), in quanto parte processuale, ai sensi dell’art. 95, comma 1, L. Fall., o comunque in quanto terzo interessato, ai sensi dell’art. 2939 c.c., tenuto conto della correlazione posta tra tale eccezione e la possibilità per la controparte di deferire giuramento “per accertare se si è verificata l’estinzione del debito” (art. 2960, comma 1, c.c.);
di quale natura sia l’eventuale giuramento: se, in quanto deferito a soggetto terzo privo della capacità di disporre del diritto, il giuramento su fatto non proprio ma del fallito (giuramento de veritate), sia, tenuto conto delle interlocuzioni tra curatore e fallito imposte dagli art. 16, comma 1, n. 3), e art. 49 L. Fall), da considerarsi de scientia ex art. 2739 c.c., comma 2, (Cass. 20602/2022) o de notitia ex art. 2960, comma 2, c.c., norma espressamente riferita al coniuge superstite o agli eredi del debitore e ai loro rappresentanti legali, ma in tesi applicabile analogicamente (Cass. 13298/2018);
se, infine, ove ammesso il giuramento de scientia o de notitia, la dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza dell’avvenuta estinzione del debito equivalga a prestazione favorevole al giurante, lasciando in vita la presunzione di pagamento (Corte Cost. 162/1973; Cass. 3353/1968, 3621/1969, 1424/1973, 315/1978, 1033/1980, 1148/1983, 7713/1990, 5163/1993, 6940/2010; in tema di fallimento, Cass. 647/2008, 15570/2015, 13298/2018), o invece abbia l’effetto del rifiuto del giuramento, favorevole al creditore (Cass. 20622/2022) – come avviene nel giuramento de veritate – e se tale conclusione debba valere per tutti i soggetti che prestino giuramento de scientia o de notitia, ovvero solo per il curatore fallimentare.
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3. La decisione delle Sezioni Unite: analisi e principio di diritto

Come prospettata, la questione appare, in tutta evidenza, complessa e articolata ed involge istituti risalenti nel tempo, quali la prescrizione presuntiva e il giuramento decisorio, verso cui, soprattutto la dottrina, muove delle critiche ferme in ordine alla loro persistente attualità.
Gli orientamenti giurisprudenziali, d’altro canto, coprono tutta la gamma di soluzioni possibili, spaziando dalla mera esclusione della facoltà del curatore fallimentare di eccepire la prescrizione presuntiva al riconoscimento in capo al fallito della capacità di prestare il giuramento, passando per il diritto del curatore ad eccepire la prescrizione, senza che tuttavia nei suoi confronti sia deferibile il giuramento decisorio, quale soggetto estraneo ai fatti estintivi dell’obbligazione e privo di capacità di disporre dei diritti, al pari della confessione (ex artt. 2737 e 2731 c.c.), oppure ammettendo la deferibilità del solo giuramento decisorio de scientia (art. 2739, secondo comma, seconda parte, c.c.) o de notitia (art. 2960, secondo comma, c.c.), non anche di quello de veritate (art. 2739, secondo comma, prima parte, c.c.).
Orbene, le Sezioni Unite, nell’esaminata decisione, tendono a riconoscere la legittimazione del curatore fallimentare ad opporre la prescrizione presuntiva. È vero, trattasi di istituto di antica applicazione, che, tuttavia, nonostante l’evoluzione delle pratiche commerciali e l’uso di messi di tracciabilità delle operazioni economiche, sempre più diffusi e pervasivi, conserva la sua applicabilità correlata a prassi in cui la gestione del rapporto professionale è informata a celerità ed informalità, a fortiori nell’ambito dei rapporti economici.
D’altro canto, il ricorso alla prescrizione presuntiva è stato già escluso per i rapporti di credito regolati per iscritto (Cass. 22 maggio 2019, n. 13707; 30 aprile 2018, n. 10379; 16 novembre 2021, n. 34639; 12 gennaio 2022, n. 789). Per i rapporti che si sviluppano invece senza formalità ed i cui pagamenti avvengono senza dilazione, né rilascio di quietanza, l’applicazione dell’istituto non si discute. Non ammetterne l’uso al solo curatore fallimentare costituirebbe una limitazione ingiustificata di uno strumento, che è nella facoltà di qualunque altro debitore, ponendo in situazione di svantaggio la massa dei creditori fallimentari, il cui patrimonio è affidato all’attività gestoria del curatore medesimo cui è riconosciuta, a decorrere dal D.Lgs. n. 5 del 2006 sino all’attuale disciplina della crisi d’impresa, la più ampia autonomia operativa.
