Nuove tendenze sul saldo zero nella giurisprudenza di merito

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1. – L’orientamento della prevalente giurisprudenza di merito

Il presente contributo mira a far luce su un filone che si sta formando in materia di azione di ripetizione per indebito e, in via gradata, di ingiustificato arricchimento promossa in danno di un istituto di credito.

In generale, la giurisprudenza di merito maggioritaria può essere così riassunta:

1) qualora ad agire in giudizio per ottenere la soddisfazione di un proprio credito sia l’istituto bancario, esso deve fornire la piena prova del proprio credito.

La banca non può invocare l’obbligo decennale di tenuta delle scritture contabili per giustificare la mancata allegazione in giudizio di tutti gli estratti conto, in quanto, così facendo, essa finirebbe per aggirare il proprio onere probatorio (1).

Né l’istituto può chiedere che sia il c.t.u. a verificare la giustificazione del saldo reclamato dalla banca, dovendo essa fornire la prova entro l’udienza chiamata ai sensi dell’art. 184 c.p.c. (2).

Diversamente opinando, non si avrebbe modo di capire attraverso quali calcoli si è pervenuti a quei determinati saldi debitori in capo al correntista (3).

La mancata produzione di tutti gli estratti conto, richiesta dalla giurisprudenza a partire dalla apertura del rapporto (4), comporta la applicazione di una sanzione civile indiretta (5), ossia la regola – di matrice giurisprudenziale – del c.d. saldo zero.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, una volta che sia stata accertata la illegittimità della clausola negoziale del contratto bancario sulla base della quale sono stati calcolati gli interessi, solo la produzione degli estratti conto a partire dalla apertura del rapporto consente di determinare il credito della banca, attraverso una ricostruzione integrale del rapporto (6).

Il riferimento alla apertura del rapporto si giustifica nella giurisprudenza risalente della Suprema Corte con il fatto che è a partire da tale momento che decorre la prescrizione dell’azione di restituzione avente ad oggetto le somme indebitamente percepite dalla banca a titolo di interessi (7).

Ciò significa che il giudice, convenzionalmente, azzera le risultanze portate dall’estratto conto più antico prodotto in giudizio dall’istituto di credito, perché la lacuna documentale non consente di capire come si è pervenuti a quelle determinate cifre (8).

Esse, magari, sono il frutto della applicazione di anatocismo o di interessi ultralegali e ciò specialmente quando dette censure si siano rivelate fondate alla luce delle produzioni versate in atti dal correntista convenuto, ossia, tipicamente, la perizia del consulente di parte di quest’ultimo.

Si è infatti scritto che con il saldo zero si abbuona al correntista un saldo sicuramente negativo a una certa data, senza avere la prova che fosse negativo per colpa di illecite pratiche contrattuali esperite dall’istituto bancario (9).

Il calcolo dei rapporti di dare e avere viene dunque calcolato dal c.t.u. partendo da zero, secondo l’azzeramento disposto dal giudice di merito per sanzionare la banca che non abbia ottemperato al proprio onere di prova.

Si sono addotte come giustificazioni: i) la natura di impresa della banca; ii) la sua soggezione all’art. 5, d.lgs. 385 del 1993, che le impone i parametri della sana e prudente gestione; iii) il criterio giurisprudenziale di vicinanza della prova (10).

La giurisprudenza di merito ha anche rinvenuto come ratio della regola in discorso i principi dell’onere della prova: si è detto che la lacuna probatoria non può che tradursi in danno del soggetto che non è riuscito a fornire la prova del fatto costitutivo del credito che ha fatto valere in giudizio (11).

2) qualora invece ad agire sia il correntista in ripetizione per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate all’istituto di credito, poiché gli estratti conto non sono stati redatti da quest’ultimo, occorre partire dalle risultanze dell’estratto conto più antico e da lì iniziare a ricostruire le vicende in dare e in avere che hanno caratterizzato il rapporto di conto corrente intrattenuto dal correntista attore con l’istituto di credito convenuto (12). Detta conclusione viene vista dalla giurisprudenza di merito come un corollario dell’art. 2697 c.c. (13).

Il correntista attore deve dimostrare l’esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa, rispetto alle quali l’applicazione di interessi anatocistici e/o usurari avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli dovuti (14).

Utilizzare il saldo zero in questa distinta ipotesi significa violare l’art. 2697 c.c. in punto di onere della prova: l’onere della produzione degli estratti conto ricade sul correntista attore, che non può certo valersi del principio di vicinanza della prova, in quanto tale regola si applica solo laddove ricorra la difficoltà oggettiva di dare la prova di un fatto. Detta evenienza non ricorre certamente nel caso in cui il correntista si sia disinteressato di acquisire o abbia disperso gli estratti conto (15).

