Le clausole vessatorie

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Le clausole vessatorie sono le clausole presenti nei contratti che producono uno squilibrio dei diritti a danno dell’altra parte.

Indice

  1. Definizione
  2. Reazione e rimedi alle clausole vessatorie

Definizione

In base alle indicazioni del Consiglio di Stato, il codice del consumo ha scorporato le leggi sulle clausole vessatorie, alle origini contenute in un capo del codice civile (art. 1469 bis e ss.), nonostante l’inserimento in un codice di settore ne potrebbe limitare l’applicazione ai casi espressamente indicati, non è stata modificata la dizione dell’articolo, che traduceva la disciplina comunitaria con “malgrado la buona fede”, mentre più corretta avrebbe dovuto essere la dizione di clausole vessatorie “in contrasto con la buona fede”.

È stata introdotta l’esplicita menzione della sanzione della nullità per le clausole abusive, come nullità di protezione rilevabile anche d’ufficio dal giudicante ma attiva esclusivamente in favore del consumatore, formula adesso introdotta a livello anche normativo.

La rilevabilità d’ufficio è uno strumento di protezione del consumatore, come è la disciplina della legittimazione all’impugnativa, estesa alle associazioni, e deve essere legata al principio della domanda.

Il consumatore si trova nell’alternativa di chiedere l’esecuzione del contratto, oppure la dichiarazione di nullità di quella sua parte che venga ritenuta abusiva.

Nella prima alternativa, si deve ritenere ammissibile la prova dell’esistenza e del contenuto dell’accordo, anche ci se questo dovrebbe essere escluso dalla disciplina della nullità, com’è per il divieto di prova per testimoni del contratto nullo per difetto di forma (artt. 2725, 2729, 2739 c.c.).

La deroga al principio di nullità è giustificata dall’essere la sanzione indirizzata non a tutela di un interesse collettivo, ma a favore di una delle parti del contratto, secondo un modello di nullità distinto da quello tradizionalmente ritenuto come monolitico, disciplinato dagli articoli 1418 e seguenti del codice civile.

La disciplina è parzialmente diversa per il caso dei contratti di credito al consumo, per i quali l’articolo 42 del codice del consumo prevede che, in caso di inadempimento del fornitore di beni o servizi, il consumatore che abbia effettuato la costituzione in mora di questi abbia diritto di agire contro il finanziatore, nel limiti del credito concesso, a condizione che vi sia un accordo di esclusiva tra fornitore e finanziatore per la concessione del credito ai clienti del primo.


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Reazione e rimedi alle clausole vessatorie

Al fine di realizzare un’efficace protezione del consumatore in caso di abusi realizzati dal fornitore professionale beni e servizi, la direttiva 93/13/CEE, del 5 aprile 1993, ha per prima cosa distinto i rimedi allo scopo esperibili tanto dal singolo consumatore quanto dalle associazioni a questo scopo costituite.

I primi agiscono in relazione ai singoli contratti conclusi dai consumatori, e sono successivi alla conclusione degli stessi, mentre i rimedi collettivi si ispirano a una funzione più collettiva e preventiva, mirando a scongiurare il pericolo che in futuro vengano conclusi contratti individuali nei quali siano incluse clausole ritenute abusive, predisposte dal contraente professionale per la serie di negozi che andrà a concludere.

L’organizzazione aziendale, la migliore conoscenza del prodotto o servizio offerto, e la standardizzazione delle controversie che potrebbero insorgere nell’esecuzione del contratto e, prima di ogni altra, la posizione di maggiore forza contrattuale, permettono al contraente professionale di individuare una serie di condizioni, a sé favorevoli e contrarie agli interessi del consumatore, alla quale sottoscrizione lo stesso può essere costretto dalla necessità di concludere il negozio, dall’indisponibilità di valide alternative, sia in termini di qualità del prodotto sia di condizioni dell’acquisto, e dalla minore consapevolezza degli effetti del negozio.

Sembra evidente come, al fine dell’effettiva tutela dell’equità di questo genere di rapporti contrattuali, siano di gran lunga più efficaci azioni preventive, e inibitorie dell’inserimento delle clausole abusive nei singoli contratti negoziati dai consumatori.

L’articolo 7 della menzionata direttiva statuisce, a questo scopo, l’obbligo per gli Stati Membri di fornire i mezzi adeguati per far cessare l’inserimento di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista ed un consumatore, permettendo a persone o organizzazioni di difesa dei consumatori di adire le autorità giudiziarie o amministrative, perché stabiliscano il carattere abusivo delle clausole rivolte a un impiego generalizzato, ed in questa ipotesi applichino i mezzi opportuni per fare cessare l’inserzione di queste clausole.

L’obbligo di adeguamento è stato assolto, dal legislatore italiano, con l’introduzione dell’articolo 1469 sexies del codice civile, oggi trasferito nell’articolo 37 del codice del consumo, che ha introdotto l’azione delle associazioni rappresentative dei consumatori, di quelle dei professionisti e delle camere di commercio, contro il professionista o l’associazione di professionisti che utilizzi le clausole vessatorie in questione, al fine di ottenere l’ordine inibitorio dell’utilizzo delle stesse, con altre previsionei di un rimedio efficace, esperibile dalle stesse associazioni, se ricorrano giusti motivi ( art. 1469 sexies, comma 2), ai sensi dell’articolo 669 bis del codice di procedura civile.

Si discute, a questo proposito, di “gestione sociale” dei contrasti tra consumatori e produttori, sul modello della sindacalizzazione dei rapporti di lavoro sperimentata negli anni ’70, contestandone l’efficacia relativa, specialmente per la mancanza di una cultura diffusa dei diritti dei cittadini consumatori, proponendo il modello alternativo delle class actions di esperienza statunitense.

Caratteristica dell’azione è la ripartizione dei risultati positivi del giudizio a favore degli appartenenti alla class, la riduzione dei costi attraverso il patrocinio di associazioni e gruppi di legali che acconsentono a subordinare la retribuzione per il proprio lavoro intellettuale al successo giudiziario, e la facoltà di uno qualunque dei cittadini che si trovino in una situazione diffusa, di farsi “rappresentante” degli interessi del gruppo, o class.

Contratti fra imprese

Anche nei contratti fra imprese, è prevista una doppia firma, per accettazione e un’altra sottoscrizione apposita in calce alle clausole vessatorie. Diversamente dai contratti con soggetti qualificabili dalla legge come consumatori, in quelli tra imprese le clausole vessatorie sono parte integrante del contratto.

La semplice sottoscrizione per accettazione senza doppia firma, rende il contratto nullo e recedibile senza preavviso, oneri o penali.

La legge italiana disciplina anche modifiche o integrazioni a un contratto precedente, affermando che restano valide le condizioni, clausole vessatorie comprese, che non siano oggetto di modifica. Se la prima emissione in ordine temporale del contratto è stata confermata dalle parti contraenti in doppia firma, per le successive è necessario riconfermare le clausole vessatorie se subiscono modifiche.

Diversamente, le clausole vessatorie sono valide anche per le successive varianti che hanno un’unica firma per accettazione.

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