Le procedure di allerta nella procedura fallimentare

Redazione 18/06/19
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La fase di avvio del procedimento – L’audizione del debitore

Dal punto di vista meramente procedurale, le conseguenze derivanti dall’allerta sono tratteggiate in maniera sintetica dall’art. 18 CCI.

La norma dispone infatti che – entro 15 giorni dalle segnalazioni di cui agli artt. 14 e 15 CCI ovvero dall’istanza in tal senso formulata dal debitore – si proceda alla convocazione ed alla audizione in via riservata e confidenziale del debitore e, ove esistenti, degli organi di controllo.

Nelle intenzioni del legislatore, le modalità di gestione di questa fase devono essere dunque tali da garantire che i terzi non vengano a conoscenza della procedura, allo scopo di evitare il diffondersi di inutili allarmismi che potrebbero pregiudicare l’immagine commerciale dell’impresa e la sua possibilità di accedere ulteriormente al credito.

Conclusa l’audizione, il collegio deve valutare, sulla base dei dati raccolti, se siano emersi o meno fondati indizi di crisi, anche alla luce delle informazioni fornite circa le iniziative messe in atto in esito alle segnalazioni.

Se ritiene che non sussista una situazione di crisi, il collegio dispone l’archiviazione delle segnalazioni ricevute, dandone comunicazione per il tramite del referente ai soggetti che avevano effettuato la segnalazione. Il collegio dispone in ogni caso l’archiviazione quando l’organo di controllo societario, se esistente o, in sua mancanza, un professionista indipendente, attesti l’esistenza di crediti di imposta o di altri crediti verso pubbliche amministrazioni per i quali siano decorsi novanta giorni dalla messa in mora, per un ammontare complessivo che, portato in compensazione con i debiti, determina il mancato superamento delle soglie che hanno determinato la segnalazione. Con tale previsione si è voluto evitare che imprese in (apparente) difficoltà a causa del mancato pagamento da parte di debitori pubblici debbano subire conseguenze pregiudizievoli ulteriori a causa dei tempi delle procedure di liquidazione e di pagamento. I sindaci o l’attestatore, assumendosene la responsabilità, potranno così attestare l’esistenza anche di crediti non definitivamente accertati, quando ad esempio gli ostacoli all’accertamento ed al pagamento siano di ordine meramente formale o derivino da contestazioni pretestuose o limitate solo ad una parte dell’importo che l’imprenditore assume essergli dovuto.

E’ previsto, tuttavia, che l’attestazione sia utilizzabile solo nel procedimento dinanzi all’OCRI e quindi, ad esempio, non possa essere un titolo per ottenere un’ingiunzione di pagamento.  In accoglimento di un suggerimento del Consiglio di Stato, si è precisato che all’attestazione devono essere uniti i documenti inerenti ai crediti esaminati dall’organo di controllo o dal professionista ai fini dell’attestazione e che per essi valgono gli stessi limiti di utilizzabilità.

Il comma 4 prevede che se, invece, la valutazione dei dati acquisiti conferma l’esistenza di fondati indizi di crisi, il collegio individua con il debitore le misure che appaiono idonee al suo superamento, fissando un termine entro il quale l’imprenditore deve riferire in merito alla relativa attuazione.

Alla scadenza del termine, se il debitore non ha ottemperato e, quindi, non ha assunto le iniziative necessarie, il collegio redige una breve relazione e la trasmette al referente, che ne dà notizia a coloro che hanno effettuato la segnalazione. I soggetti pubblici qualificati sono esonerati dall’obbligo di segnalazione nel caso in cui il debitore abbia presentato l’istanza di composizione assistita della crisi, fino a quando il procedimento resta aperto.

Di seguito una prospettazione schematica della fase relativa all’audizione del debitore ed ai possibili esiti della stessa.

Il procedimento di composizione assistita della crisi

1. Premessa

Mentre la procedura di allerta è finalizzata a far emergere tempestivamente la crisi dell’impresa, ricercando, con l’ausilio degli organi di controllo o dello stesso OCRI e senza coinvolgere i creditori, una soluzione alla crisi principalmente mediante l’adozione di misure riorganizzative dell’attività imprenditoriale, diversa è la prospettiva dell’istituto della composizione assistita della crisi, al cui interno, nel presupposto che sia imprescindibile la ristrutturazione del debito, la soluzione viene ricercata mediante una trattativa con i creditori, favorita dall’intervento dell’OCRI che – in questo caso – si pone come una sorta di mediatore attivo tra le parti.

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.2 La composizione della crisi

Per quanto concerne l’attivazione del procedimento di composizione assistita della crisi, l’art. 19 CCI dispone che l’unico soggetto legittimato ad avviarla sia rappresentato dal debitore, il quale può rivolgere all’OCRI l’istanza di intervento all’esito dell’audizione di cui all’art. 18 CCI, ma, eventualmente anche prima e a prescindere dalla stessa.

Ricevuta l’istanza il referente dell’OCRI (individuato in conformità all’art. 16, 3 comma, CCI) provvede alla nomina del collegio degli esperti di cui all’art. 17 CCI.

Una volta costituitosi il collegio fissa al debitore un termine non superiore a tre mesi da utilizzare per ricercare una soluzione concordata con i creditori e incarica il soggetto individuato quale “relatore” all’interno del collegio di cui all’art. 17 di seguire le trattative.

