Non può essere richiesto il canone idrico sulla base dei consumi presuntivi. la cessione del contratto di somministrazione non può desumersi dai fatti concludenti ma è necessaria la forma scritta.

Vingiani Luigi 13/05/10
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Con una interessantissima decisione il Giudice di pace di Nocera Inferiore, richiamando i principi generali in materia di contratto di somministrazione,  ha escluso la possibilità per i gestori del servizio per la distribuzione dell’acqua potabile, di  determinare il canone, avente natura di corrispettivo reso,  sulla base dei consumi presuntivi  in quanto possono richiedere il pagamento solo per l’acqua effettivamente erogata  ( cfr. Trib. Napoli 21.11.2001).

Inoltre,il giudicante, ribadita  l’obbligatorietà della forma scritta ad substantiam  per i contratti stipulati iure privatorum dalla p.a.   nei casi in cui  vi sia modificazione dei soggetti del rapporto obbligatorio , ha escluso che la cessione del contratto , allorquando provenga da una p.a. o da un ente pubblico, possa assumersi dai fatti concludenti. ( Cfr.  Cass. 12.04.06 n. 8621 ).

La questione riguarda la prassi di molti gestori di calcolare i consumi presuntivamente e soprattutto la nuova gestione del servizio idrico integrato – istituito dalla legge Galli – ed affidata a società private le quali sono subentrate nel contratto di somministrazione in mancanza di atto di cessione e soprattutto della sottoscrizione e/o consenso dei contraenti ceduti.

In tale ipotesi, la cessione del contratto è nulla e non può essere suscettibile  di  eventuali  convalide  o  ratifiche  successive   non potendosi  neppure  ammettere  la  validita’  di  manifestazioni   di  volonta’ implicita o desumibile da comportamenti puramente attuativi “ ( cfr. Cass. civ. 15.03.2004 n. 5234) .

 

 

Dott. **************

 

 

N/R.G.                                                                                                               Sentenza

 

N…….…….

UFFICIO DEL  GIUDICE DI PACE

                                                                                                                        Repertorio

 

REPUBBLICA  ITALIANA

                                                                                                                               N………/……

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

                                                                                              
                                                                                                                              Data deposito
Mandamento di Nocera Inferiore                           .….…………

Seconda  Sezione Civile

 

Il Giudice di Pace Dott.ssa *************** ha  pronunziato la seguente

 

S E N T E N ZA

 

nella causa civile iscritta al N./R.G.

 

vertente

TRA

 

         , nata il   in     ed ivi  residente  alla Via   rappresentata e difesa  in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione dall’  ******        presso il cui studio,in     alla Via     n.   elettivamente domicilia

 

ATTORE

 

E

G.O.R.I.- GESTIONE OTTIMALE RISORSE IDRICHE-S.P.A con sede legale in Ercolano (NA) alla Via Trentola n. 211 P.I.07599620635,in persona del  procuratore speciale e legale rapp.te p.t. Avv.to, rappresentata e difesa   in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta dall’****** presso il cui studio in     alla    n.   ,elettivamente domicilia

                                                                                                                                     CONVENUTO

 

PRECISAZIONI DELLE CONCLUSIONI

 

All’udienza del 07.01. 2010 ,i procuratori  hanno concluso come in atti

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con atto di citazione notificato in data    ,conveniva  in giudizio avanti all’Ufficio  del Giudice di Pace  di Nocera Inferiore  la  *************,  in persona del  legale rapp.te  p.t,  e premesso che:  

– l’indicata ******** ***** inviava all’istante la richiesta di pagamento giusta fattura           n.    per la fornitura dei servizi idrici integrati  relativamente al periodo giugno 2004- dicembre 2005 per un importo di €   ;

– che a dire della   convenuta  sarebbe  subentrata al Comune di Angri nella gestione della S.I.I.  utilizzando i dati anagrafici forniti dal Comune;

– la pretesa della società convenuta era del tutto illegittima, sia perché in assenza di un accordo contrattuale  e/o cessione dello stesso inteso a disciplinare il rapporto di somministrazione idrica; sia per l’omessa  visione da parte dell’attore del Regolamento del S.I.I. ;

