Le procedure concorsuali in Italia e all’estero

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Le procedure concorsuali sono quelle procedure giudiziali alle quali è assoggettata un’impresa commerciale che sia insolvente e in possesso dei requisiti dimensionali dei quali all’articolo 1 comma 2 della Legge Fallimentare

Una volta accertata l’esistenza dei due requisiti, le procedure concorsuali disciplinano il rapporto tra il soggetto insolvente e i suoi creditori con la presenza di un’autorità pubblica ed altri soggetti, che variano a seconda della procedura e valutano la possibilità di prosecuzione dell’attività d’impresa, cioè la liquidazione del patrimonio.

La prima forma di procedura concorsuale che si è affacciata nel panorama legislativo è stata il fallimento.

L’origine del fallimento e delle altre procedure concorsuali si può ravvisare in alcuni istituti che risalgono al diritto romano.

Nella partes secanto, riportata nelle XII Tavole, che consisteva nello smembramento dei debitori e nella distribuzione del suo patrimonio tra i creditori.

Anche nell’istituto della esecuzione per manus iniectionem ex missio in possessionem, all’inizio previsto per la fuga del debitore e per facilitare l’acquisizione del suo patrimonio da parte del creditore, che si diffuse quando venne creata la figura dell’honorum emptor, valutato come precedente storico dell’assuntore del concordato.

Come esempi di precedenti si possono menzionare anche la bonorum vendictio che era una forma di esecuzione universale e la cessio bonorum, che può essere menzionata come precedente del concordato preventivo per la cessione dei beni.

La cessio bonorum comportava che il “fallito” non fosse tacciato di infamia, ebbe una grande diffusione.

Questo istituto era affine alla distractio bonorum che introdusse, oltre che la vendita dei beni al dettaglio, anche la figura del curatore.

Nella legislazione Napoleonica del code de commerce, il fallimento era applicato esclusivamente ai commercianti che avevano un comportamento professionalmente scorretto.

Era un modo di disciplina della corporazione, un sistema per fare rispettare i principi alla base di un sistema di valori come era quello corporativo; le sanzioni, infatti, erano di natura penale a prescindere dalla colpevolezza del fallito.

Il codice del commercio ignorava il concordato preventivo e ammetteva due moratorie: quella anteriore al fallimento e quella posteriore.

La prima consisteva in una proroga di sei mesi al pagamento dei debiti, che poi si risolveva in un accordo tra fallito e creditori.

Il secondo procedimento arrestava la procedura di fallimento e presupponeva che il fallito potesse pagare in toto i creditori e non dava la garanzia che,, offriva il fallimento.

Il concordato preventivo fu introdotto con la legge 193/1903.

Con il Regio Decreto 267/1942 che unificò la materia civile ed amministrativa, si stabilisce che il fallimento riguarda gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale.

La disciplina viene razionalizzata e si inizia a distinguere tra fallimento colpevole ed incolpevole, vengono introdotti istituti che mirano ad agevolare l’imprenditore incolpevole.

La nozione di “impresa” viene separata dalla figura di imprenditore.

Lo scopo originale del fallimento non era la tutela del fallito, quanto la soddisfazione dei creditori che pure dovevano accontentarsi di quello che restava in seguito ad un meccanismo complesso e di lunga durata.

La sorte del complesso aziendale interessava poco il legislatore e la sorte dell’imprenditore fallito era indissolubilmente connessa con quella della sua azienda e viceversa, per cui non si ipotizzava minimamente che l’azienda potesse, in qualche modo, recuperare produttività.

Il patrimonio del debitore viene colpito dal processo.

Con il passare del tempo, lo scopo delle procedure concorsuali, per le imprese di maggiori dimensioni, diventa la ricollocazione sul mercato dell’attività, più che la soddisfazione dei creditori.

Sino al d.lgs del marzo 2005, poi convertito nella legge 80/2005 che delegò al governo la riforma organica delle procedure concorsuali regolate dal Regio Decreto 267/1942.

