L’istituto del 131 bis c.p. e il mito dell’azione penale tassativamente obbligatoria

Scarica PDF Stampa

 Art. 131 bis CP. Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’ esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’ Articolo 133, primo comma, l’ offesa è di particolare tenuità ed il comportamento risulta non abituale.

L’ offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’ autore ha agito per motivi abietti o futili o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento dell’ età della stessa, ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. L’ offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero nei casi di cui agli articoli 336, 337 e 341 bis CP, quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell’ esercizio delle proprie funzioni.

Il comportamento è abituale nel caso in cui l’ autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratta di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma, non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest’ ultimo caso, ai fini dell’ applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’ Articolo 69 CP

La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante.

Come prevedibile, la novella ex Art. 131 bis CP va necessariamente correlata all’ altrettanto riformato comma 1 bis Art. 411 Cpp, ovverosia: se l’ archiviazione è richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini ed alla persona offesa, precisando che, nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Il giudice, se l’ opposizione non è ammissibile, procede ai sensi del comma 2 Art. 409 Cpp e, dopo aver sentito le parti, se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza. In mancanza di opposizione, o quando questa è inammissibile, il giudice procede senza formalità e, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato. Nei casi in cui non accoglie la richiesta, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dei commi 4 e 5 Art. 409 Cpp. Naturalmente, il disposto combinato degli Artt. 131 bis CP e comma 1 bis Art. 409 Cpp, è precettivo nei casi in cui la notitia criminis venga iscritta nei Modelli 21 o 21 bis, mentre non ha senso parlare di non procedibilità per tenuità del fatto nella fattispecie di cui al Modello 45, che disciplina l’ archiviazione semplificata del fatto non costituente reato, dunque civilisticamente e non penalisticamente rilevante.

Si consideri pure che l’ Art. 131 bis comma 1 CP contiene i lemmi “ la punibilità è esclusa “ e non “ può essere esclusa “; pertanto, per conseguenza logica, come precisato da Cassazione 51526/2018, “ il pubblico ministero, verificata la ricorrenza delle condizioni volute dalla legge [ ex Art. 131 bis CP ], deve [ leggesi: deve, non può, ndr ] chiedere l’ archiviazione. Infatti, la lettera dell’ Art. 131 bis CP non lascia margini di dubbio, posto che essa afferma espressamente che la punibilità è esclusa. Diversamente, il legislatore avrebbe detto che la punibilità << può >> essere esclusa “. Evidentemente,  tale dovere filo-abolizionista sussistente in capo al Magistrato requirente attenua il rigorismo dell’ obbligatorietà categorica dell’ azione penale ex Art. 112 Cost. . In effetti, l’ obbligo tassativo dell’ esercizio dell’ azione penale, dopo una sessantina d’ anni di dubbi e di perplessità de jure condendo, necessitava del temperamento istituzionale che costituisce la ratio fondante dell’ Art. 131 bis CP. Basti pensare, a tal proposito, agli sforzi interpretativi e correttivi della Corte di Cassazione, che, nell’ ultima trentina d’ anni, ha, in una certa misura, anticipato l’ aggiustamento anti-retribuzionista contemplato dall’ Art. 131 bis CP. Oppure ancora, si ponga mente, prima della novella del 2015 qui in esame, all’ inopportunità asfissiante dell’ Art. 112 Cost. nell’ ambito del Diritto Penale Minorile. Egualmente, non si può obliare o nascondere l’ estrema e lungimirante utilità dell’ Art. 131 bis CP nel contesto delle infrazioni bagatellari al TU 309/90 sugli stupefacenti. D’ altronde, anche negli Ordinamenti di Francia e Svizzera, la facoltatività e la semi-facoltatività dell’ azione penale sono assai simili al concetto, ex Art. 131 bis CP, di “ esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto “. A parere di chi scrive, la non punibilità descritta dall’ Art. 131 bis CP, a partire dalla novella introdotta dal D.LVO n. 28/2015, ha finalmente consentito di arginare i carichi lavorativi e pure economici afferenti a fattispecie penali che recano profili anti-giuridici minimamente offensivi o quasi per nulla anti-sociali. Un’ applicazione troppo categorica e apodittica dell’ Art. 112 Cost. non era più tollerabile, come dimostrano, ad esempio, i risibili ed ormai datati Artt. 594 e 595 CP, attinenti all’ ingiuria ed alla diffamazione non aggravata. Ovverosia, esistono, nel Diritto Processuale Civile, forme migliori e più serie di risarcimento del danno scarsamente rilevante dal punto di vista penalistico. Del resto, un’ azione penale ossessivamente obbligatoria costringeva, prima dell’ Art. 131 bis CP, ad attivare, in maniera ridicola e pressoché infantile, il comma 3 Art. 27 Cost. anche di fronte ad ipotesi contravventive o blandamente delittuose, che certamente non cotituiscono un problema centrale per la Giuspenalistica, la quale è tenuta a risolvere questioni e problematiche autenticamente e pesantemente destabilizzanti o criminogene.

