Le dimissioni del prestatore di lavoro alla luce della legge n. 92/2012

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Introduzione

La legge n. 92 del 28 giugno 2012, ovvero la meglio nota Riforma Fornero ha apportato delle rilevanti modifiche in campo giuslavoristico.

Tale normativa è intervenuta anche nel campo delle dimissioni del prestatore di lavoro e sulla convalida delle stesse al fine di contrastare il fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco.

Prima di procedere all’esame di quanto modificato dalla data del 18 luglio 2012, giorno di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012 pare opportuno effettuare alcune considerazioni di ordine generale sul tema.

 


1. Definizioni e nozioni generali

 

Principale causa di estinzione del rapporto di lavoro è costituita dal c.d. recesso; nel caso in cui tale recesso provenga dal datore di lavoro prende il nome di licenziamento (individuale o collettivo), mentre se proviene dal prestatore di lavoro viene definito dimissioni.

Le dimissioni sono soggette alle norme in materia di annullabilità per vizi del consenso; il lavoratore che ha rassegnato le dimissioni ha, quindi, la facoltà di chiederne l’annullamento nel caso in cui ritenga di non aver deciso liberamente.

A mero titolo esemplificativo le dimissioni possono essere annullate per violenza morale quando il prestatore di lavoro abbia rassegnato le stesse perché indotto a ciò per essere stato spesso minacciato di licenziamento illegittimo.

 

 

2. Quadro normativo di riferimento

 

L’art. 2118 c.c. riconosce ad ognuna delle parti del rapporto di lavoro la libera facoltà di recesso, fatto salvo il rispetto di un termine di preavviso.

Pertanto, il lavoratore può liberamente recedere dal vincolo contrattuale rassegnando le proprie dimissioni con una unica limitazione, ovvero il rispetto del termine di preavviso previsto dal contratto collettivo.

 

 

La disciplina del recesso del lavoratore è contenuta nel codice civile agli artt. 2118 e 2119:

 

–          se il rapporto di lavoro è a tempo determinato, le dimissioni prima della scadenza del contratto non sono ammesse a meno che non si verifichi una giusta causa.

 

–          se il rapporto è a tempo indeterminato, le dimissioni sono legittime anche se non si forniscono specifiche motivazioni; l’unico limite da rispettare è dato dal periodo di preavviso stabilito dal contratto collettivo, salvo la ricorrenza di una giusta causa.

 

 

Le dimissioni possono essere presentate in qualsiasi modo, anche oralmente, a meno che il contratto collettivo non preveda una forma particolare.

Eccezionalmente e nei casi in cui si ritiene che il lavoratore sia più esposto alle pressioni del datore di lavoro, le dimissioni sono sottoposte ad un controllo amministrativo a garanzia della effettiva volontà del lavoratore. E’ richiesta, ad esempio, la convalida della Direzione provinciale del lavoro per le dimissioni presentate dalla lavoratrice in occasione di matrimonio o durante la gravidanza fino ad un anno di vita del bambino.

Con il decreto legge n.  112/08, viene abrogata la L. 188/07 che poneva l’obbligo al lavoratore di presentare le dimissioni volontarie esclusivamente attraverso la compilazione dei modelli ministeriali o attraverso la procedura telematica.

 

 

3. Le novità della L. 92/2012: procedura di convalida  

 

La riforma della legge n. 92 del 2012, c.d. Riforma Fornero, entrata in vigore in data 18 luglio 2012,  ha introdotto, come ormai noto, alcune importanti novità in materia di diritto del lavoro e sindacale, e anche in tema di dimissioni.

Secondo la normativa in materia, infatti, le dimissioni produrranno effetti solamente nel momento in cui saranno convalidate nelle idonee sedi oppure con peculiari modalità.

Non saranno più valide, d’ora in poi, le “semplici” dimissioni presentate dal prestatore di lavoro al proprio datore, neanche nel caso in cui siano inviate con raccomandata postale.

La convalida delle dimissioni potrà essere effettuata nei seguenti modi, ovvero:

A)    il prestatore di lavoro potrà recarsi direttamente davanti alla DTL, ovvero alla direzione territoriale del lavoro o al Centro per l’Impiego, territorialmente competenti, oppure ancora presso le sedi individuate dalla contrattazione collettiva (CCNL) di riferimento, per farsi convalidare la lettera di dimissioni;

B)    il prestatore di lavoro potrà consegnare direttamente al datore di lavoro la lettera di dimissioni; questo provvederà ad effettuare la comunicazione telematica di cessazione del rapporto di lavoro al Centro per l’Impiego; entro il termine di 30 giorni  inviterà il prestatore di lavoro a presentarsi per la convalida nell’ufficio competente (1) oppure a sottoscrivere la comunicazione “CO”; si precisa che il sopra citato termine di 30 giorni è a pena di decadenza.