La delega venne attuata con il decreto legislativo 5/ 2006, con il qule il governo introdusse alcune modifiche sia sulle procedure concorsuali sia sui requisiti per richiedere il fallimento, sull’imprenditore, sui poteri del curatore e del comitato dei creditori che sul processo fallimentare.

Esistono diversi tipi di procedure concorsuali e hanno la caratteristica di privare il soggetto che vi è sottoposto di una parte della sua ‘’’autonomia’’.

Con la procedura concorsuale, all’imprenditore vengono sottratte le disponibilità sui suoi beni oppure si nomina un soggetto che supervisiona e controlla l’attività di gestione dell’impresa.

Sono procedure collettive, nel senso che coinvolgono l’intero patrimonio dell’imprenditore e coinvolgono i creditori dell’imprenditore.

Le procedure concorsuali vogliono salvaguardare la par condicio creditorum, cioè il trattamento paritario dei creditori, per questo motivo le ordinarie tutele del creditore, cioè le azioni cautelari e le azioni esecutive individuali, sono sostituite da queste procedure, che sono forme di tutela collettiva. Le procedure concorsuali attualmente regolate dalla legge italiana sono:

Il fallimento

Il concordato preventivo

La liquidazione coatta amministrativa

L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza

L’amministrazione straordinaria speciale

 

Con le insolvenze non comunitarie, il giudice italiano può dichiarare il fallimento dell’impresa, a patto che questa abbia almeno una sede secondaria in Italia.

Serve almeno una sede secondaria perché si abbia un regolare esercizio d’impresa.

Se l’impresa si è trasferita in un altro stato dopo il deposito del ricordo per la dichiarazione di fallimento o dopo la richiesta del pubblico ministero, la procedura si apre ugualmente.

Si devono evitare doppie riscossioni e coordinare le procedure che si aprono, e in relazione alle insolvenze non comunitarie, la materia non è disciplinata dal decreto legislativo 5/2006.

In relazione alle insolvenze transfrontaliere comunitarie, il Regolamento CE 1346/2000 regola la procedura dei debitori insolventi il cui centro d’interessi sia sito negli stati dell’Unione Europea. Non c’è una procedura unitaria per questo tipo di insolvenze, per cui c’è un coordinamento tra le varie procedure.

Il regolamento disciplina sia le procedure che hanno come obiettivo la liquidazione dell’impresa, sia quelle che mirano a risanarla.

Sono escluse le procedure di insolvenza che riguardano le imprese assicuratrici o gli enti creditizi, le imprese d’investimento che forniscono servizi che implicano la detenzione di fondi o di valori mobiliari di terzi.

Il regolamento distingue tra Procedura principale, procedure secondarie e coordinamento tra le varie procedure.

La procedura principale è disciplinata dallo stato in cui l’impresa ha il suo centro d’interessi principale.

È disciplinata dalla legge dello Stato in questione per quanto riguarda gli effetti, i presupposti, e lo svolgimento, tranne che per deroghe necessarie in caso di esigenze pubbliche, rapporti di lavoro e le altre cause riportate negli articoli 5-15 del regolamento.

Le procedure secondarie sono sempre di liquidazione e si svolgono in parallelo con quella principale e riguardano esclusivamente i beni che si trovano nello Stato membro nel quale si svolge la procedura.

Queste procedure si possono instaurare anche prima di quella principale se ci siano impedimenti legislativi all’apertura della procedura principale nello Stato nel quale si deve svolgere o nel caso in cui siano i creditori coinvolti nella procedura secondaria a richiederlo.

Nei curatori delle procedure c’è un obbligo d’informazione e di coordinamento, ogni creditore può insinuare il proprio credito nelle procedure nella misura in cui ciò può essere utile ai creditori della procedura in cui si insinua.

Dott.ssa Concas Alessandra

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