Nella giurisprudenza amministrativa è stato sostenuto il principio – ormai pacifico e consolidato – secondo cui, alla stregua della normativa nazionale e comunitaria richiamata, il giudizio di verifica di un’offerta sospetta di anomalia ha natura globale

Lazzini Sonia 12/07/07
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In tema di verifica delle offerte anomale, merita di essere segnalata la sentenza numero 5047 dell’ 1 giugno 2007 emessa dal Tar Lazio, Roma:
 
<Quanto alla valutazione di anomalia dell’offerta, occorre premettere come si sia registrata una significativa modifica dell’orientamento giurisprudenziale, originariamente e costantemente alieno da una indagine penetrante della correttezza del giudizio di anomalia sul presupposto della radicale insindacabilità di quest’ultimo, in quanto espressione di un potere tecnico-discrezionale, se non per manifesta illogicità o per travisamento dei fatti
 
. Nella progressiva evoluzione alla ricerca di effettività nella tutela giurisdizionale la giurisprudenza, sul presupposto della distinzione tra presupposti di fatto – ancorchè opinabili – della decisione e decisione in sé, è pervenuta ad esiti più avanzati sino ad ammettere la verifica diretta della correttezza del criterio valutativo adottato e del relativo procedimento applicativo , oltre che dell’esame della coerenza e dell’uniformità del parametro seguito e, in definitiva, dell’attendibilità del giudizio tecnico>
 
in particolare significativo appare il seguente passaggio:
 
< in ordine alle modalità della verifica di anomalia che deve essere svolta dalla stazione appaltante, occorre osservare che:
 
   – la verifica deve riguardare la totalità delle voci per le quali il bando o la lettera invito richiede le giustificazioni;
 
   – il giudizio finale deve essere un giudizio globale e sintetico dell’attendibilità dell’offerta nel suo insieme );
 
   – il carattere sintetico del giudizio finale di attendibilità o inattendibilità dell’offerta nel suo insieme deve essere sempre il frutto di una analisi di carattere tecnico delle singole componenti in cui l’offerta si scompone, sì da verificare la incidenza delle singole voci sull’offerta nel suo insieme
 
   – le singole voci di prezzo ritenute inattendibili vanno sommate tra loro, allo scopo di verificare la loro incidenza complessiva sull’offerta, e se nel loro insieme rendano l’offerta inattendibile;
 
– la circostanza che l’appalto sia, in tutto o in parte, a corpo, non esclude la necessità di una verifica analitica delle singole voci di prezzo: essendo la ratio della verifica di anomalia quella di assicurare la piena affidabilità delle offerte, anche nell’appalto a corpo occorre tenere conto degli aspetti quantitativi della prestazione, in relazione ai quali valutare la congruità dei prezzi offerti>
 
a cura di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio
 
SEZIONE III
 
composto dai ******************:
 
*****************    Presidente
 
*********************** Componente
 
********************* Componente – estensore.
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso n. 6855/2006 proposto dalla ******* ITALIA S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti proff. ******************, ***** d’******, ******************, ********************, ************* e **************** ed elett.te dom.ta presso lo studio legale ***** & Associati in Roma, via Pier Luigi da Palestrina n. 47;
 
CONTRO
 
– CONSIP S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti proff. *************** ed ************** ed elett.te dom.ta presso lo studio Guarino e ****** in Roma, piazza Borghese n. 3;
 
E NEI CONFRONTI DELLA
 
– **** S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti proff. ********************, ***********************, *************** e *************** ed elett.te dom.ta in Roma, viale Mazzini n. 11 presso lo studio dell’avv. **************************;
 
PER L’ANNULLAMENTO PREVIA SOSPENSIONE DEGLI EFFETTI
 
– delle note 11 maggio 2006, prott. nn. 9149, 9152 e 9155 con le quali l’amministratore delegato di Consip ha comunicato l’aggiudicazione provvisoria a **** dei lotti A1, A2 ed A3 della gara per l’affidamento dei servizi di telefonia fissa e connettività ip;
 
– dei verbali dei lavori della commissione giudicatrice, con particolare riferimento al verbale della seduta riservata del 7 aprile 2006 all’esito della quale il seggio di gara ha formulato il giudizio di non anomalia delle offerte economiche presentate da ****;
 
– della nota 21 giugno 2006, n. prot. 12105, con la quale l’amministratore delegato di Consip ha comunicato l’aggiudicazione definitiva della gara a favore di ****, sotto riserva di eventuale revoca dell’aggiudicazione e/o risoluzione del contratto in caso di accertata non veridicità delle dichiarazioni o delle certificazioni prodotte;
 
– di tutti gli atti connessi, presupposti e consequenziali, anche non conosciuti;
 
NONCHE’ PER L’ANNULLAMENTO EX ART. 25 ***** 241/1990
 
– delle note Consip 7 giugno 2006, prot. N. 10963 e 13 giugno 2006, n. prot. 11556 con le quali l’istanza di accesso ai documenti di gara inoltrata da ******* Italia il 15 maggio u.s. è stata solo parzialmente accolta;
 
NONCHE’ PER LA DECLARATORIA
 
– del diritto di ******* Italia alla estrazione di copia (o, in subordine, di mera visione) della documentazione prodotta in gara da **** nella sua versione integrale ed in particolare:
 
      – delle note di giustificazione presentate da **** rispettivamente il 9 febbraio ed il 27 marzo 2006 previa eliminazione di tutti gli omissis;
 
      – del paragrafo 3.2.1 dell’offerta tecnica relativa ai lotti A1, A2 ed A3;
 
      – dell’intero Allegato A all’offerta tecnica relativa ai lotti A1, A2, A3;
 
E PER LA CONSEQUENZIALE CONDANNA
 
– di Consip alla esibizione integrale della documentazione sopra indicata.
 
NONCHE’, CON MOTIVI AGGIUNTI, PER L’ANNULLAMENTO
 
– della nota 21 giugno 2006 n. prot. 12105 di aggiudicazione definitiva dei lotti A1, A2, A3 a favore di **** S.p.a.;
 
– della nota Consip prot. N. 16822 del 13 settembre 2006;
 
– della nota Consip prot. N. 16821 del 15 settembre 2006, nonché in quanto occorra del disciplinare di gara, punto 1.2 nella parte in cui prevede la possibilità per Consip di accettare a posteriori la componente opzionale dell’offerta, e cioè il servizio di local loop;
 
– di tutti i verbali delle operazioni della commissione giudicatrice ed il particolare del verbale n. 12 del 7 aprile 2006, nonché del verbale n. 8 del 2 febbraio 2006 nella parte in cui la commissione non ha ritenuto di richiedere giustificazioni anche relativamente all’offerta condizionata formulata da **** per il lotto A1;
 
– in quanto occorra, del bando di gara punto VI.4.3, del disciplinare punto 1.2 in parte qua, del capitolato tecnico lotto A punto 3.2.1 in parte qua, nonché della risposta fornita da Consip al quesito n. 111;
 
– di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.
 
FATTO
 
   Con bando spedito per la pubblicazione in GUCE il 26 luglio 2005 Consip indiceva procedura aperta per l’affidamento dei servizi di telefonia e di trasmissione dati a favore delle amministrazioni pubbliche, suddivisa in due macroaree, A (telefonia fissa e connettività IP) e B (telefonia satellitare).
 
   A sua volta la macroarea A (telefonia fissa, linee telefoniche e servizi di connettività dati ed IP) era suddivisa in tre lotti, il primo A1 destinato alle amministrazioni statali, il secondo A2 a quelle locali, il terzo A3 alle cd altre amministrazioni; il valore presunto posto a base d’asta di ognuno di questi lotti era di oltre 362 milioni di euro, per un importo complessivo di oltre 1 miliardo di euro.
 
   Era prevista la possibilità per i concorrenti di partecipare a più lotti della stessa macroarea e di vedersene aggiudicare anche più d’uno; anche in caso di partecipazione a più lotti il plico contenente la documentazione amministrativa avrebbe dovuto essere unico, mentre per ogni lotto doveva essere presentata una singola offerta tecnica.
 
   Quanto invece all’offerta economica ne doveva essere presentata una per ogni lotto, ma ai concorrenti era consentito offrire sia un prezzo necessario (cd. offerta semplice) sia un prezzo facoltativo (cd. offerta condizionata). Più chiaramente, oltre all’offerta semplice (che doveva essere sempre e comunque presentata), ogni concorrente che avesse partecipato a più di un lotto A poteva presentare anche un’offerta condizionata alla formulazione di analoga offerta condizionata per un altro lotto A; in altri termini il prezzo facoltativo eventualmente offerto per un lotto avrebbe acquisito valore ed efficacia solo se combinato con altro prezzo facoltativo formulato dal medesimo concorrente per un diverso lotto. A loro volta i prezzi facoltativi sarebbero stati vincolanti solo se fossero risultati complessivamente quale migliore offerta in tutti i lotti A nei quali fossero stati presentati.
 
   Presentavano offerta per i tre lotti A ******* Italia, **** e *******, mentre ******* solo sui lotti A1 e A2; **** in tutti e tre i lotti presentava offerta semplice ed offerta condizionata. Nella seduta pubblica del 30 gennaio veniva dapprima data lettura dei punteggi attribuiti per ciascun lotto alla componente qualitativa delle offerte, che avrebbe pesato 40 punti su 100. In tutti e tre i lotti A ******* Italia conseguiva il miglior punteggio per il livello tecnico delle proposte progettuali, di gran lunga superiore a tutte le altre offerte e soprattutto a quella di **** che risultava aver presentato la peggiore offerta tecnica nei lotti A1 ed A3, la penultima nel lotto A2.
 
   Tuttavia la graduatoria parziale veniva radicalmente sovvertita in seguito all’apertura delle buste contenenti le offerte economiche; il rilevantissimo ribasso medio offerto da **** (circa il 70% in meno rispetto alla base d’asta, il 25% in meno rispetto a *******, il 23,6% in meno rispetto ad *******, il 26% in meno rispetto a *******) le consentiva di collocarsi al primo posto delle graduatorie provvisorie di tutti e tre i lotti con le offerte condizionate, risultate le migliori in tutti e tre i lotti. In valori assoluti, a fronte dei 447,2 milioni di euro complessivamente offerti da *******, dei 430,4 offerti da *******, dei 438,3 da *******, **** si è aggiudicata la gara offrendo oltre 100 milioni di euro in meno rispetto al concorrente più conveniente e cioè 328,9 milioni di euro.
 
   Essendosi collocata al di sopra della soglia di anomalia in due dei tre lotti A, la commissione dichiarava che **** sarebbe stata sottoposta alla procedura di verifica ai sensi dell’art. 25 D.Lgs. n. 157/1995.
 
   Poiché nel corso della seduta pubblica, a causa della voluminosità delle offerte economiche presentate dai concorrenti, il seggio di gara, invece di leggerle per esteso, ne aveva autorizzato l’affissione in bacheca, tutti i concorrenti avevano potuto acquisire contezza dettagliata dei prezzi offerti da ****.
 
   Conseguentemente con nota 6 febbraio a firma del direttore generale, ******* Italia era in grado di rappresentare a Consip le proprie motivate perplessità sulla abnorme entità del ribasso proposto da ****, che rendevano all’evidenza non remunerativa l’offerta, sottolineando tutte le voci di costo che avrebbero dovuto essere analiticamente giustificate da **** ed invitando la stazione appaltante ad avviare il procedimento di verifica sull’offerta di **** tenendo conto in particolare degli aspetti appena evidenziati i quali esprimono senza possibilità di equivoco l’incongruità della stessa, nel rispetto dei criteri metodologici sopra enucleati.
 