– la richiesta di pagamento era illegittima  essendo stato  determinato il preteso corrispettivo sulla scorta di un  “consumo presunto” ed in mancanza di un’espressa accettazione da parte dell’utente,mancando il contratto  “ ove mai stipulato” di un esplicita pattuizione sul punto;

– la bolletta era illegittima anche in relazione a tutte le sue voci oltre che sulla quota di depurazione alla luce della sentenza C.Cost. 335/08. Tanto premesso, l’attore chiedeva di  accertare  la carenza di legittimazione attiva della ********** nel richiedere le somme di cui alla fattura in atti per mancanza di qualsiasi contratto tra le parti ,ovvero  cessione tra il Comune di  *****  ,gestore del servizio idrico e la **********  stante l’assenza di un contratto tra il Comune di Angri e l’attore il quale non aveva prestato alcun consenso scritto  al presunto contratto di trasferimento;  dichiarare non dovute le somme come sopra richieste con  condanna della società convenuta al pagamento di € 350,00., ovvero di quella ritenuta equa dall’Autorità adita, ex art. 2043 c.c.  oltre  al pagamento delle spese e competenze  del giudizio con attribuzione. 

La G.O.R.I. ***** , ritualmente citata, si costituiva deducendo:

– 1)  di essere subentrata ex lege  nelle gestione del S.I.I. nell’ATO 3  giusta convenzione stipulata il 30.09.2002 con l’Ente d’Ambito Sarnese Vesuviano, ai sensi della L. 36/’94 e della L.R. 14/097 ,in conformità all’allegato a detta legge e giusta i successivi accordi intercorsi con l’Ente Territoriale;

– 2) la legittimità dell’opposto avviso di pagamento   avendo proceduto nel periodo in contestazione alla determinazione del corrispettivo sulla scorta di  un “consumo presunto ” calcolato secondo i criteri utilizzati  dal Comune di Angri , nonché dell’ importo richiesto “ salvo conguaglio”, come indicato nella bolletta inviata, da effettuarsi all’esito della verifica dell’effettivo consumo;

– 3)  chiedeva il rigetto della domanda avanzata a titolo di risarcimento danni ex art. 2043 non essendo provata nonché l’inammissibilità della domanda per i canoni di fognatura e depurazione  in quanto  avrebbe dovuto essere proposta nei confronti dell’Ente d’Ambito; il tutto con condanna dell’attore al pagamento delle spese e competenze del giudizio.

Dopo un rinvio per conclusioni e discussioni, la causa, poiché era fondata su documentazione in atti, veniva riservata per la decisione.  

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre preliminarmente rilevare   in ordine ai canoni di depurazione e fognatura per il periodo  indicato nell’atto introduttivo che la  Corte Costituzionale con la sentenza n. 38 del 08.02.2010 ha dichiarato  l’illegittimità costituzionale  sia dell’art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) – come modificato dall’art.3-bis, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 3 ottobre 2000, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 13 e 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche);sia  ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale del medesimo art. 2, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione del giudice tributario le controversie relative alla debenza, a partire dal 29 aprile 2006, del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, quale disciplinato dagli artt. 154 e 155 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).La Corte ,in particolare, premettendo che la Commissione tributaria deve essere considerata organo speciale  di giurisdizione preesistente nella Costituzione (ex plurimis: sentenze n. 64 del 2008 e n. 50 del 1989; ordinanze n. 144 del 1998, n. 152 del 1997, n. 351 del 1995) è pervenuta   alla conclusione della fondatezza della sollevata questione attraverso i seguenti due passaggi argomentativi: 1) la modificazione dell’oggetto della giurisdizione dei giudici speciali preesistenti alla Costituzione è consentita solo se non “snaturi” la materia originariamente attribuita alla cognizione del giudice speciale; 2) una volta che sia esclusa la natura tributaria del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue, l’attribuzione alla giurisdizione tributaria – ad opera della norma censurata – delle controversie relative a tale canone “snatura” la materia originariamente attribuita alla cognizione del giudice tributario e, conseguentemente, víola l’evocato art. 102, secondo comma, Cost.

