L’adozione, dalle origini alla nostra epoca

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L’adozione è un istituto giuridico che consente a un soggetto detto adottante di trattare ufficialmente un altro soggetto detto adottato come figlio, il quale assume il cognome dell’adottante.

Le origini dell’adozione

Una delle prime evidenze del passato dell’adozione risale al II millennio a.C..

Il Codice di Hammurabi, una tra le più antiche raccolte di leggi conosciute, disciplinava i diritti e doveri degli adottandi e degli adottati.

Nella legislazione della Roma antica la finalità prioritaria dell’adozione era quella di assicurare, a chi non aveva figli legittimi o naturali, un successore nel culto religioso degli antenati. Quando ciò accadeva, secondo le convenzioni utilizzate, il nome dell’adottato diveniva quello completo del padre adottivo più il suo nome di famiglia.

Il Codice Napoleonico, disciplinava l’adozione ma, tranne casi specifici, non prevedeva l’adozione di minori.

Il primo codice civile italiano, che risale al 1865, prevedeva l’adozione di maggiorenni, specialmente per motivi di merito, mentre per i minorenni regolamentava l’istituto della tutela, grazie al quale individui caritatevoli possono curarsi di bambini abbandonati e meritevoli.

Un notevole cambiamento legislativo in materia si ha nel 1967 quando l’aspetto caritatevole della tutela venne trasferito direttamente all’adozione, che diventò specialmente uno strumento per soccorrere l’interesse del bambino in stato di abbandono, trascurando la questione del merito a vantaggio di un generico diritto ad avere una famiglia ritenuta idonea e stabile.

In relazione al decaduto diritto nobilare italiano, una norma, vigente a partire dal 1926 e abrogata in seguito alla nascita della Repubblica Italiana, prevedeva che i figli adottivi ereditassero il cognome dell’adottante ma non potessero succedere nei predicati e nei titoli nobiliari, fatta salva una nuova investitura da parte del Re.

Il Concilio Vaticano II (18 novembre 1965), nel decreto Apostolicam Actuositatem (apostolato dei laici), menziona tra le varie opere di apostolato familiare che sia concesso enumerare, adottare come figli i bambini abbandonati valorizzando l’adozione anche nella dottrina cattolica.

Il 29 maggio 1993 viene redatta la Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale nota come Convenzione dell’Aja, ratificata dal Parlamento italiano con la legge 31 dicembre 1998,cn.76.

Al centro della convenzione c’è il minore e i suoi diritti fondamentali, compreso quello di avere una famiglia.

La convenzione prevede che gli stati aderenti applichino misure prioritarie perché i minori, ove sia possibile, restino con la famiglia di origine, altrimenti ricorrano all’adozione.

L’adozione internazionale viene così normata a livello sovranazionale, riconoscendola come un’ opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nel loro Stato di origine e viene resa più trasparente e controllata.

Non ogni Stato ha ratificato questa convenzione, e alcuni Paesi ratificanti hanno sospeso le adozioni internazionali verso i Paesi non ratificanti (ad esempio, in Bolivia non è più consentita, salvo casi eccezionali, l’adozione internazionale da parte di cittadini statunitensi, in quanto gli USA, a differenza della Bolivia, non hanno ratificato la Convenzione).

Altri Paesi ratificanti hanno firmato accordi bilaterali con Paesi non ratificanti in modo da mantenere comunque garantiti i principi di trasparenza e sussidiarietà ispirati alla Convenzione dell’Aja.

La legislazione italiana attuale

La legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 27 dispone che “l’adozione fa assumere, al minore adottato, lo stato di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali porta anche il cognome”.

La stessa legge prevede la possibilità di adottare un minore sul territorio nazionale (adozione nazionale) o in uno Stato estero (adozione internazionale) che aderisce alla Convenzione dell’Aia per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, oppure in un paese col quale l’Italia abbia stabilito un patto bilaterale in materia di adozione.

Gli aspiranti possono dare disponibilità sia per l’adozione nazionale sia per quella internazionale per un paese straniero specifico.

Di solito al verificarsi di un abbinamento coppia-minore in una delle due distinte procedure (nazionale e internazionale) viene sospesa l’altra, ma in alcuni casi il Tribunale per i minorenni di competenza potrebbe anche consentire alla coppia di concludere l’adozione con entrambe le procedure, se vengano proposti e accettati dalla coppia due distinti abbinamenti.

I requisiti degli adottanti

La legge 4 maggio 1983, n.184 regolamenta i requisiti sia per l’adozione nazionale sia per quella internazionale. Nel caso di adozione internazionale lo Stato estero potrebbe porre criteri restrittivi rispetto alla legge italiana.

I requisiti fondamentali stabiliti dalla legge italiana, in sintesi, sono i seguenti:

L’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve aver avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto. Il periodo dei 3 anni può essere raggiunto computando anche un eventuale periodo di convivenza pre-matrimoniale more uxorio.

La differenza di età tra gli adottanti e l’adottato deve essere compresa dai 18 ai 45 anni. Uno solo dei due coniugi può avere una differenza di età superiore ai 45 anni, a patto che la sua età non superi i 55 anni.

Il limite può essere derogato se i coniugi siano genitori di figli anche adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, o quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi adottato.

Gli adottanti devono essere affettivamente idonei a educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare. Questo punto viene verificato dal Tribunale per i minorenni di competenza tramite i servizi socio-assistenziali degli Enti locali.

La procedura per intraprendere un’adozione

Le coppie italiane che decidono di adottare, devono seguire una procedura di adozione particolarmente complessa, rivolta a garantire l’interesse del minore a vivere in una famiglia adeguata alle sue caratteristiche e necessità.

L’interesse dei coniugi, quello di costituire una famiglia, è considerato secondario rispetto all’interesse del minore.

La procedura per l’adozione nazionale e quella per l’adozione internazionale, differiscono essenzialmente perché nella seconda attore preponderante è l’autorità del paese straniero del minore, rispetto al quale svolgono la loro attività gli Enti Autorizzati, che svolgono una doppia funzione, fornitore di servizi per la coppia italiana che intende adottare e al tempo stesso garante dell’applicazione delle disposizioni dell’autorità estera in Italia.

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