   Nessuna ulteriore comunicazione interveniva per i successivi tre mesi fino a quando ******* riceveva la nota prot. N. 9141 dell’11 maggio con la quale l’Amministratore delegato di Consip comunicava l’aggiudicazione provvisoria a ****, risultata prima, sulla base dell’offerta condizionata, economicamente più vantaggiosa nei lotti A1, A2, A3 come risulta dalle seguenti graduatorie preannunciando che nei confronti della aggiudicataria provvisoria sarebbero state avviate le verifiche circa il possesso dei requisiti di partecipazione meramente autodichiarati in fase di gara.
 
   Nel frattempo con istanza del 17 maggio ******* Italia aveva chiesto di accedere agli atti di gara, ai sensi dell’art. 22 ss. L. n. 241/1990.
 
   Nel corso di un primo incontro avvenuto il 25 maggio ******* riceveva esclusivamente copia dei verbali delle operazioni della commissione giudicatrice. Con nota dello stesso giorno il Direttore degli Affari Legali e Societari di Consip comunicava che le operazioni di accesso sarebbero state effettuate il successivo 12 giugno; specificava che sarebbe stata consentita l’integrale presa visione ed estrazione di copia della documentazione indicata salvo che per quei singoli dati di cui il controinteressato possa richiedere fondatamente la segretazione.
 
   Il 7 giugno ******* riceveva per conoscenza la nota prot. N. 10963 con la quale il Direttore degli Affari Legali di Consip rappresentava a **** che la sua istanza di riservatezza era stata parzialmente accolta con conseguente oscuramento di una parte dei dati oggetto di richiesta di ostensione.
 
   A seguito della acquisizione dei dati in conseguenza di ordinanza di questa sezione del TAR, la ricorrente proponeva motivi aggiunti a mezzo dei quali sosteneva la illegittimità degli atti di gara per i motivi meglio descritti nel ricorso e sviluppati nelle motivazioni della odierna pronuncia.
 
   Si costituivano in giudizio le parti resistenti deducendo la infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
 
   La **** Spa proponeva anche ricorso incidentale per i motivi meglio indicati negli atti di impugnazione.
 
   Disposta CTU, acquisita la documentazione e sentite le parti, all’udienza del 9 maggio 2007 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
 
   MOTIVI DELLA DECISIONE
 
      1. Il ricorso principale è infondato.
 
      Preliminarmente il Collegio rileva che dopo le ordinanze di acquisizione di documenti n. 908 del 27 luglio 2006 e n. 935 dell’8 agosto 2006 la domanda incidentale di accesso agli atti di gara formulata dalla ricorrente ex art. 25 L. n. 241/1990, nemmeno richiamata in sede di memorie conclusionali, deve considerarsi assorbita e comunque rinunciata.
 
      2. Possono ritenersi assorbite le eccezioni preliminari sollevate dalle parti resistenti in considerazione della infondatezza, nel merito, del ricorso.
 
      3. Quanto alla valutazione di anomalia dell’offerta, occorre premettere come si sia registrata una significativa modifica dell’orientamento giurisprudenziale, originariamente e costantemente alieno da una indagine penetrante della correttezza del giudizio di anomalia sul presupposto della radicale insindacabilità di quest’ultimo, in quanto espressione di un potere tecnico-discrezionale, se non per manifesta illogicità o per travisamento dei fatti (cfr. ex multis Cons. Stato, VI Sez., 19 maggio 2000, n. 2908). Nella progressiva evoluzione alla ricerca di effettività nella tutela giurisdizionale la giurisprudenza, sul presupposto della distinzione tra presupposti di fatto – ancorchè opinabili – della decisione e decisione in sé, è pervenuta ad esiti più avanzati sino ad ammettere la verifica diretta della correttezza del criterio valutativo adottato e del relativo procedimento applicativo (Cons. Stato, V Sez., 5 marzo 2001, n. 1247), oltre che dell’esame della coerenza e dell’uniformità del parametro seguito (Cons. giust. amm., 22 novembre 2001, n. 607) e, in definitiva, dell’attendibilità del giudizio tecnico (Cons. Stato, VI Sez., 6 agosto 2002, n. 4094).
 
      Occorre, del resto, riaffermare che il giudizio sulla regolare composizione della offerta rientrante nella valutazione di anomalia deve essere riguardato in termini di affidabilità complessiva della offerta.
 
      Nella giurisprudenza amministrativa, infatti, è stato sostenuto il principio – ormai pacifico e consolidato – secondo cui, alla stregua della normativa nazionale e comunitaria richiamata, il giudizio di verifica di un’offerta sospetta di anomalia ha natura globale e sintetica e deve risultare da un’analisi di carattere tecnico delle singole componenti in cui l’offerta si scompone e della relativa incidenza sulla medesima offerta considerata nel suo insieme, al fine di valutare se l’anomalia delle dette componenti si traduca nell’inattendibilità dell’offerta complessiva stessa (Cons. Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2000, n. 707; Cons. Stato, Sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 157; T.A.R. Lazio, Sez. III, 20 febbraio 2003, n. 1357).
 
      In particolare, in ordine alle modalità della verifica di anomalia che deve essere svolta dalla stazione appaltante, occorre osservare che:
 
   – la verifica deve riguardare la totalità delle voci per le quali il bando o la lettera invito richiede le giustificazioni;
 
   – il giudizio finale deve essere un giudizio globale e sintetico dell’attendibilità dell’offerta nel suo insieme (Cons. Stato, VI Sez., 10 febbraio 2000 n. 707);
 
   – il carattere sintetico del giudizio finale di attendibilità o inattendibilità dell’offerta nel suo insieme deve essere sempre il frutto di una analisi di carattere tecnico delle singole componenti in cui l’offerta si scompone, sì da verificare la incidenza delle singole voci sull’offerta nel suo insieme (Cons. Stato, VI Sez., 10 febbraio 2000 n. 707, cit.);
 
   – le singole voci di prezzo ritenute inattendibili vanno sommate tra loro, allo scopo di verificare la loro incidenza complessiva sull’offerta, e se nel loro insieme rendano l’offerta inattendibile;
 
   – la circostanza che l’appalto sia, in tutto o in parte, a corpo, non esclude la necessità di una verifica analitica delle singole voci di prezzo: essendo la ratio della verifica di anomalia quella di assicurare la piena affidabilità delle offerte, anche nell’appalto a corpo occorre tenere conto degli aspetti quantitativi della prestazione, in relazione ai quali valutare la congruità dei prezzi offerti (Cons. Stato, VI Sez., 10 febbraio 2000 n. 707, cit.).
 
      La Sezione ha già aderito al riportato orientamento, condiviso dal Collegio, in base al quale il giudizio in parola non deve mirare unicamente a ricercare inesattezze in ogni singolo elemento, bensì a valutare se l’offerta nel suo complesso sia seria ed attendibile e trovi rispondenza sia nella realtà di mercato che in quella aziendale. Tanto in un quadro essenzialmente garantista, alla ricerca di un equilibrio tra la convenienza della P.A. ad affidare l’appalto al prezzo più basso e l’esigenza di evitarne l’esecuzione con un ribasso che si attesti al di là del ragionevole limite dettato dalle leggi di mercato.
 
      4. Delimitato l’ambito cognitivo del giudice amministrativo e passando all’analisi dell’odierno ricorso, occorre rilevare come la procedura in esame ha ad oggetto l’affidamento di servizi di telefonia fissa e trasmissione dati per le Pubbliche Amministrazioni suddivisi in quattro lotti raggruppati in due macro-aree:
 
   – “Telefonia fissa e connettività IP” (prestazione di servizi di telefonia fissa e connettività, nonché servizi opzionali e connessi di cui ai lotti A1, A2 ed A3);
 
   – “Connettività satellitare” (prestazione di servizi di trasmissione data via satellitare di cui al lotto B).
 
   Per espressa disposizione del disciplinare di gara (art. 4), ciascun concorrente – relativamente alla macro-area relativa alla “Telefonia fissa ed IP” – era ammesso alla presentazione di una duplice offerta (semplice e condizionata); qualora fosse risultata utilmente proposta l’offerta condizionata, l’aggiudicazione sarebbe avvenuta per i due o più lotti congiunti, mentre sarebbe rimasta completamente superata la cosiddetta offerta semplice.
 
   Presentavano offerta per i tre lotti A, ******* Italia, **** e *******, mentre ******* solo sui lotti A1 e A2; **** in tutti e tre i lotti presentava offerta semplice ed offerta condizionata.
 
   Il 30 settembre 2005 iniziavano i lavori della Commissione di gara, che provvedeva nelle successive sedute alla attribuzione dei punteggi alle offerte tecniche.
 
   Nel corso della seduta del 2 febbraio 2006, la Commissione, analizzando le offerte economiche, riteneva che per due dei lotti le offerte condizionate di **** si sarebbero rivelate anormalmente basse ed a tal fine venivano chiesti alla società gli opportuni chiarimenti circa “l’economia del processo di prestazione del servizio, le soluzioni tecniche adottate e/o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui eventualmente si dispone per eseguire le attività contrattuali oggetto della gara de qua”.
 
   In data 9 febbraio 2006, ****, pur contestando la sussistenza nel caso di specie di offerte anormalmente basse, provvedeva a fornire i chiarimenti richiesti.
 
   La Commissione, nella seduta del 10 febbraio, rilevava come “gli elementi e i dati esposti dalla ******à **** giustifichino la redditività dell’offerta economica presentata, in quanto l’analisi economica prospettata appare immune da incongruenze sotto il profilo razionale”; successivamente, tuttavia, con lettera del 17 marzo 2006, Consip invitava la Commissione a “valutare l’opportunità di invitare la soc. **** a produrre ulteriori chiarimenti disaggregando e dettagliando i dati sinteticamente forniti in precedenza”.
 
   La Commissione, quindi, decideva di inviare a **** una nuova richiesta di chiarimenti relativamente ai seguenti profili:
 
   1) analisi dei costi diretti di commessa;
 
   2) analisi dei costi per investimenti ed ammortamenti;
 
   3) analisi dei ricavi.
 
      In data 27 marzo, ****, pur con tutte le riserve del caso, produceva le ulteriori documentazioni, conformemente alle richieste della Commissione.
 
      In data 7 aprile 2006, la Commissione, all’esito dell’analisi del documento di risposta ****, statuiva che “la lettera risponde a tutte le richieste fatte entrando in un corretto livello di dettaglio del modello considerato e una disaggregazione dei dati come richiesto. Ciò premesso, la Commissione non può che ribadire la proposta di aggiudicazione espressa nel verbale n. 9 in data 10 febbraio 2006, in quanto le risultanze dell’ulteriore istruttoria svolta confermano che il quadro tecnico ed economico rappresentato da **** appare plausibile e tale da dimostrare la redditività della fornitura”.
 
      A seguito di ciò, in data 11 maggio 2006, **** veniva dichiarata aggiudicataria provvisoria della gara relativamente ai primi tre lotti.
 
      5.1. Con una prima censura la ricorrente deduce la illegittimità del procedimento valutativo operato dalla Commissione con riferimento alle problematiche connesse al cd. Local Loop.
 
      In particolare, la ricorrente afferma:
 
   a) che il servizio di Local Loop – in quanto opzionale – non avrebbe dovuto in alcun modo formare oggetto di valutazione ad opera della Commissione;
 
   b) che la valutazione dello stesso, laddove possibile sulla base dell’interpretazione delle clausole degli atti di gara, renderebbe illegittime le singole prescrizioni e clausole della procedura;
 
   c) che l’assenza di alcuna modalità di accettazione da parte della stazione appaltante del servizio opzionale renderebbe in ogni caso illegittima la previsione capitolare di Consip;
 
   d) che le giustificazione offerte da **** non avrebbero potuto essere accolte dalla Commissione in quanto “apodittiche, indimostrate, indimostrabili”;
 
   e) che l’eventuale esclusione dell’offerta condizionata di **** dal lotto A2 avrebbe dovuto determinare il travolgimento delle analoghe offerte condizionate presentate da **** sui lotti A1 ed A3.
 
   I motivi sono infondati.
 
   Ritiene il Collegio come il punto qualificante della censura avanzata dalla ******* coinvolga le caratteristiche del servizio opzionale di Local Loop e la sua incidenza rispetto all’offerta complessiva.
 
   Secondo la tesi della ricorrente, ****, per il tramite dell’offerta opzionale, avrebbe coperto “il dichiarato sottocosto dell’offerta obbligatoria con presunti ricavi dell’offerta facoltativa” [pag. 2 dell’atto di motivi integrativi ed aggiunti *******; si legge, poi, a pag. 7 che “sola fra tutti i concorrenti, **** ha dunque offerto il servizio di accesso disaggregato alla rete locale. Nella propria offerta relativa ai lotti A2 (…) ed A3, la controinteressata ha dichiarato che sarebbero state raggiunte circa il 50% delle linee delle amministrazioni aderenti, attraverso due distinte tecnologie: una acquisita tramite il servizio wholesale dell’operatore dominante (e cioè attraverso l’Ull di ******* Italia, corrispondendole il canone previsto dall’offerta di riferimento); l’altra attraverso la predisposizione di un proprio ‘anello’ (loop) in fibra ottica. In realtà tale assunzione è stata parzialmente modificata in sede di giustificazioni relative all’anomalia per i lotti in questione: **** afferma infatti (…) di aver ipotizzato ‘di ricorrere a risorse dell’Operatore dominante (OD) per la totalità delle sedi afferenti alle centrali coperte da ****’: afferma altresì che i costi del servizio opzionale ‘sono stati determinati in base all’Offerta di interconnessione di Riferimento di ******* Italia vigente’. Nell’analisi dei costi e dei ricavi dell’offerta, **** ha dunque chiaramente ammesso che l’offerta stessa era stata redatta tenendo conto, per ciò che concerne i costi, del canone mensile dovuto alla ******* ai sensi dell’Offerta di Riferimento approvata dall’Agcom (euro 8.05 mensili), e, per ciò che concerne i ricavi, dal solo prezzo invariabile fissato dalla stazione appaltante di 13,50 euro mensili. Sempre in base alle affermazioni dell’aggiudicataria (…) il totale dei ricavi per la sola voce del servizio Local Loop viene stimato ipotizzando che i clienti ‘vengano acquisiti nell’arco dei primi 6 mesi di validità della convenzione ad un tasso costante di acquisizione giornaliera’. Tutto ciò non meriterebbe particolare attenzione se l’ipotesi or vista di **** non avesse un effetto dirompente e sorprendente sui conti economici dei singoli lotti (e, quindi, trattandosi di offerta condizionata, sull’intero appalto). Questo effetto è che la remuneratività del singolo lotto si regge pressoché esclusivamente sui ricavi del servizio di fornitura ed ottimizzazione del Local Loop: si fonda cioè su un servizio opzionale, non valutato, né tecnicamente né economicamente, del tutto incerto nei volumi, e che, soprattutto, può essere fornito da altri operatori a prezzi certamente inferiori a quello fissato dalla stazione appaltante”].
 
   Alcun dubbio sussiste, invero, in ordine alla irrilevanza del servizio opzionale di Local Loop nel giudizio valutativo tecnico ed economico, così come espressamente previsto dall’art. 3.2.1 del Capitolato tecnico secondo cui “L’offerta del servizio di fornitura ed ottimizzazione del Local Loop (linee telefoniche) per servizi di telefonia fissa è opzionale per ciascun singolo lotto A, quindi il concorrente è libero nel determinare se offrire o meno detto servizio e, in tale secondo caso, nel determinare la misura (capillarità) della copertura territoriale del servizio offerto. Tale servizio opzionale, pertanto, non sarà oggetto di valutazione tecnica, né economica, e l’assenza (rectius, la mancata offerta) non comporterà l’esclusione dalla gara” [lo stesso capitolato, peraltro, al punto 3.2.1 chiarisce le motivazioni sottese alla scelta della stazione appaltante, affermando che “Il servizio di fornitura ed ottimizzazione del Local Loop (linee telefoniche) per servizi di telefonia fissa è opzionale in considerazione del fatto che non esiste ancora un mercato competitivo geograficamente diffuso per il servizio in questione. Come confermato da recenti stime di AGCOM (delibera n. 69/05/Cons, allegato B pagina 22) a tutto il 2005 le quote di mercato per i clienti non residenziali saranno suddivise nel rapporto 90/10 tra l’Operatore Dominante ed il resto di tutti i restanti Operatori (OLO). Tuttavia poiché le ipotesi relative alla rete di accesso influiscono sul modello di erogazione del servizio e condizionano il modello di approvvigionamento per le Amministrazioni che decideranno di aderire, ed anche in considerazione dello scenario evolutivo introdotto dalle nuove tecnologie (in particolare WLL, WiMax, VoDSL) per la fornitura di servizi di accesso e sulle corrispondenti probabili evoluzioni dell’offerta di mercato, di seguito si elencano le regole per includere in Convenzione le linee telefoniche (********** fonia): – gli operatori che non hanno ‘significativo potere di mercato’, in accordo con la delibera AGCOM richiamata, potranno offrire il servizio di accesso, con mezzi propri o ricorrendo all’offerta ULL dell’O.D. oppure utilizzando altri servizi dell’O.D. (Offerta Wholesale), dove ciò sarà loro possibile in relazione alla copertura territoriale della rete di cui dispongono; la copertura offerta non potrà tuttavia diminuire nel corso del contratto, essa potrà solo aumentare in relazione agli investimenti effettuati dagli stessi operatori; – il servizio di accesso fornito dovrà rispondere a tutte le caratteristiche tecniche di servizio, inclusa la rendicontazione, e soddisfare i Livelli di Servizio previsti nel presente capitolato; – l’entità del canone mensile per le linee telefoniche: nelle aree territoriali servite da centrali T.I. oggetto di ULL, dovrà essere pari al valore forfetario di Euro 13,50 mensili (IVA esclusa) per canale fonico bidirezionale, inclusi tutti i servizi richiesti sulla linea telefonica (es. Selezione Passante e GNR, etc.); nelle aree territoriali servite da centrali T.I. non oggetto di ULL, non potrà superare, nel corso della fornitura, le tariffe approvate da AGCOM per l’O.D. (******* Italia) secondo la normativa vigente; – è prevista una revisione di tale valore forfetario in caso di riduzioni della tariffa stabilita nell’Offerta di riferimento di **** (OR) per la ‘coppia simmetrica in rame in sede d’utente per ISDN BRA, POTS, ADSL, SHDSL e VDSL’; se la riduzione di tale tariffa è inferiore al 3% (rispetto a quella dell’OR del 2005) non sarà praticata alcuna revisione; in caso la riduzione sia superiore al 3% essa sarà applicata sul canone forfetario per la sola quota eccedente al 3%; – per le aree territoriali servite da centrali T.I. non oggetto di ULL, è richiesto al Fornitore di indicare nell’Offerta Economica il dettaglio delle tariffe praticate alla data di presentazione dell’Offerta, in accordo alla regola precedentemente indicata; – si precisa che la presa in carico delle linee esistenti non prevede costi aggiuntivi rispetto a quelli esposti per i suddetti canoni”].
 
   Tuttavia, la “opzionalità” del servizio e, conseguentemente, la “non valutabilità” dello stesso sotto il profilo tecnico ed economico, non possono incidere sul distinto profilo della possibile valutazione di redditività del complessivo servizio offerto dalle partecipanti alla gara di appalto (comprensivo, quindi, del Local Loop).
 
   Il servizio di Local Loop, quale voce (opzionale) dell’offerta di gara, come non costituisce causa di esclusione dalla gara se non offerto, così non dà luogo ad attribuzione di punteggio ai fini della valutazione se offerto, ma in quanto componente ammissibile della prestazione promessa viene strutturalmente a riflettersi sulla complessiva redditività del servizio offerto, ove la stessa venga in considerazione nella distinta sede della verifica di anomalia dell’offerta.
 
   Sotto tale profilo, dunque, l’insuscettibilità di valutazione tecnica ed economica preclude sì l’attribuzione di un qualsiasi punteggio, ma non esclude la valutazione in termini di reddività dell’offerta nel suo complesso.
 
   Appare, del resto, evidente che l’offerta del servizio opzionale non abbia potuto in alcun modo influire sulla individuazione dell’offerta migliore in quanto, avendo la Commissione predeterminato il quantum, il servizio avrebbe potuto essere offerto da tutti i concorrenti in condizioni di parità.
 
   D’altra parte, occorre anche rilevare che la valutazione dell’offerta, come da disciplinare di gara, avrebbe dovuto essere rivolta all’accertamento della “redditività complessiva della fornitura”, comprensiva, quindi – seppure a livello di valutazione di redditività e non già di punteggio economico o tecnico – del servizio opzionale di Local Loop.
 
   Individuati i confini della limitazione in ordine alla valutazione di redditività della offerta appare agevole la risposta in ordine alle censure sub a), d) ed e).
 
