Legittima compravendita di terreni agricoli e lottizzazione abusiva: la soluzione in Renè Descartes?

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(Relazione del Notaio Nunziata Parrino del 19 ottobre 2016, presso il Consiglio Notarile di Ragusa e Modica)

 

Indice:

  1. La finalità dello studio.
  2. La normativa sulla lottizzazione abusiva.
  3. Il bene tutelato.
  4. Distinzione tra lottizzazione abusiva “negoziale”, “materiale” e “mista”.
  5. La non equivocità della destinazione a scopo edificatorio degli atti negoziali per la configurabilità della lottizzazione abusiva.
  6. Genericità degli elementi ex lege per l’accertamento della “non equivoca destinazione a scopo edificatorio”.
  7. Conclusione sui criteri esaminati, ex art. 30 T.U dell’Edilizia.
  8. Il decisivo criterio distintivo tra l’ipotesi illecita di lottizzazione non autorizzata e l’ipotesi lecita di compravendita di terreni agricoli (cui segue legittimo lo sfruttamento dell’indice agricolo di edificabilità).
  9. Il criterio della morfologia “cartesiana” dei lotti per i servizi comuni.
  10. La stradella di campagna (ex articolo 1051 c.c.) esclude la lottizzazione abusiva.
  11. Compiti e responsabilità del Notaio rogante.
  12. La lottizzazione abusiva “reato di pericolo” per costante giurisprudenza.
  13. Inconciliabilità della figura del reato di pericolo con l’articolo 27 della Legge Notarile.

 

  1. La finalità dello studio.

Il Notaio, nell’esercizio della sua funzione pubblica, è chiamato a valutare la ricevibilità di un atto, dovendosi applicare ora l’articolo 27 della Legge Notarile, la cui norma obbliga il Notaio al ricevimento dell’atto di cui è richiesto, ora l’art. 28 della Legge Notarile, la cui norma obbliga il Notaio a non ricevere l’atto espressamente vietato dalla legge.

Il presente studio vuol fornire un contributo nell’individuare un criterio certo cui fare riferimento nell’ipotesi dubbia di lottizzazione abusiva, quindi nella fattispecie eventualmente non conforme a legge, che si ponga a “confine” con l’ipotesi legittima della compravendita/e di terreni agricoli.

 

  1. La normativa sulla lottizzazione abusiva.

La normativa che sancisce l’illegittimità di una lottizzazione non autorizzata, fornendone i criteri per l’individuazione, si ricava dal combinato disposto di cui agli articoli 30, 44 e 47 del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380).

In particolare, l’articolo 30 del Testo Unico dell’Edilizia co.1 così recita: “Si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.

 

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  1. Il bene tutelato.

La ratio della sancita illegittimità della fattispecie in esame, va individuata nel duplice interesse dell’Ordinamento Giuridico di impedire:

  1. a) la compromissione della potestà comunale di effettuare razionali ed armoniche scelte urbanistiche mediante gli specifici strumenti di pianificazione previsti dalla legge;
  2. b) la nascita di agglomerazioni edilizie che, prive delle infrastrutture primarie e secondarie, comportino per i Comuni ingenti spese per le dotazioni infrastrutturali.

 

  1. 4. Distinzione tra lottizzazione abusiva “negoziale”, “materiale” e “mista”.

La normativa edilizia citata disciplina e sanziona due diverse forme di lottizzazione non autorizzata, quindi abusiva, rispettivamente denominate, secondo il linguaggio invalso nella prassi, “materiale”e “negoziale”(o “cartolare”).

La lottizzazione c.d. “materiale” si configura ove vengano iniziate opere che comportino la trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici che possono consistere sia in costruzioni vere e proprie, sia in lavori di urbanizzazione primaria o secondaria, sia in un mutamento di destinazione d’uso di edifici già esistenti in contrasto con lo strumento urbanistico.

La lottizzazione c.d. “negoziale” o “cartolare” si configura, invece, quando la trasformazione urbanistico/edilizia venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche – quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o l’eventuale previsione di opere di urbanizzazione, ed in rapporto agli elementi riferiti agli acquirenti – denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio secondo il disposto dell’art. 30 D.P.R. n.380/2001.

Pertanto, l’accertamento dell’esistenza di una lottizzazione abusiva “negoziale” (o “cartolare”) non può essere affidato al mero riscontro del frazionamento e della vendita (o atto similare) di un terreno, ma implica la ricostruzione di un quadro indiziario dal quale sia possibile desumere, in maniera non equivoca, la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere dalle parti.

 

  1. La non equivocità della destinazione a scopo edificatorio degli atti negoziali per la configurabilità della lottizzazione abusiva.

Al fine di poter configurare una ipotesi di lottizzazione abusiva “negoziale” o “cartolare” o “formale”, l’art. 30 comma 1° D.P.R. 06.06.2001 n.380 richiede, oltre al frazionamento e successiva vendita (o adozione di atti equivalenti) dei terreni frazionati, il requisito della non equivocità della destinazione a scopo edificatorio abusivo sia del frazionamento che della vendita (o atto equivalente).

Così il Consiglio di Stato: “si ha lottizzazione abusiva di tipo “materiale” (…), quando si è in presenza di un illegittimo principio di esecuzione di uno strumento tecnico urbanistico diretto alla formazione di un nuovo complesso edilizio attrezzato ai fini residenziali, mentre si è in presenza della c.d. lottizzazione “negoziale” in caso di frazionamento in lotti preordinato in modo non equivoco ai fini di lottizzazione ” (Consiglio Stato, Sez. IV, 08.05.2003 n.2445).

E con riferimento a siffatto elemento soggettivo (la non equivocità della destinazione a scopo edificatorio), la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. V^, n. 6810/2004; TAR Marche 05.08.2004 n. 983; TAR Campania, Sez. II 03.07.2008 n. 6785; TAR Campania, Sez. II, 23.06.2010 n.15773) a volte ha chiarito che “l’inequivocità dell’intento di trasformare urbanisticamente i terreni a scopo edificatorio è indispensabile; pertanto, tale inequivocità non ricorre nella fattispecie in cui la destinazione a scopo edificatorio (…) non sia affatto manifestamente contemplata negli atti di vendita, (…)”, altre volte ha affermato che l’operato cui ricollegare l’intento edificatorio, ancorchè in via indiziaria, deve assumere un connotato tale da delineare un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti.

Pertanto, consegue che l’accertamento dell’esistenza del presupposto, di cui all’art. 30 D.P.R. n.380/2001 (già art. 18 L. n.47/1985), non può essere affidato al mero riscontro del frazionamento o della vendita di un terreno, ma implica la ricostruzione di un quadro indiziario, dalla quale sia possibile desumere, in maniera non equivoca, “la destinazione a scopo edificatorio” degli atti posti in essere dalle parti (cfr. Cons. Stato, Sez. V^, 20.10.2004 n.6810), sulla scorta degli elementi indicati dalla norma citata, che adesso saranno esaminati.

 

  1. Genericità degli elementi ex lege per l’accertamento della “non equivoca destinazione a scopo edificatorio”.

Gli elementi indiziari, forniti dall’art. 30 T.U. Dell’Edilizia, da valutare perché un atto negoziale di parte (frazionamento, vendita o atto similare) possa ritenersi diretto, in modo non equivoco, a scopo edificatorio (non autorizzato), quindi illegittimo, sono:

– il numero dei lotti;

– la ridotta dimensione degli stessi in relazione alla natura o alla destinazione del terreno (incongrua, ad esempio, per lo sfruttamento agricolo);

– l’ubicazione in zona interessata da una vasta edificazione residenziale abusiva;

– la previsione e/o presenza di opere di urbanizzazione;

– la qualità degli acquirenti.

È evidente il carattere generico dei criteri forniti dalla legge, la cui valutazione comparata – o di uno solo di essi, come afferma la Suprema Corte in diverse sentenze – dovrebbe fornire un quadro di indizi gravi, precisi e concordanti “dell’inequivocità dell’intento di trasformare urbanisticamente i terreni a scopo edificatorio”.

Ma in realtà, analizzando i singoli parametri di legge, essi appaiono insufficienti a render certa l’ipotesi di lottizzazione abusiva, quando questa di per sé appare dubbia, ponendosi a confine con l’ipotesi legittima di compravendita di terreni agricoli.

A) Sul criterio del “numero dei lotti”.

Il criterio in esame è generico stante l’impossibilità di individuare un numero minimo di lotti in presenza del quale possa ritenersi esistente una lottizzazione non autorizzata, poiché anche la presenza di due soli lotti può concretizzare una illecita trasformazione del territorio.

In altri termini, se è vero che un numero rilevante di lotti aumenta la certezza di una lottizzazione illecita, non è vero il contrario, ossia che un numero ridotto di lotti escluda una lottizzazione illecita.

Così la Corte di Cassazione sez. III n. 5105 del 3 febbraio 2014: ”Ed è pacifico che la lottizzazione abusiva viene attuata con qualsiasi utilizzazione del suolo che preveda la realizzazione di una pluralità di edifici così da comportare una nuova definizione dell’assetto preesistente (…)”.

La fattispecie di cui alla citata sentenza riguarda la divisione di un terreno in due soli lotti: “Quanto poi alla natura della contestazione si ricava agevolmente dal tenore letterale dell’accusa come agli imputati sia stato rimproverato di aver provveduto al frazionamento in due lotti del terreno attraverso la vendita per atto notarile (…)”.

La stessa giurisprudenza ammette la configurabilità della lottizzazione illecita anche in materia di divisione ereditaria, dove, verosimilmente, i lotti che ne derivano saranno di numero modico, essendo il frazionamento diretto a sciogliere uno status di comunione (1).

