Le garanzie assunte dal cedente in caso di cessione di partecipazioni sociali, il recente arresto del Tribunale di Roma

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La sentenza del Tribunale di Roma n. 19814/2015 del 15 settembre 2015 costituisce un’interessante decisione nell’ambito della delicata materia, spesso oggetto di serrata contrattazione tra le parti, delle garanzie assunte dal cedente in caso di cessione di partecipazioni sociali.

I temi trattati dalla pronuncia sono molteplici e il Giudice può senz’altro dirsi aver emesso un provvedimento assai significativo sia in termini di chiarezza espositiva sia in termini di puntuale inquadramento ed interpretazione del contratto di cessione di partecipazioni, anche in presenza di più orientamenti difformi sugli argomenti oggetto di disamina.

In estrema sintesi, il caso concreto ha ad oggetto un contratto di preliminare ed un contratto definitivo di compravendita di partecipazioni sociali, stipulati, rispettivamente, in data 27 novembre 2007 e in data 28 dicembre 2007, in forza dei quali una società per azioni e una persona fisica, soci, entrambi, di una società per azioni, hanno ceduto l’intero capitale della società da essi partecipata ad una società a responsabilità limitata. I cedenti hanno assunto la piena responsabilità circa qualsivoglia sopravvenienza passiva, insussistenza dell’attivo, danno, perdita e onere non indicata nella situazione patrimoniale al 24 dicembre 2007 e relativa ad atti e fatti precedenti al 28 dicembre 2007 obbligandosi a manlevare e tenere indenne l’acquirente da ogni eventuale pretesa di terzi riferibile a detti atti o fatti.

Successivamente alla cessione del pacchetto azionario, sono emerse alcune sopravvenienze passive, sorte in epoca antecedente alla cessione, in particolare, un dirigente ha azionato un procedimento con ricorso ex art 414 c.p.c. ottenendo la condanna della società al pagamento di un rilevante importo.

Con riferimento a tale episodio, l’acquirente ha citato in giudizio avanti al Tribunale di Roma la società cedente al fine di far valere le clausole di garanzia e manleva.

Il Giudice, rigettando le eccezioni proposte dalla parte convenuta, ha accolto la domanda attorea, specificatamente, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di diritto.

Anzitutto è stato rilevato che le clausole inserite in un contratto di compravendita di partecipazioni con le quali viene garantita una certa consistenza del patrimonio della società le cui quote o azioni sono oggetto di compravendita, ovvero l’assenza di sopravvenienze passive, costituiscono patti accessori al contratto di cessione e riguardano esclusivamente le parti di quel negozio; in tal guisa, la successiva alienazione a terzi della partecipazioni risulta del tutto irrilevante al fine dell’operatività di dette clausole tra le parti.

In secondo luogo, non può essere trascurato quanto ritenuto dal Giudice in merito al fatto che la garanzia con la quale il cedente si assume la piena responsabilità circa le carenze della consistenza patrimoniale della società, non deve essere necessariamente qualificata come tale al fine della sua operatività, ma è sufficiente che tale profilo si evinca inequivocabilmente dal contratto. Allo stesso modo, appare meritevole di attenzione quanto rilevato in merito al fatto che le clausole di garanzia devono considerarsi idonee a tutelare l’acquirente da passività potenziali o da attività inesistenti o minori, riferibili alla situazione aziendale esistente al momento della cessione, mentre gli eventuali oneri e sopravvenienze future, rientrando nel normale rischio di impresa, non possono che gravare sul cessionario.

Ebbene, nonostante tali precisazioni debbano considerarsi certamente degne di nota, propriamente, è in altri passaggi della decisione che il Tribunale pare svolgere gli approfondimenti più marcatamente significativi.

E’ stato infatti rilevato che la cessione delle azioni o delle quote di una società di capitali ha per oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta, pertanto, deve ritenersi che la consistenza patrimoniale della società nell’ambito della cessione di quote od azioni rilevi solo in presenza di una specifica garanzia assunta dal cedente.