   Sotto tale profilo, infatti, appare decisiva la valutazione offerta dai Consulenti Tecnici dalla quale risulta (pagg. 5, 6 e 7) che “1) I CTU ritengono che possa considerarsi corretta la stima dei ricavi proposta da **** relativamente al servizio di local loop, nel caso in cui il 58% del traffico del lotto A2 e il 70% del traffico del lotto A3 venga raccolto direttamente da **** attraverso l’unbundling del local loop (ULL). 2) Nell’ipotesi che le norme di gara imponessero a CONSIP di valutare la remuneratività con riferimento alla sola offerta al netto del servizio di local loop, indipendentemente dai margini comunque ottenibili da questo ultimo servizio (perché opzionale e non risultante da un’offerta di gara) i CTU sono del parere che non sia possibile dedurre, dalla documentazione della gara, che la Commissione abbia condotto esplicitamente tale valutazione, né sia possibile presumere che abbia potuto tenerne conto anche implicitamente. Una valutazione del genere avrebbe infatti reso necessaria una rimodulazione dei costi diretti, dei costi di ammortamento, dei costi del personale, delle spese generali e degli oneri finanziari per tenere conto della quota parte da attribuire al solo traffico, seguendo criteri analoghi a quelli che le parti hanno proposto, ma con modalità difformi, nel corso del procedimento e con successive integrazioni. 3) Nell’ipotesi in cui le norme di gara richiedessero a CONSIP di valutare unitariamente la redditività globale del traffico e dell’accesso, l’offerta risulta remunerativa qualora il 58% del traffico relativamente al lotto A2 e il 70% del traffico relativamente al lotto A3, come stimato da ****, venga raccolto direttamente attraverso ULL. ******* ha tuttavia eccepito che, poiché l’offerta relativa al servizio di local loop non è stata sottoposta a un confronto competitivo, la stima di **** (relativa alle suddette percentuali di adesione) è da considerare irragionevolmente ottimistica. I CTU hanno pertanto cercato di valutare un valore ‘minimo’ di soglia di adesione al servizio di local loop, in grado di assicurare che, ceteris paribus, l’offerta complessiva dei lotti A2 e A3 fosse comunque remunerativa e hanno stimato che tale soglia, nelle condizioni più conservative – cioè sulla base dei criteri proposti dai CTP di ******* nella loro memoria del 14 marzo 2007 per ricalcolare, in tutti i possibili scenari alternativi di adesione, sia la rimodulazione dei costi di accesso sia la rimodulazione dei costi di traffico – sia pari al 37% sia per il lotto A2 che per il lotto A3 (in termini di traffico minutario) di adesione. 4) I CTU intendono sottolineare che la valutazione che le voci di ricavo esposte da **** debbano essere considerate congrue per le soglie di adesione delle Pubbliche Amministrazioni al servizio di local loop non inferiori al 37% è particolarmente conservativa per tre ragioni: (i) in primo luogo perché, come già evidenziato, tali percentuali sono state ottenute utilizzando i criteri proposti dai CTP di ******* il 14 marzo 2007: tali percentuali scenderebbero infatti entrambe al 34% se si seguissero i criteri proposti dagli stessi CTP il 9 febbraio 2007; (ii) in secondo luogo perché tali percentuali scenderebbero ulteriormente al 28% per il lotto A2 e al 26% per il lotto A3 se si seguissero i criteri proposti da ****; (iii) in terzo luogo perché la stima dei ricavi non include, come sopra chiarito, i ricavi di **** relativi alla terminazione sulla propria rete del traffico proveniente da altri operatori (riverse o terminazione inversa). E’ da notare che i CTU non hanno però ritenuto di pronunciarsi sulla correttezza dei diversi conteggi effettuati da ******* (addirittura due nel termine di un mese dagli stessi CTP) e da **** perché basati su dati di parte, di incerta verificabilità e in ogni caso non disponibili a CONSIP al momento della verifica. 5) In ogni caso, e in conclusione della questione esaminata in questa sezione, il quadro che emerge presenta, a giudizio dei CTU, elementi sufficienti a confermare l’attendibilità del giudizio della Commissione di gara, nell’ipotesi che la stessa fosse tenuta a valutare la remuneratività dell’offerta di gara considerando globalmente la redditività di tutti i servizi offerti, incluso pertanto il servizio di local loop. La Commissione, infatti, sulla base della documentazione esposta da **** in risposta alla richiesta di chiarimenti, aveva contezza di due elementi: (i) che (verbale n. 12 del 7 aprile 2007) ‘i ricavi (…) non includono quelli derivanti dalla terminazione verso rete **** riferiti al traffico proveniente da altri operatori (riverse) (…) (ma) (…) comunque viene allocata la totalità dei costi di accesso’; (ii) che, nell’ipotesi di una percentuale di adesione delle Pubbliche Amministrazioni al servizio di local loop pari al 58% per il lotto A2 e al 70% per il lotto A3, l’offerta di gara implicava per l’insieme di questi due lotti ricavi complessivi (al netto dei ricavi da terminazione inversa) pari a 339.476.365 Euro e costi complessivi pari a 289.134.542 Euro. Residuava pertanto un margine lordo superiore a 50 milioni di Euro. E’ vero che la Commissione, pur avendo contezza dell’elevata remuneratività della sola offerta del servizio di local loop, non ha condotto una valutazione specifica dell’attendibilità dell’ipotesi di adesione al servizio di local loop formulata da **** (58% per il lotto A2 e 70% per il lotto A3). A giudizio dei CTU, l’elevato margine lordo, pari a 50 milioni di Euro, per l’insieme dei due lotti A2 e A3 e la non inclusione nei conti esposti dei ricavi relativi alla terminazione di altri operatori su propria rete, offrivano tuttavia alla Commissione di gara elementi sufficienti per inferire ragionevolmente che l’offerta avrebbe mantenuto un margine di remuneratività anche nel caso in cui l’effettiva adesione al servizio di local loop da parte delle Pubbliche Amministrazioni fosse stata anche di non poco inferiore alla stima di ****. Il calcolo predisposto dai CTU – che hanno dovuto basarsi però su informazioni fornite dalle parti nel corso del procedimento e che non erano nella disponibilità di CONSIP – ha soltanto consentito di pervenire a una stima del ‘margine di sicurezza’, stima che è stata quantificata in una misura approssimativamente pari a poco più della metà delle stime originariamente formulate da ****”.
 
   Rileva, quindi, il Collegio – relativamente agli evidenziati punti indicati nelle lettere a), d) ed e) – che:
 
   – il servizio di Local Loop non ha formato oggetto di valutazione tecnica o economica ma è stato valutato – correttamente – solo ai fini della redditività complessiva dell’offerta;
 
   – le giustificazioni indicate da **** in relazione alla stima dei ricavi proposti appaiono corrette e non censurabili con conseguente attendibilità del giudizio della Commissione;
 
   – alcuna esclusione dell’offerta condizionata di **** dal lotto A2 si sarebbe potuta determinare in vista della correttezza delle giustificazioni prodotte; conseguentemente, alcun travolgimento avrebbe potuto determinarsi in relazione ai lotti A1 ed A3.
 
   5.2. Risolta la questione afferente la valutazione del servizio opzionale rimangono da analizzare i profili evidenziati nelle lettere b) e c).
 
   In particolare, quanto alla lettera b), sostiene la parte ricorrente che “qualora si dovesse interpretare la legge di gara nel senso che autorizzasse la proposizione di una offerta competitiva anche per il servizio di fornitura dell’accesso disaggregato (local loop), essa sarebbe in sé viziata. In tal senso si propone impugnazione in parte qua del bando, del capitolato tecnico, del disciplinare di gara, ed in genere di tutta la documentazione predisposta dalla Consip relativamente alla assimilazione del servizio di local loop ad un elemento strutturale dell’offerta di gara, e nella parte in cui consente, senza prefissarne parametri e modalità, l’accettazione della componente opzionale dell’offerta” (pagg. 12-13 dell’atto di motivi integrativi ed aggiunti *******).
 
   La censura è infondata.
 
   Si sono già evidenziate le ragioni per le quali la stazione appaltante ha ritenuto di dovere indicare l’opzionalità del servizio di Local Loop e si è anche sottolineata la differenza tra “valutabilità economica e tecnica” del servizio opzionale e “redditività complessiva” della offerta; ritiene il Collegio come proprio la differenza sussistente tra i due presupposti giustifichi la possibilità – intrinseca nella gara di cui all’odierno ricorso – di una valutazione in termini di mera “redditività” dell’intera offerta avanzata dalle ricorrenti comprensiva, quindi, del servizio opzionale [si veda, in questo senso, anche la memoria **** per l’udienza del 9 maggio 2007 alle pagg. 52-54 secondo cui “il criterio di verifica seguito da CONSIP, che ha comportato un computo probabilistico della percentuale di utenze che si sarebbero avvalse di ambedue i servizi (traffico e accesso in ULL), è dunque non solo ragionevole, ma è anche l’unico legittimo. Il computo dei soli corrispettivi del servizio di traffico avrebbe comportato una sottovalutazione dei ricavi probabili di *******, con evidente distorsione del risultato della verifica. Questa infatti non avrebbe più rispecchiato il normale andamento del mercato, ma un’ipotesi solo formalmente possibile. Se la Commissione avesse valutato la congruità dell’offerta ******* con riferimento al solo traffico, la valutazione sarebbe stata carente e viziata per violazione delle norme sull’anomalia delle offerte, in quanto avrebbe omesso di valutare l’offerta nella sua interezza con riferimento a tutte le prestazioni dedotte. Per fare un esempio banale, fra i tanti possibili, che cosa si direbbe se, dovendo effettuare un computo dei futuri ricavi di un’impresa automobilistica, con riguardo ad un numero X di pezzi venduti, si ipotizzasse che tutti gli acquirenti scelgano il modello-base, senza optional e versioni evolute? Si direbbe che il criterio di calcolo dei ricavi è tecnicamente sbagliato. Il criterio probabilistico, che tiene conto delle abitudini di consumo degli acquirenti, è invece l’unico tecnicamente corretto. Si poneva a questo punto solo il problema se le percentuali calcolate da ******* nel procedimento di verifica stimassero il quantum in misura eccessiva. A tale proposito, la ulteriore analisi condotta, con estrema attenzione, dai CTU, ha portato a dissipare ogni ipotetico dubbio. Essa infatti ha portato alla dimostrazione che l’offerta di ******* rimane remunerativa anche nella peggiore delle ipotesi, e cioè nel caso che il quantum della percentuale probabile di richiesta di servizi di accesso sia calcolato con la più pessimistica delle formule prospettate da *******, anziché con la più ottimistica formula, proposta da *******. In sostanza, nella ricostruzione della gara in oggetto, bisogna distinguere due piani: il piano della gara, nel quale, data la disparità di risorse in capo agli operatori telefonici e al fine di favorire la concorrenza e la massima partecipazione alla gara medesima, il servizio di accesso è stato previsto come opzionale per i concorrenti ed è stato sottratto alla valutazione tecnica ed economica della stazione appaltante; e il piano della verifica dell’anomalia dell’offerta, ossia della verifica della remuneratività della stessa, che impone alla Commissione di gara di verificare la congruità dell’offerta presentata dal concorrente tenendo conto di tutte le sue componenti, anche della componente relativa alla fornitura dell’accesso, se offerta”].
 
   5.3. Né, d’altra parte – quanto alla censura di cui alla lettera c) – può essere condiviso l’assunto in merito alla assenza di alcuna modalità di accettazione, da parte della stazione appaltante, del servizio opzionale.
 
   Sotto tale aspetto, infatti, è sufficiente rilevare come la stazione appaltante non disponga di alcun margine di discrezionalità amministrativa in merito alla accettazione o meno della fornitura del servizio di Local Loop; l’accettazione ovvero il rifiuto, infatti, derivano da constatazioni di carattere tecnico ed in particolare dalla necessità di verificare la disponibilità, in capo all’aggiudicatario, dell’anello locale. Una volta verificate le condizioni tecniche per l’accesso, infatti, alla stazione appaltante non rimane alcun margine di scelta in merito alla accettazione della offerta così come presentata dall’aggiudicatario (si veda la nota Consip prot. n. 16821 del 15 settembre 2006 secondo cui “lo schema di convenzione allegato alla documentazione di Gara prevede, quale condizione essenziale, che per il servizio di fornitura ed ottimizzazione del Local Loop, di cui al precedente punto sub 1), se offerto, debba essere garantita la copertura dichiarata in sede di offerta tecnica, eventualmente ampliata in corso di Convenzione. Con la presente precisiamo che, avendo **** S.p.A. scelto l’opzione di presentare l’offerta per la fornitura di entrambi i suddetti servizi, Consip S.p.A. conferma l’accettazione di tale offerta e di tali servizi, ai sensi e per gli effetti di tutto quanto previsto dalla documentazione di Gara”).
 