B) Sulla ridotta dimensione di lotti in relazione alla natura o destinazione del terreno (incongrua, ad esempio, per lo sfruttamento agricolo).

E’ senz’altro rilevante il “frazionamento di terreno agricolo in piccoli lotti non utilizzabili … per l’esercizio dell’agricoltura” (Cass. n.15643/08), ma il concetto di “piccolo lotto” si ricava dal sentire comune ed è tale, senz’altro, quello che varia all’incirca da mq. 500 a mq. 1000.

Manca, comunque, nell’attuale legislazione l’indicazione dell’estensione di un lotto al di sotto della quale può sospettarsi un’ipotesi di lottizzazione non autorizzata – in assenza di un lotto minimo fissato dal PRG ai fini della edificazione – dopo la soppressione ex art. 1 co. 1 del D.P.R. 9 novembre 2005 n. 304, del limite che la legge prevedeva al previgente comma 6 dell’art. 30 T.U., ossia la misura inferiore a mq. 10.000 che rendeva già sospetta la fattispecie illecita in esame.

C) Sulla ubicazione in zona interessata da una vasta edificazione residenziale abusiva.

Trattasi di una circostanza oggettiva che non può essere mai determinante nell’accertamento di una lottizzazione abusiva, in mancanza di altri elementi che ne diano certezza.

In altri termini, la scelta di acquistare un terreno in una zona interessata da una vasta edificazione residenziale abusiva può essere propedeutica alla attuazione di una lottizzazione, che, comunque, per forza di cose, deve ricavarsi dagli altri elementi indizianti ex art. 30 del T.U., ben potendo l’acquirente non utilizzare affatto, per nessun fine, il terreno acquistato e non potendosi mai incorrere in una responsabilità oggettiva per l’opera di altri soggetti proprietari dei terreni limitrofi, essendo le ipotesi di responsabilità oggettiva solo quelle espressamente ammesse dalla legge, non suscettibili di applicazione analogica.

D) Sulla previsione e/o presenza di opere di urbanizzazione.

Alcune pronunce della Suprema Corte danno rilievo preminente alla sussistenza o meno di infrastrutture di urbanizzazione sul terreno compravenduto per affermare o negare la lottizzazione abusiva, così si afferma: “Non configura, pertanto, l’ipotesi di lottizzazione abusiva, nè di conseguenza è nulla per illiceità della causa, la promessa di vendita di un fondo che non contenga alcuna garanzia da parte del venditore di edificabilità del suolo sulla base di una regolare lottizzazione, nè alcuna manifestazione dell’intento degli acquirenti di destinare il suolo all’adificazione e che, qualificando fondo rustico, l’immobile promesso in vendita, non fa alcun riferimento ad infrastrutture di urbanizzazione, comportando la mera alienazione di suolo, priva di rilievo urbanistico, senza assumere funzione prodromica di una lottizzazione abusiva” (Cass. Civ., sez. II, 2 giugno 1993, n. 6168, GCM, 1993, 979).

In realtà, anche il criterio in esame è, da solo, insufficiente per l’accertamento di una lottizzazione abusiva.

Accade, infatti, che gli appezzamenti di terreno compravenduti possano essere di difficile accesso oppure inteclusi, rendendosi, quindi, necessaria la costituzione di una servitù di passaggio, eventualmente anche coattiva ai sensi dell’art. 1051 c.c.

Pertanto, per qualificare una lottizzazione abusiva non soccorre sufficiente il criterio della costituzione o meno di una strada, ma serve individuare il criterio idoneo che permetta di distinguere le servitù di passaggio lecite e obbligatorie per legge dalle opere di urbanizzazione che caratterizzano la lottizzazione illecita. Sul punto di dirà in prosieguo.

E) Sulla qualità degli acquirenti.

A riprova che anche tale criterio di legge, da solo, è insufficiente a denotare una lottizzazione abusiva, si rileva che, sia pure in tema di agevolazioni fiscali previste per l’acquisto dei terreni agricoli, l’art. 60 della L.R. Siciliana n.2/2002, prorogata dall’art. 32 L.R. Siciliana n.2/2007, adesso non più in vigore, aveva espressamente sancito che “chiunque” potesse richiedere le previste agevolazioni fiscali ove realizzasse un “acquisto diretto a favorire la ricomposizione fondiaria, aumentare le economie di scala e ottimizzare il ritorno degli investimenti nel settore agricolo”.

Di fatti, mai, l’Ordinamento ha normato sulla necessaria qualifica di agricoltore per consentire l’acquisto di terreni agricoli, nè avrebbe potuto, senza violare le norme degli articoli 3 e 42 della Costituzione; parimenti nessuna norma di legge impone, nè potrebbe imporre a chicchessia lo svolgimento dell’attività agricola a seguito dell’acquisto di terreni con destinazione agricola, se non per motivi puramente fiscali.

