L’art. 171-ter della Legge n. 633 del 1941: dal D. Lgs. n. 685 del 1994 al D. Lgs. n. 68 del 2003

Redazione 04/10/03
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di Leo Stilo

1. PREMESSA
L’art. 171-ter della legge n. 633 del 1941 ha subìto nel tempo numerose ed importanti modifiche. Lo scopo del presente studio è quello di analizzare, in modo schematico, l’effetto che le predette modifiche hanno avuto sul testo dell’articolo in commento e le principali problematiche legate all’interpretazione delle sue diverse formulazioni. Si procederà, quindi, ad una suddivisione cronologica degli argomenti, analizzando gli stessi attraverso le riforme che nel tempo sono state realizzate e dedicando contestualmente, nelle note, ampio spazio alle problematiche più interessanti che la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha dovuto affrontare.

2.LA DISCIPLINA DELL’ART. 171-TER DAL 1994 AL 2000.
L’articolo 171-ter è stato inserito nel corpo della legge n. 633 del 1941 sulla protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio dall’art. 17, comma 1, del D. Lgs. del 16/11/1994, n. 685, in attuazione della Direttiva 92/100/CEE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d’autore in materia di proprietà intellettuale così come previsto dalla legge delega del 22/02/1994, n. 146 (legge comunitaria 1993). Con questo intervento il legislatore ha voluto aggiornare le norme relative alla duplicazione e riproduzione delle opere tutelate dal diritto d’autore che più di altre apparivano coinvolte nella lotta contro un’attività criminale in frenetica espansione. Il D.Lgs. n. 685 del 1994, inoltre, ha riorganizzato [1] l’intero settore riaffermando, in materia di tutela del diritto d’autore, la centralità della legge n. 633 del 1941 [2] .
L’entrata in vigore delle nuove fattispecie penali, però, ha prodotto sin dalle prime decisioni giurisprudenziali numerosi problemi interpretativi [3]. Originariamente l’articolo, costituito da tre commi, prevedeva tre ipotesi di reato, un’aggravante ed una pena accessoria.
Le ipotesi di reato contenute nel primo comma – tutte punite con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da lire cinquecentomila a lire sei milioni – sanzionavano il comportamento di chi: a) “abusivamente duplica o riproduce a fini di lucro, con qualsiasi procedimento, opere destinate al circuito cinematografico o televisivo, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento”; b) “pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione, pone in commercio, concede in noleggio o comunque in uso a qualunque titolo a fine di lucro, detiene per gli usi anzidetti, introduce a fini di lucro nel territorio dello Stato, proietta in pubblico o trasmette per il mezzo della televisione le duplicazioni o riproduzioni abusive di cui alla lettera”; c) “vende o noleggia videocassette, musicassette od altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) ai sensi della presente legge e del regolamento di esecuzione [4]”.
Per quanto riguarda la citata aggravante, il secondo comma della prima formulazione dell’art. 171-ter così disponeva: “la pena non è inferiore nel minimo a sei mesi e la multa a lire un milione se il fatto è di rilevante gravità”; infine, il terzo comma, prescriveva che l’eventuale condanna per uno dei predetti reati comportava la pubblicazione della sentenza in uno o più quotidiani ed in uno o più periodici specializzati. Successivamente, attraverso l’emanazione del D. Lgs. n. 204 del 15 marzo 1996 (Modificazioni ed integrazioni al decreto legislativo 16 novembre 1994, n. 685, in materia di diritto di noleggio ed altri diritti connessi al diritto d’autore) venne inserito nel corpo dell’art. 171-ter il comma 3 bis: “Gli importi derivanti dall’applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dai commi 1 e 2 sono versati all’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori e autori drammatici”.
Per concludere l’esame di questi primi interventi normativi sull’art. 171-ter appare opportuno esaminare l’opinione espressa dalla Corte di Cassazione nel 1997 in merito alla possibile applicazione dell’art. 171-ter come strumento di tutela del software. La Suprema Corte, giudicando sull’applicabilità della norma in esame alla duplicazione abusiva di programmi applicativi del computer, non ha ritenuto la stessa “adattabile” poiché l’estensione della disciplina avrebbe determinato una chiara violazione del fondamentale principio del divieto di analogia in materia penale [5].