   5.4. Un’ultima considerazione deve essere effettuata in relazione al servizio opzionale di Local Loop e, in particolare, alla correttezza o meno dei criteri di stima in ordine alla adesione delle Amministrazioni al servizio stesso.
 
   Sostiene ******* (pagg. 36-40 della memoria per l’udienza del 9 maggio 2007) che “sia Consip che ******* hanno dedotto nelle proprie difese la circostanza che le stime (formulate per la prima volta in sede di giustificazione dell’anomalia, e quindi del tutto non verificabili dalla stazione appaltante) sulla dimensione quantitativa del servizio di accesso siano state prudenziali, e che la medesima conclusione di remuneratività dell’offerta fosse ottenibile anche in presenza di un numero di adesioni inferiore a quello dichiarato (58% delle amministrazioni per il lotto A2). Tale prospettazione ha indotto la CTU a formulare un secondo scenario di riferimento, diretto a stabilire (sia pure con notevolissime approssimazioni) una soglia minima di adesioni al servizio di local loop che renderebbe remunerativa l’offerta (pari al 28% per il lotto A2, secondo la metodologia ****, ed al 37% per il medesimo lotto secondo la metodologia TI). Valgano allora a tale proposito alcune considerazioni. La prima è di carattere logico: appare sostenibile che, qualora la CTU rinvenga la necessità di definire una soglia minima di adesioni al servizio di local loop affinché l’offerta per singolo lotto sia remunerativa, se ne deve implicitamente ricavare che nell’ipotesi di esclusione dal giudizio di anomalia dei ricavi (e dei conseguenti e del tutto incerti costi rimodulati) derivanti dal servizio di accesso, i soli servizi afferenti al traffico (quindi l’offerta tecnica ed economica formulata in gara) non siano, per definizione, remunerativi. La seconda è di carattere assiomatico. E’ la stessa ******* che in sede di giustificazioni (…) ha asserito che la remuneratività della sua offerta si fonda sull’aumento dei canoni relativi al servizio di local loop sulla base di una percentuale di adesione precisamente individuata, ipotizzando che i clienti vengano acquisiti nell’arco dei primi sei mesi di validità della convenzione ad un tasso costante di acquisizione giornaliera. Questa giustificazione, e non altre a carattere conservativo o prudenziale, è stata acquisita dalla Commissione, e compare a pag. 8 del verbale n. 12, di definitivo accertamento della congruità dell’offerta (…). Si deve quindi ritenere che non siano accettabili considerazioni ulteriori, peraltro peggiorative, in ordine alla quantità dei possibili accessi richiesti dalle amministrazioni pubbliche: le condizioni in forza delle quali ******* ha ritenuto di poter configurare i prezzi dei propri servizi, e di stabilire quindi una certa remuneratività della propria offerta, sono quelle e soltanto quelle da essa stessa indicate, nell’unica sede in cui le è stato consentito di farle (cioè nel procedimento). Né la stazione appaltante (e questo è pienamente confermato dalla CTU) ha ritenuto di dover ulteriormente approfondire, chiarire, illustrare, o autonomamente convincersi, della astratta praticabilità di ipotesi alternative. La terza è di carattere fattuale. Per rispondere al quesito relativo alla redditività complessiva dell’offerta in presenza del servizio opzionale di local loop, i CTU hanno svolto un’analisi volta ad identificare la soglia minima di adesioni al servizio, espressa in termini di linee equivalenti, che rende remunerativa l’offerta **** (…). Il numero delle linee equivalenti complessive sui quali è basato il conteggio di ******* era pari a 130.300 per il lotto A2 e a 128.171 per il lotto A3, da attivare nell’arco dei primi 6 mesi di validità della convenzione. Partendo da tali valori, ed utilizzando la metodologia più conservativa, ovvero quella proposta da *******, il valore di soglia (minima) di adesioni al servizio di local loop che rende remunerativa l’offerta è pari a circa il 28% per il lotto A2 e al 26% per il lotto A3 (…). In altre parole, se le adesioni al servizio opzionale di local loop fossero inferiori ai valori sopra riportati, l’offerta di *******, per sua stessa ammissione, sarebbe sottocosto”.
 
   Rileva il Collegio come, da un lato, le proiezioni di adesione offerte dalla relazione di CTU non appaiono viziate da errori metodologici, giungendo, sulla base delle regole previste dagli stessi atti di gara – che, evidentemente, fanno riferimento a future adesioni – alla individuazione di possibili ipotesi di adesione da parte delle Amministrazioni.
 
   D’altra parte, occorre anche rilevare, così come evidenziato nella memoria di **** per l’udienza del 9 maggio 2007, che a seguito delle recenti modifiche normative (art. 1, comma 449, L. 27 dicembre 2006, n. 296 e D.M. attuativo pubblicato in G.U. 12 marzo 2007, n. 30), l’adesione alle convenzioni Consip è divenuta ormai obbligatoria per tutte le Amministrazioni statali, con conseguente superamento di ogni questione afferente alla problematica della eventuale “non adesione”.
 
   Sotto tale profilo, infatti, devono considerarsi venute meno, seppure sotto un profilo meramente fattuale, le ragioni poste a base della rilevata contestazione [si legge nella memoria (pagg. 20-22 della memoria **** in data 9 maggio 2007) che “è ovvio che, dal punto di vista formale, anzi formalistico, i fatti sopravvenuti non possono rendere legittimo un atto amministrativo, in ipotesi geneticamente viziato. Nella specie però l’evento successivo, su cui qui viene richiamata l’attenzione del Collegio, per un verso a) dimostra la natura estremamente cautelativa delle previsioni presentate da **** in sede di giustificazioni della ipotetica (e inesistente) anomalia e per altro verso b) fa sì che non sia neppure astrattamente possibile pensare all’annullamento di un’aggiudicazione per anomalia di un’offerta, che oggi dovrebbe necessariamente essere effettuata di nuovo tal quale. (…) deve invero osservarsi che un annullamento per inadeguatezza della effettuata valutazione della redditività dell’offerta **** comporterebbe l’obbligo per la Commissione di gara di riattivare il procedimento effettuando una nuova valutazione. Nel fare ciò la Commissione dovrebbe muovere dalla obbligatorietà della adesione alla Convenzione per tutte le Amministrazioni (quella di tutte le Amministrazioni più grandi) che da sola remunera ampiamente il servizio anche senza (in ipotesi assurda) alcuna altra adesione e ciò non solo per la dimensione delle Amministrazioni statali, ma altresì per la loro qualità, intesa come sedi concentrate in Roma e nei capoluoghi di Provincia (…)”].
 
   6.1. Con una seconda censura la parte ricorrente deduce la illegittimità degli atti di gara sotto il profilo dell’errata utilizzazione della metodologia dei costi incrementali.
 
   In particolare, la parte ricorrente afferma:
 
 a) che la metodologia dei costi incrementali utilizzata da **** non sarebbe conforme alle norme di legge e di gara poiché non in grado di garantire la remuneratività dell’offerta (si legge alle pagg. 25 e 26 dell’atto di motivi integrativi ed aggiunti ******* che “se il prezzo è troppo basso, tanto da non essere remunerativo, pur essendo in apparenza più conveniente per la PA, deve ciononostante essere scartato perché non garantisce l’adempimento da parte del debitore della prestazione e conseguentemente la soddisfazione della P.A. L’applicazione da parte dell’offerente del metodo dei costi incrementali non soddisfa l’esigenza della PA di vedersi garantita la prestazione del servizio. Infatti applicando tale metodologia di computo dei costi, il prezzo che ne deriva fa sì che l’offerta nel suo complesso sia per definizione non autosufficiente”; la stessa questione, peraltro, è ripresa alle pagg. 35 e 36 dove si legge che “Quand’anche si ritenesse corretto – ciò che si nega – il metodo dei costi incrementali, si dovrebbe concludere comunque per l’assenza del requisito della remuneratività nell’offerta di ****. Esiste infatti una palese incongruità tra il modo in cui **** giustifica la propria offerta invocando il criterio dei costi incrementali e le prescrizioni metodologiche fondamentali che si devono osservare nell’applicazione di tale criterio: **** omette del tutto la considerazione ed il computo dei costi comuni”);
 
 b) che il costo di ogni prodotto non potrebbe essere calcolato sul solo costo incrementale ma dovrebbe fondarsi sul costo pieno “vale a dire tenendo conto di tutte le spese direttamente o indirettamente imputabili a quel prodotto, nel contesto produttivo (eventualmente) ampliato e tenendo conto (com’è ovvio) delle sinergie ed economie di scala. In proposito, del resto, è significativo ciò che si legge a p. 22 del disciplinare di gara (…) ‘in ogni caso, tutti i prezzi offerti (sia nell’offerta semplice che nell’offerta condizionata, se espressa) devono essere formulati nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale, anche regolamentare e secondaria, vigente nel settore di riferimento e che, in ogni caso, tali prezzi offerti devono essere congrui rispetto ai costi dei processi produttivi dell’offerente relativi e/o correlati ai servizi offerti nella presente procedura, prezzi che, comunque, dovranno garantire la redditività complessiva della fornitura a livello aziendale’” (si vedano le pagg. 27 e 28 dell’atto di motivi integrativi ed aggiunti *******);
 
 c) che, in ogni caso, non vi sarebbe la redditività dell’offerta nel suo complesso poiché anche l’offerta per il lotto A1 non sarebbe calcolata a full cost (pagg. 31-32 dell’atto di motivi integrativi ed aggiunti ******* “a pag. 35 della memoria Consip si ventila che il costo dei servizi per lotti A2 e A3 è (soltanto) ‘in aggiunta alle prestazioni del lotto di base’, vale a dire ad A1. L’offerta per A1 (eguale sia se semplice che se condizionata) sarebbe dunque a costo pieno. Le offerte condizionate per A2 e A3 soltanto sarebbero a costo incrementale rispetto ai costi di A1. Si giustificherebbero, per così dire in corner, perché incrementali solo ai costi espressi per il lotto A1. La tesi è inutile, e soprattutto errata. a) la tesi è inutile, perché può diminuire – ove si fondasse su dati reali, come però non è (…) – l’entità del falso dichiarato, ma non cancellare l’esistenza del falso. I servizi forniti per A2 e A3 non sono per principio coperti dai costi incrementali di ampliamento, ma, pro quota, anche dai costi dell’attuale, in una misura che il calcolo addotto per il lotto A1 non può ontologicamente comprendere. (…) b) la tesi è errata, ed è riconosciuta errata dalla stessa Consip, che però non ne trae le conseguenze. A p. 5 del verbale n. 12 del 7 aprile 2006 (…) si legge ad es. che ‘la modesta entità dei costi – e si sta ragionando solo dei costi per A2 e A3 – viene giustificata con la complementarietà del traffico generato dalle Amministrazioni con il traffico attuale presente sulla rete ****’. Ebbene, il ‘traffico attuale presente sulla rete ****’ non può comprendere A1, fornitura non imputata a **** al momento dell’offerta, dunque non ‘presente’ in allora; sicchè vi è accertata ‘complementarietà’ del traffico generato per A2 e A3 con il traffico attuale di **** e con la struttura che lo produce. Si tratta insomma di costi ‘in aggiunta’ alle prestazioni ‘attuali’ e non alle prestazione del solo ‘lotto di base’, i.e. A1, contrariamente a come invece scritto da Consip nella memoria”).
 