Pertanto, al fine di escludere o meno un’ipotesi di lottizzazione abusiva, è di certo irrilevante la qualifica di agricoltore, in tutte le sue varianti, in capo all’acquirente, anche alla luce della considerazione che il terreno potrebbe, di fatto, non essere coltivato, oppure essere coltivato a mezzo di mezzadri, coltivatori diretti, braccianti agricoli.

Si aggiunga che è componente del diritto dominicale spettante ai proprietari, a prescindere da qualunque loro qualifica, la facoltà di realizzare “case di campagna”, sfruttando l’indice di fabbricabilità dei terreni agricoli, nella misura all’uopo prevista dal vigente strumento urbanistico del Comune interessato. E l’esercizio della facoltà di realizzare la casa di campagna, non obbliga (e mai potrebbe) all’esercizio dell’attività agricola.

 

  1. Conclusione sui criteri esaminati, ex art. 30 T.U dell’Edilizia.

La genericità dei criteri esaminati, elencati dall’art. 30 T.U. dell’Edilizia, inevitabilmente genera discordanze giurisprudenziali in ordine al concreto criterio applicato e, quindi, al diverso iter logico-giuridico seguito, per proclamare una ipotesi di lottizzazione abusiva.

Si riportano i passi salienti di alcune procunce giurisprudenziali generiche e per alcuni versi discordanti.

Consiglio di Stato Sez. IV, 21.08.2013 n. 4200: “Ai sensi dell’art. 30T.U. 6 giugno 2001 n. 380, si ha lottizzazione abusiva quando il frazionamento dei terreni in lotti per le relative caratteristiche (numero, dimensioni, natura del terreno, ubicazione, presenza di opere di urbanizzazione) riveli in modo non equivoco la destinazione d’uso a scopo edificatorio dello stesso”

Tar Latina 25 marzo 2013 n. 270: “(…) L’elemento oggettivo della fattispecie è costituito dal frazionamento di mappali seguito necessariamente da atti di vendita, o da atti ad essi equiparati, sicchè in mancanza di detti atti non si configura una lottizzazione abusiva, essendo l’attività negoziale presa in considerazione dalla norma quale strumento di perseguimento dell’intento lottizzatorio e, quindi, come indice della sussistenza di siffatto intento, il quale deve però trovare conferma anche in altre circostanze, (…) quali la dimensione e il numero dei lotti, la natura del terreno, l’eventuale revisione di opere di urbanizzazione, la loro destinazione a scopo edificatorio”.

Consiglio di Stato, Sez. III, 11.09.2012 n. 4801: “Ai fini dell’accertamento della sussistenza del presupposto di cui all’articolo 18 della Legge n. 47/1985 (Lottizzazione abusiva) non è sufficiente il mero riscontro del frazionamento di un terreno collegato a plurime vendite, ma sussiste anche la necessità di acquisire un sufficiente quadro indiziario dal quale sia possibile desumere in maniera non equivoca la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere dalle parti, giustificandosi l’adozione del provvedimento repressivo anche a fronte della dimostrazione della sussistenza di almeno uno degli elementi precisi e univoci sopra detti”.

TAR Lazio, Sez. II 31.10.1995 n. 1657 : “(…) Il legislatore non ha però mancato di ricollegare l’elemento formale costituito dall’atto o dagli atti di vendita frazionata alla necessaria compresenza di elementi indiziari caratterizzanti l’intento lottizzatorio degli stessi atti negoziali, dai quali è dato desumere il disegno di conferire all’area, per la prima volta, un assetto urbanizzato: trattasi di presunzioni semplici che, oltre ad avere le caratteristiche necessarie della gravità, della precisione e della concordanza, ammettono la prova contraria con esclusione, quindi, di qualsiasi criterio di valutazione automatica.”

Cassazione a Sezioni Unite del 28.11.01 n. 5115 “Tali indiziari, elencati dalla norma con valore meramente esemplificativo, non devono essere presenti tutti in concorso fra di loro: è sufficiente anche la presenza anche di uno solo di essi, purchè rilevante ed idoneo a far configurare, con margini di plausibile veridicità, la volontà di procedere a lottizzazione.”

La delicatezza della fattispecie necessita di un criterio certo di individuazione dell’ipotesi di lottizzazione abusiva, sia per rendere giustizia in modo paritario nelle varie ipotesi dubbie, sia per rendere certezza in materia di responsabilità civile e penale in capo a soggetti diversi, quali proprietari dei terreni interessati, liberi professionisti che attuano frazionamenti catastali e stipule di atti, dipendenti comunali che rilasciano documenti correlati alle dette operazioni, oltre che in capo al Sindaco Comunale che ometta l’emissione dell’ordinanza sindacale di cui all’art. 30 co. 7 del D.P.R. n.380/2001.

A parere di chi scrive, il criterio di distinzione tra lottizzazione non autorizzata e legittima comprevendita di terreni agricoli con legittimo sfruttamento del relativo indice di edificabilità, è da rinvenire nelle caratteristiche delle stesse convenzioni di lottizzazione autorizzate, stipulate dagli Enti Comunali con i proprietari dei terreni da lottizzare.

Il criterio decisivo è da rinvenire nel carattere ricorrente in tutte le lottizzazioni autorizzate, ricollegabile alla necessità funzionale dei servizi delle utenze comuni, che connota come urbana l’area lottizzanda. Tale criterio è tracciato in maniera chiara in alcune pronunce della Suprema Corte in materia penale.

 

  1. Il decisivo criterio distintivo tra l’ipotesi illecita di lottizzazione non autorizzata e l’ipotesi lecita di compravendita di terreni agricoli (cui segue legittimo lo sfruttamento dell’indice agricolo di edificabilità).

Il criterio specifico e concreto potrà essere individuato guardando alle caratteristiche delle lottizzazioni autorizzate, che realizzano con certezza la trasformazione del territorio.

Bisogna muovere dal dato certo che anche i terreni agricoli hanno un indice di edificabilità, sia pure basso, il cui sfruttamento può dar origine ad un agglomerato di case: le comuni e legittime “case di campagna”.

Se è senz’altro legittima la compravendita di terreni agricoli con la legittima futura costruzione di case di campagna secondo l’indice di fabbricabilità dei terreni agricoli, non altrettanto legittima è la compravendita di terreni agricoli preordinata ad un agglomerato di case che realizza una trasformazione del territorio, e quindi una lottizzazione non autorizzata.

Si tratta, dunque, di distinguere nell’ambito delle compravendite di terreni agricoli le ipotesi legittime che non attuano trasformazione di territorio dalle ipotesi illegittime che ne attuano la trasfomazione non autorizzata, pur essendo comune, ad entrambe le dette ipotesi, il futuro ipotetico c.d. “agglomerato di case di campagna”.

La distinzione tra le due ipotesi di “agglomerato di case di campagna” – si ripete: legittimo se deriva dallo sfruttamento regolare dell’indice di fabbricabilità fondiario, illegittimo se attua una trasformazione non autorizzata del territorio – è da cogliere, attraverso una attenta lettura di alcune pronunce della Cassazione Penale, nella natura “urbana” dell’agglomerato, che è qualificante della lottizzazione, che ove non autorizzata, è abusiva.

In altri termini, si ha lottizzazione abusiva quando, attraverso atti negoziali e/o materiali, si crea il presupposto per realizzare, anche solo potenzialmente, un agglomerato urbano. Ma quando un agglomerato di case può definirsi “urbano”? La Cassazione Penale qualifica “urbano” l’agglomerato di case quando viene creata la c.d. “maglia di tessuto urbano”.

L’agglomerato è urbano quando si ha una trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni a scopo edificatoria, tali da creare una nuova maglia di tessuto urbano (Cass. Pen. n.6080/2008), ossia un conferimento all’area in questione di un diverso assetto territoriale, con la formazione di lotti di configurazione morfologica regolare e tra loro contigui, tali da poter fare intravedere la sottesa volontà di “realizzazione di case con opere di servizi comuni”, non consentita dagli strumenti urbanistici della zona agricola “E”.

Pertanto, il decisivo criterio distintivo tra l’ipotesi illecita di lottizzazione abusiva e l’ipotesi lecita di compravendita di terreni agricoli – cui segue il legittimo sfruttamento del loro indice agricolo di edificabilità – risiede nella formazione di lotti secondo assi cartesiani, che per tale morfologia e la loro ridotta estensione, solo nel primo caso, permettano l’attuazione anche solo potenziale di servizi comuni.

Il criterio ingegneristico elementare che permette di verificare che i vari lotti possano essere serviti, anche solo potenzialmente, di servizi comuni è la linearità degli impianti. Solo la linearità degli impianti (mai tortuosi) può assicurare la funzionalità degli stessi. In definitiva, la linearità degli impianti/utenze comuni, ai fini della loro funzionalità, richiede una traccia cartesiana, ossia una traccia tendente al lineare che trova un limite solo nella perpendicolarità cartesiana, caratteristica di tutte le strade comunali e quindi delle lottizzazioni autorizzate.

La distinzione tra le due ipotesi di lottizzazione non autorizzata e legittimo sfruttamento degli indici di fabbricabilità fondiaria dei terreni agricoli , appare chiara nella sentenza della Cassazione Penale, Sez. III, n.1089 del 08.06.2010, ove si legge: “… che la realizzazione di quattro ville, con opere di servizio comune, non poteva certo considerarsi consentita in forza degli strumenti urbanistici vigenti per la zona agricola, sottozona E1, prescindendo da una autorizzazione della lottizzazione. Nella zona, infatti, era previsto l’insediamento residenziale sparso, e pertanto ville isolate, e edifici per abitazione degli addetti ai lavori agricoli” (2).

Una lottizzazione, per essere definita tale, presuppone frazionamenti realizzanti lotti regolari o quanto meno tendenti al regolare, di facile accesso e ben serviti da strade comuni; essa deve generare lotti di dimensione limitata, di morfologia regolare, adiacenti l’uno all’altro e di facile accesso, in quanto solo tali caratteristiche danno luogo alla c.d. maglia di tessuto urbano, cui espressamente fanno riferimento i Supremi Giudici nella configurazione di una lottizzazione; e per “maglia di tessuto urbano” devesi intendere – come ripetutamente indicato dal Supremo Collegio (Cass. Pen. n.6080/2008 e Cass. n.17663/05) – ogni ipotesi di lottizzazione, conformazione di lotti regolari, bene accessibili e adiacenti, tali da permettere ai costruendi immobili uno sviluppo armonioso nel terreno, ed essere quindi serviti da una comune rete principale di servizi fognari, idrici ed elettrici.

 

  1. Il criterio della morfologia “cartesiana” dei lotti per i servizi comuni.

In conclusione, al fine di poter individuare una ipotesi di lottizzazione non autorizzata non possiamo usare criteri diversi da quelli che si desumono – e concretamente utilizzati – in sede di lottizzazione autorizzata tra il Comune e soggetti proprietari dei terreni lottizzati, ossia il criterio della morfologia degli appezzamenti di terreno, non enunciato dall’art. 30 del T.U. in materia di lottizzazione illecita, ma applicato pedissequamente in materia di lottizzazione lecita Comunale.

Soltanto la formazione di lotti di morfologia regolare, adiacenti tra loro e di facile accesso, permette il reale o anche solo potenziale realizzo di servizi comuni. E va da sé che, perché ciò accada, i lotti devono essere di dimensione necessariamente contenuta. I servizi comuni richiedono, per la loro funzionalità, la linearità degli impianti, ovvero la netta tendenza alla linearità, per realizzare la quale occorre la regolarità delle strade, (opere di urbanizzazione primaria), che devono tendere alla perpendicolarità cartesiana, come si evince dalle stesse convenzioni autorizzate (3).

 

  1. La stradella di campagna (ex articolo 1051 c.c.) esclude la lottizzazione abusiva.

Stante le predette conclusioni, la costituzione in atto di una servitù prediale di accesso ai fondi interclusi ai sensi dell’art. 1051 cod. civ., gravante su una striscia di terreno verosimilmente morfologicamente di forma non regolare, come tale non assimilabile ad una strada lineare, regolare e simmetrica di P.R.G., non può assolutamente costituire, nemmeno in via indiziaria e presunta, elemento di lottizzazione abusiva, anzi la esclude.

 

  1. Compiti e responsabilità del Notaio rogante.

Nessuna responsabilità professionale può essere ascritta al notaio rogante, che, alla luce dell’art. 30 D.P.R. 380/01 e del criterio della morfologia cartesiana dei lotti, abbia verificato:

a) la dimensione del fondo: non deve trattarsi di “piccoli lotti non utilizzabili (…) per l’esercizio della agricoltura(Cass. n.15643/08);

b) la morfologia dei fondi, se irregolare si pone in antitesi con quella cartesiana tipica della lottizzazione, che implica la formazione di lotti di forma regolare e tra loro contigui, tali da consentire la realizzazione di immobili urbani con opere di servizi comuni;

c) la non contiguità dei fondi che scaturisce dalla ampia dimensione e dalla morfologia irregolare, tali da impedire la “maglia di tessuto urbano”, e quindi di essere serviti da una comune rete principale di servizi fognari, idrici ed elettrici;

d) la mancanza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, tuttavia se gli appezzamenti di terreno compravenduti sono molto estesi e rimangono di difficile accesso, è legittima la costituzione di servitù prediali di accesso ai fondi interclusi ex articolo 1051 cod. civ., gravante su strisce di terreno verosimilmente morfologicamente di forma irregolare, e come tale non assimilabile ad una strada lineare, regolare e simmetrica di P.R.G.; la forma irregolare e tortuosa della striscia di terreno gravata da servitù fa sì che essa non possa costituire, nemmeno in via indiziaria, elemento di presunta lottizzazione, anzi la esclude. A conforto e riprova di siffatto rilievo, deporrebbe la circostanza che il relativo tracciato venga debitamente indicato ed evidenziato nella planimetria rilasciata dal Comune in uno col certificato di destinazione urbanistica allegato all’atto, che, come tale, ne configura la legittimità; a contrariis ove siffatta servitù fosse considerata, anche in via presuntiva ed indiziaria, illegittima dal Comune, essa non verrebbe inserita nella mappa catastale, allegata al c.d.u., determinando l’obbligatoria emissione dell’ordinanza dal 7° comma dell’art. 30 del D.P.R. n.380/2001;

e) il modico valore del prezzo di acquisto, tipico dei terreni agricoli, ben diverso da quello dei terreni lottizzabili;

f) i frazionamenti approvati dall’Agenzia del Territorio, con deposito del tipo mappale presso il Comune;

g) l’esecuzione delle propedeutiche visure ipotecarie per verificare l’assenza di trascrizioni pregiudizievoli ed in modo particolare l’assenza di alcuna trascrizione di ordinanza del dirigente e/o responsabile del competente Ufficio Comunale, che accerti, anche in sede di approvazione dei frazionamenti e di introduzione in mappa delle nuove particelle, “l’effettuazione di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione”, così come sancito dal co. 7° del menzionato art. 30 D.P.R. n.380/2001.

h) l’allegazione del certificato di destinazione urbanistica, come prescritto dall’art. 30 – comma 2° D.P.R. n.380/2001, per gli effetti di cui al successivo art. 47 comma 2° (solo in caso di omessa allegazione il relativo atto tra vivi sarebbe nullo, col conseguente divieto di trascrizione e della responsabilità del notaio che l’ha ricevuto). Il dettato dell’art. 30 D.P.R. n.380/2001 (T.U. dell’edilizia) al 2° comma dispone quanto segue: “Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni, sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari, ove agli stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata …”. Gli effetti dell’assolvimento di siffatto onere legale, ossia dell’allegazione del certificato di destinazione urbanistica, sono disciplinati dal successivo art. 47 del medesimo T.U., il quale dispone che “ Tutti i pubblici ufficiali, ottemperando a quanto disposto dall’art. 30, sono esonerati da responsabilità inerente al trasferimento o alla divisione dei terreni ” .

 

12. La lottizzazione abusiva “reato di pericolo” per costante giurisprudenza.

La giurisprudenza penale considera costantemente la lottizzazione abusiva reato di pericolo: esso è integrato non solo dall’effettiva trasformazione del territorio, ma da qualsiasi attività oggettivamente comportante il solo pericolo di urbanizzazione non prevista o in contrasto con quella pianificata dallo strumento urbanistico (per tutti, Cass. Pen. Sez. III, n. 37383/2013).

Sulla base di tale assunto interpretativo, parrebbe potersi sancire la responsabilità del notaio ove l’atto notarile di compravendita di terreni agricoli, pur non concretizzando di per sé una lottizzazione abusiva, non trasformando esso stesso il territorio, né contenendo la previsione di opere di urbanizzazione, tuttavia si riveli, in prosieguo, presupposto di ulteriori e successivi atti giuridici, come frazionamenti catastali, ovvero di successivi atti materiali, come sbancamenti sul terreno, al fine di tracciare e/o realizzare strade o fondamenta edilizi, concretizzanti una lottizzazione abusiva. In tal caso, l’atto notarile, pur non ledendolo esso stesso, avrebbe messo in pericolo il bene tutelato, ossia la riserva pubblica di programmazione del territorio.

 

13. Inconciliabilità della figura del reato di pericolo con l’articolo 27 della Legge Notarile.

Sono “reati di pericolo” quei reati in cui la condotta posta in essere dall’agente pone (soltanto) in pericolo il bene-interesse tutelato dalla norma incriminatrice, senza produrre alcun danno concreto. L’esistenza dei reati di pericolo è giustificata dall’esigenza di anticipare la soglia di tutela di alcuni interessi considerati, dal legislatore, particolarmente rilevanti. Per tale motivo, la semplice messa in pericolo del bene è punita non a titolo di tentativo, ma come reato autonomo.

Rimane da analizzare se tale interpretazione giurisprudenziale possa portare a sancire una responsabilità del notaio per l’atto rogato, ove, in prosieguo, questo venga accertato come “causa” di messa in pericolo del bene protetto. In altri termini, mentre è indiscussa la responsabilità del notaio ove l’atto notarile realizzi esso stesso una ipotesi indubbia di lottizzazione abusiva, va accertata tale responsabilità ove l’atto non realizzi in sé una lottizzazione ma se ne rivela presupposto, poiché costituisce il primo step della successiva richiesta di frazionamenti o di atti materiali che portano a sancire una lottizzazione abusiva.

Ritengo che mai possa essere sancita la responsabilità del notaio per messa in pericolo del bene protetto (ove l’atto sia stato anche solo il presupposto di una conclamata lottizzazione abusiva), poichè vi osta la legge notarile e segnatamente gli articoli 27 e 28. Il reato di pericolo si colloca in una zona appunto di pericolo, metaforicamente nella “zona gialla” di un semaforo e la legge notarile disconosce totalmente tale “zona gialla”.

Da un lato, infatti, l’articolo 27 della legge notarile obbliga il notaio a ricevere un atto notarile di cui è richiesto se conforme a legge, e per continuare nella metafora siamo in “zona verde”, dall’altro lato l’articolo 28 della legge notarile vieta al notaio di ricevere un atto notarile ove è espressamente proibito dalla legge, sancendo dunque la “zona rossa”. Mai quindi il notaio col suo operato potrebbe collocarsi in una “zona gialla”, disconosciuta dalla legge notarile, ossia mai potrebbe rifiutare la stipula di un atto che, non integrando esso stesso una ipotesi di lottizzazione abusiva, ne realizzi verosimilmente il presupposto, con la messa in pericolo del bene-protetto, accertata solo in prosieguo, e precisamente al momento della concreta lesione del bene-interesse protetto.

Il combinato disposto di cui agli articoli 27-28 della legge notarile esclude la responsabilità del notaio per colpa, dovendo e potendo il notaio rifiutare di ricevere un atto ai sensi dell’articolo 28 l.n. – che fa eccezione alla regola di cui all’art. 27 l.n.- solo allorché sussista la violazione manifesta di una norma di legge.

In altri termini, non costituisce ostacolo alla ricevibilità di un atto il dubbio interpretativo che non si sostanzi in una manifesta violazione di legge. La corresponsabilità del notaio nel reato di lottizzazione abusiva va sancita soltanto per dolo e mai per colpa, appunto perchè la legge notarile disconosce la zona di pericolo “gialla”, ma verte tra le due zone “verde” e “rossa”, rispettivamente contemplate dagli artt. 27 e all’art. 28 della legge n. 89 del 16 febbraio 1913. (4)

 

 

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(1) Così, tra le tante, la Cassazione Penale sez. III n. 38632 del 28 settembre 2005 ha interpretato la disposizione di cui all’ultimo comma dell’art. 30 T.U che testualmente non rende applicabili alle divisioni ereditarie le disposizioni che precedono (oggetto del nostro esame), nel senso che: “Il legislatore ha ritenuto che la natura familiare di tali divisioni le ponesse al riparo da quell’intento speculativo proprio di colui che vuole realizzare una lottizzazione. In realtà anche una divisione ereditaria può mascherare una lottizzazione abusiva cartolare. In tal caso, però, l’intento lottizzatorio, quando la divisibilità è consentita dalla legge e non è incomoda, non si può desumere dal semplice frazionamento, che può essere determinato esclusivamente dalla necessità di sciogliere la comunione ereditaria, ma occorre un quid pluris che evidenzi la volontà di lottizzare.”

(2) Il concetto di villa isolata presuppone il legittimo sfruttamento dell’indice di edificabilità fondiario dei terreni agricoli e va distinto dal concetto di agglomerato urbano o maglia di tessuto urbano che presuppongono ville adiacenti tale da permettere il realizzo anche solo potenziale di opere dirette ad attuare servizi/utenze comuni.

(3) Quanto esposto dà concretezza alla definizione di lottizzazione, adottata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 5115 del 28.11.2001), chiamate a risolvere un contrasto giurisprudenziale, che viene configurata in ipotesi di “utilizzazione del suolo che, indipendentemente dalla entità del frazionamento fondiario e dal numero dei proprietari, preveda la realizzazione contemporanea o successiva di una pluralità di edifici a scopo residenziale, turistico o industriale, che postulino l’attuazione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria occorrenti per la necessità dell’insediamento”.

(4) Dopo aver inizialmente affermato il possibile concorso colposo del notaio nel reato di lottizzazione abusiva in quanto reato contravvenzionale (Cass. 15 giugno 1983), la Suprema Corte ha mutato l’orientamento, affermando che il reato di lottizzazione abusiva costituisce una contravvenzione di natura necessariamente dolosa, per la cui sussistenza è necessario che l’evento sia previsto e voluto dal reo quale conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria, diretta a limitare e condizionare, con ostacoli di fatto o di diritto, la riserva pubblica di programmazione territoriale (Cass. SS.UU. 03.02.1990).

La responsabilità concorsuale del notaio rogante viene ritenuta ammissibile solo nell’ipotesi di una sua deliberata partecipazione al piano lottizzatorio (…) sul presupposto dell’inconfigurabilità di un concorso colposo in un reato doloso (in dottrina, cfr. FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, parte generale, Bologna, 1989. 375). Sussiste la responsabilità per il reato di lottizzazione abusiva se sia provata la cosciente e volontaria partecipazione al piano lottizzatorio abusivo; il reato di lottizzazione abusiva ha natura contravvenzionale ma è doloso. E’ da escludere il concorso colposo del notaio che abbia rogato atti di compravendita per negligenza o per violazione degli obblighi derivanti dalla legge professionale” (Cassazione Penale Sez. III, 20.3.1991). La partecipazione di un notaio alla lottizzazione di un terreno, collocandosi in talune fattispecie come elemento oggettivamente antecedente e causale del fatto da altri commesso, in tanto può essere punita a titolo di concorso, in quanto di questo siano presenti gli elementi oggettivi e soggettivi necessari, non revocandosi in dubbio che, pur trattandosi di contravvenzione, la partecipazione medesima deve configurarsi, al pari della condotta degli altri, in forma dolosa, quale cosciente e volontaria partecipazione al piano lottizzatorio, rimanendo escluso un contributo meramente colposo del notaio ad un’attività certamente dolosa delle parti principali” (Cassazione penale, sez. III, 08 novembre 2000, n. 12989).

 

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