Note sul c.d. “voto assistito”

Panozzo Rober 27/11/08
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Con precetti sostanzialmente analoghi, l’art. 41 del d.P.R. 570/1960 e gli artt. 55 e 56 del d.P.R. 361/1957 disciplinano l’istituto del c.d. voto assistito.
            Dopo aver ribadito il principio soggettivistico propugnato dall’art. 48 della Costituzione (“il voto è dato dall’elettore presentandosi personalmente all’Ufficio elettorale”), il legislatore individua i destinatari dell’istituto (“i ciechi, gli amputati delle mani, gli affetti da paralisi o da altri impedimento di analoga gravità…”), lo strumento per il concreto esercizio del diritto di voto (“…esercitano il diritto elettorale con l’aiuto di un elettore della propria famiglia o, in mancanza, di un altro elettore, che sia stato volontariamente scelto come accompagnatore…”), le modalità di accertamento della volontà dell’elettore (“…il presidente del seggio accerta, con apposita interpellazione, se l’elettore abbia scelto liberamente il suo accompagnatore e ne conosca il nome e cognome…”), le formalità documentali (“…e registra nel verbale, a parte, questo modo di votazione, indicando il motivo specifico di questa assistenza nella votazione, il nome dell’autorità sanitaria che abbia eventualmente accertato l’impedimento ed il nome e cognome dell’accompagnatore…il certificato medico eventualmente esibito è allegato al verbale”; “l’annotazione del diritto al voto assistito … è inserita, su richiesta dell’interessato, corredata della relativa documentazione, a cura del Comune di iscrizione elettorale, mediante apposizione di un corrispondente simbolo o codice, nella tessera elettorale personale, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di riservatezza personale…”) e le caratteristiche dei certificati medici eventualmente esibiti (“i certificati medici possono essere rilasciati soltanto dai funzionari medici designati dai competenti organi dell’autorità sanitaria locale; i designati non possono essere candidati né parenti fino al quarto grado di candidati. Detti certificati devono attestare che la infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di altro elettore; i certificati stessi devono essere rilasciati immediatamente e gratuitamente, nonché in esenzione da qualsiasi diritto od applicazione di marche”).
            In termini di approccio esegetico, si è rilevato che “la previsione della ammissione al voto assistito per le persone affette da gravi impedimenti non è, come spesso si è ritenuto, una norma di carattere eccezionale, derogatoria dei principi di personalità e segretezza del voto, ma è una norma a regime che l’ordinamento è tenuto a prevedere essendo volta a regolare il sacrosanto diritto di voto di chi, affetto da handicaps di particolari gravità che gli impediscono l’esercizio di un incomprimibile diritto politico, non può farlo se non con l’ausilio di un familiare o di una persona di sua fiducia”; questa interpretazione “scaturisce da una attenta lettura del contenuto precettivo del secondo comma dell’articolo 41, il quale stabilisce che gli elettori affetti da impedimenti di gravità analoga a quella dei ciechi, degli amputati alle mani o dei paralitici, esercitano il diritto elettorale con l’aiuto di un elettore; l’accompagnatore, in sostanza, è soltanto una modalità di esercizio del voto, nel senso che esso rappresenta l’unico ‘ausilio’ possibile per mettere sullo stesso piano degli altri elettori il cittadino affetto da gravissimi impedimenti” (1).
            Come si è visto, destinatari dell’istituto sono i ciechi, gli amputati delle mani, gli affetti da paralisi “o da altro impedimento di analoga gravità”. L’indeterminatezza dell’espressione, rileva il massimo organo di giustizia amministrativa, “manifesta l’intento legislativo di non delimitare in modo rigoroso l’ambito delle menomazioni che ostacolano l’esercizio del voto”; “l’apertura analogica della norma, tuttavia, non è illimitata, ma, pur consentendo di attribuire rilievo anche a situazioni ‘atipiche’, va correttamente riferita ai soli impedimenti che presentano elementi di evidente somiglianza con la cecità, le amputazioni e la paralisi, tali da riconoscere l’effettiva sussistenza di quella eadem ratio che sola giustifica il ricorso al voto assistito”; cosicchè “il dato comune che permette l’estensione della norma non è costituito…dal solo livello quantitativo della riscontrata gravità