Le modalità da seguire nel riconoscimento dei figli

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Nella società attuale si riscontra un aumento del numero di figli nati fuori del matrimonio, i quali devono essere riconosciuti dai genitori per potere acquistare il relativo stato.

Se il riconoscimento da parte dei genitori avviene in modo congiunto, vale a dire, in contemporanea, il bambino acquisterà lo stato di figlio di entrambi e gli verrà attribuito il cognome paterno, in modo analogo a quello che avviene per i figli nati da persone sposate.

Definizione e relative norme

Il riconoscimento è un atto formale a carattere dichiarativo, unilaterale e personale, con il quale il genitore dà atto della sussistenza di un rapporto di filiazione naturale con un determinato soggetto.

Di solito viene fatto nell’atto di nascita del figlio, ma la legge consente di poterlo fare anche in un momento successivo, attraverso una dichiarazione resa davanti a un ufficiale di stato civile o in un atto pubblico, oppure, in un testamento (art. 254 c.c.).

Il genitore che riconosce il figlio deve avere compiuto sedici anni, salvi i casi nei quali il tribunale autorizzi, nell’interesse del figlio e una volta che ha valutato le circostanze, il riconoscimento da parte del minore di sedici  anni (art. 250 c.c.).

Il riconoscimento può essere effettuato anche dal genitore che al tempo del concepimento era sposato con un’altra persona (art. 253 c.c.).

Non può essere riconosciuto un figlio che abbia un determinato stato, ad esempio perché  riconosciuto da madre e padre biologici o perché nato da genitori sposati (art. 256 c.c.).

Il riconoscimento quando viene effettuato, non può più essere revocato.

Qualunque clausola rivolta a limitare gli effetti fatti derivare da parte della legge, vale a dire quelli che derivano dal rapporto di filiazione, viene sanzionata con la nullità (art. 257 c.c.).

È nulla la clausola che preveda l’esonero dagli obblighi di mantenimento o l’esclusione del figlio dai diritti successori, oppure, che subordini l’efficacia dello stesso se si dovesse verificare un determinato evento, come l’accertamento della paternità attraverso l’esame del Dna.

Il riconoscimento è un atto rivolto al significato giuridico di un fatto, vale a dire un legame che esiste tra il genitore e il figlio.

Non si esclude che si possa riconoscere un figlio non proprio.

Le conseguenze sono diverse, a seconda che fosse o non fosse conosciuto dal soggetto che effettua il riconoscimento.

La legge prevede diverse ipotesi di impugnazione del riconoscimento.

Quella per difetto di veridicità può essere invocata, con i relativi limiti di tempo previsti, anche da parte dell’autore del riconoscimento, ad esempio, quando scopre di essere stato impotente al tempo del concepimento e che il figlio riconosciuto non è il proprio figlio biologico.

In che modo effettuare il riconoscimento successivo

Il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, si può effettuare sia in modo congiunto da parte della madre e del padre, sia separatamente.

Nella seconda ipotesi, sono presupposti logici e giuridici che uno dei due genitori provveda ad effettuare il riconoscimento prima dell’altro.

Se una simile circostanza si dovesse verificare, l’altro genitore non potrà effettuare in autonomia il riconoscimento del figlio, essendo necessario il consenso del genitore che per primo lo ha riconosciuto.

La legge fa subordinare il riconoscimento, che è un atto libero del soggetto, alla volontà e al potere  del genitore che per primo ha riconosciuto come suo il figlio, potendo discrezionalmente consentire oppure opporsi al riconoscimento da parte dell’altro genitore.

Nella maggior parte dei casi, è il padre del bambino che si trova nella situazione di dovere chiedere e ottenere il consenso della madre che ne ha fatto in precedenza il riconoscimento.

Quando la madre concede il suo consenso, il padre potrà procedere al riconoscimento del figlio.

I due genitori si devono recare presso il Comune di residenza del figlio e il padre deve dichiarare davanti all’ufficiale di stato civile la volontà di riconoscere il figlio con l’assenso della madre.

Se la madre dovesse negare il suo consenso, il padre non potrà provvedere al riconoscimento del figlio e, se si recasse al Comune per effettuare l’atto, l’ufficiale di stato civile opporrebbe un diniego.

Il comportamento del padre in caso di dissenso della madre

L’articolo 250 del codice civile prevede che il genitore che si vede negare da parte dell’altro il consenso al riconoscimento del figlio, possa ricorrere al tribunale competente per territorio allo scopo di ottenere una pronuncia sostitutiva del mancato consenso.

La stessa norma prevede che se il consenso risponde all’interesse del figlio non possa essere negato.

Come in altre norme del codice, prevale l’interesse dei figli rispetto ai conflitti e alle ragioni dei genitori che possono avere determinato il rifiuto al secondo riconoscimento.

Non costituiscono validi motivi di opposizione i rapporti conflittuali tra i genitori, oppure, ad esempio, la circostanza che il padre sia stato assente durante la gravidanza o anche nei primi mesi di vita del bambino, o che sia un soggetto pregiudicato, purché condannato per reati di natura diversa dalla violenza privata o domestica oppure a danno di minori.

L’opposizione al riconoscimento può essere accolta quando il riconoscimento possa costituire un pericolo o un grave pregiudizio per il figlio, come quando il padre faccia continuo utilizzo di alcol o sostanze stupefacenti, se sia autore di violenza sessuale a danno di minori, o di reati simili, oppure se la madre affermi che il richiedente non sia il padre biologico del bambino e gli eventuali accertamenti eseguiti durante il giudizio lo confermino.

Se il minore che deve essere riconosciuto ha compiuto quattordici anni,  siccome il riconoscimento produrrà effetti che rilevano nella sfera giuridica dello stesso e la sua identità risulta  formata, la legge prevede che il riconoscimento non possa produrre effetti senza il consenso dello stesso minore.

Con i limiti e le modalità delle quali si è scritto in precedenza, si può evidenziare che non esiste un tempo prestabilito per effettuare il riconoscimento, perché lo stesso può essere effettuato anche in un atto di ultima volontà, vale a dire, una disposizione testamentaria.

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