3. LA LEGGE N. 248 DEL 2000.
Il 18 agosto dell’anno 2000 il legislatore ha deciso di mutare profondamente l’assetto normativo posto a tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi al suo esercizio [6] avvertendo l’esigenza di ricostituire un nuovo equilibrio tra i diritti dell’autore e gli interessi dei fruitori del prodotto “d’autore”. La legge n. 248 del 2000, così come il D. Lgs. n. 685 del 1994, ha inteso perseguire l’obiettivo di “…riaffermare il valore centrale della legge n. 633 del 1941, aggiornando il corpo normativo originario attraverso l’interpolazione, senza alterarne la struttura. Il ricorso alla tecnica dell’interpolazione mostra chiaramente la volontà di considerare le nuove previsioni penale quale parte integrante della legge fondamentale sul diritto d’autore” [7]. Inoltre, la necessità di far fronte al dilagante fenomeno della pirateria c.d. informatica e la scelta, privata ed imprenditoriale, di diffondere sempre con maggiore intensità beni tutelati dal diritto d’autore tramite Internet, rese non più procrastinabile l’assunzione di nuove e più efficaci strategie operative. La scelta del legislatore italiano fu quella di utilizzare i delicati strumenti del diritto penale per arginare un fenomeno che viste le dimensioni e la trasversale diffusione sociale, probabilmente avrebbe richiesto, almeno per le espressioni meno gravi, la ricerca di una soluzione su un terreno diverso e più congeniale, come ad esempio il mercato con la sua rigida regola “della domanda e dell’offerta”.
La legge n. 248 del 2000 contiene ben sei articoli dedicati ad introdurre nuove fattispecie penali a tutela del diritto d’autore. In particolare l’articolo 14 sostituisce integralmente l’art. 171-ter.
Il nuovo articolo è costituito da 5 commi: i primi due contengono le diverse ipotesi di reato, il terzo prevede una diminuzione per i casi in cui il fatto è di particolare tenuità [8]; il quarto comma dispone che la condanna per uno dei reati previsti nel primo comma [9] comporti l’applicazione delle pene di cui agli artt. 30 (Interdizione da una professione o da un’arte) e 32-bis c.p. (Interdizione temporanea degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese), la pubblicazione della sentenza in uno o più quotidiani specializzati a diffusione nazionale e “la sospensione per un periodo di un anno della concessione o autorizzazione di diffusione radiotelevisiva per l’esercizio dell’attività produttiva o commerciale”; infine, il quinto comma, ricalcando il contenuto dell’originario comma 3 bis introdotto dal D. Lgs. n. 204 del 1996, dispone che gli importi derivanti dall’applicazione delle sanzioni pecuniarie delle ipotesi di reato di cui al 1 e 2 comma siano versati all’Ente nazionale di previdenza e assistenza per i pittori e scultori, musicisti, scrittori e autori drammatici.
A sua volta, il primo comma è suddiviso in 6 lettere, ognuna delle quali prevede una specifica ipotesi di reato. Le diverse fattispecie, tuttavia, sono legate da alcuni elementi comuni: 1) il fine di lucro che teleologicamente deve caratterizzare l’agire del soggetto attivo; 2) l’esclusione esplicita della rilevanza penale di tutte quelle ipotesi che, sebbene perfezionino i diversi elementi della fattispecie penale descritta nel suddetto comma, vengono commesse per uso personale; 3) la pena prevista per i suddetti reati. Le prime due ipotesi, lett. a) e b), sono frutto di uno sdoppiamento della lett. a) della precedente formulazione dell’art. 171-ter. In entrambe: 1) vi è la presenza dell’avverbio “abusivamente” che riesce a caratterizzare, in modo deciso, le diverse condotte; 2) le condotte penalmente sanzionate sono riconducibili all’azione di chi duplica, riproduce, trasmette o diffonde in pubblico con qualsiasi procedimento[10]. Diversi, invece, sono gli oggetti della tutela: la prima ipotesi di reato contenuta nella lett. a) del primo comma dell’art. 171-ter è diretta a tutelare le opere dell’ingegno destinate “al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento”; la seconda ipotesi contenuta nella lett. b) è diretta a tutelare le “opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico-musicali, ovvero multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati”.