 6.2. I motivi sono infondati.
 
 Occorre rilevare come la questione sollevata nel ricorso e nei motivi aggiunti possa trovare piena soluzione nelle conclusioni offerte in sede di CTU i cui risultati devono essere pienamente condivisi dal Collegio.
 
 Premesso che i costi incrementali rappresentano l’aumento dei costi totali di un’impresa conseguente ad un aumento prefissato (discontinuo) della quantità prodotta, i CTU si fanno carico della distinzione tra “costi incrementali di lungo periodo” e “costi incrementali di breve periodo” – si vedano le pagg. 14 e 15 della relazione di CTU nelle quali si legge “i costi incrementali possono pertanto essere diversi nel lungo o nel breve periodo. Nell’analisi economica, con l’espressione ‘lungo periodo’, si indica la prospettiva temporale nella quale un’impresa riesce ad aggiustare tutti i fattori fissi in modo da impiegarne soltanto la quantità strettamente necessaria, cioè efficiente. Nel lungo periodo non ci sono fattori fissi eccedenti. I costi incrementali di lungo periodo (LRIC) rappresentano di conseguenza la remunerazione di tutti i fattori variabili e dei maggiori fattori fissi che l’impresa deve impiegare nell’offerta del nuovo servizio, nell’ipotesi in cui, prima dell’offerta aggiuntiva, non dispone di fattori fissi eccedenti. Quando invece si considerano i costi incrementali di breve periodo o costi evitabili, occorre tenere conto del fatto che l’impresa può essere incorsa in inefficienze produttive nella produzione ‘di base’; e quindi tenere conto di eventuali eccedenze nella disponibilità dei fattori fissi utilizzati prima dell’incremento della produzione. Poiché la remunerazione di tali fattori fissi eccedenti deve essere inclusa nei costi incrementali di lungo periodo, ma non deve essere calcolata tra i costi incrementali di breve periodo, i costi incrementali di lungo periodo, in queste circostanze, sono maggiori dei costi incrementali di breve periodo” – oltre che della distinzione tra “costi incrementali” e “costi pienamente distribuiti” – pagg. 18-19 della relazione di CTU secondo cui “non è da condividere il richiamo di ******* a ‘un modello a costi incrementali di tipo *********’ (…). L’espressione è ambigua. Normalmente, nella letteratura economica, con ‘full cost’ si indicano in forma contratta i cosiddetti ‘fully distributed cost’, o ‘costi pienamente distribuiti’, ossia la metodologia con la quale il costo di tutti i fattori fissi, anche di quelli utilizzati in modo efficiente nella produzione ‘di base’, viene ripartito su tutta la produzione (inclusa la produzione incrementale) dell’impresa. Tale metodologia è però antitetica e si contrappone a quella dei costi incrementali, di modo che l’espressione ‘costi incrementali di tipo *********’ è sostanzialmente un ossimoro. La metodologia esposta dai consulenti tecnici di ******* nello stesso documento (…) coincide invece perfettamente (…) con quella dei ‘fully distributed cost’ ed è quindi, nonostante la terminologia usata, in netta contrapposizione con la metodologia dei costi incrementali” – giungendo, infine, alla conclusione secondo cui:
 
 1) non sarebbero da condividere le ragioni addotte da ******* a sostegno della diversa metodologia basata sui “costi pienamente distribuiti” in luogo di quella fondata sui “costi incrementali” (si veda alle pagg. 21-22 della relazione di CTU);
 
 2) risulta, al contrario, corretta l’applicazione, ai fini del calcolo della remuneratività dell’offerta, della metodologia dei “costi incrementali di breve periodo” (si veda pag. 18 della relazione di CTU);
 
 3) **** avrebbe fatto ricorso in modo corretto alla metodologia dei costi incrementali in relazione alla propria particolare situazione aziendale e sarebbe nel complesso corretta la determinazione dell’entità delle diverse voci di costo;
 
 4) risulta corretto il calcolo della redditività nel suo complesso così come risultante dalla applicazione della metodologia dei costi incrementali.
 
 Quanto al punto 1), in particolare, la relazione di CTU (pag. 19) specifica che i consulenti “ritengono che le doglianze ripetutamente sollevate da ******* (…) in base alle quali non erano stati considerati (né da ****, né da CONSIP) oltre ai ‘costi aggiuntivi direttamente generati dalla commessa’ anche i ‘costi delle risorse comuni, che rimangono sostanzialmente invarianti pur al variare del traffico/utenti’, rappresentano tutte critiche che hanno come oggetto la mancata applicazione della metodologia dei ‘costi pienamente distribuiti’, non la modalità, di breve o di lungo periodo, con la quale è stata applicata la metodologia dei costi incrementali”.
 
 Quanto al punto 2), nella relazione di CTU (pag. 18) correttamente si afferma che “è in generale corretto applicare, ai fini della remuneratività dell’offerta CONSIP, la metodologia dei costi incrementali di breve periodo. E’ infatti da condividere la tesi di CONSIP secondo cui il Disciplinare di gara mira esplicitamente a sfruttare possibili sinergie economiche’ (…) e che la logica inerente alle offerte condizionate è fondata precisamente sugli elementi incrementali (…). Peraltro gli stessi consulenti tecnici di ******* (…) affermano che TI non è affatto contraria all’applicazione del metodo dei costi incrementali’, specificando tuttavia ‘di lungo periodo’. La differenza sta pertanto nel fatto che mentre CONSIP, quando afferma che ‘**** … [ha] utilizzato un metodo economico di misurazione della redditività coerente con la teoria dei costi incrementali’, implicitamente riconosce che la metodologia utilizzata è quella dei costi incrementali di breve periodo (…), *******, attraverso i suoi CTP, sostiene che doveva essere utilizzata la metodologia dei costi incrementali di lungo periodo. Lo sostiene però solo come indicazione di principio, giacchè (…) la metodologia suggerita poi in dettaglio dai CTP di ******* non è quella dei costi incrementali di lungo periodo, bensì quella dei ‘costi pienamente distribuiti’”.
 
 Quanto al punto 3) la relazione di consulenza correttamente afferma (pag. 27) che “avendo attentamente considerato le obiezioni opposte, con ulteriori argomenti, dai CTP di ******* nelle osservazioni del 14 marzo 2007, i CTU ritengono di poter concludere che la valutazione effettuata da CONSIP in base alla documentazione di gara debba essere considerata metodologicamente corretta per quanto attiene alla verifica che i costi esposti da **** tenevano conto in diffuso dettaglio delle diverse voci riferibili sia ai costi variabili, sia ai costi fissi incrementali relativi alla commessa. Per quanto attiene alla entità delle voci di costo esposte, i CTU sono del parere che la Commissione di gara abbia, nel complesso, tenuto conto in modo adeguato delle giustificazioni addotte da ****; sebbene, con riferimento specifico alla variazione di costi di ammortamento, a fronte della rimodulazione da 24 a 36 mesi, la stessa Commissione abbia mancato di cogliere che la variazione esposta poteva trovare giustificazione solo nell’ipotesi che ampia parte dei beni strutturali e infrastrutturali non fossero connessi esclusivamente alla fornitura e potessero essere completamente ammortizzati entro i primi due anni del servizio, astenendosi dal verificare con maggiore dettaglio la plausibilità di tale ipotesi. A conclusione della terza considerazione, i CTU esprimono il parere che **** abbia fatto ricorso in modo corretto alla metodologia dei costi incrementali in relazione alla propria particolare situazione aziendale e abbia, nel complesso, determinato in modo corretto l’entità delle diverse voci di costo, con una possibile riserva relativamente alla estensione delle voci di ammortamento da 24 a 36 mesi. Inoltre, nei limiti della accennata riserva, il giudizio della Commissione di gara, nel pervenire alla conclusione che ‘il quadro tecnico ed economico rappresentato da **** appare plausibile’, può essere valutato complessivamente attendibile”.
 
 Quanto, infine, al punto 4), la relazione di CTU – pienamente condivisibile – afferma (pagg. 30-31) che “(i) CONSIP ha valutato innanzi tutto che l’offerta semplice del lotto A1 non fosse anomala. In obiettiva assenza di ulteriori indizi specifici, lo ha fatto limitandosi a verificare che, nel caso, non ricorrevano le condizioni per l’applicazione del comma 3 dell’articolo 25 del Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 157 e seguendo pertanto il test standard di anomalia basato sul confronto dell’offerta semplice di **** per il lotto A1 con la media delle offerte semplici degli altri concorrenti per lo stesso lotto A1. Non avendo riscontrato un’anomalia nell’offerta semplice di **** per il lotto A1, CONSIP ha tratto la conclusione che, nelle circostanze descritte, quella offerta dovesse essere considerata remunerativa con riferimento ai costi incrementali (di breve periodo) relativi al lotto A1; (ii) CONSIP ha quindi valutato che l’offerta semplice e l’offerta condizionata di **** per lo stesso lotto A1 presentavano lo stesso valore economico. Da questa circostanza era corretto dedurre, da parte di CONSIP, che, nel formulare l’offerta condizionata del lotto A1, **** avesse imputato tutte al lotto A1 le remunerazioni di quei fattori incrementali che, impiegati nella produzione del lotto A1, potevano essere utilizzati, nella stessa quantità, anche per la maggiore produzione dei lotti A2 e A3. Era anche, di conseguenza, corretto, da parte di CONSIP valutare che la remuneratività delle offerte dei due lotti A2 e A3 (che apparivano anomale alla luce del comma 3 dell’articolo 25 del Decreto Legislativo 17 marzo 1995, n. 157) potesse essere soggetta a verifica tenendo conto soltanto dei costi incrementali che **** avrebbe dovuto sostenere per l’offerta aggiuntiva relativa dei lotti A2 e A3 rispetto all’offerta del lotto A1. (iii) Nel valutare la risposta di **** del 27 marzo 2006 alla richiesta di ulteriori precisazioni, CONSIP ha quindi considerato che i costi incrementali, che **** dichiarava di dover sostenere per l’offerta aggiuntiva relativa ai soli lotti A2 e A3, includessero sia la remunerazione dei fattori variabili, sia la remunerazione dei fattori fissi aggiuntivi. E, in effetti, come già esposto sopra, la contabilità presentata da **** (che fa appunto riferimento ai lotti A2 e A3) includeva sia i costi variabili, come i costi diretti, il costo del personale e (parte dei) costi finanziari, sia i costi fissi incrementali, come i costi relativi all’ammortamento (sia pure con la riserva di cui alla terza considerazione), i costi generali e (parte dei) costi finanziari. (iv) Per giustificare l’anomalia osservata, CONSIP ha infine valutato che il maggior valore delle offerte semplici relative ai lotti A2 e A3 poteva essere ragionevolmente spiegato dal fatto che in ciascuna delle due offerte venivano inclusi, realizzando nei fatti una duplicazione in ciascuno dei lotti, i costi relativi ai fattori fissi e variabili che potevano essere utilizzati come fattori comuni nell’offerta dei lotti A1, A2 e A3 e di cui era stato tenuto conto anche nell’offerta semplice relativa al lotto A1. A conclusione della quarta considerazione, in merito all’offerta condizionata relativamente alla fornitura dei due lotti A2 e A3 per i quali è stata condotta la verifica di anomalia, i CTU esprimono il parere che CONSIP – sul presupposto non infondato dal punto di vista logico che l’offerta semplice del lotto A1 non fosse anomala e tenendo conto correttamente del fatto che l’offerta semplice e l’offerta condizionata di **** per lo stesso lotto A1 presentavano lo stesso valore economico – abbia attendibilmente valutato che la remuneratività delle offerte dei due lotti A2 e A3 potesse essere soggetta a verifica considerando soltanto i costi incrementali che **** avrebbe dovuto sostenere per l’offerta aggiuntiva relativa dei lotti A2 e A3. CONSIP inoltre, nel valutare la risposta di **** del 27 marzo 2006 alla richiesta di ulteriori precisazioni, ha verificato (sia pure con la riserva di cui alla terza considerazione) che i costi dichiarati da **** con riferimento all’offerta aggiuntiva dei lotti A2 e A3, includessero sia la remunerazione dei fattori variabili (rappresentata dai costi diretti, dal costo del personale e da parte dei costi finanziari) sia la remunerazione dei fattori fissi aggiuntivi (rappresentata dai costi relativi all’ammortamento, dai costi generali e dalla parte restante dei costi finanziari)”.
 