 Da quanto precede deriva che l’attribuzione alla giurisdizione tributaria di controversie non aventi natura tributaria comporta la violazione del divieto costituzionale di istituire giudici  speciali. Tale illegittima attribuzione può derivare, direttamente, da una espressa disposizione legislativa che amplii la giurisdizione tributaria a materie non tributarie ovvero, indirettamente, dall’erronea qualificazione di “tributaria” data dal legislatore (o dall’interprete) ad una particolare materia, come avviene, ad esempio, allorché si riconducano indebitamente alla materia tributaria prestazioni patrimoniali imposte di natura non tributaria (sentenze n. 130 e n. 64 del 2008). Per valutare la sussistenza della denunciata violazione dell’art. 102, secondo comma, Cost., occorre accertare, perciò, se la controversia devoluta alla giurisdizione tributaria abbia o no effettiva natura tributaria.

 Con riguardo al sopra menzionato secondo passaggio argomentativo, concernente la natura del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue di cui alla norma censurata, deve rilevarsi che detto canone  nel caso di specie, per un periodo compreso tra giugno  2004 e dicembre 2005  si identifica con la quota della tariffa del servizio idrico integrato riferita ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione, disciplinata dagli artt. 13 e 14 della legge n. 36 del 1994 ed applicabile, appunto, con decorrenza dal 3 ottobre 2000, per effetto dell’abrogazione dei commi 5 e 6 dell’art. 62 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), disposta dal l’art. 24 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258 (Disposizioni correttive del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, a norma dell’art. 1, comma 4, della legge 24 aprile 1998, n. 128).

Come affermato già  dalla Corte Cost.  con la sentenza n. 335 del 2008, la suddetta tariffa si configura infatti, in tutte le sue componenti, ivi comprese quelle riferite alla fognatura e alla depurazione,«come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell’utente, bensí nel contratto di utenza. L’inestricabile connessione delle suddette componenti è evidenziata, in particolare, dal fatto  che, a fronte del pagamento della tariffa,l’utente riceve un complesso di prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura dei servizi di fognatura e depurazione».

 Dalla evidenziata esclusione della natura tributaria del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue dovuto a partire dal 3 ottobre 2000 e disciplinato dagli artt. 13 e 14 della legge n. 36 del 1994 discende, dunque, l’illegittimità costituzionale della norma denunciata, perché questa attribuisce alla giurisdizione tributaria la cognizione di controversie relative a prestazioni patrimoniali di natura non tributaria e, pertanto, si risolve nella istituzione di un giudice speciale vietata dal secondo comma dell’art. 102 Cost.

 Gli artt. 13 e 14 della legge n. 36 del 1994 sono stati abrogati, con decorrenza dal 29 aprile 2006, dall’art. 175, comma 1, lettera u), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e sostituiti dagli artt. 154 e 155 dello stesso decreto legislativo. Tuttavia, anche questi ultimi due articoli – analogamente alle disposizioni abrogate – precisano che le somme dovute dall’utente per i servizi di pubblica fognatura e di depurazione sono componenti della tariffa che costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato.

L’analogia tra le suddette normative succedutesi nel tempo rende evidente che anche le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione disciplinate dai citati artt. 154 e 155 hanno natura non tributaria, con la conseguenza che le considerazioni dianzi svolte, in ordine alla violazione dell’art. 102, secondo comma, Cost., valgono anche in relazione al “canone”corrispondente a tali quote.

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Nel merito   occorre precisare : a)  la qualificazione  negoziale dei rapporti tra il convenuto  e l’ utente rispetto alla fornitura di acqua potabile ha natura privatistica  ; b)  che  si  verte in ipotesi di prestazione continuativa di cose nell’ambito di un contratto di somministrazione di diritto privato ( cfr. Cass. civ, sez. un 25.10.1999 n. 752; Cons. di Stato, sez. un., 18.06.1996 n. 724), regolato dagli artt. 1559 c.c. e seguenti, il cui corrispettivo ai sensi dell’art. 1562 c.c. è pagato secondo le scadenze d’uso.Il carattere privatistico ( cfr. Cass. 6 luglio 1990 n. 7159)  del rapporto connota  la posizione giuridica del privato come diritto soggettivo e non già come interesse legittimo ( cfr. Cass., sez. un., 27.05.1999 ,n. 300).

