Limiti alla pubblicazione dei dati online da parte del comune: non può pubblicare i motivi di assenza dal lavoro e le cause intentategli dai dipendenti

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La salute e le pendenze giudiziarie sono dati sensibili: l’ente doveva omettere il nome del dipendente assente per lo stress da mobbing, per cui aveva fatto causa al comune. Eccede i suoi doveri di pubblica informazione violando la privacy del lavoratore. La sentenza della Cassazione n. 18980, depositata lo scorso 8 agosto, chiarisce alcune restrizioni ai diritti di trasparenza ed informazione pubblica: non possono ledere la riservatezza del dipendente, rivelandone dati sensibili. In breve il diritto al trattamento dei dati da parte della PA non è illimitato perché subordinato al rispetto di tali dati ed alla privacy dell’impiegato.

Il caso. Un dipendente, da quanto si desume dal testo, contestando questo illecito trattamento da parte del comune, convalidato da una sentenza del Tribunale di Bologna, poneva <<il seguente quesito di diritto: “se la pubblicazione, da parte di un’amministrazione comunale, all’Albo Pretorio nonché sul sito internet ufficiale, dei dati personali di un proprio dipendente relativi allo “stato di malattia” dello stesso nonché alla pendenza tra le parti di procedure giudiziarie aventi per oggetto il “mobbing” e, ancora, l’omessa pubblicazione dei dati personali dello stesso all’interno dell’organigramma comunale siano comportamenti posti in violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali, d.lgs. n. 196/2003, ed in particolare degli articoli 3, 4, 11, 15, 22″>>.La S.C. ha accolto la sua richiesta non solo cassando con rinvio la pronuncia impugnata, ma ordinando che << in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge>>. Una copia della sentenza è stata inviata al Garante della Privacy.

Trattamento dei dati sensibili e giudiziari da parte della PA. L’art. 22 Dlgs 196/03 fissa i criteri di questa attività da parte della amministrazione. Recentemente la Cass. civ. sez. I 12726/12 ha sancito che: << gli enti locali, in quanto soggetti pubblici, possono trattare dati di carattere personale anche sensibile e giudiziario solo per svolgere le rispettive funzioni istituzionali (L. n. 675 del 1996, art. 27).La pubblicazione e la divulgazione di atti e documenti determinano una “diffusione” di dati personali, comportando la conoscenza di dati da parte di un numero indeterminato di cittadini e l’interferenza nella sfera personale degli interessati che ne consegue è legittima, solo se la diffusione è prevista da una norma di legge o di regolamento (L. n. 675 del 1996, art. 1, comma 2, lett. h), e art. 27, comma 1) In ogni caso la diffusione deve essere rispettosa dei criteri dettati dalla L. n. 675 del 1996, art. 9, in forza del quale i dati personali devono essere “a) trattati in modo lecito e secondo correttezza” e, in ogni caso, “d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati”.>> Se ciò non avviene commette un illecito, perché eccede <<le finalità pubbliche da soddisfare>> (Cass. civ. sez. I 2034/12).

Stop alle indicazioni dell’assenza per malattia e/o per mobbing. Dalla normativa sulla privacy, dalle Linee guida in materia di trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del rapporto di lavoro in ambito pubblico del 2007 e dall’art. 8 Direttiva 95/46/CE si desume che l’indicazione dell’assenza da lavoro per malattia e/o per convalescenza rientra nella definizione di salute e quindi tra i dati sensibili che non devono essere diffusi. Lo stesso discorso vale per il mobbing che, pur se non codificato e punito come reato, è convenzionalmente indicato come una condotta lesiva del datore (molestie, persecuzioni, denigrazioni etc.) che comporta uno squilibrio psicofisico del lavoratore (Cass. civ.3785/09). È logico che ,essendo vietata la diffusione di questa informazione, di conseguenza ed a maggior ragione lo sia anche quella della relativa causa intentata dal dipendente contro la PA/datrice. Verrà, perciò, applicato l’art. 22 Dlgs 196/03, ma non potrà essere omesso il nome della ricorrente dall’organigramma comunale, perché ciò comporterebbe una <<violazione del principio di completezza dei dati personali trattati dall’amministrazione>>.

Nuove regole in materia. << Non rileva, infine, nel presente procedimento (ratione temporis) la norma di cui all’art. 4, comma 5, D.Lgs. 14/03/2013, n. 33 (Limiti alla trasparenza), secondo la quale “le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica e la relativa valutazione sono rese accessibili dall’amministrazione di appartenenza. Non sono invece ostensibili, se non nei casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il predetto dipendente e l’amministrazione, idonee a rivelare taluna delle informazioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 196 del 2003″>>. Infatti questa norma vige dal 20 aprile 2013, perciò è inopponibile alla fattispecie.

Dott.ssa Milizia Giulia

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