Nullità della clausola del regolamento condominiale con previsione di sanzioni non pecuniarie: integrità dell’ordinamento e necessaria limitazione dell’autotutela nei rapporti tra privati. Nota alla sentenza della Corte Cass. n. 820 del 16/01/2014

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Tra i principali caratteri dell’ordinamento giuridico siedono la completezza e la coerenza, seppur secondo alcuni al livello ibrido di postulati.

L’ordinamento, nell’esplicare il proprio operato, non può tollerare che i privati diano libero seguito alle proprie ragioni al di fuori dei modi e delle procedure espressamente previste.

Già nel diritto romano (almeno da un certo momento) si qualificava una fattispecie illegittima qualora il soggetto esercitasse arbitrariamente le proprie ragioni, senza cioè canalizzarle nel filtro regolarizzante ed armonizzante del sistema giudiziario.

Contigue ed assimilabili discipline si esprimono nelle cornici del diritto canonico, del codice germanico e svizzero.

Un caso particolare è rappresentato proprio dal codice italiano, in cui non ha sede alcuna precisa norma in tema.

La ricostruzione storica della genesi del codice da conto di un progetto di articolo eliminato dal testo definitivo con pretesa di superfluità.

Al di là di questo recinto sacro, esistono casi specifici in cui è l’ordinamento stesso a prevedere circoscritti perimetri di libertà ai privati.

Entro i limiti previsti, i soggetti designati dall’ordinamento possono comminare autonomamente sanzioni a coloro i quali hanno tenuto una condotta integrante gli estremi di una fattispecie illegittima.

Tali sanzioni assumono la denominazione di “pene di natura privata”.

Ad esempio, l’art. 70 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile, prevede espressamente la possibilità per il regolamento del condominio di stabilire sanzioni in caso di infrazioni.

Nel particolare istituto del condominio, il regolamento assolve alla funzione di contemperare gli interessi dei privati e, con la formazione del regolamento, i soggetti danno autonoma sistemazione ai propri diritti, compensando i relativi aneliti.

La previsione di sanzioni pecuniarie stabilite dagli stessi condomini consente di garantire l’armonia nell’esplicarsi dei rapporti interni all’istituto.

In senso ampio, il riconoscimento del potere sanzionatorio ai privati è finalizzato proprio alla pacifica prosecuzione dei rapporti, come si evince, ad esempio, dal diverso caso del regolamento disciplinare sul luogo di lavoro pur con le dovute riflessioni.

Nel caso discusso dalla Seconda Sezione Civile della Suprema Corte e risolto con sentenza del 4 dicembre 2013 i ricorrenti lamentano la nullità della clausola, insita nel regolamento condominiale, con la quale si commina la sanzione della rimozione del veicolo in caso di violazione delle norme interne relative ai posteggi condominiali.

La Corte d’Appello si era pronunciata per la liceità della sanzione, stante la finalità di assicurare una più razionale fruizione della cosa comune ed una migliore prestazione di servizi, con beneficio collaterale per la comunità dei condomini.

Ai fini della presente analisi, rileva unicamente il secondo motivo della decisione ed in questa sede non si da conto del primo per ovvie ragioni economia espositiva.

La doglianza dei ricorrenti ha per oggetto il passo del regolamento condominiale in cui si prevede la sanzione della “rimozione dell’auto non in regola a spese del proprietario”, espressione evidentemente inconciliabile con il genere delle “sanzioni pecuniarie”.

Resta a margine, e se ne fa menzione per pura esigenza di completezza, che l’art. 70 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile non solo richiede la natura “pecuniaria”, ma stabilisce un rigoroso limite massimo in termini quantitativi entro il quale deve attestarsi l’importo.

La Corte, non mancando di riferirsi alla propria giurisprudenza pregressa, esclude la configurabilità di sanzioni “diversamente afflittive”, considerata la conseguenza dilatazione illegittima del contenuto della pena di natura privata.

Come si evince dagli prosa della Corte, la controversia interseca il complesso e delicato tutela dell’autotutela del privato all’interno dell’ordinamento giuridico organizzato.

L’integrità e l’efficienza del sistema coordinato di norme e precetti che regge la società fonda la propria efficienza nell’impossibilità per il singolo di trovare libera soddisfazione, se non adendo l’autorità giudiziaria.

Ne deriva logicamente l’impossibilità per le “pene di natura privata” di eccedere il perimetro stabilito dalle norme legittimanti, quasi si configurasse, per usare un’ espressione forse impropria, un eccesso di delega.

Nel caso di specie, è incontestabile la nullità della clausola del regolamento condominiale.

Avv. Gambetta Davide

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