 6.3. A conclusione della indagine in ordine alla metodologia dei costi incrementali, appare ancora necessaria una ulteriore precisazione relativa alla distinzione tra costi incrementali di “breve periodo” ovvero di “lungo periodo” soprattutto con riferimento alla applicazione, connessa alla indicata distinzione, tra criteri di “remuneratività” o di “concorrenza”.
 
 Nella premessa alla analisi dei quesiti formulati dal Collegio, infatti, i CTU hanno espressamente evidenziato (pag. 8) che “le due disamine condotte per rispondere ai quesiti B e D non offrono significativi elementi per modificare la conclusione di attendibilità del giudizio della Commissione di gara, a condizione che: (i) **** non fosse obbligata dalle regole di gara a tenere conto dei costi incrementali di lungo periodo e CONSIP non fosse, corrispondentemente, obbligata a seguire, ai fini della valutazione delle offerte di gara, i (più stringenti) criteri di concorrenza e non soltanto i (più deboli) criteri di remuneratività dell’offerta; (ii) **** non fosse obbligata, in base al quadro regolatorio, al divieto di discriminazione interno/esterno dei servizi di terminazione”.
 
 Tralasciando, per ora, la questione relativa al “divieto di discriminazione interno/esterno”, occorre rilevare, quanto ai costi incrementali, che la complessa problematica della remunerazione dei fattori della produzione incidente – all’esterno – sul diritto della concorrenza, non può essere oggetto di censura in assenza di “univoci elementi” in grado di ipotizzare l’avvenuta alterazione delle regole del mercato.
 
 Sotto tale profilo, infatti, può condividersi l’affermazione -contenuta a pag. 46 della memoria **** per l’udienza del 9 maggio 2007 – secondo cui “l’obbligo di esclusione sorge quando l’amministrazione, in base al diligente esame degli atti di gara, o a seguito dell’esame di documentazione aggiuntiva prodotta da un controinteressato, disponga di quelle che, nella terminologia tradizionale del giudizio civile, si usa chiamare ‘prove certe e liquide’ del fatto rilevante (cioè, nella specie, di un illecito antitrust); cioè di prove: (i) documentali; (ii) di facile esame; (iii) di sicura attendibilità”; nulla di tutto ciò è, al contrario, avvenuto nella gara di cui all’odierno ricorso rispetto alla quale il controllo dell’Amministrazione sulla congruità dell’offerta ha condotto alla verifica in ordine alla remuneratività dell’offerta considerata nel suo complesso.
 
 Del resto, occorre anche evidenziare, così come si rileva dalla stessa CTU (alle pagg. 15 e 17), che “i costi incrementali di lungo periodo rappresentano una nozione teorica di non semplice applicazione pratica. L’utilizzo di questa nozione presuppone infatti non soltanto che si conoscano tutti i costi sostenuti dall’impresa, ma anche che si conosca esattamente come dovrebbe essere strutturato in teoria (cioè, sulla base delle migliori tecnologie disponibili) un processo produttivo di ‘minimo costo’; in altri termini, che si conosca il ‘costo di produzione’. Nella realtà, nessun processo produttivo osservabile è mai del tutto svincolato da un certo grado di inefficienza nell’organizzazione dei fattori produttivi (anche se, almeno nei contesti concorrenziali, ogni impresa è incentivata a rimediare costantemente a tale inefficienza, pure senza mai riuscire ad eliminarla del tutto). Il grado di efficienza interna, nell’organizzazione dei fattori produttivi, è informazione privata dell’impresa. Alla stima del ‘costo di produzione’, e quindi alla corretta identificazione dei costi incrementali di lungo periodo, può – e, per le ragioni indicate di seguito, deve – cercare di approssimarsi un regolatore (egli stesso senza mai riuscire a possederla del tutto). Non è plausibile che vi riescano normalmente altri soggetti, anche pubblici, ma estranei all’organizzazione dell’impresa. (…) Nelle osservazioni del 14 marzo 2007 alla bozza di ‘Risposte ai quesiti formulati dal Collegio giudicante’ trasmessa dai CTU ai CTP delle parti in data 28 febbraio 2007, i CTP di *******, a pagina 10, osservano che ‘il fatto che …i costi LRIC….non siano a disposizione di CONSIP per una verifica non rappresenti in sé alcuna attenuante al lavoro svolto dalla Commissione di gara, che aveva tutti i poteri di richiedere anche le informazioni in merito a tutti gli elementi di costo rilevanti per la valutazione dei LRIC’. I CTU non possono tuttavia che ribadire le considerazioni svolte nel testo. Infatti, da un lato, è vero che tutta l’informazione sui costi incrementali, sia di breve sia di lungo periodo, rappresenta informazione interna che la CONSIP deve acquisire dall’impresa; ed è anche vero che la Commissione di gara aveva formalmente i poteri per richiedere le informazioni rilevanti tanto in una prospettiva di breve, quanto in una prospettiva di lungo periodo. D’altro lato, tuttavia, la identificazione della tecnologia di ‘minimo costo’, che rappresenta il parametro necessario per potere identificare i LRIC, richiede necessariamente – sia per potere formulare adeguatamente richieste di ulteriori informazioni, sia ai fini del controllo delle risposte ottenute – conoscenze sulla configurazione dei processi produttivi di natura molto diversa, e molto più penetranti, di quelle che possono sorreggere una normale capacità di verifica della ragionevolezza di previsioni contabili sui maggiori esborsi che l’impresa mette in conto per far fronte ad un aumento dei volumi produttivi”.
 
 Né, del resto, appaiono fondate le censure in merito alla violazione, da parte di ****, del criterio connesso alla applicazione dei cd. costi incrementali di breve periodo.
 
 Secondo la tesi della *******, infatti “pure ammettendo in via di ulteriore subordine che nella gara in oggetto il concorrente potesse fare applicazione del metodo dei ‘costi incrementali di breve periodo’, ad un esame attento ci si accorge che ******* lo ha violato in modo eclatante con riferimento agli ammortamenti eseguiti, necessariamente da calcolare in coerenza con gli IAS, che pure la stessa controinteressata ha dichiarato nelle proprie giustificazioni di aver applicato. E tale erronea applicazione dei criteri di ammortamento (che attiene al quesito B) incide in maniera decisiva anche sulla risposta al quesito C; sicchè assume un rilievo dirimente sull’esito della controversia, come si dimostrerà di seguito” (pagg. 13-14 della memoria ******* per l’udienza del 9 maggio 2007).
 
 Sotto tale aspetto, infatti, sono già state riportate le conclusioni offerte dai CTU in merito alla rilevata corretta applicazione, da parte di ****, della metodologia dei costi incrementali “con una possibile riserva relativamente alla estensione delle voci di ammortamento da 24 a 36 mesi” (si veda pag. 28 della relazione di CTU) che, tuttavia, non è tale da incidere sulla “complessiva attendibilità” del giudizio della Commissione di gara (si veda la stessa pag. 28 della relazione di CTU).
 
 7.1. Con una terza censura la parte ricorrente deduce la illegittimità degli atti di gara sotto il profilo della violazione del divieto di discriminazione interno/esterno.
 
 Secondo la ricorrente, in particolare, il divieto “vincola, ai sensi dell’art. 3 L. 287/1990, la politica commerciale di **** quale operatore in posizione dominante sul mercato dei servizi di fonia offerti agli altri operatori (tra cui *******) attraverso la propria rete. Questo divieto è altresì contenuto nella normativa speciale sia comunitaria, sia nazionale, che regola il settore delle *******unicazioni” (si veda pag. 38 dell’atto di motivi integrativi ed aggiunti) e si sostanzia “nel fatto che **** non può in caso di una chiamata on-net (in cui cioè un utente **** chiama un altro utente ****) imputarsi un costo di terminazione inferiore al corrispettivo di terminazione che la medesima **** impone agli operatori concorrenti ogni volta che una chiamata proveniente da uno dei loro abbonati termina sulla rete ****. Da ciò consegue un divieto in capo a **** di praticare ad un proprio utente per le chiamate on-net una tariffa inferiore al corrispettivo di terminazione inversa richiesto ai propri concorrenti” (si veda pag. 43 dell’atto di motivi integrativi ed aggiunti).
 
 L’assunto è infondato.
 
 Rileva il Collegio come **** né al momento della presentazione dell’offerta, né al momento della assegnazione della gara era obbligata al rispetto del principio di non discriminazione dei servizi di terminazione; e ciò con riguardo a tutti i profili applicativi invocati dalla ricorrente:
 
 a) ai sensi dell’art. 3 L. n. 287/1990 in relazione alla asserita posizione dominante di **** sul mercato dei servizi di fonia;
 
 b) ex art. 10, comma 2, Direttiva 2002/19/CE del 7 marzo 2002 secondo cui “Gli obblighi di non discriminazione garantiscono in particolare, che l’operatore (…) fornisca a terzi servizi e informazioni garantendo condizioni e un livello di qualità identici a quelli che assicura per i propri servizi o per i servizi delle proprie società consociate”;
 
 c) ex art. 47, comma 2, D.Lgs. n. 259/2003 che riproduce testualmente l’art. 10, comma 2, Direttiva 2002/19/CE;
 
 d) ex art. 39 Delibera AGCOM n. 417/06/CONS secondo cui “gli operatori alternativi notificati sono soggetti all’obbligo di non discriminazione e praticano condizioni equivalenti per servizi equivalenti, con specifico riferimento all’offerta dei servizi all’ingrosso di terminazione”.
 
 Occorre premettere che il riconoscimento della posizione dominante di **** nell’ambito del servizio di terminazione delle chiamate sulla rete di telefonia fissa ha riguardato lo specifico settore della fornitura “all’ingrosso” (wholesale) e non già di quella “al dettaglio” (retail), con conseguente inapplicabilità, alla fattispecie in oggetto, di quanto indicato nell’art. 47 D.Lgs. n. 259/2003.
 
 Sotto tale profilo – e prima della emanazione della delibera AGCOM n. 417/06/CONS – la Corte d’Appello di Milano nella ordinanza in data 16 maggio 2006 aveva già rilevato come “quanto alla deliberazione del profilo riguardante la sussistenza del fumus cautelare, che passa attraverso la previa individuazione del mercato rilevante e della posizione di dominanza in esso assertivamente dispiegata dall’impresa resistente, può in effetti convenirsi con quanto affermato da ******* circa il fatto che, nella specie, il mercato rilevante sia quello della fornitura all’ingrosso dei servizi di terminazione delle chiamate sulla rete di telefonia fissa che fa capo a ****, ed altresì sul fatto che su di esso, relativamente a tale segmento, questa abbia una posizione dominante”, segnalando anche che “l’inconveniente lamentato da ******* si origina dal fatto che, mentre è stato imposto un prezzo (sostanzialmente ‘amministrato’) per i servizi in entrata, che si ragguaglia ai costi sostenuti proprio da ******* come operatore incumbent sull’intera rete e sui mercati connessi, non vi è (o non vi è ancora) un limite regolato in sede amministrativa che quantifichi quanto meno nel massimo (da non superare) il prezzo dei servizi di terminazione”.
 
