L’esigibilità della provvigione e l’inadempimento del cliente (terzo)

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     Indice

  1. Riferimenti normativi: Orientamento dottrina e giurisprudenza
  2. Affare concluso – Il diritto e l’esigibilità alla provvigione
  3. Deroghe contrattuali – Conclusioni

1. Riferimenti normativi: Orientamento dottrina e giurisprudenza

Il codice civile, disciplina i rapporti tra agente e preponente, stabilendo, all’art 1742, che  Col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata.

L’articolo, precisa che l’incarico viene assunto verso retribuzione – definita provvigione dal successivo art 1748[1] cc – che matura quando l’Affare è stato concluso per effetto del suo intervento.

Il tema dell‘esigibilità della provvigione e dei suoi presupposti costitutivi assume carattere predominante tra le controversie più ricorrenti nella casistica giurisprudenziale, traendo origine dall’istituto della mediazione,  che presenta  elementi comuni con la figura dell’agente.

Invero l’ art. 1754 c.c.  identifica il mediatore in colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza e di rappresentanza. L’agente invece assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, la conclusione di affari.

Nel caso dell‘agente, la provvigione ha una funzione di compensazione per l’apporto dato alla clientela di una sola parte: il preponente. Rappresenta l’effetto economico dell’obbligazione assunta all’agente, che si estrinseca nell’invitare i possibili clienti a formulare una proposta contrattuale al preponente, con carattere di stabilità e continuatività.

Il mediatore matura il diritto alla corresponsione della provvigione da ciascuna delle parti che ha beneficiato del suo intervento, solo se l’Affare è concluso. In caso di mancata conclusione dell’affare gli spetta solo il rimborso delle spese eventualmente sostenute.

L’agente assume stabilmente l’incarico e presta il proprio servizio sulla base di un rapporto di collaborazione, che  invece manca nell’attività del mediatore.

Accanto alla richiamata mediazione tipica, ossia quella disciplinata nel codice civile, alcuni interpreti ammettono che possa essere configurata anche una mediazione c.d. atipica, definita tale poiché regolata in modo diverso. In particolare, si ha mediazione atipica qualora il mediatore si limiti a curare l’interesse di una sola delle parti, come nel caso dell‘agente e, più precisamente, nel caso in cui una parte, volendo concludere un affare, incarichi altri di svolgere un’attività diretta alla ricerca di persone interessate alla conclusione del medesimo affare, alle condizioni dalla stessa predefinite.[2]

In merito alla configurabilità della mediazione atipica, si sono espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione,[3] che hanno fatto chiarezza circa la distinzione fra due figure sovente confuse, ossia il mediatore e il procacciatore d’affari.

E‘ stato osservato che la funzione economico-sociale assolta dal procacciatore è analoga a quella dell’agente, poiché entrambi prestano la propria opera a vantaggio dell’impresa Preponente, mettendo in relazione due o più parti per la conclusione di contratti; tuttavia, il procacciamento d’affari si distingue dall’agenzia per la mancanza di stabilità dell’incarico, nel senso che il procacciatore agisce in modo del tutto occasionale, svincolato da qualsiasi rapporto di esclusiva, di zona o di durata, potendo organizzare liberamente la propria attività e sopportandone il relativo rischio. [4]

2. L’affare concluso – Il diritto e  l’esigibilità alla provvigione

L’interrogativo che consegue da tali premesse, riguarda il significato che deve assegnarsi alla definizione “contrattuale“ di Affare Concluso. Il termine affare è espressione di uso comune e non giuridico che allude ad un’intesa che deve intercorrere tra almeno due distinti soggetti. Normalmente l’affare assumerà la veste giuridica del contratto e va pertanto definito come qualsiasi operazione di contenuto economico da cui discendano utilità patrimoniali per le parti[5].

Tale definizione rappresenta il punto di arrivo della ricostruzione maturata in seno ad orientamento giurisprudenziale, ove è unanime l’impostazione propensa a riconoscere il diritto al compenso provvigionale soltanto in presenza di un vincolo giuridico e patrimoniale che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l’esecuzione in forma specifica.

Il diritto italiano, sulla scia del diritto tedesco, ha distinto il momento acquisitivo della provvigione, costituito dalla conclusione dell’Affare (contratto) promosso dall’agente, dal momento dell‘esigibilità della provvigione che coincide, secondo la regola generale, con l’esecuzione della prestazione da parte del Preponente, salvo che venga pattuita una deroga nei limiti che di seguito saranno indicati.


