L’indennità di servizio esterno e i suoi presupposti

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L’indennità giornaliera di servizio esterno, introdotta dall’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1990, n. 147 (si veda la puntuale ricostruzione della genesi e delle evoluzioni dell’istituto operata da Cons. Stato, sez. IV, 5 luglio 2007, n. 3826) è riconducibile alla necessità di favorire il personale che si trova ad operare in situazioni di particolare disagio, consistenti nell’esposizione ad agenti atmosferici o nella particolare diversità del luogo di lavoro, mentre non può essere corrisposta sulla base del semplice svolgimento del servizio al di fuori del proprio ufficio (giurisprudenza costante: Cons. Stato, sez. VI, 23 settembre 2002, n. 4826; sez. IV, 5 luglio 2007, n. 3826; sez. IV, 18 ottobre 2010, n. 7553; sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9358; sez. IV, 15 marzo 2012, n. 1446).

Ne discende il diritto alla sua percezione allorquando, si svolga in ambiente esterno rispetto ai locali dell’ufficio di appartenenza in condizioni di particolare disagio, consistenti anche nell’esposizione ad agenti atmosferici e a rischi connessi alla prestazione del servizio all’esterno di edifici e di uffici; si espletata con carattere di continuità e in maniera stabile e continuativa; sia organizzata in turni di almeno tre ore ovvero coincidenti con l’orario di servizio giornaliero; sia prestata in base a formali ordini di servizio.

Il provvedimento in calce:

Pubblicato il 01/10/2018
N. 05632/2018REG.PROV.COLL.
N. 09809/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9809 del 2008, proposto da ***,
rappresentato e difeso dall’avvocato *****************, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Paolo Emilio 34;
contro
Ministero della difesa, Comando generale dell’Arma dei carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sezione I bis, 21 marzo 2008, n. 2373.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando generale dell’Arma dei carabinieri;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2018 il consigliere ******************;
Uditi per le parti l’avvocato ***************, su delega dichiarata dell’avvocato *****************, e l’avvocato dello Stato ****************;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. Il signor ******* *** e altri suoi commilitoni, tutti appartenenti all’Arma dei carabinieri in servizio presso il laboratorio telematico regionale del Veneto in qualità di tecnici delle telecomunicazioni, hanno chiesto al Comando regionale l’attribuzione dell’indennità per i servizi esterni prevista dall’art. 42, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, come integrato dall’art. 50, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 254, con decorrenza dal 1° novembre 1995.
2. Essendo state archiviate le istanze presentate, hanno agito in giudizio per l’accertamento del proprio diritto a ricevere tale indennità.
3. Con sentenza 14 marzo 2008, n. 2373, il T.A.R per il Lazio, sez. I bis, ha respinto il ricorso, compensando fra le parti le spese di giudizio.
3.1. Ricostruita la normativa di settore, il Tribunale territoriale ha reputato che la ragione giustificatrice dello speciale compenso economico risieda nella soggezione a condizioni di lavoro più gravose rispetto alla normale attività di istituto e che tale ratio manchi nel caso di specie, poiché i ricorrenti non presterebbero attività presso un ente di terzi, ma comunque presso il proprio ufficio di appartenenza, seppure ubicato presso una diversa struttura, specificatamente deputata all’assolvimento di peculiari attività tecniche, che costituirebbe una mera articolazione dello stesso reparto di appartenenza. I ricorrenti non avrebbero posto in evidenza elementi di fatto particolare di disagio cui ancorare l’indennità richiesta, mentre la distanza del laboratorio telematico dalla sede del reparto di appartenenza potrebbe al più rilevare ai fini del riconoscimento dell’indennità di trasferta.
4. Il solo signor *** ha interposto appello avverso la sentenza n. 2371/2008.
4.1. Egli ha insistito sulla fondatezza della propria pretesa, in quanto avrebbe ampiamente dimostrato che la sua attività lavorativa:
– si svolgerebbe in ambiente esterno rispetto ai locali dell’ufficio di appartenenza in condizioni di particolare disagio, consistenti anche nell’esposizione ad agenti atmosferici e a rischi connessi alla prestazione del servizio all’esterno di edifici e di uffici;
– sarebbe espletata con carattere di continuità e in maniera stabile e continuativa;
– sarebbe organizzata in turni di almeno tre ore ovvero coincidenti con l’orario di servizio giornaliero;
– sarebbe prestata in base a formali ordini di servizio.
4.2. Il T.A.R. avrebbe basato il proprio convincimento sull’erroneo presupposto che gli originari ricorrenti svolgessero attività lavorativa presso il laboratorio telematico regionale, mentre essi, organizzati in squadre, con frequenza giornaliera sarebbero impiegati in luoghi o strutture esterne all’ufficio di appartenenza per svolgere servizi di rimessa in efficienza o manutenzione (in concreto: in alta montagna, per i ponti radio; presso i vari comandi di stazione, per gli impianti di telecitofono o gli impianti di trasmissioni situati al di fuori della caserma, sul tetto degli stabili, sulle autovetture, comunque all’esterno dell’edificio; presso i vari comandi di compagnia, per le autoradio; per la smilitarizzazione del parco auto, in piazzali a cielo aperto; presso stabili ancora in fase di costruzione e fino alla loro effettiva realizzazione, per sopralluoghi e creazione di impianti).
5. Il Ministero della difesa e il Comando generale dell’Arma dei carabinieri hanno resistito con controricorso.
5.1. Le Amministrazioni hanno riproposto l’eccezione di intervenuta prescrizione dei ratei maturati ed esigibili fino al quinquennio anteriore alla notifica della domanda giudiziale, non esaminata dal T.A.R. Nel merito, hanno sostenuto l’infondatezza del ricorso, in quanto l’appellante: starebbe modificando i contorni della controversia, poiché la domanda proposta in primo grado avrebbe avuto il solo presupposto della prestazione dell’attività lavorativa presso il laboratorio telematico regionale; non avrebbe provato gli effettivi spostamenti compiuti né quantificato, sulla relativa base, la misura dell’indennità pretesa; richiederebbe l’indennità per trasferte eventuali e saltuarie, al di fuori dell’ambito di applicazione dell’istituto.
6. Con ordinanza 16 gennaio 2018, n. 206, il Collegio ha disposto istruttoria per acquisire dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri una dettagliata relazione.
7. Il Comando generale ha depositato una relazione sui fatti oggetto del contenzioso, con allegata varia normativa interna, sulla scorta della quale l’indennità richiesta è stata negata (in particolare, la circolare del Comando generale – Ufficio legislazione del 31 maggio 2000, successivamente abrogata e sostituita dalla circolare del 27 gennaio 2003 e poi da quella del 2 gennaio 2018), e un prospetto di riepilogo dei servizi esterni, redatto sulla scorta dei relativi memoriali di servizio.
8. Con successiva memoria, l’appellante ha hanno ribadito che l’esito dell’istruttoria dimostrerebbe la fondatezza della sua pretesa.
9. All’udienza pubblica del 7 giugno 2018, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
