Mobbing, risarcimento del danno all’integrità psico-fisica del dipendente

Scarica PDF Stampa


Mobbing; nell’ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrità psico-fisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di natura asseritamente persecutoria, il giudice del merito è tenuto a valutare se i comportamenti denunciati possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e se siano causalmente ascrivibili a responsabilità del datore che possa esserne chiamato a risponderne nei limiti dei danni a lui specificamente imputabili”.

 Corte di Cassazione – Sez. L- Ordinanza n. 21865 del 11-07-2022

Indice

 1. La vicenda

Tizio agiva in giudizio nei confronti della società Gamma asserendo di essere stato demansionato e di essere stato vittima di condotte mobbizzanti da parte del suo datore di lavoro. Il lavoratore chiedeva al Tribunale il risarcimento dei danni, sia patrimoniali che non patrimoniali, che erano derivati dalle predette condotte datoriali.
Il giudice di prime cure respingeva la domanda di Tizio rilevando che i danni in questione erano già stati oggetto di cognizione in un precedente giudizio.
I giudici d’appello respingevano il gravame e confermavano la sentenza del Tribunale. La Corte territoriale rilevava che:

  • al fine di ottenere un ulteriore risarcimento per danno alla professionalità, Tizio avrebbe dovuto produrre documenti che provassero il protrarsi del demansionamento;
  • quanto Tizio aveva prodotto non bastava a configurare una condotta di mobbing, dal momento che si trattava di fatti del tutto sporadici e, soprattutto, privi di intento vessatorio;
  • il lavoratore, piuttosto che lamentare un aggravamento del danno alla propria salute, aveva lamentato un danno di tipo esistenziale per la cui prova si sarebbero dovute allegare specifiche circostanze, dalle quali si sarebbe desunto l’aggravamento rispetto a quanto era già stato liquidato nel precedente giudizio allo stesso titolo.


Potrebbero interessarti anche

 2. Le censure

A questo punto, la vicenda veniva posta al vaglio dei giudici di legittimità.
Davanti alla Suprema Corte il dipendente deduceva, in particolare, il vizio di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c. in ordine agli artt. 2103, 2087 e 2697 c.c. e censurava quella parte della pronuncia impugnata nella quale i giudici di secondo grado avevano escluso un aggravamento del danno per effetto di condotte mobbizzanti.
 

3. La pronuncia della Suprema Corte

I giudici di piazza Cavour davano torto a Tizio stabilendo che affinché si configuri un’ipotesi di mobbing, non basta l’accertata esistenza di una dequalificazione o di plurime condotte datoriali illegittime, in quanto occorre che il lavoratore produca e dimostri, con altri specifici elementi, che i comportamenti del datore derivino da un disegno persecutorio unificante, preordinato alla prevaricazione.
Secondo gli Ermellini, l’illecito in questione si configura qualora ricorra l’elemento obiettivo, integrato da una pluralità di comportamenti del datore, e quello soggettivo dell’intendimento persecutorio del datore stesso.
Altresì, i giudici di legittimità specificavano che “Nell’ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrità psico-fisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di natura asseritamente persecutoria, il giudice del merito è tenuto a valutare se i comportamenti denunciati possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e se siano causalmente ascrivibili a responsabilità del datore che possa esserne chiamato a risponderne nei limiti dei danni a lui specificamente imputabili”.
 

Volume consigliato

FORMATO CARTACEO

Mobbing. Tutele processuali e percorsi psiconeuroimmunologicii

Il presente testo, con materiale online tra cui formuario e giurisprudenza, è strumento operativo sia per i professionisti che per chiunque si trovi ad affrontare le problematiche connesse al fenomeno del mobbing. Si analizza l’argomento sotto due aspetti: uno giuridico e l’altro medico. Da un punto di vista giuridico si prende in considerazione il fenomeno in esame sia sotto il profilo sostanziale che processuale, indicando nel dettaglio i singoli comportamenti mobbizzanti, le responsabilità e le possibili tutele (giuridiche ed extragiuridiche) da attivare. La dignità della persona umana e il rispetto nei confronti dei lavoratori nei luoghi di lavoro costituiscono un punto qualificante della convivenza civile e, al contempo, una misura incentivante per una maggiore produzione lavora- tiva. Infatti, un ambiente di lavoro, dove siano bandite forme di violenza morale nei confronti dei lavoratori costituisce un punto essenziale anche per la migliore produttività aziendale. Invece, da un punto di vista medico, si analizza, in primis, il ruolo svolto dallo stress, sia acuto sia cronico, nell’innescare cambiamenti nella fisiologia dell’intestino e nella salute mentale e, in secondo luo- go, si presentano le principali metodiche utilizzate per rilevare una situazione di stress da lavoro correlato, attraverso l’impatto che quest’ultimo ha sulla salute psico-fisica del lavoratore.  Nicola Botta, laureato in Pedagogia, in Psicologia clinica, in Medicina e Chirurgia e specializzato in Psicoterapia Cognitiva e Psiconeuroimmunologia. Dal 1983 ad oggi lavora come Psicologo Clinico presso l’Asl di Salerno. È stato docente di Psicologia del Lavoro dal 2006 al 2011 presso l’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. Attualmente, è docente di Psiconeuroimmunologia presso l’Open Academy of Medecine, a Venezia. Dal 1999 è responsabile del Servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia presso l’UOSM DS 67, dell’Asl di Salerno. Dal 2000 si occupa di mobbing come coordinatore del gruppo di lavoro presso la stessa Asl. Autore di numerosi libri e scritti in materia del mobbing. Rocchina Staiano, Avvocato, Docente in Diritto della Previdenza ed assicurazioni sociali e in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro presso l’Università di Teramo; Docente/formatore in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, ai sensi del D.M. 5 marzo 2013; Docente in vari Corsi di formazione e di master; Membro dei collegi dei probiviri della Cisl Regione Campania; Componente esterno della Commissione Lavoro e della Commis- sione Rapporti Internazionali UE del CNF; Consigliera di Parità della Provincia di Benevento. Autrice di numerose pubblicazioni e di contributi in riviste, anche telematiche.  

Nicola Botta – Rocchina Staiano | Maggioli Editore 2018

Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento