L’enfiteusi, caratteri e disciplina giuridica

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L’enfiteusi è un diritto reale di godimento su cosa altrui che si concretizza nell’utilizzo del fondo altrui con la percezione dei frutti e si ha l’obbligo di migliorarlo e di pagare un canone periodico in denaro o in natura.

L’enfiteusi si ha quando il proprietario, che non si vuole interessare in modo diretto di un bene immobile, cede agli altri il godimento, obbligandosi a pagare un canone e migliorando il fondo.

La costituzione, per sempre o per tempi lunghi, è quasi una vendita virtuale.

Le origini dell’Enfiteusi

In passato la costituzione dell’enfiteusi avveniva in modo molto diffuso per destinare a colture estesi terreni boschivi, paludosi o incolti, ma anche per migliorare dei fondi urbani.

A questo fine era richiesto, e lo è ancora in termini di durata, un limite minimo di vent’anni

(art. 958 c.c.)

L’enfiteusi può essere ceduta a terzi e trasmessa agli eredi (art. 965 c.c.).

I diritti e gli obblighi dell’enfiteuta

All’enfiteuta in perpetuo o per un determinato tempo viene consesso di utilizzare un fondo acquisendo i diritti che avrebbe il proprietario sui frutti dello stesso e delle sue accessioni, sul tesoro e in relazione alle utilizzazioni del sottosuolo (art. 959 c.c.).

Può disporre del suo diritto, ma non del fondo che resta di proprietà del concedente, e lo può fare  per atto tra vivi o per testamento (artt. 965 e 967 c.c.).

Lo può liberare in qualunque momento, pagando al proprietario, che non si può opporre all’esercizio del  diritto, una somma che l’articolo 1, comma 4 della L. n. 607/1966 indicava pari a 15 volte il canone annuo (art. 971 c.c.).

Costituisce un obbligo dell’enfiteuta quello di migliorare il fondo, realizzando opere o iniziative dirette a incrementare il valore del terreno o aumentarne la produttività, oltre a quello di pagare al concedente un canone periodico che può consistere in una somma di denaro o in una quantità fissa di prodotti naturali.

Non può essere ridotto e neanche rimesso per qualunque insolita sterilità del fondo o perdita di frutti (art. 960 c.c.).

Se ci sono confiteuti o eredi dell’enfiteuta, l’obbligo del pagamento del canone grava su di essi solidalmente sino a quando dura la comunione e il diritto di regresso tra loro.

Il godimento separato o la divisione del fondo determinano per ogni enfiteuta un obbligo proporzionale al valore della propria porzione (art. 961 c.c.).

L’articolo 962 è stato abrogato, la disciplina relativa al calcolo e all’aggiornamento dei canoni è stabilita in due leggi speciali, la L. n. 607/1966 e la L. n. 1138/1970, per le quali in tempi successivi la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dei calcoli, modificandone la portata e indicando la regola secondo la quale i canoni devono essere periodicamente aggiornati con l’applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenere adeguata, con una ragionevole approssimazione, la corrispondenza con l’effettiva realtà economica, la quale determinazione con una regolamentazione della materia spetta al legislatore.

Il concedente può chiedere la liberazione del fondo enfiteutico (devoluzione) in caso di suo deterioramento, di mancato adempimento dell’obbligo di miglioramento o di morosità nel pagamento dei canoni pari a due annualità (art. 972 c,c,), rimborsando all’enfiteuta i miglioramenti e le addizioni effettuate alla cessazione del suo diritto (art. 975 c.c.).

Può anche chiedere la ricognizione del suo diritto di proprietà un anno prima del compimento del ventennio nei confronti del possessore del fondo (art. 969 c.c.).

L’Estinzione dell’enfiteusi

L’enfiteusi si può estinguere per scadenza del termine (se temporanea), per prescrizione in caso di non utilizzo ventennale del diritto (art. 970 c.c.) o per sua rinuncia, per consolidazione, per affrancazione quando con atto unilaterale il concessionario paghi al proprietario un valore come stabilito dalle leggi speciali, per devoluzione quando il proprietario chieda in giudizio la cessazione dei diritti dell’enfiteuta e la liberazione del fondo per il mancato adempimento degli obblighi a suo carico previsti (artt. 972, 974 c.c.).

Se l’enfiteuta paga i canoni arretrati prima della sentenza il proprietario non può più esercitare il suo potere di devoluzione, mentre il bene può essere lo stesso affrancato anche in pendenza di una causa di devoluzione.

Si può anche estinguere per perimento del fondo (art. 963) c.c.), quando il diritto può più essere esercitato a causa della perdita delle capacità produttive del fondo stesso e per il cessare della sua attitudine a procurare una qualunque utilità economica, se l’ipotesi non viene integrata dalle diverse finalità attribuite ad esempio ad un fondo prima agricolo poi urbano per il quale l’utilizzo realizza intenti e scopi di redditività economica.

Se, a causa di un perimento parziale ma di notevole entità, il canone risulta sproporzionato al valore della parte residua, l’enfiteuta può chiedere entro un anno dall’avvenuto perimento, una congrua riduzione del canone o rinunciare al suo diritto, restituendo il fondo al concedente, salvo il diritto al rimborso dei miglioramenti effettuati sulla parte residua (art. 963 c.c.).

L’Enfiteusi che deriva da contratto con la restituzione del fondo è oggetto di risoluzione, perché non esiste più la ragione del consenso al contratto stesso.

Una notevole perdita di capacità di parte del fondo durante le trattative avrebbe disincentivato l’enfiteuta dal prestare il suo assenso, non potendo realizzare lo scopo prefisso dal contratto stesso.

E’ possibile che, preferendo ottenere una riduzione del canone, l’enfiteuta ammortizzi la perdita parziale anche se la residua non stava fruttando un reddito sufficiente per pagare il canone stabilito all’inizio.

In simili circostanze, si presume che l’enfiteuta avrebbe prestato lo stesso il suo consenso anche se la parte del fondo fosse perita al tempo della stipula del contratto.

L’articolo 963 del codice civile rubricato “perimento parziale o totale del fondo” recita:

Quando il fondo enfiteutico perisce interamente, l’enfiteusi si estingue.

Se è perita una parte notevole del fondo e il canone risulta sproporzionato al valore della parte residua, l’enfiteuta, secondo le circostanze, può chiedere una congrua riduzione del canone, o rinunziare al suo diritto, restituendo il fondo al concedente, salvo il diritto al rimborso dei miglioramenti sulla parte residua.

La domanda di riduzione del canone e la rinunzia al diritto non sono ammesse, decorso un anno dall’avvenuto perimento.

Se il fondo sia assicurato e l’assicurazione sia fatta anche nell’interesse del concedente, l’indennità è ripartita tra il concedente e l’enfiteuta in proporzione del valore dei rispettivi diritti.

Nel caso di espropriazione per pubblico interesse, l’indennità si ripartisce a norma del comma precedente.

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