Lo spostamento di mansioni di per se non comporta una riduzione del reddito (Cass. n. 12225/2012)

Ventanni Elisa 25/09/12
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Massima

Art. 2056 c.c. comma 2, “il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.” Pertanto non consegue automaticamente alla lesione, ma deve essere provato in concreto dal soggetto che ne reclama il risarcimento.

 

 

1. Premessa

Il caso di specie nasce dalla richiesta di risarcimento danni, conseguenti a lesione midollare causata da anestesia locale, praticata per un intervento di taglio cesario. Il trib. di primo grado rigettò la domanda quanto al danno da diminuzione della capacità lavorativa specifica e condannò i convenuti al pagamento di € 59 mila meno l’acconto ricevuto a titolo di danno biologico per invalidità permanente e temporanea, riconosciuto nella misura di 15 punti percentuali, e di danno morale, nella misura di un quarto del danno biologico, delle spese processuali e delle spese della consulenza tecnica.

La Corte di Torino rigettò l’appello principale proposto dalla B.; in accoglimento dell’appello incidentale della ASL, stabilì, la detrazione dell’acconto versato di £ 6.000.000  sul dovuto delle spese processuali; condannò la R. e la ASL al 70% delle spese processuali dei due gradi di giudizio e delle spese della consulenza tecnica, ponendo il residuo 30% delle spese tra le parti.

Avverso la suddetta sentenza B. ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi. R. e ASL, ritualmente intimate non hanno svolto difese.

 

2.  Il danno da diminuzione della capacità lavorativa necessita di prova da parte del danneggiato

Il danno conseguente alla diminuzione della capacità lavorativa, si verifica quando inseguito ad un lesione, il danneggiato non sia più in grado:

  • di percepire il medesimo reddito che percepiva precedentemente al fatto lesivo.
  • nel caso in cui non percepiva reddito, non possa più ambire al livello reddituale che avrebbe potuto tentare di raggiungere in assenze di lesione.
  • Inseguito alla condotta illecita subita non possa più raggiungere il risultato favorevole sperato (1).

 

Inoltre per ottenere un risarcimento da diminuzione della capacità lavorativa, il danneggiato deve fornire la prova idonea a dimostrare che la lesione conseguente all’evento dannoso ha prodotto una riduzione effettiva del suo reddito. (Cass. civ., sez. III, 10 luglio 2008, n. 18866; Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2007, n. 17397).

 

Nel caso di specie la richiesta da parte della ricorrente di passare da tempo pieno a tempo part-time, di per se non è prova sufficiente per ritenere che la richiesta sia stata effettuata in conseguenza delle negative condizioni di salute. Può ritenersi fondata anche l’ipotesi che la stessa abbia richiesto uno spostamento di mansioni sulla base di altre motivazioni. Infatti in assenza di prove contrarie, non può essere considerato illogico il ragionamento della Corte d’Appello,e quello successivo della Cassazione, nel ritenere che in presenza di una figlia in tenera età, la scelta del tempo parziale sia stata determinata da ragioni diverse della ridotta capacità di sollevare pesi. Inoltre l’orientamento ormai prevalente della Cassazione, esclude che conseguentemente ad una lesione della salute, corrisponda immediatamente un mutamento di reddito, in quanto anche il mutamento di mansioni di  per se non comporta un automatico mutamento di reddito, pertanto grava sempre sul soggetto leso l’onere di provare l’eventuale mutamento reddituale.

Secondo la Cass. 18866/ 2008 “Tra la lesione della salute e la diminuzione della capacità di guadagno non sussiste infatti alcun rigido automatismo e questa Corte ha in più occasioni precisato come, pur in presenza di una lesione della salute di non modesta entità, non può ritenersi ridotta in ugual misura la capacità di produrre reddito, gravando sempre sul soggetto leso l’onere di allegare e provare, anche mediante presunzioni, l’incidenza dell’invalidità permanente sulla capacità di guadagno”.


3. Rassegna giurisprudenziale

Secondo la Cass. civ., sez. III, 23 agosto 2011, n. 17514, “solo nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente rende altamente probabile, se non certa, la menomazione della capacità lavorativa specifica e il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all’accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi”.

La Cass. civ. sez. III, sentenza del 6 marzo 2012, n. 3447, ha confermato la risarcibilità del danno futuro derivante dalla diminuzione della capacità lavorativa, anche ad un soggetto disoccupato.

Infatti sulla base del d.l n. 857 del 1976, art. 4, convertito nella legge 39 del 1977 dopo aver indicato i criterio da adottarsi con riguardo ai casi di lavoro, rispettivamente, autonomo e subordinato, allorché stabilisce che in “tutti gli altri casi” il reddito da considerare ai suddetti fini non può essere inferiore a tre volte l’ammontare annuo della pensione sociale, ricomprende in tale ultima previsione non solo l’ipotesi in cui l’invalidità permanente ed il conseguente danno futuro siano stati riportati da soggetti che non siano lavoratori autonomi o dipendenti, ma anche quella, più generale, in cui il danno futuro incida su soggetti attualmente privi di reddito, ma potenzialmente idonei a produrlo.

 

Dott.ssa Elisa Ventanni 
Praticante avv. Perugia

 

 


(1) Sul punto, Cass., 20 ottobre 2005, n. 20324, “La corte ha chiarito che nell’ipotesi di attività lavorative domestiche, l’eventuale continuazione della attività casalinghe, non esclude la sussistenza del danno patrimoniale da riduzione di capacità di lavoro e di guadagno, in conseguenza di lesioni personali, se le residue energie della vittima, pur consentendole di conservare al momento lo svolgimento delle attività predette, comportano però una maggiore usura, e di conseguenza rendono verosimile un’anticipata cessazione dell’attività lavorativa, ovvero precludono alla vittima la possibilità di svolgere attività più remunerative.”

Sentenza collegata

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