dell’affezione, né dalla sua attitudine ad impedire l’autosufficiente esercizio del voto, ma, piuttosto, dalla natura oggettiva e dalle caratteristiche qualitative dell’infermità”; ed “in questo senso è evidente che le ipotesi patologiche espressamente contemplate dall’art. 41 comma 2 identificano precisi impedimenti fisici che ostacolano la materiale espressione del voto, per l’impossibilità di distinguere i contenuti della scheda o di manifestare la scelta o, infine, di compiere le operazioni di chiusura della scheda”; in definitiva, “l’elemento unificante è costituito…dalla presenza di circostanze che incidono esclusivamente nella fase di dichiarazione di una volontà regolarmente formatasi” (2). Sotto questo profilo sono state considerate patologie idonee le infermità inibenti l’uso (corretto) delle mani, quali il parkinsonismo (3), il tremore senile, l’artrite deformante, e gli esiti da ictus cerebrale (4), o degli occhi, come ad esempio le cateratte (5).
            Di contro, la giurisprudenza amministrativa esclude – concordemente e costantemente – la rilevanza degli handicap psichici (6), ancorché concorrenti con menomazioni fisiche (7). Poiché le infermità che determinano incapacità psichica attengono non alla espressione della volontà dell’elettore – di cui può essere strumento sostitutivo l’accompagnatore – ma alla (sua) stessa formazione, per la quale non sono ammissibili rimedi sostitutivi in quanto il voto è atto personalissimo, non convenire sull’esclusione del deficit psichico, significherebbe legittimare una non corretta formazione della voluntas, perché “l’accompagnatore finirebbe per sostituire la sua volontà a quella dell’elettore” (8).
            Dalla lettera della norma non traspare, quanto meno con immediatezza, la linea di confine oltre la quale necessita l’apposita certificazione medica: in quali casi, cioè, l’elettore (fisicamente impedito) debba essere ammesso al voto assistito (soltanto) previa esibizione di idoneo certificato medico; ne consegue che, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, in disparte le tre ipotesi tipiche (cecità; amputazione delle mani; paralisi), legislativamente individuate, spetta al presidente di seggio valutare, di volta in volta, l’effettività dell’impedimento (9).
            Posto che l’elettore, qualora l’impedimento sia evidente, può essere ammesso al voto assistito sic et simpliciter, occorre sostanziare l’oggetto della verbalizzazione, in altri termini la portata della locuzione indicando il motivo specifico di questa assistenza nella votazione. Secondo l’insegnamento del massimo organo di giustizia amministrativa, “non è necessaria da parte del presidente di seggio l’esposizione di una congrua motivazione esplicativa dell’iter logico percorso per la maturazione del giudizio di ammissione al voto assistito, essendo invece sufficiente che l’infermità verbalizzata quale motivo specifico per l’ammissione al voto assistito costituisca oggettivamente impedimento visivo o motorio di una certa rilevanza nell’ambito di quell’indagine empirica, da effettuare sul momento, che costituisce potere-dovere del presidente di seggio” (10). Ancora: premessa la necessità, “nel procedimento delineato nell’art. 41, che degli adempimenti prescritti venga effettuata una rigorosa e corretta verbalizzazione, la quale costituisce il momento di emersione dei profili di legittimità delle operazioni elettorali”, si evidenzia che “la legge, nel prescrivere gli accertamenti demandati al presidente del seggio, gli impone di registrare nel verbale, in una apposita sezione, questo modo di votazione, indicando il motivo specifico di questa assistenza nella votazione, il nome dell’autorità sanitaria che abbia eventualmente accertato l’impedimento e il nome e il cognome dell’accompagnatore: non prescrive, invece, oltre alla indicazione del ‘motivo specifico di questa assistenza’, una sia pur sommaria motivazione, giacché l’accertamento demandato al presidente del seggio implica apprezzamenti di fatto o giudizi di merito di cui egli porta, insieme eventualmente ad altri, l’intera responsabilità” (11)
            I maggiori contrasti interpretativi riguardano la portata vincolante dei certificati medici (eventualmente) prodotti. L’indirizzo del massimo organo di giustizia amministrativa era – salvo sporadiche oscillazioni (12) – sostanzialmente univoco nel sostenere due principi: a) la valutazione medica non lascia margini di scelta al Presidente di seggio solo quando esprima inequivocabilmente che l’elettore non è materialmente in grado di tracciare il segno di voto per l’impossibilità di servirsi delle mani o della vista, salvo il caso in cui la certificazione risulti in modo evidente falsa o comunque non veritiera; b) negli altri casi – ovvero: quando tali certificazioni “nulla affermano in ordine alla totale compromissione delle suddette funzioni, oppure si limitano a diagnosticare patologie che, al di là fi ogni apprezzamento di ordine medico-legale, alla stregua della comune esperienza, non ingenerano radicali menomazioni fisiche” (13) – i certificati medici prodotti dall’elettore costituiscono atti di certezza privilegiata solo per quanto attiene alla natura dell’infermità e non anche in relazione alla specifica capacità invalidante della medesima il cui accertamento è comunque rimesso al prudente apprezzamento del Presidente di seggio; con la conseguenza che la certificazione medica lo vincola solo per quanto concerne la natura della malattia, ma non sulla portata pratica della stessa quale concreto impedimento alla espressione materiale del voto (14). L’orientamento muta decisamente nel 2004, quando, valorizzando alcuni elementi integrativi (della formulazione originaria) dell’41 del d.P.R. 570/1960 – e dell’art. 56 del d.P.R. 361/1957 – in particolare la modifica introdotta dall’art. 9 della l. 271/1991, ai sensi del quale i certificati medici “debbono attestare che la infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di altro elettore”, si sostiene che “il senso dell’espressione legislativa non lascia spazio a dubbi di sorta: ai fini del voto assistito, il funzionario medico designato dai competenti organi dell’unità sanitaria locale deve svolgere il suo accertamento anche sulla attitudine dell’infermità fisica, da cui è affetto l’elettore, ad impedire (non solo, dunque, a renderla più gravosa) l’autonoma manifestazione del voto e di tanto deve dare attestazione”; di conseguenza, non potendosi ammettere che, “in un ambito dalla legge riservato ad altro organo, il presidente del seggio sovrapponga al giudizio professionale medico il suo – pur prudente – apprezzamento”, questi “non è tenuto in ogni caso alla cosiddetta prova empirica, volta ad accertare se l’impedimento lamentato dell’elettore rientri tra quelli elencati dalla legge o che la stessa permette di equiparare” (tale accertamento essendo già stato effettuato, “nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica, dal competente organo pubblico che, inoltre, si è assunto la responsabilità della relativa certificazione”), pur potendo “esperire tutti gli accertamenti e fare tutte le valutazioni che siano funzionali all’esercizio del potere, di cui è titolare, di consentire la modalità di voto in questione, fino a disattendere la certificazione esibita allorquando a sorreggere la sua decisione negativa sussistano elementi tali da indurlo a ritenere che questa sia falsa o che il giudizio medico, se non deliberatamente artefatto, sia evidentemente quanto meno non rispondente a canoni della scienza medica universalmente accettati” (15). Il revirement riceve un ulteriore impulso in pronunce successive, quando si evidenzia (anche) la modifica introdotta dall’art. 1, c. 2, della l. 5 febbraio 2003, n. 17, Nuove norme per l’esercizio del diritto di voto da parte degli elettori affetti da grave infermità (16): “se oggi l’elettore può richiedere che il suo diritto al voto assistito venga indicato mediante l’anodina apposizione di un simbolo o di un codice sulla tessera personale, non si vede come il presidente del seggio possa risalire alla natura dell’impedimento patologico per compiere quella verifica empirica postulata dal pregresso indirizzo pretorio” (17). Ma la querelle non può certo dirsi risolta, se è vero che – anche recentemente – il massimo organo di giustizia amministrativa propone un ritorno alla lettura originaria (18); del resto, anche nelle sentenze di segno contrario, si rinvengono, talvolta, dei significativi temperamenti (19).
Secondo la giurisprudenza prevalente, il mancato reperimento dei certificati medici, consegnati dagli elettori autorizzati al voto assistito, non può incidere sulla legittimità dell’ammissione, qualora l’esibizione dei certificati risulti verbalizzata, con l’indicazione delle autorità sanitarie che li avevano rilasciati e della patologia sofferta (20).
 
