Mobbing: la persecuzione psicologica sul posto di lavoro

Capriolo Sonia 10/07/08
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L’art. 32 della nostra Carta costituzionale del 1948 afferma che «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività».
nel definire l’equilibrio psico-fisico -e quindi la salute della persona- entrano in gioco altri fattori che attengono allo scambio tra individuo ed ambiente. Pertanto, concetti quali stress, ansia, benessere, capacità lavorativa, qualità della vita acquisiscono significato in rapporto al mondo relazionale del soggetto e non possono più definirsi semplicemente dati.
I casi sempre più frequenti di violenza fisica e psicologica sul lavoro stanno attirando l’attenzione,  anche a livello internazionale, sul fenomeno del “mobbing“. In Italia si è cominciato a parlare di “mobbing” con molto ritardo rispetto agli altri Paesi europei, sia dal punto di vista della salute, sia dal punto di vista giuridico e del rapporto di lavoro. Il “mobbing” è un fenomeno complesso e va fronteggiato con una strategia altrettanto complessa.
Il termine “mobbing” deriva dal verbo inglese “to mob”, che significa accerchiare, attaccare, aggredire in massa. Il termine è ormai entrato a far parte del vocabolario comune, in tutto il mondo, indicando un problema ampio e dagli effetti pericolosissimi, sia per il lavoratore che ne è colpito, sia per il benessere dell’intera società.
Il “mobbing” è un particolare fenomeno rilevato in ambito lavorativo che consiste in una forma di molestia non di tipo fisico bensì caratterizzata dalla ripetizione per un lungo periodo, da parte di una o più persone, di atteggiamenti ostili basati sulla comunicazione che hanno come conseguenza l’isolamento sociale della “vittima” designata.
Parliamo di mobbing orizzontale nel caso in cui questi  comportamenti aggressivi o subdoli, sono messi in atto sul posto di lavoro ai danni di un lavoratore da parte di una o più persone o dai suoi colleghi;  di mobbing verticale nel caso si tratti di comportamenti assunti da parte di superiori .
Questo atteggiamento naturalmente ha conseguenze di portata enorme sulla psicologia della persona direttamente soggetta agli abusi. Gli effetti provocati si sviluppano secondo una gamma varia e sempre più grave, man mano che le aggressioni proseguono nel tempo.
Le ricerche, condotte soprattutto all’estero, hanno dimostrato che il mobbing può portare fino all’invalidità psicologica all’autolesionismo e al suicidio e che quindi si può parlare anche di malattie professionali o di infortuni sul lavoro.
Il fenomeno,non interessa solo i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali, in quanto le conseguenze del mobbing possono colpire la stessa azienda, la quale subisce la diminuzione della capacità lavorativa della vittima e sicuramente un danno d’immagine.
Lo stesso “mobber“, l’aggressore, causa problemi alla ditta: compie spesso sabotaggi, costringe la vittima stessa a sbagliare, spesso con gravi danni all’azienda.
Possiamo quindi parlare di  fenomeno altamente distruttivo per la salute del lavoratore in quanto causa gravi conseguenze come il Disturbo da Stress Post Traumatico (D.S.P.T); non meno rilevante risulta essere il danno arrecato da questo fenomeno all’economia organizzativa a causa dei ritiri anticipati, dell’assenteismo e dei cali di produttività del personale coinvolto in processi di mobbing.
Nei casi di mobbing, le conseguenze per la vittima possono anche compromettere la ripresa della vita normale. Tale fenomeno prevede che uno o più mobbersintenzionalmente determinino in un individuo stati di ansia e di stress; il risultato è un annullamento della sua personalità e del suo ruolo all’intero dell’ambiente di lavoro.
Quali sono i sintomi dello stress? Possono essere raggruppati in sintomi a livello mentale (ansia e irritabilità, tristezza, pianto e sentimenti di disperazione, repentini cambiamenti di umore, scarse capacità di concentrazione e di memoria, tendenze a rimuginare), sintomi a livello fisico (stanchezza e spossatezza, cefalee e emicranie, tensione muscolare, tachicardia e irregolarità del battito cardiaco, fatica a respirare e sensazione di mancanza d’aria, nausea e dolori addominali, scarso appetito, dolori diffusi, ciclo mestruale disturbato nelle donne), sintomi di stress a livello del comportamento (riduzione dell’attività, mancanza di energia, iperattività e incapacità a fermarsi, abuso di sostanze, difficoltà a concentrarsi, disturbi del sonno) e sintomi di stress a livello dei rapporti interpersonali (blocco delle emozioni, discussioni e litigi, eccessiva dipendenza dagli altri).
Possiamo dunque parlare di danno psicologico
In quanto la dizione ‘danno psicologico’ si indica  un specifica realtà psichica che non è né effimera né puramente soggettiva e che «anche in assenza di alterazioni documentabili dell’organismo fisico, riduce in qualche misura le capacità, le potenzialità, la qualità della vita della persona» ; inoltre, tale tipo di danno «insorge dopo un evento traumatico o un logoramento sistematico di una certa entità e di natura dolosa o colposa, permane anche dopo un certo periodo di stabilizzazione (circa un anno), pur senza arrivare a configurarsi necessariamente in un vero e proprio quadro clinico patologico». Tale alterazione dell’equilibrio di personalità può trovare modo di manifestarsi temporalmente vicino all’evento scatenante o anche rimanere latente per un indefinibile arco di tempo. Per accertare l’esistenza di un ‘danno psicologico’ non è necessario identificare una patologia della personalità, ma è sufficiente anche un’alterazione di una sola o di più funzioni dell’Io che non investono necessariamente la totalità della persona. Tale alterazione non costituisce solo un momento di disagio o di sofferenza che accompagna l’evento traumatico o l’assestarsi delle sue conseguenze, ma si cristallizza in modo da discriminare tra uno stato inevitabile di disagio risolvibile e una vera e propria alterazione o patologia.
Il mobbing non dipende dalle caratteristiche della personalità della vittima o dell’aggressore bensì è strettamente relazionato alla degenerazione dei conflitti interpersonali che scoppiano in ambienti di lavoro mal organizzati e mal gestiti dal punto di vista delle risorse umane.
Nonostante sia il mobbing un fenomeno molto diffuso negli ambienti di lavoro esso si può prevenire tramite alcune misure come la legislazione specifica, l’informazione in azienda, la formazione del management e, soprattutto, con la creazione di ambienti di lavoro incentrati sulla cultura della partecipazione e del coinvolgimento costruttivo del lavoratore.
I costi sociali della violenza psicologica sui luoghi di lavoro dunque sono altissimi e danneggiano lo stesso stato sociale. Nessuno può più far finta di niente, a livello sociale, politico e aziendale e quindi l’informazione su questo tema è indispensabile per trovare delle soluzioni concrete…

Capriolo Sonia

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