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Occorre precisare che la normativa sull’Agenzia ha subìto interventi normativi dopo la riforma dell’istituto, che il legislatore ha introdotto per adeguarsi alla Direttiva europea (86/653CE).

La principale modifica è stata effettuata con la Legge Comunitaria del 1999 (legge 21/12/99, n. 526), che ha previsto sostanzialmente l’abolizione dello “star del credere”, rendendolo di difficile e non generalizzata applicazione, contrariamente al passato.

In particolare,  a seguito  della riforma del 1999  è stato  introdotto il 3° comma all’art. 1746 codice civile, secondo cui: “E’ vietato il patto che ponga a carico dell’agente una responsabilità, anche solo parziale, per l’inadempimento del terzo. E’ però consentito eccezionalmente alle parti di concordare di volta in volta la concessione di una apposita garanzia da parte dell’agente, purché ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura e importanza, individualmente determinati.

Nell’ordinamento previgente alla riforma del 1999, invece, la maturazione della provvigione riguardava gli Affari che avessero avuto regolare esecuzione con il pagamento da parte del terzo;  nella nuova disciplina si distingue il diritto alla provvigione che  matura alla conclusione del contratto con il terzo  rispetto al momento in cui il diritto diventa concretamente esigibile.

Sul punto si è sviluppata, negli ultimi anni, una prassi contrattuale, soprattutto nei settore di attività degli agenti che, subendo un abuso di posizione dominante delle Preponenti,  si vedono costretti ad accettare, con una interpretazione estremamente estensiva e fuorviante dell’art 1746 comma 3 cc,  clausole che derogano, in via generale,  ai presupposti per la conclusione dell‘affare e differiscono il momento in cui l’agente può pretendere il pagamento della provvigione, subordinandola all’adempimento del cliente ed alla sua permanenza in fornitura.

Tale interpretazione ha consentito l’applicazione, soprattutto nel mercato energetico e delle telecomunicazioni, di condizioni contrattuali relative alla esigibilità della provvigione, che “trasferiscono“ sull’agente la responsabilità dell‘adempimento terzo.

Clausole che la Sentenza del Tribunale di Roma  n. 808 del 21 gennaio 2022[6], ha confermato sussistere nell’ambito di rapporti contrattuali tra le parti, risultati incontroversi e documentati, da cui si rileva che la provvigione non è dovuta in caso in caso di inadempimento del cliente, quando detta violazione è imputabile ad un negligente controllo dell’agente in ordine alla solvibilità del cliente medesimo

Le contestate clausole contrattuali posticipano la maturazione del provvigione e configurano il buon fine dell’affare ogni qual volta il contratto concluso col terzo, abbia superato un periodo iniziale di regolare fornitura, senza morosità del terzo, andando oltre la previsione temporale del comma 3 dell‘art 1746  cc che pone il confine nel momento in cui il terzo avrebbe dovuto eseguire il pagamento.

Il confine posto dal richiamato articolo esclude la garanzia dell’agente sull’adempimento del terzo contraente nel pagamento della fornitura, cosi come espressamente vietato dalla L. 21 dicembre 1999, n. 526.

Tutto ciò, in evidente violazione dell’art 1748, che definisce il criterio generale secondo cui  la provvigione è esigibile nel momento della esecuzione della prestazione da parte del Preponente (consegna merce/ attivazione servizi) e non all’adempimento da parte del Terzo.

3. Deroghe contrattuali  

Il comma tre dell’art 1746 ed il comma quattro dell’articolo 1748 cc delineano l’ambito entro cui si conclude l’Affare, e definiscono  i presupposti ed i termini  per la maturazione e l‘esigibilità della provvigione.

L’interpretazione fuorviante della definizione di Affare concluso ha innescato un orientamento che ha derogato al criterio generale sull‘esigibilità della provvigione, posticipandone il momento alla permanenza in fornitura e subordinandola al pagamento regolare della fornitura da parte del terzo;  ipotesi invece prevista in via “eccezionale“ per singolo affare dall’art. 1746 comma 3 cc.

Il disposto di cui al comma 4 dell’art 1748 cc viene applicato in maniera distorta laddove il caso eccezionale si trasforma in regola generale che  invece  vieta, al predetto comma 3 dell‘art 1746 cc, il patto che ponga a carico dell’agente una responsabilità, anche solo parziale,  per l’inadempimento del terzo.

Benvero, è consentito solo eccezionalmente alle parti di concordare, di volta in volta, la concessione di una apposita garanzia da parte dell’agente, purché ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati ed autorizzati.

