L’elemento soggettivo nella falsa testimonianza

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(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 372)
Corte di Cassazione -sez. VI pen.- n. 1940 del 16-12-2022

Indice

1. La questione

La Corte di Appello di Messina confermava una condanna, emessa all’esito di giudizio abbreviato, di anni uno e mesi sei di reclusione comminati in relazione ai reati di cui agli artt. 372 e 368 cod. pen..
Ciò posto, avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’imputato che, tra i motivi addotti, deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’elemento psicologico del reato di cui all’art. 372 cod. pen..

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, per l’integrazione del delitto di falsa testimonianza, è sufficiente il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà, comunque determinatasi nel teste, di rendere dichiarazioni in difformità da quanto da lui conosciuto e ricordato al momento della deposizione (Sez. 6, n. 37482 del 25/06/2014).

3. Conclusioni

Con la decisione in esame gli Ermellini affermano, in conformità a quanto già espresso in precedenza in sede di legittimità, che, ai fini della configurabilità del delitto di falsa testimonianza, per quanto riguarda l’elemento psicologico, basta il dolo generico, da doversi intendere quale mera coscienza e volontà, comunque determinatasi nel teste, di rendere dichiarazioni in difformità da quanto da lui conosciuto e ricordato al momento della deposizione.
Tale provvedimento, quindi, ben può essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba la sussistenza di questo elemento costitutivo.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, pertanto, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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