Va da sé, assumendo l’eccezione di prescrizione presuntiva valenza di presunzione legale relativa, ed essendo limitati, per il suo superamento, i mezzi di prova contrari, ex artt. 2959 c. c. e 2960, primo comma, c.c., al curatore, che eccepisca la prescrizione presuntiva, può certamente essere deferito il giuramento decisorio tout court.
Difatti, se, da un lato, per prevenire che il curatore patisca un trattamento di svantaggio rispetto a qualsivoglia altro debitore, gli si riconosce il potere di eccepire la prescrizione presuntiva, non si può, dall’altro lato, privare il creditore dell’unico strumento, con cui, ove non si rinvengano aliunde dichiarazioni di ammissione di mancato adempimento dell’obbligazione, abbia ancora possibilità di opporsi al debitore, tutelando il suo buon credito.
Non può ipotizzarsi, per altro verso, che il giuramento possa essere deferito al fallito, certamente privo della capacità di prestarlo, riconoscendo la deferibilità del giuramento al curatore, nella modalità o de scientia o de notitia, invocando la sua terzietà e la sua carenza di legittimazione a disporre del diritto controverso. Va sul punto rammentato, ad abundantiam, che al curatore è pacificamente riconosciuta la qualità di parte processuale, che può, in re ipsa, eccepire fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere dal creditore nel giudizio di accertamento dello stato passivo. Ma è altrettanto vero che, a fronte di uno strumento atto a paralizzare la pretesa del creditore, rappresenterebbe un’evidente aberrazione del sistema e una lacuna sostanziale nel diritto di difesa non riconoscere alcuno strumento processuale in capo al creditore a tutela dell’asserito diritto.
In definitiva, laddove si ammette la prescrizione presuntiva, deve parimenti riconoscersi il diritto a deferire il giuramento decisorio, nel rispetto del principio di difesa costituzionalmente protetto (art. 24).
La Suprema Corte si spinge oltre nell’analisi ritenendo “più lineare il richiamo agli artt. 2939 e 2739 c.c., tenendo conto della limitata perimetrazione dei soggetti richiamati dall’art. 2960 c.c.”, pertanto del giuramento decisorio nella forma de scientia.
Tuttavia, una volta riconosciute la mossa (eccezione di prescrizione presuntiva) e la contromossa (deferimento del giuramento decisorio), si appalesa più delicata la questione in ordine a quali siano gli effetti riconducibili alla dichiarazione a seguito della formula di giuramento, qualora il delato (rectius, curatore fallimentare) dichiari di non conoscere i fatti.
Breviter, se la soluzione del quesito è quella elaborata da una parte della giurisprudenza secondo cui la dichiarazione di non conoscenza equivale a dichiarazione favorevole al giurante, la perplessità sarebbe che il curatore potrà agevolmente eccepire la prescrizione presuntiva e poi, in sede di giuramento, trincerarsi dietro la non conoscenza dei fatti, così rendendo del tutto inutile l’unico strumento accordato al creditore per contrastare l’eccezione. Si tratterebbe nel concreto di svuotare di potere il diritto del creditore e squilibrare non poco il rapporto, già precario, tra diritti del curatore e diritti del credito, la cui difesa è fortemente limitata in sede processuale.
In buona sostanza, pur non avendo natura di mezzo di prova (contraria), la prescrizione presuntiva, così ammettendo, inciderebbe direttamente sul diritto sostanziale, limitandone la protezione giuridica.
Tuttavia è anche vero che la prescrizione presuntiva è istituto regolante una fattispecie ben distinta dalla prescrizione estintiva (Cass. 18 gennaio 2017, n. 1203; 5 luglio 2017, n. 16486; 18 novembre 2019, n. 29822).
Questa è conformata da due elementi obiettivi, l’inutile decorso del tempo e l’inerzia del titolare del diritto (di credito, per stare al caso di specie). Si tratta di elementi che esistono o non esistono, ontologicamente, e che, una volta consacrati nel processo, segnano l’estinzione del diritto. La prescrizione presuntiva si fonda sull’esatto contrario, cioè sulla “presunzione” che il creditore si sia attivato celermente ed abbia già soddisfatto il proprio diritto di credito, ossia una figura di presunzione, elaborata per “facilitare” il debitore nella prova dell’estinzione dell’obbligazione, ciò in aderenza alla fluidità della realtà socio-economica del commercio o di determinati rapporti giuridici (es. quello libero professionale).
È per questo diverso ruolo e diversa “struttura” che si afferma, a proposito delle prescrizioni presuntive di cui agli artt. 2954 e segg. c.c., che, a differenza della prescrizione ordinaria, esse sono fenomeni di natura probatoria, sostanziandosi in presunzioni di “avvenuto pagamento” (Cass., 14 giugno 2019, n. 16123; 22 giugno 2020, n. 12044; 16 giugno 2021, n. 17071).