 
Rober Panozzo
autore di saggi in materia di cittadinanza, anagrafe della popolazione, diritto di famiglia e immigrazione

 
 
NOTE
 
(1)Cons. di Stato, V, 27 aprile 1990, n. 401, in Serv. dem.,1991, 474. Peraltro, in altra sede lo stesso Consesso ha evidenziato la natura “eccezionale rispetto alla norma generale e quale deroga alla normalità dei casi” del voto assistito: Cons. di Stato, V, 1 febbraio 1991, n. 102, ibidem,1993, 1090). Di (seppur parziale) “deroga” all’art. 48 Cost., “perché il voto assistito non è un voto segreto, per sua ontologica impossibilità”, parla anche CGARS 22 giugno 2006, n. 303 (consultabile, come tutte le sentenze prive di citazione, nel sito del Consiglio di Stato), che evidenzia – pure – “il prezzo imposto dall’oggettiva menomazione fisica, per evitare la rinuncia all’esercizio del diritto civico di cittadino votante”. Sul rapporto tra segretezza (del voto) e voto assistito, si vedano le lucide considerazioni di BUSON, Presupposti e limiti del voto assistito, in Serv. dem., 2008, n. 1, 6 s.
 
(2)Cons. di Stato, V, 15 marzo 2001, n. 1520.
 
(3)Cons. di Stato, V, 15 marzo 2001, n. 1520, cit.
 
(4)Cfr. Cons. di Stato, V, 24 gennaio 1992, n. 274, in Serv. dem.,1993, 477. La difficoltà (o anche l’impossibilità) di deambulare “non ha nulla a vedere col voto assistito”: cfr. Cons. di Stato, V, 19 aprile 2007, n. 1812.
 
(5)Ma solo quella bilaterale, secondo Cons.di Stato, V, 14 giugno 1991, n. 1159, in Serv. dem,1993,1235. CGARS 12 luglio 2005, n. 431, reputa inidonea a giustificare il ricorso al voto assistito “la mera diminuzione del visus, carente dell’indicazione della specifica gravità”. Tar Marche 23 ottobre 1999, n. 1136, in Serv. dem., 2001, 536, ha escluso “la legittimità del voto assistito in presenza di semplici, generici disturbi visivi o, comunque, diminuzione di ‘visus’ anche gravi, ma non tali da essere assimilati alla cecità, come pure in caso di affezioni reumatiche agli arti superiori o di artrite deformante, poiché tali tipi di patologie se possono in qualche modo condizionare la facile e rapida apposizione del segno grafico sulle schede, per le loro caratteristiche non determinano un assoluto impedimento alla materiale espressione del suffragio elettorale in quanto non escludono la funzionalità sensoriale della vista e dell’uso delle mani, la quale, seppure attenuata, è comunque da ritenere sufficiente da garantire una personale, seppure difficoltosa, espressione del voto in conformità al principio affermato dall’art. 48 della Costituzione”
 
(6)Cfr., ex pluribus, Cons. di Stato, V, 7 novembre 2007, n. 5746. In dottrina, con ampio ventaglio argomentativo, NAPOLI, Il voto assistito, in Stato civ., 2006, 774 s.
 
(7)Cfr. Cons. di Stato, V, 31 gennaio 2007, n. 387: “è da escludere … che un impedimento che si manifesti esclusivamente o prevalentemente in uno stato di alterazione psichica possa rendere legittimo il ricorso al voto assistito”.
 