 7.2. Proprio al fine di superare l’inconveniente sottolineato dalla Corte d’Appello è stata emanata la Delibera n. 417/06/CONS dell’AGCOM che, tuttavia, non trova applicazione alla fattispecie di cui all’odierno ricorso sia ratione temporis, sia con riferimento all’ambito oggettivo del servizio.
 
 Quanto al primo profilo, infatti, è sufficiente rilevare che la delibera in oggetto è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 208 del 7 settembre 2006 e, quindi, successivamente alla pubblicazione del bando di gara ed alla presentazione delle offerte; quanto al secondo profilo, del resto, l’espressa limitazione contenuta nel disposto dell’art. 39 della Delibera stessa appare idonea a fugare ogni dubbio in merito alla individuazione del mercato rilevante avuto di mira dalla Autorità (art. 39 che “ai sensi dell’art. 47 del Codice, e nei limiti di cui in premessa, gli operatori alternativi notificati sono soggetti all’obbligo di non discriminazione e praticano condizioni equivalenti, con specifico riferimento all’offerta dei servizi all’ingrosso di terminazione”; si vedano anche i “considerato” della Delibera stessa ed in particolare il punto secondo cui “con riferimento al mercato dei servizi di terminazione (n. 9), l’AGCM ha sottolineato che la dominanza degli operatori alternativi nei mercati della terminazione vocale su singola rete si fonda su elementi diversi da quelli che sono alla base della dominanza dell’operatore storico, poiché i primi, solo in pochi casi, hanno potuto usufruire di infrastrutture alternative a quelle di ******* Italia nella fornitura dei propri servizi. L’AGCM ha pertanto condiviso la scelta di non applicare in capo agli operatori alternativi le medesime misure regolamentari applicate a ******* Italia (con specifico riferimento agli obblighi di contabilità regolatoria e di orientamento al costo). Inoltre, l’AGCM ha evidenziato di non ritenere giustificata l’imposizione in capo agli operatori alternativi di prezzi di terminazione reciproci rispetto a ******* Italia, la quale ha beneficiato del vantaggio competitivo derivante dall’aver completato la realizzazione di una rete di *******unicazione nazionale in condizioni di esclusiva e senza obblighi di orientamento al costo dei prezzi finali. Gli operatori nuovi entranti sostengono costi diversi da quelli dell’operatore storico a causa delle diverse architetture di rete, delle minori economie di scala e di scopo e nelle maggiori difficoltà nel reperimento dei capitali finanziari. L’AGCM, pertanto, con riferimento alla fissazione per il servizio di terminazione degli operatori alternativi notificati del prezzo massimo di 1,54 Euro cent/min e dalla clausola che consente agli operatori alternativi di richiedere un prezzo di terminazione superiore a quello massimo, qualora questo sia giustificato dai costi, ha segnalato la possibilità che agli operatori alternativi venga consentito effettivamente di giustificare i propri costi di terminazione sulla base delle scelte di sviluppo delle rispettive reti, considerando con la dovuta attenzione le differenze tra la rete dell’operatore storico e quelle degli operatori nuovi entranti. L’AGCM, infine, con riferimento alla fissazione di prezzo massimo comune per tutte le reti, ha evidenziato il rischio che tale previsione rappresenti un incentivo a pratiche anticompetitive nel caso in cui tutti gli operatori facciano convergere i loro prezzi verso tale tetto, indipendentemente dalle proprie strutture di costo; in tale ottica sarebbe maggiormente idoneo ad incentivare lo sviluppo di nuove infrastrutture, l’applicazione dei criteri di equità e ragionevolezza, accompagnati da una valutazione ex post dei costi di rete degli operatori nuovi”).
 
 Deve, allora, concludersi nel senso della possibilità, per ****, della applicazione – nell’ambito dell’offerta al cliente finale (retail) – di un prezzo diverso da quello di terminazione richiesto nella offerta all’ingrosso (wholesale). Sotto tale profilo, infatti, “la differenza di prezzi si giustifica invero sulla base della libera scelta imprenditoriale della divisione commerciale a valle di applicare, nella fornitura del servizio di telefonia on-net ai clienti finali, prezzi più bassi rispetto al prezzo (virtuale) di acquisto dell’input. Occorre, infatti, distinguere il piano della replicabilità dell’offerta retail di un operatore verticalmente integrato da parte di un operatore concorrente che abbia necessità di accedere all’input controllato dal primo (la terminazione), da quello della presunta discriminatorietà nell’offerta dell’input medesimo. L’eventuale applicazione, su alcune direttrici di traffico, nell’ambito di un’offerta retail di servizi di fonia, di prezzi più bassi rispetto al prezzo del servizio di terminazione wholesale offerto a terzi, non implica affatto discriminazione nella fornitura dell’input, come sembra invece postulare la ricorrente. Infatti, mentre sul piano wholesale **** deve applicare – come di fatto applica – agli operatori terzi le medesime tariffe di terminazione imputate alla propria ‘divisione’ commerciale, sul piano retail la ******à è invece, in linea di principio, libera di modulare i prezzi dell’offerta complessiva al cliente finale, secondo una propria (libera) scelta commerciale” (così alle pagg. 65-66 della memoria di **** per l’udienza del 9 maggio 2007).
 
 7.3. Né, del resto, l’applicazione del principio di non discriminazione può scaturire, per ****, dalla applicazione diretta dell’art. 10, comma 2, della Direttiva 2002/19/CE del 7 marzo 2002 secondo cui “Gli obblighi di non discriminazione garantiscono in particolare, che l’operatore (…) fornisca a terzi servizi e informazioni garantendo condizioni e un livello di qualità identici a quelli che assicura per i propri servizi o per i servizi delle proprie società consociate” e ciò per la semplice considerazione che la Direttiva non è self-executing ma demanda (art. 10 comma 1) l’imposizione dei doveri di non discriminazione alle autorità nazionali di regolamentazione.
 
 A sua volta, la norma interna di recepimento (l’art. 47 comma 1 del d.lgs. n. 259 del 2003) demanda l’imposizione di tali obblighi alla AGCOM.
 
 Individuato l’ambito di applicazione del divieto di discriminazione interno/esterno appare agevole la soluzione in merito alla correttezza della metodologia di calcolo dei costi e ricavi di terminazione su rete fissa.
 
 Sotto tale aspetto – e seguendo la prospettazione avanzata dalla relazione dei CTU (pagg. 51 ss.) – si possono ipotizzare tre scenari distinti:
 
 a) l’obbligo riguarda la non discriminazione interno/esterno dei servizi di terminazione con riferimento ad offerte che l’operatore applica nell’ambito della vendita al dettaglio dei servizi di fonia (vendita retail), ovvero imporrebbe all’operatore di non potersi imputare, nella definizione di tariffe di vendita al dettaglio di servizi di fonia, un costo di terminazione interno inferiore ai prezzi che esso stesso impone agli operatori concorrenti;
 
 b) l’obbligo riguarda la non discriminazione interno/esterno dei servizi di terminazione con riferimento ad offerte che l’operatore applica nell’ambito della vendita all’ingrosso dei servizi di fonia (vendita wholesale), ovvero imporrebbe all’operatore di non potersi imputare, nella definizione di tariffe di vendita all’ingrosso di servizi di fonia, un costo di terminazione interno inferiore ai prezzi che esso stesso impone agli operatori concorrenti;
 
 c) l’obbligo riguarda la non discriminazione verso l’esterno dei servizi di terminazione, ovvero imporrebbe all’operatore di non poter imporre differenti tariffe di terminazione inversa agli operatori concorrenti.
 
 L’esclusione – per le ragioni indicate – della ipotesi sub a) induce automaticamente alla conclusione in ordine alla correttezza della metodologia utilizzata dalla Commissione dal momento che “se (…) **** non era soggetto all’obbligo di parità di trattamento interno/esterno in questa forma – e, cioè, retail- allora, nella struttura tariffaria, la componente C******* può anche essere pari a zero – in altri termini, **** può anche imputarsi un costo di terminazione per chiamate on-net pari a zero, magari sussidiandolo con i ricavi da terminazione inversa che possono superare i costi di terminazione, vista la asimmetria regolatoria a vantaggio degli OLO” (si veda la relazione di CTU alla pag. 55).
 
 Sulla base delle considerazioni effettuate, il Collegio non può che condividere le conclusioni fornite dai CTU in merito alla attendibilità del giudizio della Commissione – si veda la relazione di CTU alla pag. 10: “In conclusione, sulla base della documentazione di gara e tenendo conto delle censure della parte ricorrente e delle difese delle parti resistenti, i CTU sono del parere che esistono elementi sufficienti per confermare che il giudizio della Commissione di gara è complessivamente attendibile con riguardo alla congruità complessiva delle voci di ricavo e delle voci di costo rappresentate nell’offerta esaminata a condizione che: (i) ai fini della valutazione delle offerte di gara CONSIP fosse tenuta ad applicare solo i (più deboli) criteri di remuneratività e non i (più stringenti) criteri della concorrenza; (ii) CONSIP non fosse obbligata a verificare la remuneratività dell’offerta con riferimento al solo traffico, prescindendo comunque dai margini ottenibili dalla fornitura di accesso; (iii) **** non fosse obbligata dal quadro regolatorio al divieto di discriminazione interno/esterno dei servizi di terminazione” – posto che:
 
ai fini della valutazione delle offerte di gara, la Consip era tenuta alla applicazione dei soli criteri di remuneratività;
che la stessa Consip era tenuta alla verifica della remuneratività anche con riferimento al servizio opzionale;
che **** non era tenuta, in relazione al servizio offerto, al rispetto del divieto di discriminazione interno/esterno dei servizi di terminazione.
 8. In conclusione, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto; dalla infondatezza del ricorso principale consegue la improcedibilità del ricorso incidentale.
 
 Le spese processuali, in considerazione della sussistenza di giusti motivi, possono essere compensate tra le parti.
 
 Le spese della CTU devono essere poste a carico della ricorrente e vengono liquidate per l’intero collegio di consulenti in complessivi Euro 42.559,474, oltre a IVA, così determinate: 9.851,73 Euro ex art. 11 D.M. 30 maggio 2002, aumentate del 20% ex art. 51 D.P.R. n. 115/2002 (11.822,076 Euro), raddoppiate ex art. 52 D.P.R. n. 115/2002 (23.644,152 Euro) ed aumentate dell’80% ex art. 53 D.P.R. n. 115/2002 (42.559,474).
 
 P.Q.M.
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III, respinge il ricorso principale e dichiara improcedibile il ricorso incidentale.
 
 Spese processuali compensate.
 
 Pone a carico della parte ricorrente le spese della disposta CTU che vengono liquidate come in motivazione.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa
 
 Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 9 maggio 2007.
 
 
 – *****************, Presidente;
 
 
 – *********************, Primo Referendario – estensore.
 
 
 

Lazzini Sonia

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