Non è ammissibile un ricorso avverso alcune clausole (che non impedivano la partecipazione della ricorrente alla gara né rendevano impossibile la presentazione dell’offerta, ma definivano il contenuto delle prestazioni a carico dell’aggiudicatario) indic

Lazzini Sonia 12/07/07
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Il Consiglio di Stato con la decisione numero 5059 del 29 agosto 2006, ci sottolinea la necessità di partecipare ad una procedura ad evidenza pubblica al fine di rendere legittimo il proprio interesse ad eventuali ricorsi:
 
<Ora, nel caso di specie, le clausole la cui legittimità è stata contestata dalla ricorrente in primo grado sono quelle che “pongono a carico dell’aggiudicatario l’obbligo di corrispondere al concessionario uscente l’importo di € 3.487.728 a titolo di rimborso per l’acquisizione degli impianti costituenti la rete di distribuzione, nonché l’impegno a versare l’ulteriore importo di € 23.000 in favore della società incaricata della procedura di gara” .
 
Si tratta, come appare di tutta evidenza di clausole che non impedivano la partecipazione della ricorrente alla gara né rendevano impossibile la presentazione dell’offerta, ma definivano il contenuto delle prestazioni a carico dell’aggiudicatario. Clausole che, appunto, non dovevano essere impugnate autonomamente ma unitamente all’atto applicativo, conclusivo del procedimento concorsuale, poiché solo in tale momento sarebbe stato possibile identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, e considerare attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dedotta in giudizio.
 
     Ma ciò, come è pacifico tra le parti, non è avvenuto, poiché la ricorrente, dopo aver contestato il contenuto della prestazione indicata nella lettera d’invito, si è auto esclusa dall’ulteriore corso della procedura, non presentando l’offerta. Per cui la stessa ha volontariamente impedito all’interesse virtuale di cui era titolare di acquistare quel carattere di concretezza ed attualità che l’avrebbero legittimata ad impugnare l’atto conclusivo del procedimento>
 
 
A cura di *************
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO   
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione)         ANNO 2005
 
ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
 
     sui ricorsi riuniti in appello n. 8794 e n. 8826 del 2005, proposti rispettivamente
 
     – dalla ** s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. **************** ed ******************, domiciliata presso il secondo in Roma, via F. Confalonieri n. 5;
 
     dal Comune di Fagnano Olona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. **************** e ***************,    domiciliato presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare n. 94;
 
     CONTRO
 
     L’* s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. *************è, ********************** e *********** , domiciliata presso il terzo in Roma, via F. Confalonieri n. 5 ;
 
     per la riforma
 
     della sentenza del TAR Lombardia, sezione terza, 26 settembre 2005, n. 3688;
 
     Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
 
     Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
 
     Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
     Visti tutti gli atti di causa;
 
     Relatore alla pubblica udienza del 28 marzo 2006 il Consigliere *********;
 
     Uditi per le parti l’avv. ****************, l’avv. *********** e *************è, come indicato nel verbale d’udienza;
 
     Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
     FATTO
 
       Oggetto degli appelli proposti da ** s.p.a. e dal Comune di Fagnano Olona è la sentenza n. 3688 del 26 settembre 2005 , con la quale il Tar della ********* ha accolto il ricorso proposto da * s.p.a., per l’annullamento del provvedimento n. 26016 dell’11 novembre 2004, recante l’invito a formulare offerta per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas metano.
 
     Il primo giudice, dopo aver disatteso numerose eccezioni di inammissibilità e tardività dell’impugnazione, motiva la propria decisione con la considerazione che dovevano “ giudicarsi illegittime le clausole della lex specialis di gara, nelle parti in cui pongono a carico dell’aggiudicatario l’obbligo di corrispondere al concessionario uscente l’importo di € 3.487.728 a titolo di rimborso per l’acquisizione degli impianti costituenti la rete di distribuzione, nonché l’impegno a versare l’ulteriore importo di € 23.000 in favore della società incaricata della procedura di gara.”
 
