Le recenti modifiche alla legge sull’assegno di divorzio

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Il 10 maggio 2017, la Suprema Corte di Cassazione sostenne che l’assegno divorzile non si poteva considerare più una rendita vitalizia, che il divorzio recide definitivamente ogni legame di assistenza morale e materiale tra i coniugi e che la funzione assistenziale dell’assegno di mantenimento è giustificata quando l’ex coniuge, a causa di motivi che non dipendono da sua volontà, non si possa mantenersi da sé.

Con queste affermazioni, si spalancò la porta all’accesso di modifiche sull’assegno di divorzio che la giurisprudenza ha condiviso e confermato, anche in ottemperanza al chiarimento che le Sezioni Unite hanno fatto nel 2018 per salvaguardare determinate situazioni dove uno dei due coniugi, che si era da sempre dedicato alla casa e alla famiglia, ha rinunciato alla sua carriera contribuendo all’arricchimento dell’ex.

Di recente, con sentenza la 9/12/2020 n. 28104/20,la Suprema Corte ha ribadito questi principi.

Anche se anche si parli di importanti modifiche in relazione all’assegno di divorzio, si deve ammettere che questa interpretazione si possa ritenere stabile.

I cambiamenti non sono stati apportati da una legge, la loro paternità appartiene alla Suprema Corte  di Cassazione.

A causa dell’inerzia del Legislatore, la Corte ha sentito la necessità di adeguare il diritto alle cambiate condizioni economico-sociali.

Prima di entrare nei dettagli, scriviamo qualcosa sull’assegno di divorzio.

In che cosa consiste l’assegno divorzile

L’assegno divorzile consiste nell’obbligo di uno dei coniugi di pagare all’altro coniuge un assegno in un determinato periodo, quando lo stesso non abbia i mezzi adeguati o on se li può procurare per motivi di carattere oggettivo.

Secondo le disposizioni contenute nell’articolo 5 della legge sul divorzio (L. 898/1970) il tribunale, quando pronuncia sentenze di divorzio, deve stabilire anche la misura dell’assegno divorzile, considerando determinati fattori, tra i quali, il principale è il reddito dei due coniugi, in base ai motivi della decisione e alla durata del matrimonio.

Il pagamento dell’assegno può essere mensile oppure in un’unica soluzione.

In presenza di simili circostanze anche con assegnazione di un bene.

L’assegno divorzile è una delle principali conseguenze del divorzio relative al patrimonio, perché attraverso il divorzio il giudice stabilisce l’eventuale diritto di uno dei coniugi di percepirlo.

L’assegno divorzile deve essere distinto dall’assegno di mantenimento che, quando sono presenti le condizioni di legge,  spetta prima del divorzio, vale a dire, in seguito alla separazione personale dei coniugi, in una fase del rapporto ancora transitoria.

A proposito si deve segnalare una sentenza rivoluzionaria della Suprema Corte di Cassazione che ha evidenziato in modo più marcato la distinzione tra l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile.

Non esiste più lo stesso tenore di vita

La prima modifica in relazione all’assegno di divorzio è il saluto definitivo al cosiddetto criterio dello “stesso tenore di vita”.

Prima della sentenza della Corte di Cassazione che risale a tre anni fa, all’ex coniuge veniva riconosciuto un mantenimento che anche dopo il divorzio gli potesse garantire lo stesso tenore di vita che aveva in costanza di matrimonio.

In presenza di simili circostanze, quando il coniuge era facoltoso, l’assegno divorzile era molto elevato.

Questo metodo è stato abolito dalla Cassazione, secondo la quale il matrimonio è un atto di autoresponsabilità e, come tale, è dissolubile.

Non si può fare conservare all’ex coniuge il potere di acquisto goduto quando era sposato.

L’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile è il raggiungimento dell’indipendenza economica, non è il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi.

Oggi l’assegno di mantenimento corrisponde alla misura strettamente necessaria a rendere autonomo e autosufficiente il coniuge.

La Suprema Corte di Cassazione, più di recente ha stabilito che “il tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio non può più costituire il parametro al quale rivolgersi per la determinazione dell’assegno divorzile, dovendo il giudice avere attenzione all’indipendenza economica intesa come disponibilità di mezzi adeguati da consentire una vita dignitosa e autosufficiente secondo una valutazione di fatto riservata al giudice di merito”.

 

Se un coniuge è molto benestante questa circostanza non influirà sull’ammontare dell’assegno, dovendo lo stesso avere come obiettivo esclusivo l’autonomia e non all’arricchimento dell’ex.

Si possono verificare delle situazioni nelle quali, in relazione a un reddito molto alto del marito, l’assegno di mantenimento per la moglie è pari a circa mille euro.

La meritevolezza

Prima della riforma l’assegno di divorzio veniva concesso in automatico, era sufficiente dimostrare la sproporzione tra i redditi dei due ex coniugi.

Adesso la giurisprudenza non si accontenta più e vuole la prova, da parte del richiedente, della sua impossibilità a mantenersi.

L’impossibilità  in questione, non deve dipendere da sua colpa.

Chi chiede gli alimenti deve dimostrare di non essere autosufficiente perché è molto anziano per cercare un lavoro (oltre i 45 anni circa),  oppure, è in condizioni di salute che non gli consentono di lavorare, oppure, di avere cercato un posto di lavoro non riuscendo nell’intento a causa del mercato occupazionale.

A questo proposito, dovrà dimostrare l’iscrizione ai centri per l’impiego, la partecipazione a bandi e concorsi, l’invio di curricula.

Oggi l’assegno divorzile richiede la meritevolezza e la prova la deve fornire chi pretende di essere mantenuto.

Al contrario, viene negato il mantenimento a chi è ancora giovane e/o ha una potenziale capacità lavorativa, perché possiede uno studio professionale o perché può vantare esperienze lavorative precedenti.

Il contributo proporzionato esclusivo per le casalinghe

Come scritto in precedenza, non c’è più proporzione tra il reddito del coniuge più benestante e l’assegno di divorzio, dovendo lo stesso garantire esclusivamente l’indipendenza economica.

Nel 2018 le Sezioni Unite della Suprema Corte dei Cassazione (Cass. sent. n. 18287/18) hanno evidenziato un’unica importante eccezione, relativa al coniuge che, avendo rinunciato al lavoro e a una sua carriera per badare agli impegni domestici e ai figli, ha in questo modo contribuito, con il suo lavoro casalingo, all’arricchimento dell’ex, consentendogli di concentrarsi sul lavoro.

Esclusivamente in presenza di simili circostanze, l’assegno di divorzio deve essere proporzionato alla ricchezza che l’altro coniuge ha potuto raggiungere.

Lo stesso, grazie a questo contributo, si è potuto dedicare di più al lavoro e alla carriera, vedendo incrementare la sua capacità di ricchezza.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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