Proseguendo nell’esame dell’articolato, l’ipotesi contenuta alla lett. c) del primo comma dell’art. 171-ter sanziona penalmente chi pur non avendo concorso all’attività di duplicazione o riproduzione indicate alle lett. a) e b) tuttavia introduce le suddette duplicazioni o riproduzioni abusive nel territorio dello Stato oppure le detiene per la vendita o la distribuzione, le distribuisce, le pone in commercio, le concede in noleggio o comunque le cede a qualsiasi titolo, le proietta in pubblico, le trasmette a mezzo della televisione con qualsiasi procedimento, le trasmette a mezzo della radio o, infine, le fa ascoltare in pubblico [11]. Il legislatore con quest’ultima norma ha inteso colpire, in modo specifico, ogni singolo momento del circuito imprenditoriale che si sviluppa nelle fasi successive alla realizzazione del prodotto illecito. In altre parole, la norma tende a colpire le varie anime di quella economia che si fonda sulla circolazione di beni e servizi “pirata” e che si è andata nel tempo formandosi e specializzandosi. Di particolare complessità è la descrizione del reato contenuta alla lett. d) del primo comma dell’art. 171-ter [12]. In primo luogo, la norma è diretta a punire una serie di comportamenti, di natura commerciale, su determinati beni in violazione delle norme sull’apposizione del contrassegno della Società italiana degli autori ed editori (SIAE). In particolare è punito chiunque “detiene per la vendita o la distribuzione, pone in commercio, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della radio o della televisione con qualsiasi procedimento, videocassette, musicassette, qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della presente legge, l’apposizione di contrassegno da parte della Società italiana degli autori ed editori (SIAE), privi del contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatto o alterato”. La lett. d), infine, si chiude predisponendo una meccanismo di “tutela avanzata” [13] teso a punire il comportamento di chi “produce, utilizza, importa, detiene per la vendita, pone in commercio, vende, noleggia o cede a qualsiasi titolo sistemi atti ad eludere, a decodificare o a rimuovere le misure di protezione del diritto d’autore o dei diritti connessi”.
Le successive due ipotesi del primo comma dell’art. 171-ter hanno in comune di occuparsi in modo specifico del settore televisivo contribuendo a creare e rinforzare il sistema normativo posto a tutela di un settore che si è rivelato strategico per l’intera economica nazionale. L’ipotesi contenuta nella lett. e) è tesa a punire chi in assenza di uno specifico accordo con il distributore, “ritrasmette o diffonde con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato” [14]. In altre parole, la norma sanziona tutti quei comportamenti che possono arrecare un danno alle aziende fornitrici di un servizio televisivo criptato [15], attraverso la diffusione o la ritrasmissione del servizio, in mancanza di un accordo specifico. Per rendersi conto dell’entità della posta in gioco è sufficiente pensare alla dimensione economica dei diritti legati alle partite di calcio e alla loro trasmissione tramite la c.d. tv a pagamento.
La successiva ipotesi contenuta nella lett. f) è rivolta a punire tutte quelle attività prodromiche all’utilizzazione illecita di un servizio criptato; la norma sanziona, infatti, il comportamento di chi: “introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita o la distribuzione, distribuisce, vende, concede in noleggio, cede a qualsiasi titolo, promuove commercialmente, installa dispositivi o elementi di decodificazione speciale che consentono l’accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del canone dovuto”.
L’analisi dell’art. 171-ter procede ora con l’esame del secondo comma, anch’esso come il primo suddiviso in più lettere.
Le pena prevista per le diverse ipotesi è la reclusione da uno a quattro anni e la multa da cinque a trenta milioni di lire. Nella nuova formulazione, a differenza delle precedente versione dell’art. 171-ter, le ipotesi aggravate sono suddivise in tre distinte disposizioni tese a punire chi: “a) riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi; b) esercitando in forma imprenditoriale attività di riproduzione, distribuzione, vendita o commercializzazione, importazione di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi, si rende colpevole dei fatti previsti dal comma 1; c) promuove o organizza le attività illecite di cui al comma 1”.