Né il correntista può aggirare l’art. 2697 c.c. asserendo che nell’azione di indebito ex art. 2033 c.c. sia contenuta implicitamente una azione di accertamento negativo del credito della banca (16), né artatamente riqualificare la esperita azione di indebito in azione di accertamento negativo del credito dell’istituto (17).

La eventuale c.t.u. che abbia applicato il saldo zero in ipotesi di correntista attore è inutilizzabile ai fini del giudizio, perché sostituisce un saldo zero del tutto inventato al saldo negativo risultante dalla documentazione versata in atti dal correntista che agisce in ripetizione (18).

 

 

2. – Il nuovo orientamento del Tribunale di Ancona

Dal quadro giurisprudenziale sopra delineato si discostano due pronunce del Tribunale di Ancona (19).

Esse applicano la regola del saldo zero anche nel caso del correntista attore in ripetizione.

La ragione dell’estensione viene ravvisata nel criterio di vicinanza della prova:

Fermo restando ciò, è orientamento condiviso che quando agisca in giudizio la banca, la carenza di produzione degli estratti conto periodici giustifichi l’applicazione del “saldo zero” a suo carico per effetto del mancato rispetto dell’onere della prova su di questa gravante. Deve ritenersi che tale strumento sia, parimenti, applicabile quando agisca il correntista, facendo riferimento al principio di vicinanza alla fonte della prova

(Trib. Ancona, 18.11.14).

In tal modo, il Giudice anconetano ha accolto quella prospettazione dottrinale che, seppure velatamente, intende estendere la regola del saldo zero anche nel caso che ci occupa, sulla scorta del criterio della vicinanza alla fonte di prova (20).

La dottrina menzionata è pervenuta a tale conclusione sulla base di alcuni argomenti: i) la banca ha l’obbligo di tenuta decennale delle scritture contabili ex art. 2220 c.c. e detto obbligo è posto a tutela dei terzi, come del resto non ha mancato di notare la giurisprudenza di legittimità (21); ii) la mancata tenuta delle scritture contabili costituisce una violazione del canone di buona fede da parte dell’istituto bancario (22); iii) così pure, con estensione dichiaratamente palesata, dovrebbe integrare violazione del canone di buona fede anche la mancata produzione in giudizio delle scritture contabili da parte dell’istituto di credito; iv) il diritto del correntista di chiedere la consegna della documentazione contabile alla banca ai sensi dell’art. 119, d.lgs. 385 del 1993, è indice di un dovere di protezione pre-processuale posto in capo alla banca, di cui è espressione il menzionato art. 119, d.lgs. 385 del 1993 (23).

La seconda pronuncia del giudice di merito marchigiano si fonda sullo stesso presupposto di partenza, ossia la applicazione della regola della vicinanza alla prova. Essa dichiara di

… condividere la prima delle due ipotesi comportante l’applicazione del c.d. saldo zero anche in ipotesi di incompletezza della documentazione allegata da parte attrice. Tale ultima conclusione è da ritenere preferibile in ossequio al principio espresso dalla Suprema Corte in relazione alla c.d. vicinanza della prova applicabile in materia bancaria …

(Trib. Ancona, 28.1.15).

La vicinanza della prova è dunque ravvisata dal tribunale anconetano come elemento in grado di giustificare la applicazione generale della regola giurisprudenziale del saldo zero: non solo nei casi in cui ad agire sia la banca, ma anche in quelli in cui attore sia il correntista.

 

3. – Conclusioni

 

Le pronunce in esame appaiono meritevoli di attenzione, perché hanno introdotto un contrasto in un settore che, finora, era da considerarsi pacifico.

È quindi necessario verificare se questa distinta opinione farà breccia nelle corti di merito, o se queste ultime rimarranno aderenti all’impostazione tuttora maggioritaria.

Di sicuro, come la stessa giurisprudenza di merito (24) e lo scrivente (25) hanno già rilevato,

Pur se lucidamente argomentata dalla difesa di parte attrice e sostenuta da qualche sparuta pronuncia di merito, non può quindi essere accolta la tesi per la quale, sulla base del cosiddetto principio di vicinanza della prova, deve sempre e comunque farsi ricadere sulla banca l’onere della produzione degli estratti conto, indipendentemente dal fatto che sia presentata dalla banca stessa domanda di pagamento ovvero sia proposta dal correntista domanda di ripetizione.

Infatti, il principio di vicinanza della prova può e deve guidare l’interprete nei casi in cui la ricostruzione degli oneri probatori è oggettivamente dubbia (cfr. Cass. s.u. n. 13533/2001 sul riparto probatorio tra creditore e debitore, nonché Cass. s.u. n. 141/2006 sul riparto probatorio in ordine ai requisiti dimensionali dell’art. 18 Stat. Lav.), ma non può certo essere utilizzato per scardinare le regole generali poste dall’art. [2]697 c.c., così come invece accadrebbe nel caso che qui occupa

(Trib. Reggio Emilia, 23.4.14).