Il termine iniziale di tre mesi può essere prorogato fino ad un massimo di ulteriori tre mesi solo in caso di positivi riscontri delle trattative.

Nel più breve tempo possibile il collegio deve acquisire dal debitore una relazione aggiornata sulla situazione economica e finanziaria dell’impresa ed un elenco dei creditori e dei titolari di diritti reali e personali, con l’indicazione dell’ammontare dei crediti e delle eventuali cause di prelazione; in alternativa l’art. 19 CCI prevede che – su richiesta del debitore –  il collegio possa essere chiamato a provvedere esso stesso a redigere la relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, eventualmente suddividendo i compiti tra i suoi componenti conformemente alle diverse professionalità.

Come precisato dalla Relazione di accompagnamento, la ragione dell’acquisizione di tale documentazione si spiega con l’opportunità di disporre di tutti gli elementi conoscitivi utili a valutare la situazione dell’impresa e ad individuare il possibile oggetto delle trattative, ma anche al fine di precostituire la documentazione necessaria per l’accesso ad una procedura concorsuale.

Fermo restando quanto precede l’art. 19 CCI prevede altresì che nel caso in cui il debitore dichiari di voler depositare una domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti o di apertura della procedura di concordato preventivo, il collegio debba procedere all’attestazione della veridicità dei dati aziendali.

Dispone l’ultimo comma che se, all’esito delle trattative, il debitore raggiunge un accordo con i creditori, detto accordo debba essere formalizzato per iscritto e depositato presso l’OCRI.

La disciplina di cui all’art. 19 CCI tratteggia un regime di massima riservatezza in ordine al contenuto dell’accordo, accordo che (i) non potrà essere reso consultabile da soggetti diversi da quelli che lo hanno sottoscritto e (ii) potrà essere depositato presso il Registro delle imprese solamente con il consenso dei creditori aderenti.

Nessuna indicazione – e dunque, si ritiene, nessuna limitazione – viene fornita dal legislatore con riferimento al contenuto dell’accordo tra il debitore ed il ceto creditorio. Se ne deduce che il debitore sarà libero di determinare non solo il contenuto dell’accordo, ma altresì il novero dei creditori interessati dal medesimo. L’unico elemento che necessariamente dovrà caratterizzare l’accordo parrebbe essere rappresentato dalla idoneità dello stesso a determinare il superamento della crisi di impresa.

A differenza di quanto accade nell’ambito degli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 56 CCI (oggi disciplinati dall’art. 67 l.fall.) non si prevede che la fattibilità del piano industriale sottostante l’accordo con i creditori debba in alcun modo essere verificata da un professionista (autonomo).

Tale circostanza pare rilevante se si considera che, l’accordo raggiunto in questo contesto con i creditori ha la stessa efficacia degli accordi che danno attuazione al piano attestato di risanamento di cui all’art. 56 CCI, con i conseguenti corollari in termini di esenzione dalla revocatoria in caso di successiva liquidazione giudiziale.

La Relazione di accompagnamento all’art. 19 CCI precisa che il “presupposto evidente di tale beneficio [l’esenzione da revocatoria degli atti compiuti in esecuzione dell’accordo] è che l’accordo sia stato raggiunto con la supervisione e l’approvazione del collegio, il quale, quindi, si rende indirettamente garante della fattibilità del piano sottostante l’accordo”.

A ben vedere, tuttavia, quello che viene definito dalla Relazione di accompagnamento quale “presupposto evidente” dei benefici riconosciuti dall’art. 19 CCI ultimo comma non risulta così chiaramente formalizzato nel testo normativo. Circostanza, questa, che pare meritevole di attenzione a maggior ragione in considerazione del fatto che nel contesto procedimentale tratteggiato dall’art. 19 CCI non è previsto – se non per quanto concerne l’eventuale concessione di misure protettive ai sensi dell’art. 20 CCI – l’intervento dell’autorità giudiziaria.

In assenza di un (auspicabile) intervento chiarificatore sul punto da parte del legislatore, sarà la prassi adottata dagli Organi di composizione della crisi a tracciare una modalità di gestione delle difformità di vedute che dovessero emergere tra l’OCRI e il debitore (ed in ipotesi i creditori) – ovvero in seno allo stesso collegio di esperti – in relazione all’effettiva funzionalità dell’accordo rispetto al superamento della crisi di impresa. Così come sarà rimessa alla futura elaborazione giurisprudenziale l’esatta determinazione delle responsabilità gravanti in capo al collegio di esperti in ragione del ruolo di garante della fattibilità del piano che la Relazione di accompagnamento parrebbe implicitamente riconoscere al medesimo.

3  La conclusione del procedimento di composizione assistita della crisi

Allo stato l’art. 21 CCI si limita a prevedere che se – allo scadere del termine di tre mesi, così come eventualmente prorogato – “non è stato concluso un accordo con i creditori e permane uno situazione di crisi” il collegio di esperti dovrà invitare il debitore a presentare una domanda di accesso ad una procedura concorsuale (sia essa un accordo di ristrutturazione dei debiti, un concordato preventivo ovvero una liquidazione giudiziale) nel termine di trenta giorni.

In una prospettiva di economia processuale e contenimento dei tempi è previsto che il debitore possa utilizzare, ai fini dell’avvio della procedura concorsuale, la relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa e l’elenco dei creditori eventualmente predisposti e attestati, sotto il profilo della veridicità, dal collegio degli esperti.

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