     Gli appellanti contestano le motivazioni contenute nella sentenza, sostenendo:
 
     A) In via preliminare
 
     1. errore di giudizio nell’esame delle questioni pregiudiziali, che ripropongono in sede di appello:
 
     1.1. inammissibilità del ricorso di primo grado per assenza di una posizione legittimante, avendo * rinunciato a partecipare alla gara e notificato il ricorso ad aggiudicazione avvenuta;
 
     1.2. le clausole impugnate non impedivano la partecipazione alla gara, per cui avrebbero dovuto essere impugnate unitamente all’aggiudicazione;
 
     1.3. l’* ha impugnato le clausole asseritamene limitative alla presentazione dell’offerta a gara già espletata e ad aggiudicazione avvenuta;
 
     1.4. il ricorso anche se non geneticamente inammissibile sarebbe comunque divenuto improcedibile al momento dello scadere del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione;
 
     1.5. irrilevanza di comportamenti alternativi alla presentazione dell’offerta, ai fini dell’evidenziazione dell’interesse a prendere parte alla procedura di gara;
 
     1.6. irrilevanza del richiamo alla giurisprudenza della Corte di Cassazione ( 10.1.2003 n. 157) in materia di interesse procedimentale;
 
     1.7. richiamo dell’orientamento giurisprudenziale ( Consiglio di Stato, sez. V, 30 agosto 2005, n. 4414) che rinviene nell’aggiudicazione l’oggetto dell’interesse protetto. Orientamento giurisprudenziale della Corte di Giustizia CEE 12.2.2004 n. 2;
 
     1.8. inesistenza dei presupposti di cui alla sentenza della Corte di Giustizia CEE 12.2.2004 n. 2, non costituendo le clausole ritenute lesive una interdizione oggettiva alla fornitura della prestazione, non avendole la ricorrente impugnate tempestivamente in violazione dei principi di rapidità ed efficacia della direttiva 89/665, e non essendo in discussione clausole procedimentali;
 
     1.9. l’interesse sostanziale della ricorrente avrebbe dovuto manifestarsi nei modi e nei tempi corretti: se era quello di partecipare alla gara, presentando l’offerta;    se era quello alla rinnovazione della procedura avrebbe dovuto esprimersi con gravame formulato prima dell’aggiudicazione;
 
     1.10. ove la ricorrente fosse ritenuta legittimata, si legittimerebbero anche azioni di disturbo delle procedure di affidamento ad opera di soggetti privi della reale intenzione di concorrere. 
 
     2. Inammissibilità per carenza di interesse sostanziale, in quanto le censure sono dirette solo alla rimozione di adempimenti di tipo economico posti a carico dell’aggiudicatario.
 
     3. Improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse; inammissibilità in parte qua per acquiescenza e tardività. La ricorrente non poteva sottrarsi all’onere di impugnare anche la aggiudicazione definitiva che rappresenta l’atto conclusivo dal procedimento (Consiglio di Stato, sezione quinta, 2 settembre 2005 numero 4464 e 4472). La ricorrente non ha impugnato tempestivamente il bando di gara, dal quale già si evinceva la imposizione di un obbligo economico per il rimborso relativo all’acquisizione degli impianti, la cui entità è stata poi definita nella lettera di invito. Il Tar ha inoltre omesso di pronunciarsi sulle ulteriori eccezioni prospettate con la memoria conclusiva.
 
     B) nel merito.
 
      Omessa e insufficiente motivazione sui motivi di censure espressamente esaminati, concernenti le condizioni dell’offerta economica. Illogicità e contraddittorietà manifeste. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 26, comma uno, della legge 1034 del 1971 sotto diverso profilo.
 
     Concludono quindi chiedendo l’annullamento della sentenza appellata e, per l’effetto, il rigetto del ricorso di primo grado.
 
     Con memoria del 12 dicembre 2005, ** ha prospettato una ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso della *, sull’assunto che la ditta continua a gestire in regime di affidamento diretto svariati servizi su incarico di vari enti locali, per cui non può partecipare alle gare ai sensi degli articoli 14, comma 11, e 15, comma 10, del decreto legislativo n. 164 del 2000.
 
     E costituito in giudizio *, che controbatte le tesi avversarie e conclude per il rigetto dell’appello.
 
     DIRITTO
 
     1. I ricorsi di cui all’epigrafe, proposti dalla ** s.p.a. e dal Comune di Fagnano Olona, per la riforma della sentenza specificata in epigrafe, in quanto diretti contro la stessa sentenza, debbono essere riuniti.
 
     2. I ricorso sono fondati.
 
     Con un profilo di censura comune ai due appelli, le parti contestano la sentenza di primo grado sotto il profilo che l’atto introduttivo del giudizio avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse alla coltivazione del ricorso. L’eccezione poggia sul dato di fatto che l’* s.p.a., che aveva presentato domanda di partecipazione alla procedura ristretta per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas metano bandita dal Comune di Fagnano Olona, si è limitata ad impugnare la lettera di invito a formulare l’offerta, senza presentare la stessa e senza estendere l’impugnazione al provvedimento di aggiudicazione, nel frattempo intervenuto.
 
