Le controversie relative a cause di incandidabilità rientrano nella giurisdizione del GA, riguardando posizioni soggettive ben diverse da quelle nelle quali si fa questione di “ineleggibilità”.

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E’ questo il principio con cui cui il TAR Lecce, con sentenza 31 maggio 2007 n. 2203, ha ritenuto sussistente la giurisdizione del GA nel caso di esclusione di un soggetto dalla candidatura per le elezioni degli Enti locali, a causa di condanna per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.).
Nel caso, secondo il TAR Salentino “non viene in rilevanza il diritto di elettorato passivo di cui all’art. 51 Cost. (secondo cui "tutti i cittadini … possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive…"), bensì l’art. 97 Cost., secondo cui "i pubblici funzionari sono organizzati .. in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione.
Avv. ****************
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA PUGLIA
LECCE
 
PRIMA SEZIONE
 
Registro Sentenze: 2203/2007
 
                                                                         Registro ********: 667/2007
 
 
nelle persone dei Signori:
 
ALDO RAVALLI                                       Presidente, relatore  
ETTORE MANCA                                     Primo Ref.
MASSIMILIANO BALLORIANI                        Ref.
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
nella dienza pubblica del 23 Maggio 2007
 
Visto il ricorso 667/2007 proposto da:
…………
 
rappresentato e difeso da:
**
con domicilio eletto in LECCE
VIA ZANARDELLI 7
presso
VANTAGGIATO ANGELO  
 
contro
 
COMMISSIONE ELETTORALE DI TARANTO  
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO
con domicilio eletto in LECCE
VIA F.RUBICHI 23
presso la sua sede
 
PREFETTO DI TARANTO 
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO
con domicilio eletto in LECCE
VIA F.RUBICHI 23
presso la sua sede;
per l’annullamento
del verbale 30 aprile 2007 della Commissione elettorale circondariale di Taranto nella parte in cui delibera la cancellazione di …………. dalla lista "Lega di Azione Meridionale" dei Candidati a consigliere comunale di Taranto per le elezioni del 27-28 maggio 2007.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’Avvocature distrettuale dello Stato;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito alla pubblica udienza del 23 maggio 2007 il relatore ****************** ed uditi per le parti l’Avv. ** e l’Avv. dello Stato *********).
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
I – Con atto della Commissione elettorale circondariale di Taranto del 30 aprile 2007 il Sig. ……… è stato escluso dalla lista dei candidati al Consiglio Comunale di Taranto "…atteso che a carico del citato candidato … ricorrono i presupposti di cui all’art. 58 comma 1 lett. a) del D.Lgs. n. 267/2000 e non è intervenuta la riabilitazione ai sensi dell’art. 178 c.p. o dell’art. 15 L. 3627/88 prevista dal comma 5 del citato art. 58".
Da ciò il ricorso depositato il 9 maggio 2007, fissato con decreto presidenziale in pari data per l’udienza del 23.7.2007, notificato l giorno successivo e definitivamente depositato l’11 maggio 2007.
All’udienza del 23 maggio 2007 il ricorso è passato in decisione insieme con la richiesta cautelare.
Alla stessa data del 23 maggio 2007 è stata data lettura della decisione di merito (Reg. dispositivi n. 1/07) e pubblicata l’ordinanza n. 458/07 in relazione alla domanda cautelare.
II – L’art. 58 comma 1 lett. a) D.Lgs 18 agosto 2000 n. 267, posto a fondamento dell’esclusione della candidatura del ricorrente dispone: "Non possono essere candidati alle elezioni comunali … e non possono comunque ricoprire le cariche di … consigliere … comunale …:
a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall’art. 416 bis del codice penale".
Che sia questa l’ipotesi ostativa alla candidatura, è emerso in sede di discussione della causa nella affermazione dell’Avvocatura dello Stato, non smentita da parte del ricorrente, che ha solo sostenuto la inconferenza, nella impostazione dell’azione, a titolo di reato, volutamente quindi non riferito nei propri scritti.
Ai fini del superamento dell’eccezione da parte dell’Avvocatura pubblica del difetto di giurisdizione del T.A.R., il Collegio ritiene rilevante il titolo di reato.
Ritiene in proposito il Collegio che quanto alla esclusione dalla candidatura per le elezioni degli Enti locali dei soggetti condannati per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.) non viene in rilevanza il diritto di elettorato passivo di cui all’art. 51 Cost. ("Tutti i cittadini … possono accedere agli uffici pubblici e alle candidature elettive…"), bensì l’art. 97 Cost. secondo cui "I pubblici uffici sono organizzati … in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione".
Rafforza tale impostazione la considerazione che l’art. 143 medesimo D.Lgs. n. 276 del 2000, nel prevedere lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso, espressamente indica che il valore tutelato è quello riconducibile all’art. 97 Cost. ("… la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali …"), cioè un valore pubblico superiore a quello individuale di elettorato di cui all’art. 51 Cost. E che sulle relative controversie vi sia giurisdizione del giudice amministrativo non v’è alcun dubbio e viene dai principi.
La giurisdizione del T.A.R. va quindi affermata considerando che "le cause ostative alla candidatura" ex art. 58 cit., riguardando situazioni già limitate per pronuncia penale, integrano posizioni soggettive ben diverse da quelle nelle quali si fa questione di "ineleggibilità" di cui ai successivi art. 60 e 61. Solo quest’ultime, infatti, interferiscono ex se e limitano in via diretta il diritto soggettivo di elettorato passivo, quale espressione dello status di cittadino.
III – Il ricorso prospetta unicamente l’eccesso di potere legislativo sotto il profilo che l’art. 58 D.Lgs. n. 267 del 2000 si porrebbe in contrasto con gli artt. 51, 1 e 3 Cost. nella parte in cui prevede che non si applicherebbe nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato solo "se è concessa la riabilitazione ai sensi dell’art. 178", escludendo quindi coloro che, come il ricorrente, hanno ottenuto la dichiarazione di estinzione della pena e di ogni effetto penale a seguito di giudizio favorevole a conclusione di affidamento in prova. In particolare si ritiene, comparativamente, la condizione nella riabilitazione eccessivamente limitativa dell’elettorato passivo, che andrebbe compreso se non con la maggiore moderazione possibile.
Il Collegio ritiene manifestamente infondati i vari profili di costituzionalità:
a) quanto al contrasto con l’art. 51 Cost., per la prevalente ragione che, come dianzi esposto, è impropriamente richiamato nel confronto di costituzionalità, in luogo dell’art. 97 Cost., che è la fonte del valore costituzionale della esclusione della candidatura in discorso;
b) quanto al contrasto con l’art. 1 Cost., per la ragione che la sovranità che appartiene al popolo, va esercitata "nelle forme e nei limiti della Costituzione"e, quindi, non irragionevolmente nel rispetto dei valori pubblici preminenti espressi con l’art. 97 Cost.;
c) quanto al contrasto con l’art. 3 Cost., per la ragione che si richiamano in confronto situazioni diverse e non confrontabili, restando comunque di proprio particolare allarme il reato per il quale il ricorrente ha subito condanna.
E’ poi sufficiente osservare che l’affidamento in prova e la riabilitazione hanno presupposti, funzione e periodo di osservazione notevolmente diversi.
Nella fattispecie non appare affatto irragionevole che l’estinzione di ogni effetto penale della condanna per il reato di cui all’art. 416 bis, per chi intendesse proporsi a candidato in elezioni amministrative, sia condizionato a "prove effettive e costanti di buona condotta" verificate in un decorso congruo di tempo di cinque anni (art. 179 c.p.).
Giova raramente che proprio a proposta di misure alternative alla detenzione per i reati ex art. 416 bis (artt. 4 bis e 47 L n. 354 del 1975), la Corte costituzione ha riconosciuto il peso delle ragioni di difesa sociale (sent. n. 357 del 1994), cui ben può aggiungersi il peso del principio di "credibilità e democraticità" delle istituzioni rappresentative per potere il Collegio ulteriormente concludere per la manifesta infondatezza nei dedotti profili di eccesso di potere legislativo.
IV – Il ricorso va, in conclusione, respinto.
Le ragioni di mero rilievo di costituzionalità dedotte consentono di disporre fra le parti la compensazione di ogni spesa di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce, Prima Sezione, definitivamente pronunciando, ritenuta manifestamente infondata la questione di costituzionalità, respinge il ricorso n. 667/07.
Spese compensate.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del 23 maggio 2007.
************ – Presidente – Estensore.
Depositata il 31 maggio 20

Matranga Alfredo

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