Le ispezioni dei e sui veicoli

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Abstract
È ormai noto a tutti, che il trasporto “su gomma”, rappresenta in Italia il principale mezzo di trasporto delle merci e delle persone. Sol se si pensa al fenomeno della c.d. globalizzazione di massa e, conseguentemente, alla migrazione delle genti, è del tutto evidente che ogni veicolo è vettore potenziale di qualsivoglia tipo di “fattore di rischio”, sino a quelli di più elevato allarme sociale, quale quello riconducibile al terrorismo internazionale (armi da guerra, materiali esplodenti e/o radioattivi, kamikaze, ecc.) sol per dirne uno.
Dunque, dall’ispezione di un veicolo, può derivare sì, il controllo del medesimo finalizzato alla mera verifica della sua idoneità alla circolazione stradale (quindi, per finalità di polizia stradale) ma, non da meno, per fini di prevenzione (quindi, di polizia della sicurezza) o di repressione (quindi, di polizia giudiziaria).
Senza con ciò dimenticare che ogni mezzo di trasporto non ha le caratteristiche tipiche del luogo di privata dimora, proprio in relazione alla funzione del mezzo, che è quella di trasferire da un luogo ad un altro cose o persone, quali il proprietario o il possessore del mezzo e gli eventuali ospiti degli stessi; solo in casi particolari può essere considerato tale e cioè quando sia comunque adibito al compimento – anche in modo contingente o transitorio e comunque lecito – ad atti della propria vita privata, quali manifestazioni dell’attività individuale per i motivi più diversi, dallo studio, alla cultura, allo svago, al lavoro professionale o artigianale, al commercio, all’industria, all’attività politica, ecc., quindi purché sussista l’attualità dell’uso per finalità private: così è la roulotte o il camper adibito permanentemente dal nomade ad abitazione, o precariamente dallo sfollato o dal turista, la barca per il navigatore anche occasionale, la cabina del camion per l’autista che si ferma a riposare, al limite l’autovettura in cui lo sfrattato o il barbone trascorre la notte (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 12 marzo 2001, n. 10095).
Ciò in relazione a quanto previsto dall’art. 14 della Costituzione e tenuto conto del fatto che l’abitacolo degli autoveicoli, che costituiscono semplici mezzi di trasporto, non è assimilabile al domicilio (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 1 dicembre 2003, n. 2845).
TECNICHE DI POLIZIA
Ricordo che durante la mia frequentazione del Corso di Allievi Guardia della Polizia di Stato, nel lontano 1981 e quindi sul finire dei c.d. “anni di piombo”, uno dei nostri istruttori era solito invitarci a vigilare ed a trattare il nostro utente, al pari di un comune delinquente. Concetto questo, che se non estremizzato a veri e propri livelli di abuso, è sicuramente da ricondurre ad un detto popolare toscano e cioè: meglio aver paura, che toccarne!
In una parola, ogni qualvolta si procede ad un controllo di polizia stradale, si deve sempre aver in mente che chi fermiamo sa chi ha di fronte, sa perché è lì, sa che cosa può rischiare in conseguenza del controllo ed in tal caso, è ben probabile che si predisponga anche a difendersi ([1]); all’opposto, chi effettua il controllo non conosce il soggetto controllato, non sa perché si trova lì ed anzi, provvede a fermarlo proprio con questo scopo ovvero per contestargli un qualche illecito.
Ciò detto, proviamo ad evidenziare alcune “tecniche di polizia” (passive ed attive) atte a tutelare l’operato dell’organo di controllo e dei “civili” eventualmente presenti al controllo medesimo ([2]).
Intanto, quelle basilari derivano proprio dagli obblighi previsti dal nuovo codice della strada ovvero quelli che comportano l’uso dei c.d. dispositivi di protezione individuale (d.p.i.) di cui all’art. 43 del citato codice e, più specificatamente, dall’art. 183 del relativo regolamento di esecuzione e dal disciplinare tecnico approvato con d.M. 9 giugno 1995, al cui approfondimento si rimanda il lettore. In tal senso, è del tutto evidente che l’agente preposto al traffico deve essere ben visibile, anche al fine di evitare che l’utente della strada, in caso di investimento, invochi a sua discolpa proprio la non visibilità dell’agente investito, con potenziale corresponsabilità dell’agente stesso nella causazione dell’evento; non da meno, il mancato indennizzo da parte dell’istituto assicurativo pubblico e/o privato, per un rischio non previsto in polizza: appunto, la presunta non visibilità dell’agente sprovvisto dei prescritti d.p.i. ([3]).
