No alle gare d’appalto senza compenso ai professionisti

Redazione 20/08/18
Scarica PDF Stampa
E’ illegittima la gara d’appalto senza la previsione di un compenso per il professionista affidatario del servizio.

Lo ha stabilito il Tar per la Calabria, sezione prima, con sentenza n. 1507 del 2 agosto 2018, accogliendo il ricorso di un ingegnere, il quale, pur non avendo partecipato alla gara d’appalto indetta dal Comune per l’affidamento dell’incarico di redazione del piano strutturale comunale, ne aveva impugnato il bando ed il relativo disciplinare nella parte in cui prevedeva che l’incarico dovesse essere svolto a titolo gratuito, salvo il rimborso spese.

Motivo di ricorso

Ebbene, secondo il ricorrente, detta clausola doveva ritenersi illegittima sotto vari profili, ed in particolare, in contrasto con le norme del codice civile e del D.lgs. n. 50/2016, dalle quali si ricaverebbe l’essenziale onerosità degli appalti pubblici. Una illegittimità che precluderebbe una seria partecipazione alla gara e che, pertanto, potrebbe essere fatta valere impugnando immediatamente il bando di gara, senza la necessità di presentare domanda di partecipazione alla procedura.

La decisione del Tar

Il Collegio amministrativo ha dato ragione all’istante, convenendo come la clausola del bando di gara che preveda la gratuità della prestazione in favore della pubblica amministrazione, sia effettivamente illegittima in quanto lesiva della posizione giuridica soggettiva dell’operatore che, pur essendo interessato a svolgere il servizio, non intenda prestare gratuitamente la propria opera. La clausola, pertanto, è immediatamente impugnabile dal ricorrente in questione, pur non avendo egli partecipato alla procedura, per farne valere in giudizio la illegittimità.

Il Tar si discosta dall’arresto del Coniglio di Stato: appalto necessariamente oneroso

Il Tribunale Amministrativo è ben consapevole di discostarsi dal recente arresto, in materia, del Consiglio di Stato (con sentenza n. 4614/2017) che aveva invece dichiarato legittimo il bando emesso da un Comune, laddove non era stato contemplato alcun compenso – ma solo un rimborso spese – per il professionista che sarebbe risultato vincitore. Ciò che aveva scatenato delle manifestazioni organizzate da diverse categorie di professionisti, per ottenere una norma che ne tutelasse i compensi quali lavoratori autonomi (culminate poi con l’approvazione della norma sull’equo compenso, con la legge di bilancio 2017).

Tornando alla sentenza in esame, l’appalto pubblico di servizi – afferma il Tar Calabria – rientra nella categoria dei “contratti speciali di diritto privato” connotata da una disciplina, di derivazione europea, derogatoria dei contratti di diritto comune, in ragione degli interessi pubblici sottesi e della natura soggettiva del contraente pubblico, e che trova la sua principale fonte nel cd. Codice di Contratti Pubblici (D.lgs. n. 50/2016). Non vi è dubbio che, alla stregua di tale normativa speciale, il contratto di appalto sia contraddistinto dalla necessaria “onerosità” e sinallagmaticità delle prestazioni, essendo connotato sia dalla sussistenza di prestazioni a carico di entrambe le parti che dal rapporto di reciproco scambio tra le stesse. E’ sufficiente, sul punto, richiamare la definizione normativa di cui all’art. 3 co. 1 lett. ii) di “appalti pubblici” di cui al D.lgs. n. 50/2016 quali contratti a titolo oneroso e stipulati per iscritto.

La necessaria predeterminazione del prezzo del servizio oggetto di appalto, anche quando tale componente quantitativa sia valutata unitamente a quella qualitativa, nell’ottica del legislatore sia nazionale che europeo, è funzionale a garantire il principio di qualità della prestazione e della connessa affidabilità dell’operatore economico.

Richiamo al principio dell’equo compenso

A completezza della motivazione, infine, la sentenza richiama il principio dell’equo compenso. Si tratta in particolare della Legge n. 172/2017, laddove stabilisce che la pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della citata legge di conversione. Le ricordate disposizioni – pur non direttamente applicabili, ratione temporis, nella vicenda in esame – lasciano tuttavia emergere come nell’ordinamento vi sia un principio volto ad assicurare non solo al lavoratore dipendente, ma anche al lavoratore autonomo una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro svolto.

Volume consigliato 

Sentenza collegata

61089-1.pdf 153kB

Iscriviti alla newsletter per poter scaricare gli allegati

Grazie per esserti iscritto alla newsletter. Ora puoi scaricare il tuo contenuto.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento