La scelta legislativa – art. 6 comma 19 L. 537/93- di affidare alla giurisdizione esclusiva del GA anche la materia della revisione dei prezzi nei contratti d’appalto di durata, non soltanto resiste agli interventi normativi successivi in materia di ripa

Lazzini Sonia 28/06/07
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Il Tar Puglia, Lecce, con la sentenza numero 2025 del 25 maggio 2007 ci insegna che:
 
< nei casi in cui – come appunto nella specie, ove è addirittura espressa in senso affermativo la volontà di assoggettarvisi- la rinuncia alla giurisdizione statuale, implicita in ogni clausola compromissoria, non sia desumibile in modo chiaro ed inequivoco è necessario propendere, nel dubbio, per la soluzione che offre maggiori garanzie processuali per le parti e quindi per la sussistenza della giurisdizione statuale, la quale viene a radicarsi in capo a ciascun plesso giurisdizionale secondo la logica distributiva che tiene dietro le disposizioni normative sul riparto di giurisdizione (nella specie, come detto, l’art. 6 comma 19 della L. 537/93 configura una giurisdizione esclusiva nella materia in favore del giudice amministrativo, sicchè il riferimento alla magistratura ordinaria contenuto nella ridetta clausola val quale riferimento ai competenti organi magistratuali dello Stato – in contrapposizione agli arbitri scelti dalle parti – id est al giudice amministrativo, attributario nella materia di giurisdizione esclusiva ); >
 
ed inoltre nella particolare fattispecie sottoposta ai giudici pugliesi:
 
< a fronte della mancata pubblicazione da parte dell’Istituto di statistica di tali dati, la giurisprudenza si è interrogata sulla sorte della disposizione legislativa, concludendo in modo unanime che in mancanza di questi la revisione debba essere operata sulla base dell’indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati ( cd FOI) mensilmente pubblicato dall’ISTAT (Consiglio di Stato, sez. V, 8 maggio 2002 n. 2461; Consiglio di Stato, sez. V, 13 dicembre 2002, n. 4801; Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373) e che, pertanto, anche nel caso all’esame il diritto al compenso revisionale in favore della ricorrente va riconosciuto senza limitazioni di decorrenza di sorta ( e quindi già a decorrere dal secondo anno di vigenza contrattuale in relazione alle variazioni verificatesi nel primo anno) e senza il rispetto di soglie minime di rilevanza (quale quella del 10% fissata in contratto, dovendosi per quanto detto disapplicare per intero, per contrasto con norma imperativa, la clausola contrattuale e sostituire la stessa con le previsioni imperative di legge);>
 
a cura di *************
 
 
REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA PUGLIA  LECCE SECONDA SEZIONE 
 
nelle persone dei Signori:
 
**************************** 
*************************** Primo Ref. , relatore
*********************.  
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
Visto il ricorso 576/2007 proposto da:
*** SRL
 
contro
 
COMUNE DI SAN DONACI
per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,
–           della deliberazione G.M. n. 210 del 27.12.2006, conosciuta il 9.2.2007, con cui l’AC ha rigettato l’istanza di revisione prezzi formulata dalla ricorrente in relazione al contratto rep. n. 991 del 28.7.2003;
–           di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale, comprese le deliberazioni GM nn. 14 dell’1.3.2005, 188 del 29.12.2005, nonché la nota dirigenziale prot. n. 3652 del 31.3.2006;
–           per l’accertamento e la declaratoria del diritto della ricorrente a conseguire la revisione prezzi sul canone del predetto contratto, a decorrere dal primo anno, senza alea contrattuale, per gli anni 2004, 2005, 2006 e 2007;
–           per la condanna della P.A. al pagamento della suddetta revisione prezzi;
–           per il risarcimento dei danni;
 
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di:
COMUNE DI SAN DONACI
 
Udito nella Camera di Consiglio del 16 maggio 2007 il relatore Primo Ref. *************************** e uditi per le parti gli avv.ti ****** e *****;
 
Considerato che nel ricorso sono dedotti i seguenti motivi:
–           Violazione ed erronea applicazione dell’art. 44, l. n. 724/94 (ovvero dell’art. 115, D. Lgs. n. 163/06). Violazione dei principi di ragionevolezza e correttezza dell’azione amministrativa. Eccesso di potere (erroneità dei presupposti, illogicità e perplessità dell’azione amministrativa);
–           Violazione ed erronea applicazione dell’art. 44, l. n. 724/94 (ovvero dell’art. 115, D. Lgs. n. 163/06). Eccesso di potere, illegittimità dell’azione amministrativa per indebito arricchimento;
 