Quanto alla corretta intimazione dell’alt da parte degli organi di polizia stradale, l’art. 12 del regolamento su citato prevede le varie forme di intimazione a terra con (comma 2) o senza uniforme (comma 3) ovvero quando non sono in uniforme e si trovano a bordo del veicolo di servizio o privato (comma 5): in una parola, la necessità di esibire sempre il segnale distintivo di polizia stradale (c.d. paletta), per non essere scambiati per comuni delinquenti, con tutto ciò che ne potrebbe derivare.
Sulla tecnica operativa da utilizzare tra veicoli in movimento, taluni ritengono che sia da evitare l’affiancamento del veicolo che precede, per evitare il possibile raggio di fuoco, se non con l’unico scopo di intimare l’alt. Quindi, quando ciò è possibile e dopo essersi qualificati nei termini sopra detti, ci si pone a tergo del veicolo da controllare, con proiettori accesi, invitando gli occupanti del veicolo a porre le mani sulla superficie interna del padiglione. Prima di procedere ad ogni controllo, è sempre opportuno avvisare in merito la centrale operativa e comunicare il luogo di controllo, il tipo di veicolo e la targa del veicolo da controllare. L’autista ed il gregario affiancano quindi il veicolo dai due lati opposti, mentre il terzo uomo, “copre” da tergo i colleghi, mantenendo il costante contatto radio con la centrale operativa.
Se l’intimazione dell’alt avviene da terra, è sempre opportuno che l’agente eviti di porsi sulla carreggiata ma, sempre sul lato esterno di questo, sì da evitare ogni possibile investimento. In tal caso, è sempre da evitare che il personale di polizia operi in gruppo, al fine di evitare una possibile aggressione dell’intera compagine. Il veicolo da controllare deve superare l’agente, in modo tale che questi possa procedere al controllo procedendo da tergo e lungo le fiancate dello stesso; l’autista è pronto a partire, in caso di fuga imprevista. A tal fine, prima di procedere al controllo, si invita il conducente a spengere il motore, mentre chi mantiene i contatti con la sala radio comunica il luogo del controllo, le caratteristiche del veicolo e la targa.
Nel richiedere i documenti di guida, si deve evitare di porci di fianco al conducente, esponendogli il corpo, al fine di controllarne meglio i movimenti e, comunque, in modo tale da evitare una possibile reazione con arma da fuoco corta: dunque, ci si pone all’altezza del montante centrale e comunque alle spalle del soggetto controllato e, se del caso, si suggerisce all’autista di mantenere la mano sinistra sullo sterzo, mentre con l’altra presenta i documenti.
Durante tutta la fase del controllo documentale, almeno un componente della pattuglia, in posizione protetta, controlla gli occupanti del veicolo o quelli eventualmente a terra ([4]). In relazione a questo tipo di controllo possono verificarsi situazioni anche particolarmente complesse, in relazione alla personalità giuridica ed ai precedenti del fermato.
Esaurito il controllo documentale, si passa all’ispezione del veicolo che, solitamente, deve avvenire con particolare cautela, soprattutto quando si procede ispezionando ambiti normalmente nascosti, quale la bauliera, cofanetti e simili. In tali casi, si manterrà sempre una posizione atta ad immobilizzare il soggetto controllato, nel caso questi riesca ad afferrare un’arma occulta od altro oggetto atto ad offendere, evitando con ciò l’effetto sorpresa ([5]).
ISPEZIONI DI POLIZIA STRADALE
Abbiamo ritenuto di fornire questi suggerimenti, senza alcuna pretesa di esaustività, ma solo per porre l’operatore di polizia nella condizione di adottare quel minimo di cautele – almeno a livello di presa di coscienza del potenziale rischio professionale che deriva dal controllo, superabile con la “tecnica” del metodo sistematico – atte a prevenire potenziali danni alla persona.
Procederemo, adesso, a riflettere sulle situazioni giuridicamente rilevanti che consentono all’operatore di polizia di procedere a singoli ispezioni reali sugli autoveicoli.