 

Le due pronunce in esame del Tribunale di Ancona appaiono distoniche rispetto alle regole generali in materia di prova nel processo civile, rispetto alle quali introducono una deroga in favore del correntista.

Solo descrittiva è infatti l’obiezione a tenore della quale la applicazione dell’art. 2697 c.c. si risolve negativamente per il correntista attore (26).

Egli ben avrebbe potuto ricorrere ad una diffida ai sensi dell’art. 119, d.lgs. 385 del 1993 (27) , o a un ricorso per decreto ingiuntivo (28).

Nel caso in cui dette iniziative fossero rimaste infruttuose, posta la residualità del rimedio di cui all’art. 210 c.p.c., che spinge la giurisprudenza di merito prevalente a non accordare tale rimedio al correntista che abbia promosso una azione di indebito senza disporre di tutti gli estratti conto di periodo (29), resta la lacuna istruttoria in cui, suo malgrado, è incorso il correntista.

È chiara la natura equitativa che spinge a ricorrere alla sanzione civile indiretta, onerando l’istituto di credito di fornire la prova dell’andamento del rapporto anche se convenuto processualmente, a pena di una violazione del canone di buona fede.

Sembra che, in tal modo, si faccia ricorso alle medesime ragioni tecniche ed economiche che hanno indotto la dottrina a teorizzare la responsabilità oggettiva o senza colpa (30): la banca è una deep pocket ed è una impresa soggetta ai parametri della normativa di settore della sana e prudente gestione.

Essa deve avere una organizzazione imprenditoriale che le consenta di disporre della prova completa del proprio credito a prescindere dall’obbligo decennale delle scritture contabili, qualora sia attrice.

 

 Avv. Andrea Agnese

 

 

 

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(1) Cass. civ., 26.1.11, n. 1842.

(2) Trib. Pescara, 7.6.05.

(3) Accettella, La “depurazione” del saldo del conto corrente dagli interessi anatocistici (tra assenza di estratti conto ed irrilevanza dei c.d. “conti d’ordine”), in Banca, borsa, tit. cred., 2010, II, p. 637, a commento di Trib. Napoli, 8.1.09.

(4) App. Milano, 6.12.12; Trib. Brindisi, 7.3.14.

(5) Galgano, Alla ricerca delle sanzioni civile indirette: premesse generali, in Contr. Impr., 1987, p. 531 ss.

(6) Cass. civ., 25.11.10, n. 23974.

(7) Cass. civ., 9.4.84, n. 2262.

(8) Trib. Reggio Emilia, 23.4.14.

(9) Trib. Arezzo, 30.5.13.

(10) Dolmetta- Malvagna, Vicinanza della prova in materia di contenzioso bancario. Spunti (I. il saldo zero), in Rivista dir. banc., 6/14, p. 3, a commento di Trib. Reggio Emilia, 23.4.14.

(11) Trib. Latina, 19.6.12.

(12) Trib. Monopoli, 17.11.11.

(13) Trib. Livorno, 28.2.13.

(14) Trib. Nocera Inferiore, 29.1.13.

(15) Trib. Arezzo, 30.5.14.

(16) Trib. Brindisi, 7.3.14.

(17) Trib. Arezzo, 30.5.14.

(18) Trib. Arezzo, 30.5.14.

(19) Trib. Ancona, 28.1.15 e 18.11.14.

(20) Dolmetta – Malvagna, Vicinanza della prova in materia di contenzioso bancario, cit., p. 5-9.

(21) Cass. civ., 26.1.11., n. 1842.

(22) Su posizioni analoghe, ha considerato che l’ordine di esibizione richiesto dal correntista ai sensi dell’art. 210 c.p.c. sia una trasposizione sul piano processuale dell’obbligo di buona fede nell’esecuzione del contratto cui è astretta la banca nei confronti del proprio correntista, Trib. Latina, 19.6.07.

(23) Dolmetta – Malvagna, Vicinanza della prova in materia di contenzioso bancario, cit., p. 5-6.

(24) Critiche al saldo zero sono state mosse da Trib. Torino, 20.6.14, nonché dalla pronuncia da cui è tolto il passo riportato nel testo.

(25) In argomento, rinvio al mio La prova del credito nel contenzioso bancario, Rimini, 2014, ove ulteriori ragguagli di dottrina e giurisprudenza.

(26) Dolmetta – Malvagna, Vicinanza della prova in materia di contenzioso bancario, cit., p. 5.

(27) Trib. Nocera Inferiore, 29.1.13.

(28) Trib. Bari, Sez. Monopoli, 17.11.11.

(29) Trib. Nocera Inferiore, 29.1.13; Trib. Pescara, 4.10.07.

(30) Calabresi, Costo degli incidenti e responsabilità civile, Milano, 1975.

Avv. Agnese Andrea

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