4. Il D. Lgs. N. 68 DEL 2003.
Con il recente D.Lgs. n. 68 del 2003 il legislatore ha modificato nuovamente alcuni aspetti della legge n. 633 del 1941 dando attuazione alla Direttiva 2001/29/CE sulla armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione [16]. La Direttiva ha guidato, in modo deciso, la penna del legislatore italiano che con il suddetto intervento normativo ha inteso attuare i principi fissati nei “considerando” n. 5 e n. 9 [17], la cui lettura offre un’interessante e privilegiata chiave interpretativa della riforma in esame. Le nuove norme, tuttavia, non hanno sconvolto l’impianto delle sanzioni penali creato dalla legge n. 248 del 2000, viceversa appaiono orientate ad adeguare gli stessi strumenti alla nuove realtà normative e tecnologiche che nel frattempo sono andate tumultuosamente formandosi. L’articolo del predetto D. Lgs. che rileva maggiormente ai fini della presente trattazione è il 26. Con quest’ultimo viene modificato, ancora una volta, l’art. 171-ter della legge n. 633 del 1941. L’intervento si può sinteticamente ridurre ad una modifica del primo comma attraverso una nuova formulazione della lettera d) e l’aggiunta delle lettere f-bis) e h). Prima di procedere all’esame della riforma si ricorda, inoltre, che tutte le ipotesi di reato previste dal primo comma dell’art. 171-ter hanno in comune il fatto di sanzionare, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinque a trenta milioni di lire le condotte indicate solo se il fatto è commesso per uso non personale e a fini di lucro. Per quanto riguarda la lett. d) del primo comma, quest’ultima è sostituita da una disposizione che prescrive la punizione di chi: “…d) detiene per la vendita o la distribuzione, pone in commercio, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della radio o della televisione con qualsiasi procedimento, videocassette, musicassette, qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della presente legge, l’apposizione di contrassegno da parte della Società italiana degli autori ed editori (SIAE), privi del contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatto o alterato”. Come si può evincere da una rapida lettura della stessa disposizione prima della riforma, la novità consiste nell’aver soppresso l’ultima parte della lettera d) dedicata a sanzionare la produzione, utilizzazione, importazione, detenzione per la vendita… di quei sistemi atti ad eludere, a decodificare o a rimuovere le misure di protezione del diritto d’autore o dei diritti connessi.
Per quanto riguarda l’aggiunta della lettera f-bis), il legislatore con essa intende punire la condotta di chi: “fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l’uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all’articolo 102-quater [18] ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l’elusione di predette misure. Fra le misure tecnologiche sono comprese quelle applicate, o che residuano, a seguito della rimozione delle misure medesime conseguentemente a iniziativa volontaria dei titolari dei diritti o ad accordi tra questi ultimi e i beneficiari di eccezioni, ovvero a seguito di esecuzione di provvedimenti dell’autorità amministrativa o giurisdizionale”.
L’ultima modifica apportata al corpo delle sanzioni penali della legge sul diritto d’autore è quella contenuta nella nuova lett. h) con cui il legislatore decide di sanzionare chi “abusivamente rimuove o altera le informazioni elettroniche di cui all’articolo 102-quinquies, ovvero distribuisce, importa a fini di distribuzione, diffonde per radio o per televisione, comunica o mette a disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti dai quali siano state rimosse o alterate le informazioni elettroniche stesse”.
Le due ultime lettere sono state inserite dall’art. 23, comma 1, del D. Lgs. 9 aprile 2003, n. 68, che ha contemporaneamente dato vita all’intero Titolo II ter (Misure tecnologiche di protezione. Informazioni sul regime dei diritti). Il predetto art. 23, a sua volta, trae origine dai trattati WIPO (World Intellectual Property Organization) adottati il 20 dicembre 1996. Il legislatore decide così di riconoscere e tutelare giuridicamente, con l’introduzione delle norme appena citate, quei particolari meccanismi tecnologici che si concretizzano in veri e propri “antifurti digitali”. Lo scopo, ancora una volta, appare quello di colpire l’intera catena economica e commerciale che si è nel tempo creata attorno alla abusiva rimozione di tutti quei meccanismi di “autotutela” che gli Autori e le varie software-house hanno posto in essere per limitare il fenomeno della “pirateria informatica”.
Il legislatore, per concludere, con la riforma in esame tenta di fornire alla macchina della giustizia italiana gli strumenti giuridici idonei a perseguire non solo il mercato dei prodotti “pirata” in cui siano state rimosse o alterate i meccanismi di tutela ma anche il mercato, altrettanto florido, di tutti quei meccanismi (beni e servizi) atti ad eludere le predette misure tecnologiche di protezione.