 
 
Considerato che il ricorso è fondato onde può essere accolto con sentenza resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 26 l.TAR;
considerato, anzitutto, con riguardo al profilo della contestata giurisdizione di questo giudice amministrativo a conoscere della presente controversia, che la questione è palesemente infondata come già statuito da questo Collegio in altre pronunce ( v., in particolare la sentenza n. 4027 del 19 luglio 2006 nel ricorso proposto da Sieco contro il Comune di Laterza, cui si fa espresso rinvio -anche per quanto infra-, ai sensi e per gli effetti del disposto di cui all’art. 26, 4° co. ******), ove si è posto in luce come la scelta legislativa – art. 6 comma 19 L. 537/93- di affidare alla giurisdizione esclusiva del GA anche la materia della revisione dei prezzi nei contratti d’appalto di durata, non soltanto resiste agli interventi normativi successivi in materia di riparto di giurisdizione negli appalti – tant’è che tale scelta è espressamente confermata nel Codice dei contratti pubblici, v. art. 244 3° comma del d.lgs 163/06, ma è coerente anche sul piano costituzionale con le previsioni dell’art. 103 Cost., come peraltro evidenziato, ancorchè incidentalmente, dal giudice delle leggi nella nota sentenza   204/04;
considerato, in ordine all’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso alla luce della clausola arbitrale contenuta nel contratto inter partes, che neppure detta eccezione merita di essere condivisa, avuto riguardo ai contenuti specifici della ridetta clausola compromissoria che si rinviene nel contratto d’appalto n. 991 del 28.7.2003;
considerato, infatti, che l’art. 20 del contratto citato recita testualmente “ Qualsiasi controversia fosse per sorgere tra le parti in relazione al presente capitolato d’oneri, anche successivamente alla sua scadenza, sarà demandata ad un Collegio composto da tre arbitri, uno designato dall’Amministrazione comunale uno dalla ditta ed il terzo di comune accordo tra l’appaltatore e l’Amministrazione comunale. Tutte le eventuali controversie e contestazioni che potessero insorgere tra l’Amministrazione comunale e l’Appaltatore, sia in corso che al termine dell’appalto, sia la natura di esse, dovranno essere deferite alla Magistratura ordinaria”;
considerato che, come risulta evidente dal tenore letterale della riportata clausola contrattuale, il suo contenuto è contraddittorio e non si presta ad univoca interpretazione posto che la volontà delle parti di deferire ogni controversia ad un collegio arbitrale che si rinviene nel primo comma è smentita da quanto si legge nel secondo comma, ove è al contrario chiara la volontà delle parti di affidarsi agli organi giustiziali statuali per la definizione di ogni eventuale controversia che dovesse insorgere in relazione all’appalto de quo;
considerato che elementi chiarificatori non si rinvengono neppure nel Capitolato d’oneri, ove la clausola arbitrale contenuta nell’art. 50 convive contraddittoriamente con una espressa previsione ( contenuta nel successivo art. 51) di devolvere ogni controversia al giudice ordinario;
considerato che la volontà delle parti di deferire ad arbitri – quale che sia la forma dell’arbitrato, rituale o libero – le controversie già insorte o che potrebbero tra loro insorgere, per essere efficace, deve essere espressa in modo inequivoco, atteso che la espressione di tale volontà non deve lasciare residuare dubbi di sorta circa la rinuncia incondizionata che le stesse parti intendono fare riguardo alla giurisdizione statuale;
considerato che nei casi in cui – come appunto nella specie, ove è addirittura espressa in senso affermativo la volontà di assoggettarvisi- la rinuncia alla giurisdizione statuale, implicita in ogni clausola compromissoria, non sia desumibile in modo chiaro ed inequivoco è necessario propendere, nel dubbio, per la soluzione che offre maggiori garanzie processuali per le parti e quindi per la sussistenza della giurisdizione statuale, la quale viene a radicarsi in capo a ciascun plesso giurisdizionale secondo la logica distributiva che tiene dietro le disposizioni normative sul riparto di giurisdizione (nella specie, come detto, l’art. 6 comma 19 della L. 537/93 configura una giurisdizione esclusiva nella materia in favore del giudice amministrativo, sicchè il riferimento alla magistratura ordinaria contenuto nella ridetta clausola val quale riferimento ai competenti organi magistratuali dello Stato – in contrapposizione agli arbitri scelti dalle parti – id est al giudice amministrativo, attributario nella materia di giurisdizione esclusiva ); 