Si legga anche: ” La responsabilità degli enti e l’art. 131 bis c.p.”

            Come prevedibile, l’ Art. 131 bis CP è anzitutto e soprattutto impiegato nella Prassi quotidiana del Giudice di Pace ( GdP ), la cui cognizione giurisdizionale si riferisce a reati punibili con la pena pecuniaria, così come statuito dal D.LVO 274/2000 in materia di competenza penale del GdP. D’ altronde, la semplificazione processualistica introdotta dall’ Art. 131 bis CP si attaglia perfettamente alla figura filo-riduzionistica del GdP, il quale, quando agisce in qualità di GIP circondariale, non è tenuto a celebrare l’ udienza di discussione in caso di opposizione alla richiesta di archiviazione ( lett. e Art. 2 D.LVO 274/2000 ). Altrettanto semplificato è il regime dell’ archiviazione, in tanto in quanto il GdP, sempre nel contesto dell’ Art. 131 bis CP, assegna al denunziante, con decreto, dieci giorni per integrare l’ impianto probatorio solo nel caso in cui il querelante / parte lesa si sia espressamente e previamente avvalso dei diritti e delle facoltà ex Artt. 408 e 409 Cpp. Viceversa, ex Art. 17 D.LVO 274/2000, l’ archiviazione, da parte del GdP, non richiede un pesante e complesso sistema di notifiche, le quali, del resto, costituirebbero un inutile orpello se “ la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’ esiguità del danno e del pericolo, [ … ] l’ offesa è di particolare tenuità ed il comportamento risulta non abituale “ ( comma 1 cpv. 2 Art. 131 bis CP ). Dunque, anche il meccanismo di archiviazione ex Artt. 2 e 17 D.LVO 274/2000 conferma, perlomeno nella fattispecie del GdP, che, nel contesto dell’ Art. 131 bis CP, la ratio del risparmio delle risorse processuali e della celerità del Procedimento reca un ruolo preminente, tranne quando l’ offesa non è legalmente reputabile di particolare tenuità ( comma 2 Art. 131 bis CP ), oppure quando il comportamento è abituale ( comma 3 Art. 131 bis CP ). Anzi, la straordinaria semplificazione pratica introdotta dall’ Art. 131 bis CP è splendidamente ribadita nell’ Art. 34 D.LVO 274/2000, ai sensi del quale, dal punto di vista definitorio, “ il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all’ interesse tutelato, l’ esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonché la sua occasionalità ed il grado della colpevolezza non giustificano l’ esercizio dell’ azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l’ ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell’ imputato “. Come si può notare, anche sotto il profilo linguistico, tale comma 1 Art. 34 D.LVO 274/2000, unito a quanto disposto nel comma 1 Art. 131 bis CP, si addice perfettamente alla tutela garantistica ed anti-retribuzionistica dell’ infrattore minorenne, che, per quanto possa apparire paradossale, sarebbe gravemente leso da un’ azione penale tassativamente e perentoriamente obbligatoria ex Art. 112 Cost. . Il minorenne, come implicitamente specificato dal comma 1 Art. 131 bis CP, necessità di un’ elasticità abolizionistica, perlomeno “ quando, per le modalità della condotta e per l’ esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi del comma 1 Art. 133 CP, l’ offesa è di particolare tenuità ed il comportamento non risulta abituale “ ( cpv. 2 comma 1 Art. 131 bis CP ). Il Diritto Penale Minorile è, sotto il profilo pratico, uno dei principali campi precettivi dell’ Art. 131 bis CP. D’ altra parte, anche i commi  2 e 3 Art. 34 D.LVO 274/2000 recano un’ agilità applicativa superiore a quella dell’ ordinario Art. 409 Cpp, in tanto in quanto “ nel corso delle indagini preliminari, il GdP dichiara, con decreto d’ archiviazione, di non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, solo se non risulta un interesse [ grave ] della persona offesa alla prosecuzione del procedimento. Se è stata esercitata l’ azione penale, la particolare tenuità del fatto [ ex Art. 131 bis CP ] può essere dichiarata con sentenza solo se l’ imputato e la persona offesa non si oppongono “. Come si nota, il comma 2 Art. 34 D.LVO 274/2000 utilizza l’ espressione “ solo se risulta un [ serio ] interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento “. Trattasi di lemmi basilari nell’ ambito della porzione di Diritto Penale Minorile delegata dal D.LVO 274/2000 al GdP. L’ infrattore minorenne, in caso di lieve entità del danno o del pericolo ex comma 1 Art. 131 bis CP, non può e non deve essere sottoposto ad un’ azione penale oltranzista e soffocante che pare seguire criteri matematici anziché personologici. Per conseguenza, anche il comma 3 Art. 27 Cost., sempre nell’ ambito dell’ Art. 131 bis CP, non deve predominare in maniera ipertrofica ed assolutizzante, giacché l’ Art. 131 bis CP  sottintende misure riabilitative alternative e de-penalizzate.

Sempre nell’ ambito dell’ attività giurisdizionale del GdP, ex Art. 34 D.LVO 274/2000, l’ Art. 131 bis CP può ( rectius: deve ) essere applicato sia durante le indagini preliminari, sia durante la fase del dibattimento, purché, come previsto dal comma 1 Art. 131 bis CP, l’ evento dannoso o pericoloso sia lieve, non abituale e non sussumibile entro le fattispecie legislativamente non tenui di cui al comma 2 Art. 131 bis CP. Tuttavia, rimangono applicabili gli Artt. 129 e 469 Cpp, i quali escludono l’ applicabilità dell’ Art. 131 bis CP nei seguenti casi catalogicamente riassunti:

  1. non sussiste materialmente il fatto delittuoso o contravventivo
  2. l’ imputato non ha commesso il fatto
  3. il fatto con costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, quindi è iscrivibile nel Modello 45, anche se l’ azione penale è già stata pleonasticamente avviata
  4. il reato è estinto
  5. manca una condizione di procedibilità
  6. l’ azione penale non doveva essere iniziata o non deve più proseguire
  7. il dibattimento non è necessario per accertare il reato

Giova precisare che gli Artt. 129 e 469 Cpp impediscono preventivamente e necessariamente la precettività dell’ Art. 131 bis CP in tanto in quanto essi recano alla conclusione necessaria del Procedimento, sotto il profilo sia strutturale sia sostanziale. Pertanto, non avrebbe senso argomentare oltre circa la tenuità o la non tenuità del reato, la quale, comunque, può essere sempre dedotta dalla difesa, dell’ indagato o dell’ imputato, in qualsiasi fase del Procedimento avanti al GdP, il che è conforme alla ratio generale del favore penalistico verso il reo.

Volume consigliato

La Giurisprudenza della Corte Suprema attinente all’ applicabilità ed alla struttura dell’ Art. 131 bis CP.

