Le pubbliche amministrazioni ai tempi della mediazione: opportunità e prospettive

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Dal momento in cui è entrato a pieno regime lo strumento della mediazione civile obbligatoria, introdotto con Dlgs. 28/2010 e regolamento attuativo D.M. 180/2010 integrato con DM 145/2011, la possibilità di risoluzione alternativa delle controversie impone una riflessione sulle prospettive offerte in generale per le Pubbliche Amministrazioni, e in particolare per gli Enti locali; riflessione che diventa di stretta attualità grazie al Decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”.

Alle pubbliche amministrazioni viene oggi richiesta una nuova visione di sistema che rielabori in senso progettuale l’approccio alle recenti riforme, istitutive della gestione del ciclo della performance e del federalismo fiscale. Esse, se per un verso costituiscono due facce della stessa medaglia, per altro hanno il pregio di offrire l’opportunità di mettere a sistema i tanti concetti che negli ultimi anni hanno rappresentato uno sforzo tanto apprezzabile quanto settoriale, nell’ottica di una leadership progettuale.

Le pubbliche amministrazioni più sollecite al cambiamento stanno già compiendo apprezzabili tentativi di reinterpretare il concetto di efficienza nella diversa ottica qualitativa, e non più meramente contabile-quantitativa. E tuttavia col rischio di rimanere esperienze isolate rispetto al panorama complessivo.

Il contesto esterno, ed il ruolo sempre più attivo degli stakeholders impongono un cambio di passo nel senso della reale partecipazione dei cittadini, in cui la normativa che si sussegue non rischi di rimanere legge-manifesto.

Per quel che qui interessa, la riforma Brunetta ha il merito di prevedere, con finalità di efficienza dell’organizzazione amministrativa, l’indicazione preventiva annuale degli obiettivi che le PPAA intendono perseguire, nonché la previsione, sempre con cadenza annuale, della relazione sui risultati conseguiti, cui si accompagna l’evidenziazione degli obiettivi raggiunti e degli eventuali scostamenti. Offre cioè alle PPAA l’occasione di passare dalla cultura del procedimento a quella del provvedimento, da quella dell’adempimento a quella del risultato, e infine da quella dell’autotutela a quella della responsabilità.

Sono quindi molteplici gli interessi che la riforma mira a garantire. Può consentire di dare forma alla recente e sempre maggiormente sentita necessità delle pubbliche amministrazioni di ottimizzazione delle risorse, ottenendo cioè da esse il miglior risultato possibile in funzione della soddisfazione dei bisogni della collettività. E di fare emergere quell’esigenza, invero percepita dalle amministrazioni più sollecite, di valutare se l’attività svolta consenta di assolvere nel miglior modo possibile alla funzione di creazione di valore per cui esistono, monitorandone l’utilità sociale, cioè il valore creato con i beni e i servizi ceduti alla collettività.

Le amministrazioni pubbliche sono così chiamate a rispondere ad alcune importanti sfide: anticipare i bisogni dei cittadini, ponendo maggiore attenzione alla risoluzione dei problemi in modo attivo e partecipe, concentrandosi sull’obiettivo di governare una molteplicità di soggetti al fine di un maggiore sviluppo sociale ed economico (Questa linea programmatica si ritrova, nella definizione di cambiamento elaborata dal Dipartimento della Funzione Pubblica quale “cambiamento intenzionale che comporta un miglioramento duraturo nei risultati e negli effetti delle politiche pubbliche, capace di rendere affidabili le amministrazioni nei confronti dei cittadini e delle imprese”. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica; Roma, 2007).

Il nuovo ordinamento amministrativo, fondato sul principio di sussidiarietà istituzionale e sociale, favorisce il perseguimento di un simile epocale cambiamento, superando le visioni parziali che storicamente hanno contraddistinto l’azione della vecchia amministrazione burocratica e parcellizzata, complicata e priva di autorevolezza.

La comunicazione delle pubbliche amministrazioni può contribuire alla realizzazione del principio costituzionale del pieno sviluppo di ciascuno. Naturalmente non basta che il servizio sia erogato da un soggetto pubblico perché si possa dire che l’amministrazione stia realizzando il dettato costituzionale; anzi, si può dire che se tale servizio non rispetta standards di qualità tali da consentire un’effettiva soddisfazione delle esigenze dei cittadini, quel servizio sta accentuando, anziché rimuovere, le differenze sociali ed economiche fra i cittadini, vanificando la previsione costituzionale della parità di opportunità per tutti.

Si pone qui, evidentemente, il fondamentale problema di come riuscire a garantire che i servizi pubblici siano efficienti, efficaci ed economici anche quando, come spesso accade, manca lo stimolo di una vera concorrenza. Per risolvere o comunque rendere meno grave tale problema sono stati individuati vari strumenti di intervento; fra questi, due tra gli strumenti potenzialmente più efficaci consistono appunto nell’usare sia la comunicazione che la mediazione per riprodurre fra amministrazione erogante il servizio e cittadino utente del servizio un rapporto il più possibile simile a quello che, in teoria, si crea fra impresa e cliente in un sistema di mercato perfettamente funzionante.

In quest’ottica, anche le novità normative apportate con l’introduzione della mediazione obbligatoria in una pluralità di procedimenti civili aventi ad oggetto diritti disponibili, e di quella facoltativa in tutti gli altri, possono fornire alle pubbliche amministrazioni l’opportunità di pervenire alla ricostruzione unitaria dell’interesse pubblico generale ed all’attuazione di azioni coerenti ed efficaci per la sua tutela. La partecipazione del cittadino interessato al medesimo tavolo diviene, allo stesso tempo, un’autentica opportunità per la ricerca del giusto rapporto tra interesse individuale e interesse generale, per la prevenzione dei conflitti e per l’attuazione della semplificazione e della trasparenza.

Si tratta infatti di due strumenti che, rispondendo ad esigenze speculari, permettono di utilizzare la stessa strategia. Sia la comunicazione che la mediazione divengono così elementi essenziali della efficacia dell’azione amministrativa, a condizione che il soggetto pubblico sia disposto ad assumere i suoi utenti esterni quali misuratori della qualità degli stessi servizi e prestazioni (qualità percepita) ed i propri dipendenti (utenti interni) protagonisti dell’organizzazione, in grado di conoscerne e valutarne i punti di forza e di debolezza. Peraltro, come spesso sostenuto in dottrina, le riforme amministrative possono portare un reale cambiamento solo con un profondo cambiamento delle professionalità presenti presso gli attuali operatori pubblici a tutti i livelli.

Per questa ragione troppo spesso finora gli obiettivi inseriti nel processo di pianificazione non hanno determinato un significativo miglioramento della qualità dei servizi erogati e degli interventi; né sono stati coerenti con la missione istituzionale dell’Ente. L’opportunità offerta dalla necessità di riforme a costo zero permette di riformare facendo emergere ciò che appare scontato, e realizzarlo.

Comunicazione e mediazione possono assolvere alla funzione di obiettivi strategici della pianificazione, rilevabili e misurabili all’interno del ciclo delle performances mediante indicatori che possono concorre a realizzare la performance organizzativa dell’ente.

Ma cosa può spingere anche le amministrazioni più lente ad un processo di rinnovamento? La condivisione pubblica delle buone pratiche ha senz’altro lo scopo di stimolare l’innovazione, affinché le amministrazioni diventino attori dello sviluppo del territorio.

E’ tuttavia innegabile che la decisione di strutturare la funzione comunicativa con finalità conciliativa induce, già di per sé, un salto di ordine culturale all’interno dell’Ente e delle sue classi dirigenti, politiche ed amministrative. Su questo primo terreno si sono certamente registrati passi avanti, se pure insufficienti se si considerano le tante Amministrazioni in ritardo. La sottoutilizzazione della funzione di comunicazione nell’ottica espressa è un lusso che le Amministrazioni non possono permettersi, anche sul piano del corretto impiego delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie; essa comporta, infine, il perdurare di un ritardo ormai inaccettabile nell’attuazione dei principi e degli istituti fondamentali della riforma amministrativa.

Alcune tra le modalità di semplificazione offerte e regolate dall’ordinamento -si pensi all’art. 11 relativo agli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento e art. 14 L. 241/90 relativo alle conferenze dei servizi- invocano per la loro concreta attuazione cultura e strumenti tipici della comunicazione pubblica e della mediazione: scambio paritario, reciproco affidamento, pari assunzione di responsabilità. E costituiscono declinazione del buon andamento.

Le PPAA hanno infatti già a loro disposizione tutti gli strumenti legislativi per poter evolversi, senza attendere nuove leggi che ne impongano l’obbligo, ovvero che ne prevedano sanzioni.

Il ruolo della mediazione nel rapporto tra cittadini e p.a è peraltro ulteriormente rafforzato, oltre che già prefigurato, dalle previsioni introdotte all’articolo 1 della legge 241/90, secondo cui le pa di norma operano applicando le norme di diritto privato, salvo che..: ed ancora che i principi e le regole della 241 si applicano anche ai soggetti privati che esercitano funzioni di interesse pubblico.

In tale ambito, la mediazione è altresì leva essenziale del processo di pianificazione e criterio dell’organizzazione, ponendosi, nell’ampia sfera di diritto comune nella quale si instaura una molteplicità di rapporti tra la P.A. e gli utenti, quale strumento determinante del processo di trasformazione del rapporto. Il meccanismo virtuoso che ne deriva ha al suo centro tutti i mestieri relazionali, oltre quelli specialistici della comunicazione pubblica, cui è demandata la possibilità e opportunità di ristrutturare la vecchia idea di professioni amministrative.

Tenuto anche conto del recente confronto tra il Ministro della Giustizia e l’Avvocatura, al fine di trovare idonee soluzioni condivise all’inefficienza della giustizia, nonché delle istanze rappresentate anche dalla più alta Magistratura Amministrativa, che spingono nella direzione di una sempre maggiore e più efficace ricerca di soluzioni alternative alle controversie, la strada non può che essere quella di un impegno teorico e pratico di grande portata per superarne limiti applicativi, difficoltà interpretative, ma soprattutto per progettarne lo sviluppo e l’implementazione.

In questo solco, necessario quanto imprescindibile appare il cambiamento e la formazione delle competenze professionali, al fine di attribuire a chi si occupa di comunicazione istituzionale e di mediazione quel ruolo di terzietà e di garanzia di interfaccia nei rapporti istituzionali con la cittadinanza e con le altre Pubbliche Amministrazioni, nell’ottica di una effettiva comunicazione interistituzionale a livello nazionale e comunitario, che miri ad una riflessione nell’ottica della partecipazione e mediazione in senso pubblicistico.

Più in generale è necessario operare seriamente in ogni sede, affinché i temi della comunicazione e della mediazione divengano gradualmente patrimonio di tutti coloro che, operando negli enti pubblici, svolgono funzioni e servizi di interesse pubblico. E possano vivere diffusamente non solo attraverso l’azione specifica dei servizi appositamente dedicati, ma altresì nel corpo dell’organizzazione, mutandone cultura e comportamenti.

 

Maria Elena Mancuso
Avvocato della regione Calabria 

Mancuso Maria Elena

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