Nuovo regime di inconferibilità degli incarichi nella pubblica amministrazione, l’Anci ne evidenzia le criticità applicative

Redazione 23/05/13
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Lilla Laperuta

In una lettera scritta il 16 maggio il segretario generale dell’Anci ha richiesto al Capo Dipartimento della Funzione Pubblica di fornire chiarimenti in merito alle problematiche applicative poste dal D.Lgs. 39/2013 in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.

In particolare tre sono i punti di criticità focalizzati:

1) l’assenza nel decreto della previsione di un regime transitorio di entrata in vigore delle disposizioni ivi previste in relazione alle nuove ipotesi di inconferibilità e incompatibilità. Ciò, di fatto, “incide su situazioni consolidatesi, nel pieno rispetto del quadro legislativo allora vigente, prima dell’entrata in vigore del decreto medesimo”. Il segretario dell’Anci è dell’avviso che per tali fattispecie vale il principio tempus regit actum in base al quale le nuove ipotesi non trovano applicazione per le cariche già ricoperte o conferite alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 39/2013;

2) il contrasto tra l’art. 4 D.L. 95/2012 che impone alla pubblica amministrazione titolare della partecipazione o di poteri di indirizzo e vigilanza, di nominare propri dipendenti nei consigli di amministrazione delle società partecipate e l’art. 9 del D.Lgs. 39/2013 che prevede che gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali nelle amministrazioni, sono incompatibili con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, di incarichi o cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dall’amministrazione o ente pubblico che conferisce l’incarico. Non è possibile dunque, alla luce di tale previsione, nominare propri dirigenti nei consigli di amministrazione delle società partecipate;

3) si chiede un chiarimento, infine, in riferimento al comma 2 dell’art. 7 del decreto relativamente al rinnovo degli incarichi di presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico. Il comma citato prevede che «coloro che nell’anno precedente siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di Province, Comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono essere conferiti “gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una Provincia, di un Comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra Comuni avente la medesima popolazione”.

La ratio di quest’ultima previsione, ad avviso del segretario, non appare chiara, in quanto, interpretata restrittivamente non sembra consentire ai presidenti o amministratori delegati uscenti di essere riconfermati nei rispettivi consigli, anche se hanno ottenuto buoni risultati in termini di gestione ovvero hanno avviato delicate operazioni societarie che necessitano di una certa continuità di gestione. Tralaltro, la norma, escludendo la possibilità di rinnovo, sembra imporre una riduzione della libertà statutaria prevista invece dall’articolo 2385 c.c.

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