10. In via preliminare, il Collegio osserva che il T.A.R. ha equivocato nell’interpretare il ricorso introduttivo del giudizio, con il quale i militari non fondavano la propria domanda sull’avere prestato servizio presso il laboratorio telematico regionale ma sugli spostamenti compiuti all’esterno di questo, in comandi, enti o istituzioni ubicati in luoghi diversi, e sui disagi connessi. La difesa delle Amministrazioni resistenti è dunque infondata nella parte in cui contesta agli appellanti di avere indebitamente allargato i termini della lite.
11. La documentazione acquisita dimostra che:
– l’appellante ha svolto attività di servizio esterno, vale a dire all’aperto o, se in ambienti chiusi, spostandosi in modo significativo dalla sede di appartenenza e utilizzando a tal fine automezzi militari;
– i servizi in esame sono stati comandati con atti formali dal capo del laboratorio telematico (redazione del “memoriale del servizio giornaliero” in relazione alle richieste di intervento di volta in volta pervenute);
– l’incombenza ha avuto carattere non episodico o saltuario, ma di evidente continuità, anche se non necessariamente di frequenza giornaliera proprio in ragione delle funzioni istituzionali dei laboratori telematici, destinati a operare a favore di tutti i reparti dell’Arma;
– per intrinseche esigenze organizzative, l’erogazione di tali prestazioni, per il suo carattere di servizio on call, non poteva non implicare una disponibilità del personale addetto continua o quanto meno organizzata in turni;
12. Sussistono dunque i presupposti applicativi previsti dalla normativa di settore, richiamata in narrativa (svolgimento di servizi esterni, organizzati in turni sulla base di ordini formali di servizio, di durata corrispondente all’orario di servizio o, a partire dal 2002, di durata non inferiore a tre ore) e la ragion d’essere della speciale indennità giornaliera di servizio esterno, introdotta per la prima volta dall’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1990, n. 147 (si veda la puntuale ricostruzione della genesi e delle evoluzioni dell’istituto operata da Cons. Stato, sez. IV, 5 luglio 2007, n. 3826). Questa è riconducibile alla necessità di favorire il personale che si trova ad operare in situazioni di particolare disagio, consistenti nell’esposizione ad agenti atmosferici o nella particolare diversità del luogo di lavoro, mentre non può essere corrisposta sulla base del semplice svolgimento del servizio al di fuori del proprio ufficio (giurisprudenza costante: Cons. Stato, sez. VI, 23 settembre 2002, n. 4826; sez. IV, 5 luglio 2007, n. 3826; sez. IV, 18 ottobre 2010, n. 7553; sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9358; sez. IV, 15 marzo 2012, n. 1446).
13. Riscontrando dunque le condizioni previste dalla normativa di legge sopra richiamata, il Collegio ritiene che, in linea generale, la rivendicata indennità di servizio esterno sia dovuta nei termini e secondo le scansioni che seguono:
– dal 1° novembre 1995 (art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 395/1995) in quanto la durata del servizio esterno coincida con l’orario di servizio giornaliero;
– a decorrere dall’entrata in vigore del d.P.R. n. 164/2002, (che ha natura innovativa e non interpretativa: Cons. Stato, sez. IV, n. 3826/2007) per l’attività esterna di durata giornaliera non inferiore alle tre ore (art. 48 del d.P.R. citato);
– riconosciuta la spettanza del diritto in via di massima, è infondata l’eccezione di prescrizione quinquennale exart. 2948 c.c., opposta dalle Amministrazioni resistenti in primo grado e rinnovata in questa sede di appello. Fermo restando a tale riguardo rileva non la sola data della notifica della domanda giudiziale, come pretendono le Amministrazioni, ma anche la sussistenza di atti interruttivi del decorso del termine prescrizionale, è da rilevare che:
a) come anche segnalato in udienza alle parti, non sono nel fascicolo processuale domande di corresponsione dell’indennità, benché richiamate nel ricorso introduttivo, né altri atti interruttivi anteriori alla notifica della domanda giudiziale;
b) tuttavia, è nel fascicolo il diniego dell’Amministrazione datato 4 novembre 2000, formulato in relazione a una istanza che appare del tutto ragionevole presumere essere stata presentata dall’appellante antecedentemente al 1° novembre dello stesso anno e dunque prima del decorso del termine in questione;
– la quantificazione degli importi dovuti avverrà nella misura di legge;
– a norma dell’art. 429, terzo comma, c.p.c., pacificamente ritenuto applicabile anche al rapporto di lavoro pubblico non contrattualizzato, sulla sorte capitale come sopra determinata e fino all’effettivo soddisfo spetterà inoltre – ai sensi dell’art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 – la maggior somma fra interessi legali e rivalutazione, trattandosi di credito di natura retributiva.
14. Dalle considerazioni che precedono discende che – come anticipato – l’appello è fondato e va pertanto accolto nei termini appena detti, con conseguente accoglimento nei medesimi termini, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
15. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la regola della soccombenza, secondo la legge, e sono liquidate in dispositivo.
16. Le Amministrazioni soccombenti corrisponderanno all’appellante il contributo unificato anticipato per ciascun grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini esposti in motivazione e, per l’effetto, accoglie nei medesimi termini il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Condanna le Amministrazioni soccombenti, in favore dell’appellante:
al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida nell’importo di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge (15% a titolo di rimborso delle spese generali, I.V.A. e C.P.A.);
alla rifusione del contributo unificato anticipato per entrambi i gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
*************, P*****************************, ***********, E***********************, C****************************, C*****************************, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
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Avv. Biamonte Alessandro

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