Per quanto concerne le dimissioni di:

1)     lavoratrice durante il periodo di gravidanza;

2)     lavoratrice e lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino;

3)     lavoratore e lavoratrice durante i primi tre anni di accoglienza del minore in affidamento o adottato (2)

la convalida dovrà essere effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro competente per territorio.

Per tali soggetti l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro è condizionata alla convalidadelle dimissioni davanti al servizio ispettivo del ministero del Lavoro competente per territorio (art. 55, c. 4, D.Lgs. 151/2001). (art. 4, c. 16-22, L. 92/2012).

In caso di dimissioni e di risoluzione consensuale dei rapporti di lavoro di tutti gli altri lavoratori e/o lavoratrici che non rientrano nelle sopra citate categorie, la convalida deve essere effettuata:

2)       tramite apposizione della firma del prestatore di lavoro sulla ricevuta al modello di cessazione del rapporto di lavoro inviato, tramite UniLav, al Centro per l’Impiego;

3)       tramite convalida presso la Direzione territoriale del lavoro competente per territorio;

4)       oppure presso il Centro per l’Impiego competente per territorio. 

Altre modalità semplificate per verificare la veridicità della data nonché l’autenticità della manifestazione di volontà del lavoratore alle dimissioni (o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro) potranno essere individuate con apposito decreto ministeriale.

E’ stato, altresì, precisato, dalla Circolare del Ministero del lavoro n. 18/2012 che non è richiesta la procedura di convalida delle dimissioni, così come evidenziata in precedenza, nonché della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, in tutte quelle ipotesi in cui tale cessazione concerna procedure di riduzione del personale svolte in sede sindacale oppure in sede istituzionale (3).

Nella ipotesi in cui non si proceda alla convalida o comunque alla sottoscrizione della dichiarazione, il rapporto di lavoro è risolto, per il verificarsi della condizione sospensiva, se il lavoratore non aderisce, entro il termine di 7 giorni dalla ricezione:

1)     o all’invito di presentarsi presso la DTL o al Centro per l’Impiego competenti per territorio, o presso le sedi individuate dal CCNL;

2)     all’invito ad apporre la sottoscrizione, trasmesso dal datore con comunicazione scritta;

3)     all’effettuazione della revoca.

L’articolo 4, comma 21, della legge n. 92/2012 prevede, infatti, che nel termine di 7 giorni dalla ricezione della comunicazione di convalida (4) il prestatore di lavoro ha facoltà di revocare (in forma scritta) le dimissioni e la risoluzione consensuale, offrendo al contempo al datore di lavoro la propria prestazione lavorativa.

Il rapporto di lavoro, interrotto per effetto del recesso, tornerà ad avere il suo normale decorso dal giorno successivo a quello della comunicazione della revoca (5).

Nella ipotesi in cui, ancora, in mancanza della convalida o della sottoscrizione della dichiarazione, il datore di lavoro non provveda alla trasmissione al lavoratore della comunicazione contenente l’invito (entro il termine di 30 giorni dalla data delle dimissioni e della risoluzione consensuale), le dimissioni devono essere considerate prive di qualsivoglia effetto.

Per il datore di lavoro che abusa del foglio firmato in bianco dal lavoratore (c.d. dimissioni in bianco)  è prevista una sanzione amministrativa di importo da E. 5.000,00 ad E. 30.000,00; sia  per l’accertamento che per l’irrogazione della sanzione sono competenti le DTL.

 

 

4. Rassegna giurisprudenziale – dimissioni –

 

La legge vieta il licenziamento della lavoratrice dall’inizio della gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino, nonché del padre lavoratore che fruisca del congedo di paternità, per la durata del congedo stesso e fino al compimento di un anno di età del bambino. Al fine di evitare che tale divieto possa essere aggirato con false dimissioni, sostanzialmente imposte, è prevista una particolare tutela.  

La risoluzione del rapporto di lavoro, infatti, è subordinata alla convalida delle dimissioni.  

In mancanza di convalida, pertanto, il rapporto di lavoro resta in essere e il (o la) dipendente deve essere riammesso in servizio.

Lo stesso vale anche in caso di adozione o di affidamento del bambino, dove la tutela opera fino ad un anno dall’ingresso del minore in famiglia.

