L’ex-convivente ha diritto a percepire un assegno alimentare mensile a seguito di una convivenza more uxorio senza contratto di convivenza di durata significativa e di un dimostrato suo stato di bisogno

Daniela Sodo 05/03/21
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( Riferimento normativo: art. 1 comma 65 Legge n. 76 del 20 maggio 2016 )

La vicenda

A seguito di ricorso intentato nei suoi confronti dinanzi al Tribunale di Lecce, la resistente spiegava in via riconvenzionale domanda di declaratoria anzitutto della sua convivenza more uxorio con il ricorrente e, sulla base della sua situazione personale, economica e di salute, la condanna di questo al pagamento in suo favore di una somma a titolo di assegno alimentare per il periodo di tempo ritenuto equo in relazione alla durata della loro relazione affettiva e di coabitazione.

In particolare la ricorrente assumeva, dandone piena dimostrazione in sede processuale, in primo luogo la durata significativa di tale rapporto di semplice convivenza di fatto, non caratterizzata da alcun contratto, nonché, a conclusione della relazione affettiva, la sua situazione di soggetto economicamente più debole della coppia, aggravata dai suoi problemi di salute e dalla impossibilità oggettiva di trovare una stabile occupazione lavorativa ed una conseguente autonomia reddituale.

Ella, pertanto, richiamava esplicitamente in applicazione l’art. 1 comma 65 della Legge n. 76 del 20 maggio 2016, denominata “ Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze “ e più nota come “ Legge Cirinnà “, a fondamento della sua domanda riconvenzionale di condanna.

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Le valutazioni giuridiche formulate dal Tribunale di Lecce

Il Tribunale di Lecce, sul presupposto dell’avvenuta dimostrazione probatoria della sussistenza di “ una convivenza di durata significativa, protrattasi dal luglio 2012 sino al settembre 2018 “ ha riconosciuto alla ricorrente il diritto a percepire dall’ex-convivente un assegno alimentare mensile “ per la durata di diciotto mesi – in rapporto alla durata di sei anni della convivenza -….”.

Le riflessioni conclusive

Si tratta di una interessante, e per quanto ci è dato sapere innovativa, sentenza con la quale si è inteso dare piena e corretta applicazione al disposto normativo di cui all’art. 1 comma 65 della Legge n. 76/2016, meglio conosciuta come “ Legge Cirinnà “ dal nome della sua prima firmataria, che appunto prevede il diritto, per la parte economicamente più debole di un rapporto di convivenza more uxorio, di riceversi un assegno alimentare secondo la misura determinata nell’ambito processuale anche in relazione alla durata della convivenza.

Come è noto, questa normativa ( 1 ) ha introdotto, tra l’altro, l’istituto giuridico della convivenza di fatto tra persone maggiorenni dando, in tal modo, al concetto ed al modello originario di famiglia un significato ben più ampio ed articolato e soprattutto molto più confacente alla società attuale ed ai nostri costumi.

Detto istituto, infatti, viene regolamentato dalla citata normativa come l’unione stabile e continuativa di fatto di due persone maggiorenni, senza distinzione alcuna di sesso, caratterizzata da un legame affettivo di coppia e da una reciproca assistenza morale e materiale, nonché dall’assenza di qualunque vincolo di parentela, affinità, adozione, matrimonio o anche solo unione civile nel senso formale espressamente previsto dalla stessa Legge n. 76/2016.

Diversa da questa fattispecie è quella della “ unione civile “, ugualmente introdotta e regolamentata dalla Legge Cirinnà, ma giuridicamente molto più pregnante in quanto istituto giuridico caratterizzato da un atto formale di unione tra persone dello stesso sesso dinanzi ad un Ufficiale dello Stato Civile.

Se, pertanto, in questo ultimo caso poteva ritenersi prevedibile un possibile intervento giudiziale di riconoscimento dell’obbligo di mantenimento ( 2 ), non così è a dirsi per la fattispecie della semplice convivenza more uxorio, per intenderci in assenza di apposito “ contratto di convivenza “ ( 3 ), per cui la pronuncia oggi analizzata costituisce certamente un novus interpretativo ed un primato normativo e di libertà nell’intero panorama del diritto.

La sussistenza, infatti, di un mero rapporto di fatto, sebbene giuridicamente rilevante quanto a diritti ed obblighi delle parti, non comporta necessariamente, tra le sue conseguenze, anche quella di imporre alla parte economicamente più forte l’obbligo di un contributo alimentare qualora il richiedente versi in uno stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.

