Nell’ipotesi di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse a discuterlo per una causa non imputabile al ricorrente, il ricorrente non è tenuto al pagamento in favore della Cassa per le ammende

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 (Ricorso dichiarato inammissibile)

Il fatto

Il Tribunale della libertà de L’Aquila rigettava un appello cautelare così confermando una ordinanza con la quale il GIP del Tribunale di Teramo aveva rigettato una istanza di attenuazione del regime cautelare (con concessione degli arresti domiciliari).

In particolare, ad avviso del TDL, fermo il dato della gravità indiziaria (essendo peraltro intervenuta condanna di primo grado), l’arresto dei correi non attenuava il pericolo di reiterazione del reato (essendo quest’ultimo stato caratterizzato da violenza e aggressività spiccate, eccedenti quanto necessario per conseguire il bottino, risultato nella specie di rilievo) e non sussisteva disparità di trattamento rispetto a un coindagato (che aveva già ottenuto gli arresti domiciliari) posto che il più favorevole trattamento avrebbe trovato giustificazione nell’età avanzata di quest’ultimo (che, a differenza del ricorrente, aveva già compiuto i 70 anni di età).

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Proponeva ricorso per Cassazione l’imputato, tramite difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato e alla adeguatezza del solo regime inframurario sostenendosi a tal riguardo come il TDL avesse incentrato la propria decisione sulla sola gravità della condotta senza spiegare le ragioni per le quali non appariva possibile l’attenuazione del regime cautelare in relazione a soggetto di 65 anni di età che a sua volta si trovava alla prima esperienza detentiva ed era gravato da un solo precedente penale risalente al lontano 2005 (per il quale ha riportato solo pena pecuniaria) e non aveva altre pendenze. Per giunta, all’esito del giudizio di primo grado, rilevava il ricorrente, erano state escluse le aggravanti dell’uso dell’arma, quella del volto travisato e quella ex art. 628 comma 3 n. 2 cod. pen. così come era stata pure omessa la valutazione della durata della carcerazione sofferta (già un anno), al pari della disponibilità di soluzione abitativa.

Infine, veniva rilevato come non fosse stata giustificata l’inidoneità, rispetto alla cautela, degli arresti domiciliari presidiati da braccialetto elettronico.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Posto che, con apposita memoria, la difesa del ricorrente aveva rappresentato come, nelle more del giudizio, fosse intervenuta la sostituzione della misura cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, alla luce di quest’ultima evenienza che la difesa aveva ritenuto di rappresentare, il Supremo Consesso prendeva atto del venir meno di un interesse concreto e attuale alla base del ricorso in esame rilevandosi al contempo come la parte ricorrente non avesse rappresentato peculiari eventuali di profili da cui poter desumere la permanenza dell’interesse in parola.

Orbene, a fronte di ciò, gli Ermellini evidenziavano che, secondo una giurisprudenza condivisa nel caso di specie (cfr. Sez. 5, n. 39521 del 4/7/2018), nell’ipotesi di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse a discuterlo per una causa non imputabile al ricorrente (come nel caso in cui il provvedimento impugnato venga nel frattempo revocato), quest’ultimo, anche successivamente alla modifica dell’art. 616 cod. proc. pen. operata dall’art. 1, comma 64, della legge 23 giugno 2017, n. 103, può essere condannato solo al pagamento delle spese processuali e non anche al versamento in favore della Cassa per le ammende. Massime conformi: n. 31435 del 2012, n. 9831 del 2016, n. 23636 del 2018.

Il Supremo Consesso, pertanto, alla stregua di tale orientamento nomofilattico, non condannava il ricorrente ad effettuare tale versamento.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi postulato, citandosi giurisprudenza conforme, che, nell’ipotesi di inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse a discuterlo per una causa non imputabile al ricorrente, costui può essere condannato solo al pagamento delle spese processuali e non anche al versamento in favore della Cassa per le ammende.

E’ dunque consigliabile per la difesa, ogni volta si verifichi una situazione di tal genere, porla all’attenzione della Suprema Corte al fine di evitare che il proprio assistito possa essere condannato a questa corresponsione di denaro a favore di codesta Cassa.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su questa tematica procedurale, quindi, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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