Secondo Cass., sez. pen. V, 13 giugno 2013, n. 39473, il “ comportamento abituale “ ex comma 3 Art. 131 bis CP rileva anche se la pregressa Sentenza di condanna non è ancora passata in giudicato; anzi, in maniera similare, “ al fine della concedibilità o meno delle circostanze attenuanti generiche [ ex Art. 62 bis CP ], il giudice, alla luce dei criteri di determinazione della pena di cui all’ Art. 133 CP, può ben considerare i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi “. La ratio anti-garantistica di Cass., sez. pen. V, 13 giugno 2013, n. 39473 è espressa, con tredici anni d’ anticipo, anche in Cass., sez. pen. V, 5 luglio 1999, n. 3540 nonché in Cass., sez. pen. II, 5 maggio 2010, n. 18189 e pure in Cass., sez. pen. VI, 23 maggio 2012, n. 21838. A parere di chi commenta, è e rimane profondamente e gravemente anti-democratico ed anti-costituzionale reputare precettive, ex comma 3 Art. 131 bis CP, delle condanne precedenti non ancora definitive. La presunzione d’ innocenza sino alla definitività della Sentenza di condanna è garantita dal comma 2 Art. 27 Cost. e, francamente, ammettere eccezioni a tale regola-cardine inficia la sacralità incontestabile degli Artt. 111 e 13 Cost.. Nemmeno una circostanza emergenziale può giustificare la non-precettività del comma 2 Art. 27 Cost., anche se Cass., sez. pen. IV, 7 aprile 2016, n. 18795 ha cercato di correggere le precedenti affermazioni giustizialistiche sostenendo che, alla luce del comma 3 Art. 131 bis CP, i precedenti non ancora definitivi, “ sono espressione della personalità dell’ imputato “. Ciononosante, Cassazione 18795/2016 è e rimane non condivisibile, alla luce del primato indiscutibile della presunzione d’ innocenza, la quale segue regole precise e non contestabili, nell’ ottica della stretta tipicità del Diritto Penale, in cui l’ eventuale “ espressione della personalità dell’ imputato “ va valutata secondo regole giuridiche e non meramente psicologiche o psico-attitudinali. Cass., sez. pen. IV, 7 aprile 2016, n. 18795 apre la strada ad aberrazioni intollerabili, come i delitti di mero sospetto e la demolizione, più o meno palese, del favor rei. Il comma 2 Art. 27 Cost. è e rimane un’ intangibile conquista della civiltà giuridica occidentale. In effetti, Cassazione 18795/2016 è contestata anche da Cass., sez. pen. IV, 15 novembre 2018, n. 51526, giacché “ [ qui, nell’ Art. 131 bis CP ] è diverso, perché si deve non già modulare la pena [ alla luce dell’ Art. 62 bis CP ], ma verificare la sussistenza o meno di una causa di non punibilità [ ex Art. 131 bis CP ], il cui riconoscimento importa che l’ autore materiale del fatto vada esente da pena [ … ] questo tema attiene all’ esatta individuazione dei confini del comportamento abituale [ ex comma 3 Art. 131 bis CP ], quale presupposto ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto “. Il comma 3 Art. 131 bis CP è stato ampiamente e dettagliatamente commentato in Cass., SS.UU., 25 febbraio 2016, n. 13681, a parere della quale “ ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’ Art. 131 bis CP, il comportamento è abituale quando l’ autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre a quello preso in esame [ … ] il progetto originario [ del testo dell’ Art. 131 bis CP ] aveva deliberatamente omesso di definire l’ abitualità al fine di lasciare al giudice spazi di manovra, che, invece, il legislatore ha evidentemente ritenuto di dover eliminare [ … ] Sarebbe fuorviante riferirsi esclusivamente alle categorie tradizionali, come quelle della condanna e della recidiva. In breve, secondo un’ opinione comune e condivisa, la norma intende escludere dall’ ambito della particolare tenuità del fatto i comportamenti seriali [ … ] In primo luogo, [ nel comma 3 Art. 131 bis CP ] non si parla di condanne, ma di reati. Inoltre, il tenore letterale lascia intendere che l’ abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole ( dunque almeno due ) diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell’ applicabilità dell’ Art. 131 bis CP.  In breve, il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all’ applicazione dell’ istituto “.

Nei Lavori Preparatori, la Commissione Giustizia ha richiesto, all’ interno del testo de jure condito dell’ Art. 131 bis CP “ un comma dedicato alla definizione dell’ abitualità del comportamento abituale, ovvero il comportamento risulta abituale nel caso in cui il suo autore abbia commesso altri [ due ] reati della stessa indole. Dunque [ … ] emerge che l’ alterità, al plurale, dei reati diversi da quello oggetto del processo non lascia dubbio che la serialità ostativa si realizza quando l’ autore faccia seguire a due reati, della stessa indole, un’ ulteriore ed analoga [ terza ] condotta illecita “. Si deve pure notare che, sempre i Lavori Preparatori, non utilizzano, a livello di definizione autentica, il lemma “ recidiva “, bensì l’ espressione, più ermetica, “ serialità dei comportamenti “. Pertanto, i due reati ex comma 3 Art. 131 bis CP possono essere successivi al terzo illecito oggetto del procedimento in corso. Tuttavia, purtroppo, i medesimi Lavori Preparatori ribadiscono che i due precedenti  non debbono essere necessariamente già accertati con Sentenza passata in giudicato, ma la Corte Suprema ha saputo ognimmodo rispettare il comma 2 Art. 27 Cost., in conformità al Garantismo intangibilmente sancito negli Artt. 13 e 111 Cost. . Ovverosia, non ha prevalso, nella Prassi quotidiana, il neo-retribuzionismo politicizzato recato innanzi da talune correnti di pensiero presenti in Parlamento durante la stesura e l’ approvazione dell’ Art. 131 bis CP. I Lavori Preparatori sono utili anche ai fini della corretta esegesi dei lemmi “condotte plurime, abituali e reiterate “, le quali, nel concreto, si sostanziano in fattispecie materiali nelle quali si sia in presenza di ripetute e distinte condotte implicate nello sviluppo degli accertamenti [ della PG, ma anche durante il dibattimento ] [ … ] il comportamento è abituale quando l’ autore ha commesso, anche successivamente, più reati della stessa indole, oltre a quello [ il terzo ] oggetto del procedimento “

Volume consigliato

Dott. Andrea Baiguera Altieri

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento