Novità normative sul collocamento obbligatorio, i chiarimenti nella circolare della Fondazione CDL

Redazione 15/03/13
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Lilla Laperuta

Con la circolare 13 marzo 2013, n. 2 la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro ha illustrato le principali novità normative che hanno interessato la materia del collocamento obbligatorio di cui alla L. 68/1999, fornendo ulteriori chiarimenti. In particolare, è stato menzionato:

a) l’art. 6, comma 2-ter D.L. 70/2011 (conv. con L. 106/2011) che, modificando l’art. 5, co. 2, L. 68/1999, ha stabilito che “fermo restando l’obbligo del versamento del contributo di cui al comma 3 al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili, per le aziende che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60 %, la procedura di esonero prevista dal presente articolo è sostituita da un’autocertificazione del datore di lavoro che attesti l’esclusione dei lavoratori interessati dalla base di computo”;

b) l’art. 4, comma 27, L. 92/2012 laddove, innovando l’art. 4 L. 68/1999, ha previsto che agli effetti della determinazione del numero di soggetti disabili da assumere, sono computati di norma tra i dipendenti tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato. Ai medesimi effetti, non sono invece computabili: i lavoratori occupati ai sensi della medesima legge, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento, i lavoratori occupati con contratto di somministrazione presso l’utilizzatore, i lavoratori assunti per attività da svolgersi all’estero per la durata di tale attività, i soggetti impegnati in lavori socialmente utili assunti ai sensi dell’articolo 7 D.Lgs. 81/2000, i lavoratori a domicilio, i lavoratori che aderiscono al programma di emersione, ai sensi dell’art. 1 L. 383/2001. Restano salve le ulteriori esclusioni previste dalle discipline di settore.

Sul punto si fa notare che una prima categoria esclusa dalla base di computo per il calcolo della quota di riserva è rappresentata dai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato di durata non superiore a sei mesi (art. 46, comma 1, lett. l) D.L. 83/2012). Un primo profilo di criticità riguarda le modalità di computo dei lavoratori che hanno un contratto a termine superiore a sei mesi. Al riguardo il Ministero del Lavoro, come sottolineato dalla Fondazione Studi, non sempre ha espresso una posizione univoca. Con la circolare n. 18/2012 è stato, infatti, precisato che i lavoratori a tempo determinato “dovranno essere computati pro quota senza computare i contratti a termine che sono stati avviati in sostituzione di lavoratori assenti (dovendosi computare i lavoratori sostituiti). Su un diverso portale del Ministero del lavoro sono state poi diffuse delle FAQ, in base alle quali, a fronte della domanda volta ad individuare la data cui fare riferimento per la composizione dell’organico, il Ministero ha risposto “La norma non fissa un preciso momento per il calcolo dell’organico. Tuttavia, dato che la redazione del prospetto informativo di cui alla legge 68/1999, fa riferimento all’organico del datore di lavoro alla data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione, si ritiene che tale data costituisca il termine di riferimento”.

In una successiva FAQ il Ministero precisa invece che “Il lavoratore occupato con contratto a tempo determinato superiore a sei mesi dovrà essere computato come unità”.

Ad avviso della Fondazione la posizione più aderente al sistema complessivo tracciato dalla legge 68/1999 è quella di rilevare il personale alla data del 31 dicembre di ogni anno, compresi i rapporti a tempo determinato; in questo ultimo caso, dunque, in attesa dei necessari chiarimenti ministeriali, i rapporti a termine di durata superiore a sei mesi si computeranno nella base occupazionale come unità solo se presenti in azienda a tale data.

 

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