Al riguardo è intervenuta nel 2020 la Suprema Corte di Cassazione con una importante Sentenza secondo cui  ” la legge ha distinto tra il momento di acquisizione della provvigione e il momento di esigibilità della provvigione già acquisita. Il momento di acquisizione è il momento in cui l’operazione promossa dall’agente è stata conclusa tra le parti; il momento di esigibilità è il momento in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione.  Nella nuova disciplina giuridica, dunque, il fatto costitutivo della provvigione è la conclusione del contratto. Condizione di esigibilità è invece l‘esecuzione del contratto da parte del preponente: la provvigione è esigibile nel momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione. Non è quindi necessaria la prova  del pagamento del prezzo da parte del cliente” .[7]

La Corte conferma l’interpretazione dell’art. 1748 c.c., prevedendo il diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto dell’intervento dell’agente e confermando l’orientamento secondo cui la provvigione spetta (esigibile) all’agente, inderogabilmente, quando la prestazione viene eseguita da parte del preponente (il cosiddetto criterio “generale”).

In conclusione, la deroga, rimessa alla facoltà prevista dall’art 1748 cc consente alle parti di diversamente pattuire, ma sempre nel rispetto del limite posto dall’art 1746 comma 3, che vieta qualsiasi patto che pone a carico dell’agente una responsabilità per fatto del terzo.

La prassi contrattuale che deroga in via generale al combinato disposto dell’art. 1748 4° comma e 1746 3° comma del codice civile, subordina l’esigibilità della provvigione alla regolare esecuzione da parte nel terzo,   generando il  rischio  della reviviscenza di una norma abrogata nel 1999 che obbligava l’agente a garantire –  nei confronti del Preponente –  l‘adempimento continuo del terzo nell’esecuzione di tutti i contratti attivati, per il tramite della sua attività.

Ciò si pone in contrasto con le previsioni della Direttiva 653 del 18.12.86, recepite anche dal D. Lgs 64/99,  che ha definito i principi di carattere generale posti alla base del diritto alla provvigione con particolare riferimento al momento della sua esigibilità, secondo il dettato dell‘art 1748 e quindi ben prima che il terzo abbia provveduto al pagamento.

In applicazione di tale regola generale il  Preponente dovrebbe quindi corrispondere all’agente le provvigioni (nei termini precisati all’art. 1749 c.c.) del tutto indipendentemente dalla permanenza in fornitura e dal pagamento da parte del terzo.

Resta, quindi, fermo il principio di diritto secondo cui la provvigione matura in capo all’agente quando il suo operato incide sulla conclusione del contratto, salva la possibilità, in via eccezionale, di posticipare il momento  di maturazione della provvigione in favore  dell’agente, sino al momento dell‘effettivo pagamento da parte del cliente e nella misura in cui lo stesso avvenga con un’espressa deroga contrattuale e non con una clausola che la pone come condizione per la conclusione del singolo Affare.

Ciò significa, che è possibile posticipare la maturazione delle provvigioni, sino a quando viene effettuato (e non quando dovrebbe essere effettuato) il pagamento da parte del terzo, da intendersi quale buon esito dell’affare, purché ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati.

Non è quindi possibile una pattuizione contrattuale sul momento della conclusione del contratto in termini generali; dovrà essere, in via eccezionale concordato, garantito e scritto per un singolo affare particolare.

In altri termini, non è necessaria la prova dell‘esecuzione dell‘affare e cioè, in sostanza, dal pagamento del prezzo da parte del cliente/terzo, per richiedere legittimanete il pagamento della provvigione al Preponente.

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Note                                                          

[1] Art 1748 comma 1 cc: I Diritti dell’agente “Per tutti gli affari conclusi durante il contratto, l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento“.

[2] Pizzimenti – La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, n. 1 –  1 gennaio 2018,

[3] Cass. civ. Sez. Unite, 02 agosto 2017, n. 19161

[4] Passarella – I Contratti, n. 3, 1 marzo 2016,

[5] Cass., Sez. III, 21 luglio 2004  n. 13590

[6] Sentenza del Tribunale di Roma Sez. IX  n. 808 de 20 gennaio 2022  emessa a conclusione di un giudizio avente ad oggetto  il pagamento di provvigioni maturate nel corso dei rapporti contrattuali in discussione, nonché relative a contratti annullati o parzialmente acquisiti.

[7] Sentenza Cassazione  Sez. L. n. 3483 del 2020  sulla esigibilità della provvigione

Espedito Iasevoli

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