Leo Stilo

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NOTE

[1] Per la Corte di Cassazione, sez. III pen., sentenza 31/1/1996 (29/11/1995), n. 1027 la presunta depenalizzazione, operata dal nuovo art. 171-ter della legge sul diritto d’autore, delle fattispecie penali sanzionanti la vendita di opere musicali abusivamente riprodotte previste nell’art. 1 della legge 29/7/1981, n. 406 deve essere esclusa alla luce delle seguenti motivazioni: “… Con il D. Lgs. n. 685 del 6/11/1994, il legislatore – dando attuazione alla Direttiva del Consiglio CEE n. 92/100 del 19/11/1992 – ha inteso aggiornare e risistemare la disciplina riguardante tutta la materia della duplicazione e riproduzione di opere artistiche, musicali, cinematografiche e televisive, riconducendola all’originaria e fondamentale legge n. 633/1941 (omissis). Ne consegue che il legislatore, con l’art. 20 del D. Lgs. n. 685/1994, ha abrogato gli artt. 1 e 2 della legge n. 406/1981, nonché la legge n. 400/1985 e, infine, l’art. 2 D. L. n. 9 /1987 convertito nella legge n. 121/1987, soltanto in quanto ha trasfuso nella legge fondamentale n. 633/1941 il contenuto delle norme abrogate…”. Si è pronunciata in modo conforme a quest’ultima decisione la Corte di Cassazione, sez. III pen., nelle sentenze: del 9/2/1996 (12/12/1995), n. 1607; del 24/06/1997 (23/05/1997), n. 2162; del 7/10/1998 (2/7/1998) n.10498 (la Suprema Corte nella parte finale di questa sentenza fornisce un esaustivo quadro riepilogativo delle conclusioni che la stessa ha raggiunto sull’argomento).

[2] L’art. 20 del D. Lgs. n. 685 del 1994 al fine di ricondurre, esplicitamente, la disciplina della materia in esame all’interno della legge fondamentale sul diritto d’autore, restituendo ad essa parte della centralità e della rilevanza persa nel tempo, ha abrogato gli artt. 1 e 2 della legge 29 luglio 1981, n. 406 (Misure urgenti contro la abusiva duplicazione, riproduzione, importazione, distribuzione e vendita di prodotti fonografici non autorizzati), la legge 20 luglio 1985, n. 400 (Norme in materia di abusiva duplicazione, riproduzione, importazione, distribuzione e vendita, proiezione in pubblico e trasmissione di opere cinematografiche), e l’art. 2 del D. L. 26 gennaio 1987, n. 9 (Interventi urgenti in materia di distribuzione commerciale ed ulteriori modifiche alla legge 10 ottobre 1975, n. 517, sulla disciplina del credito agevolato al commercio), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 marzo 1987, n. 121.

[3] DANIELE MINOTTI, La lotta alla pirateria nella più recente legislazione in tema di diritto d’autore, in I Quaderni Di Diritto D’autore.It , Anno I , n. 1, 3 giugno 2002, (URL: http://www.dirittodautore.it).

