La Consulta, con la sentenza n. 118 del 2025, fa chiarezza nell’ambito della tutela risarcitoria per licenziamenti illegittimi da parte di datori di lavoro “sottosoglia”. Per approfondimenti sul nuovo diritto del lavoro, abbiamo organizzato il corso di formazione Corso avanzato di diritto del lavoro -Il lavoro che cambia: gestire conflitti, contratti e trasformazioni.
Indice
1. Questione sul d.lgs. n. 23/2015
Il 21 luglio 2025 è stata depositata la sentenza n. 118 della Corte Costituzionale, pronunciata nel giudizio incidentale promosso dal Tribunale ordinario di Livorno, che aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale sull’art. 9, comma 1, del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, afferente ai criteri di determinazione delle indennità risarcitorie nei licenziamenti illegittimi adottati da datori di lavoro “sottosoglia”, cioè con un numero di dipendenti inferiore ai limiti previsti dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (meno di 15 dipendenti presso un’unità produttiva).
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2. Incostituzionale il limite massimo di sei mensilità
La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il limite massimo di sei mensilità previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 23/2015 per l’indennità risarcitoria nei licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, ovvero quelle con meno di 15 dipendenti per unità produttiva o meno di 60 complessivi. La decisione coinvolge il tetto fisso e insuperabile che impediva al giudice di applicare criteri di personalizzazione, adeguatezza e congruità nel risarcimento, pregiudicando così la funzione deterrente dell’indennità nei confronti del datore di lavoro. La Corte ha mantenuto inalterate le ulteriori disposizioni del decreto riguardanti il dimezzamento delle indennità per le imprese sotto soglia, tuttavia ha censurato la soglia fissa di sei mensilità, ritenendola inadeguata e collidente coi principi costituzionali di tutela del prestatore di lavoro.
3. Contesto normativo
Il decreto legislativo n. 23/2015 ha diversificato il trattamento delle tutele in ipotesi di licenziamenti illegittimi a seconda della dimensione dell’impresa. Per le piccole imprese è prevista esclusivamente una tutela di tipo risarcitorio, con l’ulteriore limite del dimezzamento dell’indennizzo e un tetto massimo di sei mensilità dell’ultima retribuzione per ogni anno di servizio. Tale normativa è stata messa sotto la lente della Consulta per violazione dell’art. 3 Cost. (principio di uguaglianza e ragionevolezza), in quanto la disciplina fissa un trattamento applicativo standardizzato e uniforme, incapace di modulare le differenze di gravità dei vizi del licenziamento. Ulteriormente, il criterio meramente quantitativo del numero dei dipendenti non sarebbe più idoneo a riflettere la reale forza economica dell’impresa, specialmente alla luce degli investimenti e del fatturato, come evidenziato anche dalla dottrina e da precedenti orientamenti giurisprudenziali.
4. Incostituzionalità del tetto al risarcimento per i licenziamenti illegittimi
La Consulta ha confermato che la previsione del limite massimo di sei mensilità, unitamente al dimezzamento, determina un meccanismo rigido che non consente al giudice di calibrare l’indennizzo secondo la specificità e la gravità delle singole fattispecie, ledendo in tal modo i principi costituzionali di ragionevolezza, uguaglianza (artt. 3 e 117 Cost., sulla base anche dell’art. 24 della Carta sociale europea) e la tutela del lavoro (artt. 4 e 35 Cost.). Al contempo, la Corte ha escluso la declaratoria di incostituzionalità in relazione al solo dimidiamento dell’indennità che, essendo previsto con un limite minimo e massimo abbastanza ampio e modulabile, consente al giudice di applicare una personalizzazione della tutela.
5. Implicazioni pratiche
Con la pronuncia in disamina la Corte Costituzionale impone al legislatore un ripensamento sull’attuale sistema risarcitorio per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese. In particolare, va soppresso il tetto massimo di sei mensilità, che impedisce una congrua personalizzazione e una tutela rispondente ai principi costituzionali. La pronuncia rilancia la necessità di superare criteri unicamente numerici, dirigendo verso misure che tengano conto della fattiva capacità economica dell’impresa e delle circostanze specifiche del licenziamento, riprendendo la funzione deterrente della sanzione e assicurando dignità e libertà del lavoratore. Si conferma in tal modo l’orientamento tracciato già nella sentenza n. 183/2022, richiamando il legislatore a non procrastinare oltre l’intervento normativo, pena un possibile intervento diretto della Corte medesima.
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