considerato nel merito che alla luce della pacifica qualificazione in termini di contratto di appalto di servizi del rapporto inter partes, merita di essere accolta la domanda della ricorrente società volta ad ottenere la revisione del canone contrattuale d’appalto secondo le disposizioni dettate dall’art. 6 della L. 537/93 (come modificata dall’art.44 della L. 724/94) e non già secondo le –parzialmente- distoniche previsioni contrattuali (con riguardo particolare alla cadenza biennale della revisione -a valere dal terzo anno di vigenza contrattuale- nonchè all’alea contrattuale del 10%) in virtù del meccanismo (da questo TAR già descritto compiutamente nella citata sentenza n. 4027 del 19 luglio 2006 ) della inserzione automatica, ai sensi dell’art. 1339 cc, della richiamata disposizione normativa ( avente carattere imperativo, in quanto mirante a soddisfare interessi di ordine pubblico); 
considerato che il meccanismo legale ( art. 6 cit.) di aggiornamento del canone d’appalto prevede che la revisione venga operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati rilevati e pubblicati semestralmente dall’ISTAT sull’andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni;
considerato che a fronte della mancata pubblicazione da parte dell’Istituto di statistica di tali dati, la giurisprudenza si è interrogata sulla sorte della disposizione legislativa, concludendo in modo unanime che in mancanza di questi la revisione debba essere operata sulla base dell’indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati ( cd FOI) mensilmente pubblicato dall’ISTAT (Consiglio di Stato, sez. V, 8 maggio 2002 n. 2461; Consiglio di Stato, sez. V, 13 dicembre 2002, n. 4801; Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373) e che, pertanto, anche nel caso all’esame il diritto al compenso revisionale in favore della ricorrente va riconosciuto senza limitazioni di decorrenza di sorta ( e quindi già a decorrere dal secondo anno di vigenza contrattuale in relazione alle variazioni verificatesi nel primo anno) e senza il rispetto di soglie minime di rilevanza (quale quella del 10% fissata in contratto, dovendosi per quanto detto disapplicare per intero, per contrasto con norma imperativa, la clausola contrattuale e sostituire la stessa con le previsioni imperative di legge);
considerato in definitiva che per quanto detto il ricorso merita di essere accolto per questa parte, senza peraltro che vi sia spazio per una pronuncia risarcitoria, atteso che la corretta liquidazione del compenso revisionale, con la maggiorazione degli interessi legali dalla maturazione del diritto al soddisfo, non lascia residuare danni ulteriori di sorta da risarcire in favore della ricorrente;
considerato per contro che questo giudice difetta di giurisdizione con riguardo alla ulteriore pretesa patrimoniale azionata dalla società ricorrente con riguardo alle maggiori somme maturate a titolo di corrispettivo contrattuale in relazione alla asserita valutazione errata dei costi per il personale formulata dalla Amministrazione in sede di elaborazione del progetto posto a base di gara;
considerato, infatti, che detta pretesa, incidente sulla corretta determinazione dell’originaria prestazione contrattuale e sulla correlata necessità di adeguare fin dall’inizio il corrispettivo d’appalto, esula dalla materia della revisione del canone contrattuale per aumento dei prezzi dei beni e servizi medio-tempore occorso ( e quindi da quella materia devoluta alla giurisdizione esclusiva del GA), trattandosi piuttosto di una voce di corrispettivo (pretesa come dovuta dalla società ricorrente in quanto necessariamente rientrante nell’ambito dell’oggetto contrattuale) che, come tale, va portata alla cognizione del giudice dei diritti soggettivi ( in quanto relativa alla fase della esecuzione del rapporto contrattuale, e quindi non rientrante nella giurisdizione esclusiva del GA in materia di affidamento, di cui all’art. 6 L. 205/00 oggi art. 244 d.lgs 163/06) ;
considerato, sulle spese di lite, che giusti motivi depongono per la loro compensazione tra le parti;
Sentiti i difensori in ordine alla definizione nel merito del giudizio, ai sensi degli artt. 3 e 9 della Legge n. 205 del 2000;
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Seconda Sezione di Lecce
accoglie in parte il ricorso indicato in epigrafe ed in parte lo dichiara inammissibile nei sensi indicati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del 16 maggio 2007.
Dott. ***************** – Presidente
Dott. *************************** – Estensore
 
 
Pubblicata il 25 maggio 2007

Lazzini Sonia

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