     Sotto il profilo strettamente giuridico, giova ricordare come la questione dell’esatto momento in cui va proposta l’impugnazione contro il bando e gli altri atti, che danno avvio alla procedura di scelta del contraente nelle pubbliche gare, sia stata esaminata di recente dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ( 29 gennaio 2003, n. 1), che ha stabilito alcuni punti fermi dai quali il Collegio non vede motivi di discostamento.
 
     In particolare, per quel che concerne la presente controversia, l’Adunanza ha chiarito come:
 
     a) la “condizione di concorrenti” dei partecipanti alla gara può essere apprezzata e valutata esclusivamente con riferimento all’unico interesse sostanziale di cui essi sono titolari, che è quello all’aggiudicazione e, comunque, all’esito positivo della procedura concorsuale, sicché l’eventuale incidenza di clausole che conformino illegittimamente la condizione di concorrenti dei singoli partecipanti, può acquistare rilievo esclusivamente se si traduce in un diniego di aggiudicazione o, comunque, in un arresto procedimentale;
 
     b) i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno, normalmente, impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato;
 
     c) il bando di gara o di concorso, o la lettera di invito, normalmente impugnabili con l’atto applicativo, conclusivo del procedimento concorsuale, devono tuttavia, essere considerati immediatamente impugnabili allorché contengano clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione;
 
     d) tra le clausole impeditive vanno annoverate anche quelle che impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale, e che comportino sostanzialmente l’impossibilità per l’interessato di accedere alla gara ed il conseguente arresto procedimentale;
 
     e) non appare configurabile un interesse autonomo alla legittimità delle regole e delle operazioni di gara, distinto dalla pretesa all’aggiudicazione o alla stipula del contratto. L’interesse alla legittimità della procedura costituisce un aspetto ed un riflesso dell’interesse all’aggiudicazione, ed è anzi quest’ultimo che può fondare e sostenere il primo, sicché l’eventuale illegittimità della procedura acquista significato e rilievo soltanto se comporta il diniego di aggiudicazione, in tal modo ledendo effettivamente l’interesse protetto, di cui è titolare il soggetto che ha preso parte alla gara;
 
     f) a fronte della clausola illegittima del bando di gara o del concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, dal momento che egli non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare.
 
     Ora, nel caso di specie, le clausole la cui legittimità è stata contestata dalla ricorrente in primo grado sono quelle che “pongono a carico dell’aggiudicatario l’obbligo di corrispondere al concessionario uscente l’importo di € 3.487.728 a titolo di rimborso per l’acquisizione degli impianti costituenti la rete di distribuzione, nonché l’impegno a versare l’ulteriore importo di € 23.000 in favore della società incaricata della procedura di gara” . Si tratta, come appare di tutta evidenza di clausole che non impedivano la partecipazione della ricorrente alla gara né rendevano impossibile la presentazione dell’offerta, ma definivano il contenuto delle prestazioni a carico dell’aggiudicatario. Clausole che, appunto, non dovevano essere impugnate autonomamente ma unitamente all’atto applicativo, conclusivo del procedimento concorsuale, poiché solo in tale momento sarebbe stato possibile identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, e considerare attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dedotta in giudizio.
 
     Ma ciò, come è pacifico tra le parti, non è avvenuto, poiché la ricorrente, dopo aver contestato il contenuto della prestazione indicata nella lettera d’invito, si è auto esclusa dall’ulteriore corso della procedura, non presentando l’offerta. Per cui la stessa ha volontariamente impedito all’interesse virtuale di cui era titolare di acquistare quel carattere di concretezza ed attualità che l’avrebbero legittimata ad impugnare l’atto conclusivo del procedimento.
 
     Il ricorso di primo grado, pertanto, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse concreto ed attuale all’impugnazione della lettera d’invito.
 
     Gli appelli pertanto vanno accolti.
 
     Appare equo compensare, tra le parti, le spese del giudizio.
 
     P.Q.M.
 
     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, previa riunione dei ricorsi di cui all’epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.
 
     Compensa le spese del giudizio.
 
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
     Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 marzo 2006
DEPOSITATA IN SEGRETERIA – Il 29 agosto 2006

Lazzini Sonia

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