Non a caso, del resto, il Giudicante, in un significativo ed esaustivo passaggio della sentenza che si commenta ha inteso racchiudere lo spirito di questa nuova disciplina testualmente evidenziando come “ …A tale proposito si deve rilevare come l’impianto normativo introdotto dalla c.d. Legge Cirinnà preveda che in caso di cessazione della convivenza di fatto possa essere disposto un assegno di tipo alimentare, qualora sia accertato lo stato di bisogno del richiedente e questi non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’art. 438, co 2 c.c., in proporzione cioè del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli….”.

Se, quindi, in questo caso ciò è stato ottenuto, è solo per il fondamentale baluardo legislativo che si è voluto porre a tutela del valore giuridico e sostanziale della convivenza more uxorio quale modalità di vita comune ormai quanto mai diffusa, al punto da aver sottolineato la necessarietà di alcuni obblighi per certi versi molto simili a quelli propri del matrimonio pur sempre nel doveroso rispetto del fondamentale principio di diritto del contemperamento degli interessi contrapposti.

Con la sentenza oggi analizzata, infatti, i Giudici di merito hanno innanzitutto attestato nel caso di specie la sussistenza di una effettiva convivenza more uxorio, sulla base evidentemente di dati di fatto e probatori che hanno consentito agli stessi di giungere alla conclusione che si fosse trattato, appunto, di un rapporto affettivo e di condivisione di vita duraturo nel tempo e continuativo, nonché di vedere analogamente dimostrati gli ulteriori presupposti di fatto e di diritto che la legge prescrive e cioè, come detto, lo stato di bisogno della persona istante e la sua oggettiva impossibilità a provvedere autonomamente al proprio mantenimento, il tutto sempre nella contemporanea obbligata valutazione della situazione reddituale della controparte.

Si tratta, del resto, di elementi che, come è noto, concorrono a sostanziare anche le innumerevoli pronunce di condanna al pagamento di contributo alimentare in caso di separazione tra coniugi o di divorzio ad ulteriore riprova della volontà legislativa, e dobbiamo a questo punto ritenere anche giurisprudenziale, di accostare sempre di più questi nuovi istituti di vita familiare al matrimonio.

E’ piuttosto significativo, invece, rilevare come nel caso prospettato i Giudici di merito abbiano ovviamente inteso determinare tale contributo sia nel suo ammontare mensile che, ed a maggior ragione, nella sua durata complessiva e come ciò essi Giudici abbiano fatto sulla base dei medesimi valori applicabili ai casi di separazione e divorzio, quali la disponibilità economica e patrimoniale delle parti, in una all’altro fondamentale e per certi versi caratterizzante elemento della durata nel tempo del rapporto affettivo e di convivenza considerato secondo il parametro generale previsto anche dall’art. 438 comma 2 del Codice Civile.

Decisamente significativo è, infatti, nel caso in questione l’esplicito riferimento che il Giudicante ha fatto alla possidenza immobiliare del soggetto dichiarato obbligato al mantenimento quale rilevante presupposto di capacità reddituale, nel solco di una giurisprudenza sia di merito che di legittimità che nella pronuncia che si commenta è stata richiamata nella sentenza n. 25248 dell’08 novembre 2013 della Corte Suprema ma che ha trovato ulteriori e più recenti convalide ( 4 ).

Si tratta, naturalmente, di una valutazione di importo dell’assegno che in queste fattispecie assume maggiormente il carattere dell’equità per cui la stessa, se congruamente motivata sulla base dei ricordati presupposti di fatto, difficilmente potrebbe essere soggetta ad impugnativa, sfuggendo oltretutto a qualsivoglia criterio oggettivo di calcolo perché volutamente mancante nella normativa di riferimento.

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1-      Vedi “ Il nuovo concetto legale di famiglia dopo l’approvazione della legge n. 76 del 20 maggio 2016 “ di Catalfalmo Caterina, in questa Rivista, 30 marzo 2017;

2-      Vedi “ Unioni civili, assegno di mantenimento a una coppia di donne in seguito a divorzio “ di Concas Alessandra, in questa Rivista, 18 marzo 2019;

3-      Vedi “ Coppie di fatto, la disciplina del mantenimento “ di Concas Alessandra, in questa Rivista, 06 maggio 2019.

4-      Corte Appello Roma – sentenza n. 6011 dell’11.11.2013 confermata da Cass. Civ. Sez. I sentenza n. 9415 del 12.04.2017.

Daniela Sodo

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