Prescindendo, in tale sede, dagli aspetti più complessi della natura giuridica degli istituti esaminati, diventa utile soffermarsi sulla valenza probatoria dei medesimi ed a tal fine è opportuno valorizzare il rapporto “eccezione di prescrizione presuntiva/deferimento del giuramento/effetti della dichiarazione del giurante”, che si prospetta come peculiare quando l’attenzione sia rivolta alla fattispecie del giuramento pronunciato dal curatore fallimentare.
L’argomentazione logico-giuridica delle Sezioni Unite è la seguente. Rispetto alla presunzione di “adempimento” il deferito è “provocato” con l’unica arma che il legislatore riconosce al creditore, il deferimento del giuramento, appunto. D’altronde ci si aspetta che il curatore/terzo, nel momento in cui eccepisce la prescrizione presuntiva, che “presuppone” il verificarsi del fatto estintivo dell’obbligazione, deve pur essere stato in grado, rispetto all’eccezione stessa, di affermare che quel fatto, il pagamento, si è verificato. E poiché non ne ha conoscenza diretta, deve pur aver preventivamente acquisito elementi da cui trarre la conoscenza: non la percezione diretta, ma la “conoscenza sull’adempimento di quella obbligazione”.
In tale attività, non vi è disposizione del diritto da parte del curatore, ma solo l’ordinario dovere di controllo (tra gli elementi disponibili al “gestore” della massa fallimentare) di quali elementi  abbia potuto riscontrare, a fondamento di quella conoscenza di fatti, che hanno permesso di sollevare la prescrizione presuntiva. Si tratta di un’attività addirittura doverosa, collocabile nelle dovute interlocuzioni con il fallito e più in generale nell’esame della documentazione dell’impresa, nella piena e istituzionale disponibilità del curatore fallimentare ai fini dell’attività gestoria.
Orbene, postulato che il curatore è soggetto terzo, tenuto però ad acquisire informazioni sui pregressi rapporti commerciali ed economici in senso lato, potrà eccepire la prescrizione presuntiva, alla stregua di una prescrizione estintiva (fondata su elementi obiettivi), solo se e dopo aver acquisito elementi idonei ad affermare che l’obbligazione è estinta.
Egli è d’altronde consapevole che il creditore può deferirgli il giuramento, quanto meno nella forma de scientia, ed alla formula del giuramento, cui è obbligato a rispondere, deve in qualche misura “prepararsi”. Nell’esplicazione del proprio ufficio si tratta di un soggetto ancora più coinvolto, in senso atecnico, la Corte afferma che è ancora più “prossimo”, negli affari del debitore, rispetto al coniuge o agli eredi richiamati dall’art. 2960, secondo comma, c.c.
Nei confronti di questi ultimi opportunamente il Legislatore ha infatti previsto il deferimento del giuramento in ordine a “notizie” sull’estinzione del debito, e che pertanto ben possono ignorare qualunque fatto, senza che tale ignoranza si rivolti a proprio danno.
Diverso invece è il ruolo del curatore fallimentare, come di un qualunque terzo interessato, la cui posizione è infatti più idoneamente riconducibile nella fattispecie evincibile dal combinato disposto degli artt. 2739, secondo comma, e 2939 c.c. E allora la dichiarazione di non conoscere il fatto estintivo dell’obbligazione non può ritenersi equivalente al giuramento affermativo, favorevole al giurante. Al contrario essa deve equivalere agli esiti di un giuramento negativo o al rifiuto di giurare, favorevole al deferente-creditore.
Diversamente opinando, prosegue la Corte, e cioè ponendo sul medesimo piano una esplicita dichiarazione di adempimento ed una manifestazione di ignoranza del medesimo, di cui con il ricorso alla prescrizione presuntiva si eccepisce il suo effettivo avveramento, vi sarebbe un inammissibile “salto logico”, e con esso non solo un mancato rispetto dell’art. 24 Cost., ma anche degli artt. 111 Cost. e 6 CEDU, come già evidenziato da questa Corte nella sent. n. 20602/2022.
L’adozione di tale tesi, pare evidente, favorisce, tra l’altro, un maggiore equilibrio nel rapporto tra le parti.
Nel solco di tale prospettazione, la Suprema Corte ha quindi affermato il principio di diritto secondo cui «in tema di accertamento del passivo fallimentare, qualora, in sede di controversia insorta per il rigetto della ammissione di un credito, maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell’articolo 2956, primo comma, n. 2, c.c., sia eccepita dal curatore la prescrizione presuntiva del credito e il creditore deferisca giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno produce gli effetti del mancato giuramento».

Avv. Prof. Luigi Zito

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