(8)Cons. di Stato, V, 24 gennaio 1992, n. 258, in Serv. dem.,1993,331; analogamente, in sede consultiva Cons. di Stato, I, 18 dicembre 1997, n. 1588, in Stato civ.,1998,617. In termini più ampi CGARS 22 giugno 2006, n. 303, cit.; dopo aver rilevato che “anche chi vota con l’assistenza esprime un voto, oltre che libero ed eguale, anche personale, perché l’assistente traccia sulla scheda i segni grafici che gli sono richiesti dall’elettore menomato”, l’Alto Consesso siculo ribadisce “con estremo rigore che deve trattarsi necessariamente di una patologia esclusivamente fisica … e non anche psichica (sicchè nessuna forma, anche senile, di demenza, né di sindromi analoghe, giustificherebbe, quand’anche accompagnata da concorrente paralisi o cecità, l’ammissione al voto assistito) …altrimenti, sarebbero violati gli inderogabili principi costituzionali: 1) della personalità del voto, perché esso sarebbe riconducibile alla volontà dell’accompagnatore, anziché a quella del votante; 2) dell’eguaglianza del voto, posto che l’accompagnatore esprimerebbe, in sostanza, due voti; 3) della libertà del voto, perché chi non è capace di determinarsi sul piano psichico sul voto che intende esprimere, non vota liberamente”. Tar Calabria, Catanzaro, 1 febbraio 2006, n. 78, rimarca l’infondatezza di rilievi fondati sull’“abrogazione, da parte della legge 13 maggio 1978 n. 180 (c.d. legge Basaglia), della norma che escludeva dal voto i soggetti incapaci di intendere e di volere”, perché le “questioni relative al voto assistito non involgono … problematiche relative all’ammissione o meno al voto di soggetti con menomazioni di carattere psichico, quanto la possibilità che tali soggetti si avvalgano dell’assistenza di altri ai fini dell’espressione del voto”.
 
(9)Cfr. Cons. di Stato, V, 6 giugno1990, n. 505, in Serv. dem.,1991,477. Analogamente Min. Interno, Elezioni politiche – Istruzioni per gli uffici elettorali di sezione, Roma, 2008, 55 (riproponendo – costantemente – le medesime direttive: cfr., ad es. l’analoga pubblicazione del 2001, 60), che, con riferimento ai ciechi, sottolinea, altresì, come debbano “essere ammessi al voto assistito coloro che esibiscano il libretto nominativo attualmente rilasciato dall’INPS e, in passato, dal Ministero dell’Interno … a norma dell’art. 3 della legge 18 dicembre 1973, n. 854, quando, all’interno del libretto stesso, sia indicata la categoria «ciechi civili» e sia riportato uno dei seguenti codici: 10; 11; 15; 18; 19; 05; 06; 07”, in quanto “ognuno dei predetti codici attesta … la cecità assoluta del titolare del libretto”. Peraltro, nella circolare 3 agosto 2004, n. 106, lo stesso Ministero aveva (già) comunicato che, per motivi inerenti al rispetto delle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali, il libretto nominativo di pensione – attualmente rilasciato dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ai ciechi civili – “attesta unicamente la categoria generica INVCIV e il corrispondente numero del certificato e non prevede più alcuna dizione specifica né alcun numero o codice o fascia, identificativi dell’infermità che ha dato origine alla previdenza economica”.
 
(10)Cons. di Stato, V, 6 giugno1990, n. 505, cit..
 
(11)Cons. di Stato, V, 27 aprile 1990, n. 401, cit.
 
(12)Ad es. V, 13 febbraio 1998, n. 167, in Stato civ., 1998, 618
 
(13)BUSON, op. cit., 9.
 
(14)Cfr., per tutte, V, 1 dicembre 2003, n. 7834.
 
(15)Cons. di Stato, V, 15 marzo 2004, n. 1265, concludendo che “l’onere di dimostrare la sussistenza di siffatti elementi” incombe, allora, “su chi intenda contestare come illegittima l’ammissione dell’elettore al voto assistito”. Analogamente, le successive pronunce della stessa Sezione 5 luglio 2005, n. 3716 e 11 maggio 2007, n. 2342
 
(16) “L’annotazione del diritto al voto assistito, di cui al secondo comma, è inserita, su richiesta dell’interessato, corredata della relativa documentazione, a cura del comune di iscrizione elettorale, mediante apposizione di un corrispondente simbolo o codice, nella tessera elettorale personale, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di riservatezza personale ed in particolare della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni”. Per quanto riguarda il richiamo della normativa in materia di protezione dei dati personali, il riferimento è – ora – al d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali. A livello operativo, il Ministero dell’Interno – circolare 18 febbraio 2003, n. 6 – ha disposto l’annotazione, da parte del Comune di iscrizione nelle liste elettorali della sigla AVD (che “dovrà essere inserita all’interno del timbro del Comune, apponendo in calce la sottoscrizione di un delegato del Sindaco”), “composta dalle lettere iniziali delle parole Diritto Voto Assistito, opportunamente posposte, per renderne il significato meno intelleggibile”, a seguito di richiesta, “corredata da apposita documentazione sanitaria, attestante che l’elettore è impossibilitato ad esercitare autonomamente il diritto di voto”
 