[4] Le prime applicazioni giurisprudenziali hanno prodotto non pochi problemi interpretativi sui quali è stata chiamata a pronunciarsi, più volte, la Corte di Cassazione. Le questioni più rilevanti che vennero sollevate furono quelle relative alla presunta abrogazione delle fattispecie penali introdotte dalle leggi n. 406 del 1981 e n. 400 del 1981 ad opera del D. Lgs. n. 685 del 1994 (sul punto si rinvia alla nota n. 2) e alla corretta interpretazione dell’ultima parte della lett. c) del primo comma dell’art. 171-ter. In merito a quest’ultima questione la Corte di Cassazione, sez. III pen., del 12/07/1997 (16/05/1997), n. 2090 si è pronunciata affermando che: “La condotta tipizzata dalla norma in esame – inserita dall’art. 17 D. Lgs 685/1994 nel corpo della L.633/1941- si fonda sul vendere o noleggiare vari supporti “non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE) ai sensi della presente legge e del regolamento di esecuzione”. Il D. Lgs. 685/1994 nulla dispone in merito alla applicazione dei contrassegni ed il suo regolamento di esecuzione non è ancora stato emanato (omissis) A parere del Collegio l’obbligo del contrassegno, introdotto dalla SIAE con la cennata modalità, non ha tutela penale. La previsione dell’art. 171-ter è costruita sul modello della integrazione con altra norma; il legislatore, per individuare gli elementi su cui fondare il disvalore del fatto e caratterizzarlo rispetto ad altre ipotesi di mero inadempimento, rinvia ad ulteriori interventi specificatori. Essendo parte della condotta non pienamente individuata, è indispensabile, per statuire le concrete modalità di esecuzione dell’obbligo, l’emanazione dell’ulteriore atto precettivo di cui è individuata la fonte. (Omissis) Pertanto l’azione di colui che non applica i contrassegni imposti dalla SIAE non è tipica nel senso che non corrisponde alla peculiare forma di aggressione del bene tutelato contenuta nel modello legale”. In senso conforme a quest’ultima decisione si pronuncia la Corte di Cassazione, sez. III pen., con la sentenza del 19/03/1998 (10/02/1998), n. 3419. Tuttavia, l’originaria linea interpretativa venne subito dopo abbandonata dalla Corte di Cassazione, sez. III pen., con la sentenza del 15/06/1998 (28.04.1998) n. 7128; la Suprema Corte, dopo aver evidenziato un contrasto di giurisprudenza in materia, decide di non aderire all’interpretazione (condivisa dal ricorrente) che esclude la possibilità di attuazione pratica del precetto penale contestato poiché riferito a fattispecie non completamente prevista, formulando le seguenti considerazioni: ” a) Il D. Lgs. n. 685/1994 (come si evince dall’allegata Relazione) ha inteso riaffermare il valore centrale della legge n. 633 del 1941, tanto che il legislatore ha operato la scelta di “aggiornare” tale corpo normativo originario attraverso l’interpolazione, senza alterarne la struttura ed anzi riassorbendo in esso il contenuto di altri provvedimenti additivi precedentemente emanati (le leggi n. 406/1981, n. 400/1985, n. 421/1987). Il ricorso alla tecnica dell’interpolazione (valutato secondo il canone interpretativo dell’intenzione del legislatore, a norma dell’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile) palesa chiaramente la volontà di inserire le nuove previsioni penali quale parte integrante della legge fondamentale sul diritto d’autore, sicché il Regolamento di esecuzione richiamato dall’art. 171-ter altro non è che quello approvato con il R. D. 18/5/1942, n. 1369, come deve ovviamente ritenersi per tutte le norme della medesima legge che fanno riferimento al Regolamento di esecuzione di essa. (omissis) L’art. 171-ter, 1° comma – lett. c), della legge n. 633/1941, dunque, attraverso l’integrazione con l’art. 12 del R. D. n. 1369/1942 che specifica elementi di fatto già in esso contemplati, enuncia un precetto penale completamente descritto e sufficientemente determinato per cui deve considerarsi pienamente ed immediatamente applicabile”. In senso conforme a questa seconda interpretazione (divenuta dominante) si è pronunciata la Corte di Cassazione con le seguenti sentenze: del 31/7/1998 (16/06/1998), n. 8880; del 23/2/1999 (22/1/1999) n. 2316; del 22/9/1999 (22/6/1999) n. 10780; del 8/10/1999 (22/9/1999) n. 11525; del 22/10/1999 (1/10/1999) n. 12112 ed infine, a sez. Unite, con la sentenza del 8/2/2000 (19/1/2000) n. 2. In quest’ultima le sez. Unite hanno ribadito, ulteriormente, la corretta interpretazione dell’art. 171-ter attraverso un breve esame della evoluzione legislativa in materia di diritto d’autore. Di estremo rilievo è il punto in cui la stessa Corte, alla luce della evoluzione legislativa, conferma la fondatezza dell’orientamento prevalente già espresso da una cospicua giurisprudenza, che si riassume nei seguenti punti: “a) il decreto legislativo 685/94 ha avuto una funzione di armonizzazione del regime sanzionatorio che disciplina la materia; b) il riferimento contenuto nell’art. 173-ter alla necessità del contrassegno della SIAE “ai sensi della presente legge e del regolamento” va inteso in relazione alla legge del 1941 ed al relativo regolamento (anche se gli estremi non vengono indicati), proprio in considerazione dell’opera di riformulazione e sistemazione organica delle disposizioni vigenti in precedenza; c) la fattispecie penale ex art. 171-ter è sufficientemente delineata, sicché non si pone il problema di una norma in bianco, neppure parzialmente, da integrare con norme regolamentari nuove; d) nessuna “abrogatio criminis” si è verificata in quanto il sistema sanzionatorio preesistente è stato conservato, anzi risulta rafforzato e chiarificato in forza dell’opera di coordinamento ed integrazione compiuta (omissis)”.