La Corte, dunque, fa notare come la legge richieda sì la convalida delle dimissioni rassegnate dal lavoratore padre entro il primo anno di vita del bambino, ma solo se il lavoratore fruisca del congedo di paternità. Cass. civ. sez. lav., 11 luglio 2012, n. 11676

 

 

 

Nel rapporto di lavoro a tempo determinato il dipendente non può legittimamente rassegnare le dimissioni prima della scadenza del termine se non per giusta causa, ma il difetto di giusta causa delle dimissioni non determina la nullità o l’inefficacia del recesso, con il conseguente diritto alla riammissione in servizio ed al pagamento delle retribuzioni sino alla scadenza del contratto, dando viceversa alla controparte il diritto al risarcimento del danno qualora sia in grado di provare che la brusca ed immotivata cessazione del rapporto abbia compromesso l’attività aziendale. Cass. civ., 23 aprile 2012,  n. 6342

 

In caso di dimissioni date dal lavoratore in stato di incapacità naturale, il diritto a riprendere il lavoro nasce con la sentenza di annullamento ex art. 428 c.c., i cui effetti retroagiscono al momento della domanda, stante il principio secondo cui la durata del processo non deve andare a detrimento della parte vincitrice. Solo da quel momento nasce il diritto alla retribuzione. Cass. civ., 14 aprile 2010, n. 8886, in D&L, 2010, con nota di Nicola Coccia, Annullamento delle dimissioni e diritto alle retribuzione pregresse, 579

 

Nel regime del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione successivo all’entrata in vigore del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, l’atto di dimissioni è negozio unilaterale recettizio, come nel rapporto di lavoro privato disciplinato dalle norme codicistiche, idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui venga a conoscenza del datore di lavoro, indipendentemente dalla volontà di quest’ultimo di accettarle. Ne consegue che la successiva revoca delle stesse è inidonea a eliminare l’effetto risolutivo che si è già prodotto; salva, in applicazione del principio di libertà negoziale, la facoltà delle parti di stabilire consensualmente di porre nel nulla le dimissioni con conseguente prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto stesso. L’onere di fornire la dimostrazione di tale contrario accordo è a carico della parte che vi ha interesse (nella specie il lavoratore). Cass. civ., 10 febbraio 2009, n. 3267,  in Lav. nelle P.A., 2009, 145

 

Non sussiste “giusta causa” di dimissioni, né sussiste il conseguente diritto alla percezione dell’indennità di mancato preavviso, nel caso del docente che si dimetta dall’incarico per divergenze con la scuola in merito all’educazione e al percorso di istruzione di un alunno “difficile”. Nel “bagaglio professionale” di un docente di scuola media non possono mancare doti di pazienza e tolleranza, oltre a specifiche conoscenze psico-pedagogiche dell’età evolutiva. Uno dei compiti dell’Istituzione scolastica e del suo corpo docente è quello di assicurare, nella prima fa di “approccio” degli alunni alla nuova realtà scolastica, oltre agli aspetti strettamente didattici, anche un graduale inserimento e un crescente conformarsi dei comportamenti agli standard minimi necessari per un proficuo lavoro di apprendimento. (Nel caso di specie, si trattava di un docente in contrasto con le scelte degli organi direttivi e collegiali dell’Istituzione presso cui prestava servizio, relativamente alle problematiche educative e disciplinari create da un alunno con forti difficoltà d’inserimento. La Corte ha appurato, tralaltro, che le iniziative adottate dalla scuola, contestate dal ricorrente, avevano consentito di raggiungere risultati ampiamente positivi, migliorando i comportamenti e i risultati scolastici dell’alunno. Nel caso in esame, inoltre, non esisteva, al contrario di quanto sostenuto dal ricorrente, alcun rischio per l’integrità psico-fisica del docente). Cass. civ., 29 gennaio 2008, n. 1988,  in Lav. nelle P.A., 2008, 407

 

In caso di dimissioni per giusta causa da contratto a tempo determinato, il risarcimento del danno subito dal lavoratore è commisurato alle retribuzioni che allo stesso sarebbero spettate sino al termine di scadenza del contratto stesso. Cass. civ.,  8 maggio 2007, n. 10430, in D&L, 2007, con nota di Lorenzo Franceschinis, La prova della giusta causa di dimissioni attraverso registrazione del datore di lavoro: ragionamenti sulle conseguenze delle dimissioni ante tempus, 875

 

Manuela Rinaldi 
Avvocato foro Avezzano Aq – Dottoranda in Diritto dell’Economia e dell’Impresa Università La Sapienza, Roma, Proff. Maresca – Santoro Passarelli; Tutor di Diritto del Lavoro c/o Università Telematica Internazionale Uninettuno (UTIU) Docente prof. A. Maresca; Docente in corsi di Alta Formazione Professionale e Master e in corsi per aziende; già docente a contratto a.a. 2009/2010 Diritto del Lavoro e Diritto Sindacale Univ. Teramo, facoltà Giurisprudenza, corso Laurea Magistrale ciclo unico, c/o sede distaccata di Avezzano, Aq

 

 

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(1)  DTL, centro per l’Impiego oppure sede stabilita dai CCNL.

(2) In caso di adozione internazionale i tre anni decorrono dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento.

(3) Quale ad esempio il tentativo di conciliazione.

(4) Sovrapponibili al periodo di preavviso lavorato.

(5) Per il periodo che intercorre tra la data del recesso e quella della revoca, qualora la prestazione di lavoro non venga svolta,il lavoratore non ha diritto ad alcuna retribuzione.

Rinaldi Manuela

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