L’ispezione di polizia stradale è prevista dall’art. 192, comma 3, del d. Lgs. 285/92 ed è finalizzata a verificare l’osservanza delle norme relative alle caratteristiche e all’equipaggiamento del veicolo medesimo. Ovviamente, l’ispezione interna del veicolo (cioè quella inerente l’abitacolo o la bauliera) dovrà essere sempre giustificata dall’esigenza di verificare l’efficienza di tali dispositivi (ad esempio, la presenza e la funzionalità delle cinture di sicurezza,…) o la presenza dei medesimi (ad esempio, il c.d. “triangolo”,…) ed in caso di rifiuto, sarà applicata la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 6 del medesimo articolo: in ragione di quanto previsto dall’art. 9 della legge n. 689 del 1981 è da escludersi l’applicazione della pena prevista dall’art. 650 c.p. Peraltro, in tal caso e nei limiti previsti dal c.p.p., è comunque possibile procedere coattivamente all’ispezione del veicolo ed ogni altra operazione tecnica, ai sensi dell’art. 13 della legge da ultimo citata.
ISPEZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA
A tal fine, è opportuno soffermarci adesso in che cosa consistono tali limiti, anche tenuto conto della circostanza del fatto che da tale ispezione potrebbero derivare conseguenze che nell’un caso sono da annoverare tra i c.d. “fatti storici” (si pensi all’occasionale rinvenimento di strumenti da scasso), mentre, nell’altro caso, sono da considerare vere e proprie ispezioni di p.g. (si pensi al soggetto controllato SDI, che risulti pregiudicato per delitti contro il patrimonio e del quale si sospetti possa occultare strumenti da scasso).
Il potere di ispezione reale (nella forma dei rilievi), deriva questa volta dall’art. 354, comma 2 c.p.p. ed in tal caso l’indagato (in quanto, in questo caso, ci troviamo dinanzi ad un’attività ispettiva, tipicamente processuale) è prontamente informato che sono in corso indagini nei suoi confronti, per le quali è prevista l’assistenza del difensore di fiducia, senza che questi debba essere preventivamente avvisato dall’organo di polizia (art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. Att.): delle notizie e delle indicazioni assunte senza l’assistenza del difensore sul luogo o nell’immediatezza del fatto è vietata ogni documentazione (art. 350, comma 6, c.p.p.), salvo che le medesime possano essere considerate dichiarazioni spontanee (art. 350, comma 7, c.p.p.).
Degli esiti del rilievo è redatto contestuale verbale integrale, nel quale sono menzionati gli avvisi di cui sopra, le persone intervenute, le operazioni effettuate, i risultati ottenuti, ecc..
Val la pena di evidenziare che come sottolinea la Felicioni ([6]) anche tali simili rilievi si qualificano come atti d’indagine irripetibili e che in considerazione di tale caratteristica, e del fatto che trattasi di accertamenti il cui esito fruttuoso dipende in buona misura dall’effetto sorpresa, si comprende la scelta legislativa di predisporre meccanismi che tutelano, oltre al diritto di difesa, anche l’efficacia delle indagini. L’assistenza difensiva è dunque facoltativa e non preceduta da preavviso, proprio perché le operazioni, se inattese, hanno più probabilità di sortire esito positivo.
Il verbale di ispezione non deve essere convalidato dal pubblico ministero ma, esigenze di garanzia, impongono alla p.g. di depositare il verbale medesimo nella segreteria del P.M. non oltre il terzo giorno dal compimento dell’atto – salvo che si proceda per un reato punibile a querela della persona offesa, in conseguenza della quale la trasmissione del relativo verbale avviene a richiesta del P.M. (D’Ambrosio-Vigna) – con facoltà per il difensore di esaminarlo e di estrarne copia. Quando non è stato dato avviso del compimento dell’atto, al difensore è immediatamente notificato l’avviso di deposito e il termine decorre dal ricevimento della notificazione (art. 366 c.p.p.).
PREVENZIONE E REPRESSIONE DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E TRAFFICO DEGLI STUPEFACENTI
La legislazione speciale preordinata a prevenire e reprimere fenomeni di criminalità organizzata, di cui alla legge n. 55 del 1990 ed il traffico delle sostanze stupefacenti, di cui al d.P.R. n. 309 del 1990, prescinde, evidentemente, dall’acquisizione di una notizia di reato e, come tale, prevede forme di vigilanza amministrativa “extraprocessuali”.
