La violazione dell’obbligo di assistenza materiale, al figlio regali in sostituzione dell’assegno di mantenimento

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La vicenda si snoda in una comune famiglia, dove i due coniugi, che hanno un figlio, decidono di divorziare.

Lei abita con il figlio minorenne, lui abita da un’altra parte.

Il giudice ha stabilito che il padre debba pagare l’assegno di mantenimento al figlio minorenne.

A questo punto, il genitore pensa di potere eludere il pagamento dell’assegno adottando un escamotage, che a suo modo di intendere, potrebbe sostituire l’assegno.

Non lo paga e, in cambio, dà al figlio la paghetta, e saltuariamente gli compra dei vestiti o un paio di scarpe, oppure uno smartphone, con somma gioa del ragazzino.

Il genitore ha pensato di potere pagare in merce, però, se il giudice ha stabilito che periodicamente deve versare l’assegno, deve rispettare la sua decisione.

In caso contrario rischia una condanna penale.

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La Suprema Corte di Cassazione, con una recente sentenza si è occupata della questione.

Secondo i Supremi Giudici, non è il genitore  che deve scegliere in che modo spendere i soldi dell’assegno dovuto, si deve limitare al pagamento come gli è stato intimato.

Non è sufficiente dire che i regali al figlio al posto del mantenimento sono costati un capitale, perché non gli è stato chiesto da nessuno di farli.

Prima di scrivere della questione specifica, scriviamo qualcosa sull’assegno di mantenimento nei confronti dei figli.

In che cosa consiste il mantenimento dei figli

Il dovere di mantenimento dei figli minorenni è sancito al comma dell’art. 30 della Costituzione che prevede che:

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

L’articolo 316 bis del codice civile, richiamato dall’articolo 148 del codice civile, determina la misura nella quale il dovere deve essere assolto, e prevede che :

I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Il diritto al mantenimento dei figli maggiorenni dura sino a quando non si verifichi la completa indipendenza economica.

L’obbligo di assistenza materiale dei genitori si protrae oltre il raggiungimento della maggiore età e cessa quando i figli siano in grado di mantenersi in modo autonomo, con un lavoro adeguato alle capacità e alle prospettive di crescita professionale.

Se un figlio maggiorenne perde il lavoro stabile con il quale aveva raggiunto la sua autonomia, l’obbligo di mantenimento resta estinto.

Il giudice, quantificando il valore dell’assegno, deve verificare quali siano le reali intenzioni del figlio maggiorenne nella ricerca di un lavoro una volta finito il suo percorso scolastico.

Se venisse accertata una ingiustificata inoperosità nel tentativo di liberarsi economicamente dalla condizione di mantenimento, il Tribunale può revocare il diritto al ricevimento dell’assegno mensile.

L’obbligo di mantenimento decade anche se il figlio maggiorenne che sia stato messo nelle condizioni di rendersi autonomo non abbia saputo o voluto, in modo volontario o per colpe a lui non  imputabili, ottenere una definitiva indipendenza economica.

Il raggiungimento della maggiore età e dell’indipendenza economica non sono elementi sufficienti a giustificare una sospensione della corresponsione dell’assegno.

Al fine di determinare l’assegno di mantenimento a favore dei figli, l’elemento fondamentale da prendere in considerazione è costituito dalle attuali esigenze economiche degli stessi, rapportate alle condizioni sociali e patrimoniali dei genitori, considerando che il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, secondo il dettato dell’articolo 147 del codice civile, impone ai genitori di fare fronte a diverse esigenze dei figli, che di sicuro non possono essere ricondotte all’unico obbligo alimentare, ma dovranno essere estese all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla predisposizione, da quando l’età dei figli stessi lo richieda, di una stabile organizzazione domestica, idonea a rispondere alle necessità di attenzione e di educazione.

Le attuali esigenze del figlio, danno valore all’età e le effettive esigenze personali, di relazione e scolastiche degli stessi, che non si limitano al vitto, all’alloggio e alle spese correnti, ma vengono estese all’acquisto di beni durevoli, ad esempio abbigliamento e libri, che non rientrano nella nozione di “spese straordinarie”.

Ritorniamo alla questione relativa al titolo.

La sentenza della Suprema Corte di Cassazione

Si tratta della sentenza 09/09/2020 n. 25593/2020, con la quale la Cassazione ha condannato un padre per violazione degli obblighi di assistenza familiare.

L’uomo si è reso colpevole del fatto che ha voluto fare a modo suo, paghetta e vestiti al figlio in sostituzione dell’assegno di mantenimento, e non era la prima volta che lo faceva, però, in precedenza, era stato assolto.

La difesa ha fatto leva su questo, ed è stato inutile, perché la Suprema Corte ha spiegato che il suo proscioglimento rispondeva a un’interpretazione giuridica e non era relativa ai fatti.

L’obbligo di assistenza materiale, che riveste l’assegno di mantenimento, è contenuto nel codice penale (art. n. 570 c.p.) e allo stesso si rivolge la sentenza della Cassazione.

La norma punisce chi, abbandonando il domicilio domestico, a causa di separazione o divorzio, si sottrae agli obblighi di assistenza relativi alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, ma anche “chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa”.

La pena prevista nei confronti dei trasgressori di queste norme è la reclusione sino a un anno o la multa da 103 a 1.032 euro.

In un articolo successivo, il codice penale (art. 570 bis c.p.) punisce il coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, oppure viola gli obblighi economici in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

Questo sta a significare che il genitore al quale è stato imposto il pagamento dell’assegno, non può può sostituire con delle soluzioni alternative le decisioni stabilite dal giudice, come la paghetta, i vestiti, lo smartphone, perché gli verrebbero comminate le stesse sanzioni menzionate nell’articolo, vale a dire, la reclusione sino a un anno o la multa da 103 a 1.032 euro.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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