La stabilità dell’orario di lavoro nelle cooperative

Chistoni Paola 28/05/12
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Premessa

 

Nel primo articolo della legge 3 aprile 2001 n. 142 viene evidenziata la distinzione del rapporto socio imprenditore rispetto a quella di socio lavoratore. Nella veste di imprenditore il socio:

–                     concorre alla gestione e alla conduzione dell’impresa nonché alla formazione degli organi sociali;

–                     partecipa a elaborare programmi di sviluppo e alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda;

–                     contribuisce alla formazione del capitale sociale, al rischio d’impresa, al risultato economico e alla sua destinazione;

–                     mette a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione all’entità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa.

Il rapporto socio lavoratore-cooperativa, invece, si perfeziona al momento della sua adesione e può essere in forma:

–                     subordinata;

–                     autonoma;

–                     collaborazione coordinata non occasionale.

Il socio lavoratore mette a disposizione la propria capacità professionale in relazione alla quantità del lavoro necessaria alla realizzazione degli scopi della cooperativa, anche attraverso l’accettazione delle clausole previste dal Regolamento interno, che la cooperativa ha l’obbligo di depositare presso le Direzioni Territoriali del Lavoro, come previsto dall’ art. 6 della Legge n. 142/01 

 

Dall’instaurazione dei rapporti associativi e di lavoro derivano gli effetti di natura fiscale, previdenziale e gli effetti giuridici previsti dalla Legge e da tutte le leggi compatibili con la posizione di socio lavoratore.

 

 

Diritti individuali e collettivi 

I soci che hanno instaurato con la cooperativa un rapporto di lavoro subordinato sono assoggettati alla legge n. 300/70, con esclusione dell’art. 18; i diritti previsti dal titolo III della citata normativa trovano applicazione compatibilmente a quanto indicato negli accordi collettivi tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative; ai soci lavoratori si applicano le disposizioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro. Sono applicabili inoltre forme specifiche di esercizio dei diritti sindacali, individuati in accordi collettivi tra le associazioni nazionali del movimento cooperativistico e le organizzazioni sindacali dei lavoratori.

Il socio lavoratore, al momento della sottoscrizione del contratto associativo, aderisce anche alle clausole indicate nel Regolamento interno, tra cui quella inerente la possibilità per la cooperativa di deliberare, nell’ipotesi di crisi aziendale prevista dall’art. 6, comma 1, lett. d) della Legge n. 142/01, una riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi.

Con risposta all’interpello n. 7/2009 i Ministero del Lavoro ha evidenziato il carattere di eccezionalità della deliberazione dello stato di crisi aziendale, allo scopo di evitare che vengano commessi abusi a danno dei soci lavoratori. Il carattere di eccezione della normativa consente, pertanto, deroghe al trattamento economico minimo previsto dalla contrattazione collettiva esclusivamente in caso di crisi aziendale.

 

Con la più recente nota del 14 febbraio 2012 (1), rispondendo ad un quesito formulato dalla Direzione Territoriale del Lavoro di Piacenza, il Ministero ha evidenziato che i principi civilistici in materia di obbligazioni contrattuali stabiliscono che, indipendentemente dalla natura del soggetto datoriale, la predisposizione di una riduzione di orario di lavoro, al di sotto della soglia minima contrattuale, necessita della stipula di un accordo in sede sindacale; pertanto, riduzioni di orario di lavoro decise unilateralmente da parte datoriale, in assenza di accordi collettivi che prevedano forme di orario multi periodale o ridotto, danno luogo ad una fattispecie impropria di lavoro a chiamata, con chiare ripercussioni negative nei confronti dei lavoratori.

Per quanto riguarda il settore delle cooperative, il diritto del socio lavoratore “subordinato” a percepire la retribuzione dovuta per l’orario di lavoro pattuito resta immutato anche nel caso la prestazione di lavoro offerta non venga accettata dalla cooperativa per ragioni imputabili alla propria organizzazione; al datore di lavoro, infatti, non è consentito ridurre unilateralmente l’orario di lavoro e, di conseguenza, la retribuzione dei dipendenti (art. 1372 c.c.).

Differenti soluzioni potrebbero comportare il rischio del ricorso a un sistema volto ad occultare parte delle ore effettivamente lavorate e delle connesse retribuzioni imponibili, in quanto la mancanza di un orario normale di lavoro rende più difficile la verifica di correttezza della dichiarazione inerente giornate e ore globalmente lavorate.

Come precisato nella citata nota ministeriale, le cooperative di produzione e lavoro, al pari delle altre imprese, devono garantire ai soci lavoratori, l’effettivo svolgimento dell’orario di lavoro pattuito, a meno che non esistano accordi collettivi che prevedono un orario multi periodale o situazioni di reale crisi aziendale deliberate dall’assemblea e comprovate da una riduzione del fatturato.

 

 

Dott.ssa Paola Chistoni
Dipendente del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (*) – iscritta all’Albo Nazionale dei Revisori di Cooperative, abilitata a svolgere revisioni alle società cooperative dal 1996 e incaricata dal Ministero dello Sviluppo Economico per le revisioni ordinarie e straordinarie delle Cooperative sottoposte alla sua vigilanza.

  

  

 

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(1) Nota M.L.P.S. Dir. Gen. Per l’Attività Ispettiva – Div.II – n. 2598 del 14/02/2012.

(*) Le considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegnano in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza.

Chistoni Paola

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