[5] Il caso citato è quello affrontato dalla Corte di Cassazione, sez. III pen., nella sentenza 8/9/1997 (04/07/1997) n. 8236 da cui si può estrarre la seguente conclusione: ” La diffusione di sistemi di riproduzione di opere create per il circuito televisivo e per quello cinematografico, a mezzo di videocassette, ha imposto la necessità di proteggere – pure sotto il profilo penale – i diritti d’autore anche in tali campi e, cosi, è intervenuto il D. Lgs. 16/11/94, n. 685, che ha aggiunto alla L. 22/4/41, n. 633, lo art. 171-ter (omissis). In tale maniera si è rimasti nel campo delle riproduzione magnetiche, ampliato alle opere visive, diverso da quello degli elaboratori elettronici e dei loro prodotti, la cui duplicazione avviene sulla base di programmi applicativi che siano stati inseriti nella memoria del computer, vale a dire con procedimento di tipo elettronico, assolutamente diverso da quello magnetico. Da ciò deriva che la applicazione, alla riproduzione abusiva o duplicazione di tali programmi, della disciplina dettata dalle norme prima richiamate, potrebbe avvenire solo in via di interpretazione estensiva di tipo analogico che, in materia penale, non è però consentita.”.

[6] Per un approfondimento critico della riforma introdotta dalla legge n. 248 del 2000 si consiglia la lettura degli interessanti contributi di ANDREA MONTI, reperibili on-line all’indirizzo http://www.ictlaw.net .

[7] CESARE PARODI – ANDREA CALICE, Responsabilità penali e Internet, Milano, 2001, 251.

[8] La Corte di Cass., sentenza 8/10/2001 (12/9/2001) n. 36299 ha dichiarato la configurabilità dell’attenuante comune prevista dall’art. 62 n. 4 c.p. con riferimento al delitto di cui all’art. 171-ter qualora ricorrano simultaneamente: 1) il lucro di speciale tenuità; 2) la produzione, a detrimento della persona offesa, di un evento dannoso o di una situazione di pericolo.