(17)Cons. Di Stato, V, 14 novembre 2006, n. 6685, aggiungendo che “evidentemente il rilievo contribuisce a falsificare la precedente ermeneutica anche con riferimento ai casi in cui l’elettore decida di non avvalersi di tale facoltà: deve invero escludersi che il diritto al voto assistito possa dipendere dalla scelta dell’elettore di tutelare, o meno, la propria riservatezza e che, dunque, gli accertamenti del presidente del seggio, preclusi nella prima fattispecie (…esibizione della tessera elettorale con l’annotazione del diritto al voto assistito …ndA), siano invece consentiti nella seconda (…esibizione del certificato medico… ndA)”. Analogamente Tar Marche 29 marzo 2005, n. 260 (“…in presenza di tale accennata annotazione sul certificato elettorale da valere per diverse elezioni, dello stato di infermità fisica dell’elettore e del conseguente suo diritto al voto assistito, è di tutta evidenza che al Presidente del seggio elettorale in cui risulta iscritto il medesimo elettore, non vengono lasciati margini di scelta, attesa l’impossibilità per il medesimo di conoscere il tipo di infermità acclarata nel certificato medico presentato all’ufficio comunale, attraverso la sua materiale visione e, quindi, di contestarne eventualmente il contenuto…”); Tar Campania, Salerno, 13 aprile 2005, n. 559 (“…Orbene, dal testo normativo così modificato si evince che la responsabilità di attestare l’esigenza del voto assistito grava sul funzionario designato dalla ASL., con la conseguenza che nessuna prova empirica è più richiesta al presidente del seggio, il quale non deve far altro che accertare la regolarità formale del certificato medico, senza alcuna possibilità di contestarne il contenuto e senza alcun obbligo di specifica motivazione…”); Tar Calabria, Catanzaro, 9 ottobre 2006, n. 1141 (“a seguito di tale modifica nei certificati attestanti l’impedimento dell’elettore non deve più essere descritta l’infermità che autorizza a votare con l’ausilio di altra persona, bastando in merito l’inserimento di un semplice simbolo o codice sulla scheda elettorale; per cui oggi è impedito ogni possibile intervento in merito da parte del presidente del seggio, il quale non è più tenuto alla cd. prova empirica volta ad accertare se l’impedimento lamentato dall’elettore rientri tra quelli elencati dalla legge…”); Tar Puglia, Lecce, 13 ottobre 2006, n. 4940 [“ai sensi del più recente (e certamente preferibile) approccio interpretativo in materia, quindi, deve ritenersi che il ricorso alla c.d. ‘prova empirica’ possa essere ammesso non già al fine di integrare o revocare in dubbio il contenuto della certificazione medica di fonte pubblica (il cui valore di attestazione privilegiata può essere contestato solo con strumenti diversi, quali la querela di falso), bensì al più limitato effetto di ammettere al voto assistito soggetti la cui menomazione fisica (ad es.: amputazione degli arti superiori) risulti ictu oculi sia nella sua consistenza obiettiva, sia nel suo carattere impeditivo rispetto all’autonoma espressione del voto)”]; Tar Campania, Salerno, 12 gennaio 2007, n. 10 (“…la peculiare ed essenziale rilevanza del certificato del funzionario medico dell’A.S.L. è ulteriormente avvalorata dalla legge 5/2/2003 n. 17 …con ciò significandosi la preponderanza in parte qua dell’attestazione del funzionario medico dell’A.S.L. al quale è trasferita la responsabilità della forma di votazione in questione, funzionario che, giova porre in luce, la legge ha avuto cura di stabilirne la scelta al di fuori della parentela entro il quarto grado con i candidati all’elezione”); Min. Interno, Elezioni politiche, cit., 54 (“…pertanto, qualora l’elettore si presenti al seggio con la tessera elettorale personale nella quale sia apposto il suddetto simbolo o codice, questi dovrà essere senz’altro ammesso al voto con l’aiuto di un accompagnatore”). Convengono sulla portata vincolante del certificato medico, nei limiti evidenziati da Cons. di Stato, V, 15 marzo 2004, n. 1265, cit.: Tar Calabria, Catanzaro, 16 marzo 2005, n. 415; Tar Campania, Salerno, 20 maggio 2005, n. 815; Tar Campania, Napoli, 10 marzo 2005, n. 1706; Tar Sardegna 19 luglio 2006, n. 1515.
 
