Mediazione: l’Italia modello per tutta l’Ue

Redazione 17/01/14
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Anna Costagliola

Il Parlamento europeo ha rivolto un plauso al meccanismo della mediazione come strutturato nel nostro Paese, auspicando che  il modello italiano diventi la «best practice» in Europa. Il 20 gennaio prossimo verrà presentato ufficialmente a Bruxelles lo studio dell’Europarlamento sull’attuazione della direttiva in materia di mediazione delle liti civili e commerciali. Nello studio del Parlamento di Strasburgo, oltre 800 esperti in rappresentanza di ciascuno dei 28 Stati Membri dell’Ue, hanno valutato non solo l’estensione del mercato della mediazione nei rispettivi Paesi, ma anche la capacità del quadro normativo di favorire il ricorso all’ADR, secondo quanto richiesto dall’articolo 1 della Direttiva sulla mediazione del 2008. Dagli esiti di questo studio risulta che il modello italiano di mediazione obbligatoria mitigata dal meccanismo del cd. «opt-out», ossia la possibilità di abbandonare la procedura nel corso del primo incontro con il mediatore, è quello che riscuote di gran lunga il maggior numero di consensi in tutta l’Unione.

Alcune anticipazioni dello studio dell’Europarlamento sono state fatte durante il convegno «La Mediazione in Europa e in Italia», tenutosi nella giornata di ieri presso la Camera dei Deputati, in cui è stata riportata la lettera ufficiale di congratulazioni del Vice Presidente della Commissione Affari Economici e Monetari indirizzata direttamente al Ministro della giustizia per aver creato in Italia un modello di mediazione da cui l’intera Unione europea dovrebbe imparare.

Si legge nella lettera come la normativa adottata in Italia a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale delle previgenti disposizioni del D.Lgs. 28/2010 abbia introdotto una forma di mediazione obbligatoria più agevole, che chiede alle parti di iniziare una procedura di mediazione, ma dà loro la possibilità di ritirarsi senza spese, se ritengono che non vi siano le condizioni per risolvere la questione. Questo sistema che permette di recedere e  dà ai litiganti la possibilità di tentare una soluzione attraverso la mediazione si sta rivelando molto più efficace dei tradizionali approcci che richiedono un consenso preliminare.

Alla luce di tali considerazioni, lo studio dell’Europarlamento raccomanda pertanto una modifica delle normative nazionali sulla mediazione, o della stessa Direttiva europea. In alternativa, a legislazione comunitaria invariata, lo studio suggerisce di utilizzare la teoria dell’ «indice di relazione equilibrata» tra mediazione e processo, già invocata dal Parlamento Europeo a fine 2012. In base a questa teoria, violerebbero la Direttiva del 2008 tutti gli Stati Membri che omettessero di fissare una soglia minima di casi da avviare alla mediazione o che, avendo fissato tale soglia, non la raggiungessero. Nel rispetto del principio comunitario della sussidiarietà, ciascuno Stato membro potrà scegliere le politiche del diritto preferite per raggiungere la equilibrata relazione tra processi e mediazioni; in mancanza di risultati concreti e misurabili sul versante del numero delle mediazioni ogni anno, la Direttiva andrebbe comunque considerata come non rispettata da quello Stato, su cui graverebbe pertanto un obbligo immediato di potenziare tali politiche.

Per quanto la Direttiva abbia lasciato gli Stati membri liberi di scegliere se rendere la mediazione obbligatoria o meno, in Parlamento europeo non si è esitato a definire del tutto insoddisfacenti i risultati raggiunti in tutti quei Paesi europei che sino ad ora hanno optato per la volontarietà del tentativo di conciliazione. I risultati raggiunti, invece, in Italia dimostrano che la mediazione può  effettivamente contribuire a una soluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie.

 

 

 

 

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