In specie, l’art. 27 della citata legge 55, prevede la possibilità di procedere ad ispezioni di mezzi di trasporto, bagagli ed effetti personali, a condizione che:
sia in corso un’operazione di polizia per la prevenzione e la repressione dei delitti di criminalità organizzata, quali gli artt. 416-bis, 648-bis, 648-ter, 628, comma 3, 629, comma 2, 689-bis e 630 c.p. ([7]);
sia esistente il fondato motivo di ritenere che tramite l’ispezione sia possibile rinvenire armi, munizioni, esplosivi o denaro e valori provenienti dai delitti di criminalità organizzata.
Con ciò, la norma in esame amplia i poteri di ispezione già riconosciuti agli organi di polizia dalla legge n. 152 del 1975 in tema di armi ([8]) ed è da qualificarsi non tanto una attività di ispezione in senso tecnico quanto, piuttosto, come un atto generico di ricerca di cose pertinenti alla criminalità organizzata (D’Ambrosio-Vigna).
Ritenendo, taluno, questa pratica di polizia, come una vera e propria “perquisizione attenuata” (F. Focardi), se ne può riconoscere la natura processuale e dunque, la riconducibilità della medesima ad attività di p.g.: conseguendone, l’obbligatorietà di predisporre il relativo processo verbale su apposito modulo, da trasmettere al P.M. entro quarantotto ore dal compimento dell’atto, con l’evidente scopo di essere convalidato, nonché la necessità di rendere noto al soggetto passivo le facoltà previste dall’art. 356 c.p.p.
Analogamente, nel coevo d.P.R. n. 309, l’art. 103 prevede che gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria, nel corso di operazioni di polizia per la prevenzione e la repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, possono procedere in ogni luogo al controllo e all’ispezione dei mezzi di trasporto, dei bagagli e degli effetti personali quando hanno fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti o psicotrope. Dell’esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, trasmessi entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, li convalida entro le successive quarantotto ore: copia di tale verbale è rilasciato immediatamente all’interessato.
Va qui ricordato che l’attività di polizia giudiziaria disciplinata dall’art. 103 del t.u. delle leggi in materia di stupefacenti (d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) non concreta formale perquisizione ai sensi dell’art. 352 c.p.p., differenziandosi da quest’ultima sia per la natura e la qualità dell’intervento – definito legislativamente di controllo e ispezione -, sia per la sua specifica funzione. Infatti, mentre la perquisizione e l’ispezione previste dal codice di rito presuppongono sempre la commissione di un reato, i poteri concessi alla p.g. dal citato art. 103 d.P.R. n. 309/90 sono finalizzati anche ad attività di carattere preventivo, oltre che repressivo, ed hanno più ampio ambito (Cass. Pen., Sez. VI, 10 aprile 1996, n. 5547). Tanto che più recente giurisprudenza ha stabilito come appare evidente che la stessa perquisizione effettuata ai sensi dell’art. 103 comma 3 d.P.R. n. 309 del 1990 si differenzia da quella d’iniziativa della polizia giudiziaria disciplinata dal codice di rito per il fatto che non presuppone l’esistenza di una notizia di reato e rientra in un’attività di carattere preventivo, ma al pari di quella, seppure sia eseguita illegittimamente, non rende illegittimo l’eventuale sequestro della sostanza stupefacente e delle altre cose pertinenti al reato, all’esito rinvenute (cfr. Cass. Pen., sez. IV, 15 novembre 2005, n. 150).
ATTIVITÀ ISPETTIVE FINALIZZATE A CONTRASTARE L’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA
Analoghe conclusioni possono essere riferite alle disposizioni speciali previste dall’art. 12, comma 7 del d. Lgs. n. 286 del 1998, laddove è previsto che sempre nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto delle immigrazioni clandestine, disposte nell’ambito delle direttive adottate dal Ministero dell’Interno ([9]) di cui all’articolo 11, comma 3 della legge, gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza operanti nelle province di confine e nelle acque territoriali possono procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose trasportate, ancorché soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in relazione a specifiche circostanze di luogo e di tempo, sussistono fondati motivi che possano essere utilizzati per uno dei reati previsti dal presente articolo ([10]). Dell’esito dei controlli e delle ispezioni è redatto processo verbale in appositi moduli, che è trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, lo convalida nelle successive quarantotto ore.