 Al riguardo   al Suprema Corte con al sentenza n. 382 del 11.01.2005 ha statuito: a)“la tariffa del servizio  idrico integrato si configura, in tutte  le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorchè determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte  non in un atto autoritativo direttamente incidente  sul patrimonio dell’utente, bensì’ in un contratto di utenza : l’inestricabile  connessioni delle suddetti componenti è evidenziata , in particolare, dal fatto   che, a fronte del pagamento della tariffa, l’utente riceve un complesso di  prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, sia nella fornitura dei servizi di fognatura e depurazione”;b) con riferimento  al canone per l’erogazione di acqua potabile ad uso domestico, il corrispondente credito del comune non trova titolo in potestà impositiva , ma configura il corrispettivo pattuito in un  rapporto contrattuale  su basi paritetiche ; la fornitura di acqua potabile per impiego domestico ha origine negoziale , ricollegandosi la formazione del consenso alla richiesta del singolo utente ad all’accettazione dell’ente che espleta il servizio” .; c)  ” La natura di corrispettivo contrattuale spettante al canone , non viene meno per il fatto che il relativo  ammontare sia soggetto , oltre che alle clausole del singolo rapporto di utenza , alle regole generali  fissate da norme di legge e di regolamento e da provvedimenti amministrativi in tema di predisposizione delle tariffe, trattandosi di situazione compatibile con il carattere privatistico del rapporto e,peraltro, tipica  dell’inserimento di esso nell’ambito di  un servizio di pubblico interesse”.  

Nel caso  in esame dalle esplicite affermazioni e difese in atti  pacificamente risulta che            il convenuto  ha calcolato gli importi   nel periodo in contestazione da corrispondere per  il servizio acquedotto non sulla base del consumo effettivo , bensì , pur in mancanza di un apposito contratto ( che in atti non è stato prodotto e non è mia stato stipulato)   in base ad  “ un consumo presunto ” calcolato secondo i criteri utilizzati dal Comune  in ragione  delle operazioni in corso di completamento e regolarizzazione dei contratti  di somministrazione. 

All’uopo s’osserva che “ i Comuni nella gestione del servizio per la distribuzione dell’acqua potabile , non possono determinare il canone ,avente natura di corrispettivo reso,  sulla base dei consumi presuntivi  in quanto possono richiedere il pagamento solo per l’acqua effettivamente erogata “ ( cfr. Trib. Napoli 21.11.2001)

Conseguentemente , alla luce della suindicata giurisprudenza,  l’utente  è tenuto a corrispondere ,nel caso della lettura del contatore ,   solo il consumo effettivo ,pertanto ,   il fruitore  in assenza di un esplicita accettazione, come nel caso de quo ove manca la prova della stipula  di un contratto ad hoc   ,  non è tenuto a corrispondere  un pagamento fondato sul “  calcolo  presunto  “  ,  ma solo sull’effettivo consumo  (cfr. Cass.24.06.2004 n. 11738).

 Occorre , altresi’, considerare che costituisce   principio   generale,  assolutamente   pacifico   nella giurisprudenza di merito , “che tutti i contratti stipulati dalla  pubblica  amministrazione (anche quando essa agisce iure  privatorum)  richiedono  la forma scritta ad substantiam,…,  sottoscritta da entrambi i  contraenti …  con la conseguenza che il contratto  privo  della  forma  scritta ad substantiam e’ nullo ed insuscettibile di qualsiasi forma  di  sanatoria , dovendosi, quindi, escludere l’attribuzione  di  eventuali  convalide  o  ratifiche  successive  e  non potendosi  neppure  ammettere  la  validita’  di  manifestazioni   di  volonta’ implicita o desumibile da comportamenti puramente attuativi “ ( cfr. Cass. civ. 15.03.2004 n. 5234) .

I suesposti principi consentono di ritenere   che la ******** ***** , in qualità di nuovo gestore del S.I.I. ex art. 2697 c.c., aveva l’onere di dimostrare  di  aver calcolato il corrispettivo  addebitato all’attore  sulla base dell’effettivo  consumo  rilevato e  di avere stipulato ex novo  un contratto con l’utente  nel quale  veniva  espressamente   pattuito  la corrisponsione  , non rilevando , l’asserzione da parte del convenuto  di avere applicato quest’ultimo criterio  solo in via provvisoria  e di avere  richiesto l’importo  “ salvo conguaglio “  alla verifica dell’effettivo consumo assunto  quest’ultimo che viene riferito ai fini della solo eventuale differenza  a saldo  dovuta dall’utente e non alla restituzione a quest’ultimo della maggiore somma corrisposta.