[9] CESARE PARODI – ANDREA CALICE, Responsabilità penali e Internet, op. cit., 258: “La norma prevede, infine, in caso di condanna per una delle ipotesi di reato del comma 1, una serie di “conseguenze”; ragioni di ordine logico e sistematico impongono di ritenere che le stesse debbano essere applicate anche in caso di condanna per le ipotesi aggravate di cui al comma 2 dell’articolo”.

[10] CESARE PARODI – ANDREA CALICE, Responsabilità penali e Internet, op. cit., 254.

[11] La Corte di Cassazione puntualizza nella sentenza del 3/12/2001 (19/10/2001) n. 43312 che con l’espressione “vende o noleggia” il legislatore ha inteso punire tutte quelle condotte che consistono nel porre in vendita o comunque disponibili per il noleggio cassette o altri supporti privi di contrassegno, specificando inoltre che la norma in esame descrive un reato a consumazione anticipata con esclusione della configurabilità del tentativo.

[12] Non costituisce reato, ai sensi dell’art. 171-ter, primo comma lett. d), la detenzione di videocassette munite del regolare contrassegno SIAE anche quando, recando la dicitura “abbinamento editoriale”, non siano correlate alla originaria rivista (sul punto si rinvia alla Corte di Cass., sez. III, sentenza 24/12/2001 n. 45861).

[13] CESARE PARODI – ANDREA CALICE, Responsabilità penali e Internet, op. cit., 256.

[14] Configura reato ai sensi dell’art. 171-ter comma 1 lett. e) l’uso di una scheda elettronica che consente di ricevere dei programmi televisivi a pagamento (la c.d. payTV) in un circolo privato frequentato da persone, dietro pagamento di una quota, quando il contratto con la società fornitrice dei predetti programmi prevede solo un uso degli stessi strettamente personale e non commerciale.

[15] Naturalmente la definizione utilizzata nel testo serve solo a dare un’idea pratica dello scopo perseguito dalla norma; quest’ultima per essere valutata nella sua portata complessiva deve essere letta coordinandola con il contenuto dell’art. 181-octies della legge n. 633 del 1941 che esplicita il contenuto della definizione “apparati atti a decodificare una trasmissione ad accesso condizionato”.

[16] Per un approfondimento sulla riforma in oggetto si rinvia agli scritti pubblicati in Guida al Diritto (Il sole24Ore) del 17 maggio 2003, n. 19, a cura di: DANIELE MINOTTI – ANDREA SIROTTI GAUDENZI, Un’ampia tutela della proprietà intellettuale rafforza l’opinione di creatori e interpreti, pag. 43; ID., Il “fonogramma” aggancia le riproduzioni digitali, pag. 48; ID., Biblioteche: fotocopie libere per fini personali, pag. 51; GIUSELLA FINOCCHIARO, Banche dati al sicuro con lo scudo delle protezioni, pag. 55; OBERDAN FORLENZA, Rimodellato il quadro per i reati e le multe, pag. 58; MARIO BARBUTO, L’inibitoria ad alta efficacia deterrente, pag. 62, ID., Entra in scena l’ADR, ma senza norme generali, pag. 66.

[17] E’ lo stesso legislatore, nella relazione governativa al decreto n. 68 del 2003, che indica come punto di riferimento imprescindibile della ratio dell’intera riforma i considerando n. 5 e 9 della Direttiva 2001/29/CE.

[18] L’art. 102-quater è stato inserito nel corpo della legge sul diritto d’autore dall’art. 23, comma 1, del D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68, che ha inserito l’intero Titolo II ter “Misure tecnologiche di protezione. Informazioni sul regime dei diritti”. Per un approfondimento sul tema ed una prima bibliografia si rinvia a: CRISTIAN ERCOLANO, Diritto d’autore: dalla tutela giuridica all’autotutela tecnologica delle opere dell’ingegno, in Diritto della gestione digitale delle informazioni, in Il Nuovo Diritto, n. 4/2003, 24 ss [articolo reperibile on-line all’indirizzo www.autoreonline.net ].

Redazione

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