CONCLUSIONI
Abbiamo voluto offrire un quadro ampio, sebbene non esaustivo, delle varie ipotesi di investigazione e di indagine che consentono alla polizia giudiziaria ed alla polizia di sicurezza, di procedere alla ispezioni dei mezzi di trasporto, finalizzata a contrastare le generiche e le specifiche attività criminali.
Elemento comune ad ogni tipo di attività, è sicuramente la redazione del relativo verbale che, a parere di chi scrive e per evitare ogni possibile eccezione, dovrebbe sempre contenere l’avviso previsto dall’art. 356 c.p.p. ed essere comunque trasmesso al competente P.M., entro e non oltre le quarantotto ore dalla sua redazione.
Evidentemente, non sta all’organo di polizia valutare se l’attività di ispezione rientra o meno in un’attività di polizia di prevenzione o di polizia giudiziaria, con tutto ciò che ne consegue. Rifacendosi alla sana tradizione popolare del “nel più ci sta il meno”, siamo quindi dell’avviso che il richiamo a specifiche norme di garanzia processuali (ma se vogliamo, anche di deontologia professionale e di ampio rispetto delle libertà altrui), sebbene “non necessarie”, non costa niente all’organo di polizia ma, sicuramente, può evitare di determinare contenziosi che possono andare solo a danno dell’attività ispettiva.


[1] Senza voler eccedere in esempi tipici da “Roma a mano armata”, basti pensare al balordo nottetempo passa col rosso, magari con veicolo privo di copertura assicurativa e che non esita a caricare sul cofano l’agente che intima l’alt, proprio nel bel mezzo della carreggiata.
[2] Con ciò non vogliamo ergersi ad istruttori di tecniche di polizia, ben consci di quanto ancora abbiamo da imparare, quanto piuttosto rivolgersi ai non pochi colleghi delle polizie locali (soprattutto i piccoli servizi locali) non troppo avvezzi a tali metodiche e quindi, potenzialmente esposti a gravi conseguenze.
[3] Qui si vuole ricordare e sottolineare che il regolamento ed il relativo disciplinare, per garantire la visibilità della polizia stradale, prevede l’uso esclusivo di rifrangenti a luce bianca o argento e soltanto taluni reparti della specialità polizia stradale della polizia di Stato, sono tenuti ad indossare indumenti con colore di fondo giallo o arancio fluororifrangenti, peraltro consigliati in particolari condizioni metereologiche (nebbia o pioggia intensa) o di luce (alba o tramonto), giacché in epoca notturna il fenomeno della fluorescenza non si verifica.
[4] In linea di massima, si suggerisce di invitare gli occupanti del veicolo a rimanere a bordo dello stesso, con le mani bene in vista.
[5] In tali casi, prima di procedere all’ispezione e ben al di là delle regole giuridiche appresso indicate, è sempre opportuno chiedere al soggetto controllato se detenga armi od altri oggetti atti ad offendere e, in caso affermativo, chiedere il titolo o la motivazione che ne consente il trasporto.
[6] P. Felicioni, Le ispezioni e le perquisizioni, GIUFFRE’ EDITORE MILANO, 2004, pagg. 376 ss.
[7] Restando quindi escluse le iniziative isolate ovvero non inquadrabili nell’ambito delle attività investigative programmate.
[8] V’è da precisare, che in questo caso si opera, evidentemente, nell’ambito di una vera e propria perquisizione finalizzata al rinvenimento di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, in relazione all’atteggiamento del fermato ed in ragione di specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo, che non appaiono giustificabili (art. 4 legge cit.). Ulteriormente, è anche il caso di segnalare che tale norma è da considerare tuttora vigente, non avendo natura di norma "processuale" e non rientrando nella previsione dell’art. 35 della stessa legge, per il quale le sole disposizioni processuali in essa contenute dovevano cessare di avere applicazione con l’entrata in vigore del nuovo c.p.p. (Cass. Pen., Sez. VI, 09 dicembre 2002, n. 1808).
[9] Tali direttive sono finalizzate a garantire le misure occorrenti per il coordinamento dei controlli di frontiera e della vigilanza marittima e terrestre.
[10] Ovvero, tutto ciò che è attinente al favoreggiamento dell’ingresso del clandestino in Italia, sia nelle forme base, che in quelle aggravate (P. Felicioni, Op. cit.)

Fontana Giovanni

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