Se   dunque le norme regolamentari  prevedono l’obbligo  della G.O.R.I. di effettuare  gli addebiti   sulla base delle  indicazioni  del  contatore ,   tale  obbligo  non  puo’  risolversi  in  un   privilegio  probatorio,  basato  sulla non contestabilita’  del  dato  recato  in bolletta.

 L’utente ha infatti un diritto di contestazione e di controllo e la G.O.R.I.  e’  tenuta  a  dimostrare sia il corretto  funzionamento  del contatore   sia la corrispondenza tra il  dato  fornito  dal  contatore   e  il  dato  trascritto  nella  fattura.  In  particolare producendo   la  documentazione     relativa  all’utenza.

 Se tale documentazione (come nella specie) non e’ stata fornita, l’utente ha prova libera della contestazione e tale prova puo’ essere a  carattere  presuntivo ovvero anche orale (sulle circostanze  della normale  utenza e dell’impossibilita’ che terzi ne abbiano  fatto  un

uso anomalo, come avviene nel caso di domestici infedeli).

Ne consegue , pertanto,    la dichiarazione dell’illegittimità della somma richiesta non avendo la  società convenuta  provato nulla al riguardo.

E’ obbligo, inoltre, aggiungere che  chi esercita un impresa in regime di monopolio  legale ha l’obbligo di contrattare , osservando parità di trattamento, con chiunque richieda le  prestazioni  , principio  non rispettato  nel caso quo vertetur  non essendo stato stipulato ex novo alcun contratto  e non potendo essere preso in considerazione  il contratto di somministrazione eventualmente ceduto dal Comune di Angri e ciò in assenza di una valida cessione. 

All’uopo,  la copiosa giurisprudenza in materia ,ribadendo l’obbligatorietà della forma scritta ab substantiam  per i contratti stipulati iure privatorum dalla p.a.   nei casi in cui  vi sia modificazione dei soggetti del rapporto obbligatorio , ha escluso che la cessione del contratto , allorquando provenga da una p.a. o da un ente pubblico, possa assumersi dai fatti concludenti. (  per tutte Cass. 12.04.06 n. 8621 ).

Ne deriva che   il subentro ex lege nella gestione del S.I.I. è  distinto dalla cessione del contratto di somministrazione  il quale esige la forma scritta essendo la parte cedente una p.a.

Conseguentemente, anche per il suindicato motivo devono  dichiararsi non  dovute ,perché sine titulo, le somme richieste nella fattura in atti come corrispettivo del S.I.I

 Quanto  alla richiesta di risarcimento danni avanzata dall’attore nei confronti del convenuto   la stessa deve essere rigettata perché non provata.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate  come in dispositivo in favore del procuratore  antistatario dell’attore. 

 

P.Q.M.

Il Giudice di Pace di Nocera Inferiore, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta dall’ attore        con atto notificato  in data    così provvede:

1)    ACCOGLIE  la domanda attorea e, per effetto DICHIARA non dovute le somme  richieste dalla G.O.R.I- Gestione Ottimale Risorse Idriche – S.p.a per il S.I.I. di cui alla fattura in atti;

2) RIGETTA  la domanda di risarcimento proposta dall’attore in quanto non provata

3) CONDANNA la G.O.R.I.- Gestione Ottimale Risorse  Idriche-  *****, in persona del legale rapp.te p.t., al  pagamento  delle spese di giudizio , in favore dell’attore , spese che attribuisce all’ ******       antistatario e che, tenuto conto dell’effettiva attività svolta dal procuratore ,  liquida in complessive  €    di cui €.    per spese, €.    per diritti , €.     per onorario , oltre  spese generali ,oltre IVA  e C.A.P.

 

Così deciso in Nocera Inferiore  16.02.2009        

 

 

ILGIUDICE

Dott.ssa *************** 

IL CANCELLIERE

Vingiani Luigi

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