(18)Cfr. Cons. di Stato, V, 7 novembre 2007, n. 5746, cit. [secondo cui, “anche a seguito della novella di cui all’art. 1 l. n. 17/2003 i certificati medici debbono continuare ad attestare che la infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di altro elettore ed il Presidente del seggio è tenuto comunque ad indicare nel verbale il motivo specifico di questa assistenza nella votazione (pur in mancanza di certificato medico o di genericità del medesimo) ed il motivo specifico non può che riguardare le ipotesi tassativamente  previste o altro impedimento  di  analoga gravità. Per cui il Presidente del seggio continua ad essere tenuto alla cosiddetta prova empirica, volta ad accertare se l’impedimento addotto dell’elettore (anche se l’elettore presenta la tessera elettorale con il relativo simbolo o codice di aver titolo al voto assistito) rientri tra quelli elencati dalla legge o che la stessa permette di equiparare, procedendo alla relativa verbalizzazione”]; Cons. di Stato, V, 31 gennaio 2007, n. 387, cit. [secondo cui, tra l’altro, la disciplina elettorale in materia di voto assistito“integra una di  quelle espresse disposizioni di legge che consentono il trattamento – sub specie di “comunicazione” al Presidente di seggio, ex art. 4, comma 1, lett. d), d. lgs. n. 196/2003 – del dato sensibile relativo alla salute dell’elettore che voglia essere ammesso al voto assistito, specificando che il tipo di dato in questione è la diagnosi della patologia invalidante e che l’operazione eseguibile è la comunicazione al seggio elettorale e l’inclusione nel relativo verbale”, mentre “la finalità di rilevante interesse pubblico perseguita è … quella che sia assicurato, nell’interesse di tutti i cittadini, il pieno rispetto dei principi fondamentali di cui all’art. 48, secondo comma, della Costituzione, in ordine alla personalità ed eguaglianza, e libertà e segretezza, del voto che sarà espresso in modo assistito”; negli stessi termini CGARS 22 giugno 2006, n. 303, cit.]; Cons. di Stato, V, 19 aprile 2007, n. 1812 , cit.
 
(19)Si evidenzia, ad es., che, per poter “disattendere la certificazione esibita allorquando a sorreggere la sua decisione negativa sussistano elementi tali da indurlo a ritenere che questa sia falsa o che il giudizio medico, se non deliberatamente artefatto, sia evidentemente quanto meno non rispondente a canoni della scienza medica universalmente accettati” (come sottolineato da Cons. di Stato, V, 15 marzo 2004, n. 1265, cit.), è “evidente che il presidente del seggio deve, comunque, conoscere, attraverso l’attestazione contenuta nel certificato medico, quale sia la patologia che, a giudizio del medico, determina l’impedimento, soprattutto con riferimento a quelle patologie, definite dalla legge di analoga gravità il cui effetto preclusivo all’esercizio del diritto di voto non risulta in maniera evidente”; quindi, “pur se la contestazione sul contenuto del certificato medico deve rimanere circoscritta …, è comunque evidente che rimane funzionale all’esercizio delle facoltà spettanti al presidente del seggio la conoscenza della patologia adotta dall’elettore è certificata come impediva dell’esercizio del voto”: Cons. di Stato, V, 20 marzo 2006, n. 1439; analogamente CGARS 22 giugno 2006, n. 303, cit.
 
(20)Cfr. Cons. di Stato, V, 24 gennaio 1992, n. 274, cit.; analogamente Cons. di Stato, V, 21 settembre 1996, n. 1148, in Stato civ., 1997, 779: “va infine considerato irrilevante il fatto che, a seguito dell’istruttoria disposta dal Tar, non siano stati rinvenuti i certificati medici, rispetto ai quali è stato dato atto a verbale della loro esistenza e della loro allegazione al verbale medesimo; sul punto, solo mediante una querela di falso…si sarebbe potuto far risultare che quanto emerge dal verbale non corrisponde a quanto accaduto”.

Panozzo Rober

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