L’azione revocatoria

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La revocatoria è un mezzo legale di conservazione della garanzia patrimoniale disciplinato dall’articolo 2901 del codice civile.

Consiste nel potere del creditore (revocante) di agire in giudizio per fare dichiarare inefficace, nei suoi confronti, gli atti di disposizione patrimoniale con i quali il debitore arrechi pregiudizio alle sue ragioni.

Sono suoi presupposti il credito del revocante, il pregiudizio arrecato dall’atto dispositivo del debitore alle ragioni del creditore, la conoscenza di questo pregiudizio da parte del debitore e, se l’atto è a titolo oneroso, la conoscenza del pregiudizio anche da parte del terzo.

L’atto compiuto prima della nascita del credito può essere revocato se sussiste la preordinazione dolosa.

Sono oggetto dell’azione gli atti che causano la perdita o la limitazione dei diritti patrimoniali del debitore o che comportano l’assunzione di passività.

Le origini dell’azione revocatoria

La revocatoria trae origine dall’Actio Pauliana, che in diritto romano veniva concessa al liquidatore del patrimonio del debitore quando i suoi beni non bastavano a soddisfare i creditori.

Consisteva in un rimedio contro gli atti fraudolenti, menzionato nel Digesto.

L’istituto arrivato sino ai nostri giorni con tratti quasi invariati è però frutto della compilazione giustinianea, che ne ha fatto la risultante della fusione tra i rimedi classici della In integrum restitutio e dell’interdictum fraudatorium.

La funzione dell’azione revocatoria

In relazione al fondamento, per alcuni è data dal vincolo d’indisponibilità che grava sui beni del debitore, per altri si tratterebbe della sanzione di un illecito contrattuale, dell’inadempimento, da parte del debitore, di non pregiudicare i diritti del creditore a mezzo di atti dispositivi.

La sanzione colpirebbe anche l’atto compiuto dal terzo, complice del debitore.

Per altri ancora, il fondamento della revocatoria si identifica nella sua funzione.

L’azione non deriva da un diritto preesistente del creditore sui beni del debitore, ma è frutto del diritto che la legge attribuisce al creditore di tutelare il suo interesse alla conservazione della garanzia patrimoniale.

Al fine di tutelare questo interesse, la legge attribuisce al creditore un potere revocatorio, che ha la natura di un diritto potestativo, capace di rendere inefficace l’altrui atto di disposizione.

Il diritto potestativo revocatorio è a esercizio processuale, perché richiede la presenza del giudice, che è funzionale a un potere privato del creditore.

A questo proposito, non si può condividere la tesi che vede nella revocatoria un istituto processuale, sganciato dal diritto sostanziale.

I presupposti oggettivi

Per l’esperimento della revocatoria serve il credito del revocante verso chi ha compiuto l’atto da revocare.

Può essere un credito a termine, condizionato o illiquido, non serve che sia giudizialmente accertato né che l’attore sia munito di titolo esecutivo.

Serve anche il pregiudizio arrecato dall’atto dispositivo alle ragioni del creditore (eventus damni). L’atto di disposizione deve aver causato o aggravato il pericolo dell’insufficienza patrimoniale del debitore a far fronte al credito del revocante.

Il pericolo deve essere attuale e concreto, e non è escluso da un eventuale corrispettivo già realizzato dal creditore.

La valutazione dell’incapienza patrimoniale va fatta con riguardo alla posizione del revocante (che potrebbe infatti essere assistito da adeguate garanzie o prelazioni) e va valutata rispetto al tempo del compimento dell’atto dispositivo, deve poi sussistere al tempo della domanda.

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I presupposti soggettivi

A livello soggettivosi richiede la conoscenza del pregiudizio da parte del debitore, che deve essere consapevole di aver provocato, col suo atto di disposizione, una lesione alle ragioni del creditore (scientia fraudis).

La conoscenza deve avere come oggetto il pericolo attuale e concreto dell’insolvenza (periculum damni).

La prova della conoscenza è a carico dell’attore e, come per ogni stato soggettivo, può esser data per presunzioni.

Serve la conoscenza effettiva del pericolo e non la conoscibilità; si sostiene però che alla conoscenza possa essere equiparata la colpa grave del debitore e quindi la sua assoluta negligenza.

Ai fini della revocatoria, può essere necessaria anche la conoscenza da parte del terzo del pregiudizio arrecato al creditore (participatio fraudis).

Questo presupposto è essenziale quando l’atto dispositivo è a titolo oneroso.

Alla malafede è equiparata la colpa grave.

È terzo la parte dell’atto dispositivo del debitore o del suo destinatario.

La prova di questa conoscenza deve essere data dall’attore.

La conoscenza del terzo non è richiesta per gli atti a titolo gratuito, nei quali alla prestazione principale del debitore non segue una controprestazione da parte del terzo, che sono revocabili indipendentemente dalle considerazioni soggettive del destinatario.

Quando l’atto dispositivo è anteriore al sorgere del credito, la revocatoria è esperibile se l’atto dispositivo è stato dolosamente preordinato in danno del creditore, cioè è stato diretto dal debitore a pregiudicare il soddisfacimento del credito.

In questo caso, il terzo deve essere stato partecipe della dolosa preordinazione.

Al contrario, se l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, non è richiesto il dolo specifico e basta quello generico, l’atto dispositivo è compiuto con la previsione cosciente del pregiudizio del creditore.

La partecipazione del terzo alla preordinazione ricorre quando lo stesso conosceva la destinazione soggettiva dell’atto come finalizzata a creare danno al creditore (scientia fraudis).

La prova può essere data per presunzioni.

L’intento doloso non ricorre quando il debitore ha per tempo reso nota la sua condizione patrimoniale, consentendo al creditore di valutare la sua convenienza all’azione.

L’oggetto e l’ambito dell’azione

La revocatoria ha come oggetto atti di disposizione del patrimonio, cioè l’atto con il quale il debitore aliena, limita, rinunzia o modifica i diritti che gli fanno capo oppure assume passività.

I pagamenti sono irrevocabili.

Si deve però trattare di atti dovuti, che attribuiscono all’avente diritto ciò che gli spetta e che quindi non possono pregiudicare gli altri creditori.

Sono revocabili i pagamenti di debiti non scaduti.

L’anticipazione rispetto alla scadenza avvantaggia ingiustamente un creditore e pregiudica un altro, che può agire in revocatoria.

Sono revocabili anche i modi estintivi delle obbligazioni diversi dall’adempimento.

Gli effetti dell’azione

La revocatoria non ricostituisce il patrimonio del debitore, ma realizza l’inefficacia relativa dell’atto dispositivo, che diventa inopponibile al revocante ma conserva la sua efficacia verso le parti e gli altri creditori.

Se l’atto oggetto di revocazione consiste nell’assunzione di obbligazione, il revocante può agire verso il patrimonio del debitore senza la concorrenza del terzo.

Se viene revocata una vendita, il revocante può agire in modo esecutivo sul bene alienato e chiederne il sequestro.

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