Ed infatti, il vizio ed il difetto di qualità in relazione alla compravendita di partecipazioni sociali, essendo queste attributive di un insieme di diritti e obblighi in relazione alla società può attenere, in via generale, unicamente alla qualità dei diritti e obblighi che in concreto la partecipazione è idonea ad attribuire ma non riguarda, invece, il valore economico della partecipazione in quanto esso non attiene all’oggetto del contratto, ma alla sfera delle valutazioni motivazionali della parti. D’altra parte, il patrimonio sociale appartiene alla società e non ai soci, i quali non sono titolari di un diritto reale sui beni sociali e subiscono, per effetto delle perdite del capitale, solo un danno riflesso a causa della diminuzione del valore della loro partecipazione.

In altri termini, anche se sul punto possono registrarsi orientamenti contrari (si consideri, ad esempio, quanto disposto da Cassazione n. 18181 del 9 settembre 2004), il Tribunale di Roma, in aderenza all’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità e di merito, ha ritenuto che, in tali casi, al di fuori delle ipotesi di dolo, il cedente debba rispondere solo se abbia assunto una garanzia sul valore economico della partecipazione ceduta.

In via ulteriore, è stato osservato che le garanzie rilasciate in ambito di compravendita di partecipazioni societarie possono essere distinte, in base alla tecnica redazionale adottata, in molteplici categorie (garanzie sintetiche, analitiche, garanzie che salvaguardano il cessionario da generiche differenze negative determinate da eventuali minusvalenze attive o plusvalenze passive rispetto alle risultanze del bilancio ovvero garanzie che attengono, specificatamente, a determinate poste patrimoniali e così via), anche se, in linea di massima, possono individuarsi due tipi di garanzie.

Una relativa alla quota sociale oggetto del trasferimento (c.d. nomen verum) in forza della quale il cedente garantisce che la partecipazione societaria sia di sua proprietà e di poterne liberamente disporre, l’altra, connessa alla situazione patrimoniale della società (c.d. nomen bonum), in forza della quale il cedente garantisce che la partecipazione ceduta rappresenti effettivamente una determinata percentuale del capitale sociale ed un determinato valore economico risultante dal bilancio. In forza di questa seconda tipologia di garanzia viene assicurata, in altri termini, la consistenza patrimoniale e la capacità reddituale dell’impresa.

Con particolare riferimento a questa seconda tipologia di garanzia, deve essere sottolineato come si siano formati due contrapposti orientamenti. Il primo, configura detta garanzia in termini di obbligazione autonoma che deve essere valutata sotto il profilo dell’inadempimento ex art. 1218 c.c., il secondo, richiama invece la normativa sulla mancanza nella cosa venduta delle qualità promesse ex art. 1497 c.c.

La qualificazione nell’uno o nell’altro senso, lungi dal costituire una questione puramente teorica, ha decisivi risvolti pratici, in particolare, sotto il profilo della possibile applicazione o meno della disciplina sulla decadenza e prescrizione ex art. 1495 c.c.

Il Giudice, nel caso di specie, in coerenza peraltro con un recente orientamento della Suprema Corte (Cassazione n. 16963 del 24 luglio 2014), ha optato per la prima soluzione, escludendo l’applicazione della disciplina di cui all’art. 1497 c.c.

Ed infatti, gli eventi relativi alla consistenza e alla redditività della società possono incidere sul valore di mercato delle azioni, ma la corrispondenza o meno del valore del bene venduto al prezzo pattuito non attiene alle qualità intrinseche previste dall’art. 1497 c.c.

Propriamente, con le clausole in esame, le parti, al fine di assicurare che il prezzo pattuito corrisponda al valore della società di cui siano state trasferite le partecipazioni, prevedono prestazioni accessorie al trasferimento del diritto oggetto del contratto che sono volte a garantire l’esito economico dell’operazione. Pertanto, la garanzia convenzionale deve ritenersi avere un oggetto diverso da quella prevista dagli artt. 1490 e 1497 c.c.

In conclusione, pare dunque potersi affermarsi che, nel statuire sulla vicenda sottoposta al proprio esame, il Tribunale di Roma abbia trattato diversi rilevanti profili inerenti al tema delle garanzie assunte dal cedente in caso di cessione di partecipazioni sociali assumendo una decisa posizione anche in presenza di orientamenti contrapposti e aderendo, in particolare, a quell’indirizzo che considera radicalmente distinti la partecipazione societaria ed il valore economico della stessa.

Botti Alessandro

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