La sanabilità degli abusi edilizi nella procedura esecutiva immobiliare

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Il presente contributo è un estratto dal volume “Le verifiche sugli immobili da acquistare alle aste giudiziarie” dell’Avv. Maria Teresa De Luca. Il volume è disponibile per l’acquisto a questo link.

 

È ormai sempre più frequente l’acquisto di immobili attraverso il canale delle aste giudiziarie, complice la sfavorevole congiuntura economica, che ha fatto aumentare in maniera esponenziale le esecuzioni immobiliari.

Tale tipo di acquisto può essere più conveniente rispetto alle normali compravendite sia perché, quasi sempre, il prezzo degli immobili è inferiore rispetto a quello di mercato, sia perché si evitano le spese relative al rogito notarile e si può fruire di agevolazioni fiscali.

Determinarsi all’acquisto facendo leva solo su questi due fattori può però rivelarsi “un salto nel buio” poiché gli immobili sottoposti a pignoramento possono essere posti in vendita anche nel caso in cui siano stati edificati commettendo abusi edilizi, possono essere gravati da consistenti debiti condominiali da saldare che restano, in parte, a carico dell’aggiudicatario, non si può esercitare il diritto di recesso dall’acquisto in caso di vizi dell’immobile o di altri fattori od oneri che ne deprezzino il valore in maniera significativa.

Bisogna sottolineare che alle vendite esecutive immobiliari non si applicano le norme contenute nel Testo unico in materia edilizia, in base alle quali sono vietati gli atti di trasferimento degli immobili realizzati senza permesso di costruire o senza permesso in sanatoria; ed infatti, in virtù del combinato disposto dagli artt. 46, comma 5, del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001 e 40, comma 6, della legge n. 47 del 28 febbraio 1985, nel caso in cui gli abusi possano essere sanati, l’aggiudicatario è rimesso nei termini per la presentazione della domanda di concessione in sanatoria.

Principalmente il compito di verificare la presenza di abusi e l’eventuale sanabilità degli stessi è funzione del perito nominato per la stima degli immobili, al quale è demandato il controllo da parte del giudice dell’esecuzione:

a)       della esatta individuazione dei beni oggetto del pignoramento e della formazione, ove opportuno, di uno o più lotti per la vendita, identificando i confini e provvedendo se necessario e previa autorizzazione del giudice alla realizzazione del frazionamento;

b)       dell’identificazione catastale degli immobili, previo accertamento dell’esatta rispondenza dei dati specificati nell’atto di pignoramento con le risultanze catastali, indicando altresì gli ulteriori elementi necessari per l’eventuale emissione del decreto di trasferimento ed eseguendo le variazioni che fossero necessarie per l’aggiornamento del catasto;

c)        della verifica dei beni sotto il profilo urbanistico e, in caso di esistenza di opere abusive, dovrà indicare:

c1) se le opere sono sanabili;

c2) se vi è in corso una pratica di sanatoria edilizia indicandone lo stato;

c3) se per il rilascio della concessione edilizia è necessario il parere preventivo di altri uffici tecnici;

c4) i probabili relativi costi.

In particolare, se l’immobile è stato realizzato o modificato violando la normativa urbanistico-edilizia, il perito dovrà indicare analiticamente la tipologia degli abusi che ha riscontrato e se l’illecito sia stato sanato o sia sanabile in virtù del combinato disposto degli artt. 46, comma 5, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e 40, comma 6, della legge n. 47/1985.

L’ultima legge che si è occupata di condono edilizio è la n. 326 del 2003 che ha anch’essa disposto sulla possibilità di sanare gli abusi edilizi realizzati per gli immobili acquistati all’asta nell’art. 32, comma 25.

Esistono poi dei casi particolari come ad esempio quello di immobili eseguiti prevalentemente in conformità alle norme urbanistico-edilizie, che presentano pur tuttavia abusi non sanabili e che non è possibile demolire senza incidere sulla stabilità del fabbricato. In questo caso trova applicazione l’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 il quale prevede che per gli abusi relativi ad immobili adibiti ad usi residenziali viene erogata una sanzione pari al doppio del costo di produzione dell’abuso (costo determinato in base alla l. n. 392/1978) e per quelli relativi ad altri usi viene erogata una sanzione pari al doppio del valore venale (determinato a cura dell’Agenzia del territorio).

 

 

La decorrenza dei termini per la richiesta di sanatoria

L’aggiudicatario entro 120 giorni dalla emissione del decreto di trasferimento deve depositare la domanda di concessione in sanatoria, in base alle norme dettate dal d.l. 23 aprile 1985, n. 16 e successive modificazioni e integrazioni che ha lasciato invariato tale termine.

In particolare, l’art. 40, comma 6, della legge n. 47/1985 prevede che, nell’ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità previste dalla legge stessa e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecuti- ve, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile. A tale disposizione letterale hanno fatto riferimento, senza peraltro modificarla, le successive leggi di sanatoria degli abusi edilizi, ossia la n. 724 del 1994 e la n. 326 del 2003, quest’ultima di conversione del d.l. n. 269/2003. Nonostante la su citata norma appaia chiara nella definizione lessicale ha tuttavia originato difficoltà nella sua interpretazione, soprattutto nella parte in cui prevede che il termine per presentare la domanda di sanatoria decorra “dall’atto di trasferimento”.

Si deve evidenziare che il decreto di trasferimento, come tutti i provvedi- menti del giudice, viene ad esistenza attraverso la sua pubblicazione, ossia con il deposito che di esso il giudice fa presso la cancelleria.

Tuttavia l’attività di pubblicazione di un provvedimento giurisdizionale non è sempre ritenuta idonea ai fini del decorso dei termini, in genere, per qualunque successiva attività ne possa derivare.

Per dimostrare che un provvedimento giurisdizionale sia entrato nella sfera cognitiva dell’interessato, è necessaria quella certezza che si ottiene mediante la notifica del provvedimento stesso.

La notificazione può anche venire sostituita con altra attività che assicuri comunque la piena conoscenza del provvedimento.

Tra l’altro, ai fini della proposizione dell’istanza di sanatoria urbanistica, occorre anche considerare la necessità di registrare il decreto di trasferimento; infatti, se manca tale adempimento, la richiesta di sanatoria non può essere presentata al competente ufficio amministrativo comunale.

La necessità di compiere tutte queste attività rende però incerto il dato previsto dalla legge n. 47/1985 che con una certa semplicità collega il decorso dei centoventi giorni all’‘‘atto di trasferimento dell’immobile”.

In verità, più correttamente, dovrebbe ritenersi che i centoventi giorni entro cui richiedere la sanatoria urbanistica decorrono non già dalla data di pubblicazione del decreto di trasferimento, bensì dalla data della sua piena conoscenza da parte dell’aggiudicatario definitivo che coincide con la no- tifica del decreto stesso, ovvero con la sua comunicazione attraverso altra attività equipollente (ad esempio PEC, raccomandata A.R.).

In tale senso, infatti, si è più volte pronunciata l’autorità giudiziaria amministrativa alla quale taluni aggiudicatari si sono rivolti nel caso in cui la richiesta di sanatoria sia stata rigettata per tardività essendo ormai decorsi i 120 giorni previsti dalla legge (cfr. sentenza del TAR Lazio, sez. II-bis, n. 7339 del 5 settembre 2003, confermata con la sentenza della medesima sezione n. 13408/2006 del 29 novembre 2006).

Circa la decorrenza del termine si segnalano, inoltre, due pronunce del Tribunale amministrativo regionale della Basilicata e del Lazio (TAR Basilicata n. 604 del 19 giugno 2011 e TAR Lazio n. 1366 del 14 febbraio 2007), in base alle quali il termine stesso decorre dalla data di comunicazione del decreto all’aggiudicatario.

Anche la recente sentenza del TAR Lazio, sezione II-bis, n. 9301/2015, in linea con quanto statuito in precedenti pronunce dello stesso Tribunale, ha affermato che

l’art. 46, comma 5, del d.P.R. n. 380 del 2001 – c.d. Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia prevede – a differenza di quanto in precedenza riportato all’art. 40 della legge n. 47 del 1985 – che: «… L’aggiudicatario, qualora l’immobile si trovi nelle condizioni per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, dovrà presentare domanda di permesso in sanatoria entro centoventi giorni dalla notifica del decreto emesso dalla autorità giudiziaria»’’.

 

 

La sanabilità degli immobili

Se l’abuso edilizio non risulta sanabile, l’immobile viene trasferito nello stato di fatto e di diritto in cui si trova. In questo caso l’aggiudicatario ha l’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi e il costo necessario per effettuare tale attività viene decurtato dal perito dal prezzo di stima.

Se al contrario l’immobile si trova nelle condizioni necessarie per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, l’aggiudicatario viene rimesso in termini e deve procedere al deposito della relativa domanda.

L’aggiudicatario deve presentare la richiesta di sanatoria nei seguenti casi:

  • per gli immobili costruiti senza licenza edilizia;
  • per gli immobili costruiti in difformità della stessa;
  • in presenza di autorizzazione annullata, decaduta, diventata inefficace, ovvero per la quale sia pendente un procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa in presenza di aree sottoposte a vincolo.

Nell’ultimo caso elencato la concessione può essere rilasciata solo con il parere favorevole da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Si può, quindi, affermare che l’immobile non sanabile può essere oggetto di vendita coattiva individuale o concorsuale purché la presenza degli abusi edilizi venga segnalata nell’ordinanza o nell’avviso di vendita;

infatti, in caso di omissione di tali informazioni si sarebbe in presenza di una vendita di aliud pro alio rispetto alla quale non opera l’esclusione della garanzia per i vizi della cosa ex art. 2922, comma 2, c.c..

Appare evidente che, in questo ultimo caso, al decreto di trasferimento

possono essere applicate le regole proprie della nullità dell’atto e l’aggiudicatario potrà agire ai sensi dell’art. 1489 c.c. (cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi).

Ricapitolando si può affermare che la sanatoria degli immobili acquistati all’asta può essere richiesta e concessa nei seguenti casi:

A)      l’opera da sanare è conforme agli strumenti urbanistici in vigore sia al tempo di commissione dell’abuso che al momento della presentazione della domanda (c.d. doppia conformità – art. 46);

B)       le ragioni del credito sono precedenti all’entrata in vigore della legge sul condono (art. 40 l. n. 47/1985);

C)       le opere abusive che non possono essere demolite vanno indennizzate come è stato innanzi descritto.

Avv. De Luca Maria Teresa

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