Per lo ordinario erra più chi delibera presto che chi delibera tardi; ma da riprendere è sommamente la tardità nell’eseguire, poi che si è fatta la risoluzione.
Francesco Guicciardini (1483-1540)
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La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria per il 2007) ha anticipato al 1 gennaio 2007 l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 252/2005 sulla “Disciplina delle forme pensionistiche complementari) secondo il quale il trattamento di fine rapporto è chiamato a rappresentare un accantonamento per la vecchiaia che possa integrare pensioni pubbliche inevitabilmente sempre più basse, fornendo al lavoratore rendimenti di capitale gestito, anziché fissati per legge. In altre parole, il Tfr servirà a rafforzare la previdenza integrativa largamente sottosviluppata nel nostro paese.
L’art. 2.1 D.lgs 252/2005 individua quindi i destinatari della riforma nelle seguenti tipologie di lavoratori:
– i lavoratori dipendenti nel settore privato;
– i lavoratori assunti in base alle tipologie contrattuali previste dal D.lgs. n. 276/03;
– i lavoratori autonomi;
– i liberi professionisti;
– i lavoratori soci di cooperative;
– i soggetti che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari.
Naturalmente, la specifica disciplina sul conferimento del Tfr alle forme pensionistiche complementari trova applicazione solo con riferimento ai lavoratori dipendenti(
[1]).
Gli articoli 8 e 9 del D.Lgs. n. 252/2005 regolano le procedure di espressione della volontà del lavoratore circa la destinazione del Tfr maturando e l’istituzione della forma pensionistica complementare residuale presso l’Inps.
In base a tale decreto, i lavoratori possono effettuare le seguenti scelte: scelta esplicita verso un fondo pensione; mancata scelta (silenzio – assenso); scelta di mantenere la prestazione Tfr e quindi mantenere il Tfr maturando presso l’impresa se questa ha meno di 50 addetti o, qualora questa abbia almeno 50 dipendenti, conderirlo al Fondo per il Tfr presso l’Inps(
[2]). Prima di procedere ad una disanima delle possibili opzioni fruibili dai dipendenti interessati vorrei chiarire l’essenza del fondo pensione.
I fondi pensione sono gli organismi che hanno lo scopo di erogare ai lavoratori iscritti una pensione aggiuntiva a quella obbligatoria. La normativa prevede inoltre che prima dell’adesione, al fine di tutelare gli iscritti e di consentire una scelta meditata e consapevole, debba essere consegnata la documentazione informativa riguardante in particolare i costi complessivi connessi alla partecipazione al fondo pensione, le modalità di gestione finanziaria, i rischi connessi all’investimento, i rendimenti conseguiti(
[3]). La totalità dei fondi pensione viene regolamentata per legge dalla Covip, cioè l’Autorità pubblica istituita per garantire la trasparenza e la correttezza nella gestione delle forme pensionistiche complementari, la tutela degli iscritti e dei beneficiari e il buon funzionamento del sistema di previdenza complementare.
Vi sono diversi tipi di fondi pensione. La distinzione più importante è quella tra fondi collettivi (chiusi o aperti) e fondi individuali. I fondi collettivi aperti sono quelli basati su contratti o accordi collettivi, anche aziendali, stipulati tra rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, oppure previsti da regolamenti aziendali per specifiche categorie. Tali fondi possono essere chiusi quando vi possono accedere solo i lavoratori appartenenti a una data azienda o categoria. Sono aperti quando, in via generale, vi possono partecipare lavoratori di comparti produttivi differenti.
I fondi pensione individuali prevedono invece un’adesione su base individuale, realizzata mediante sottoscrizione di un contratto di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali(
[4]).
In base all’art. 8 comma7 lettera a), ciascun lavoratore dipendente del settore privato può quindi scegliere, compilando un apposito modulo (TFR1 e TFR2) se destinare il proprio Tfr maturando alle forme pensionistiche complementari o mantenerlo presso il datore di lavoro(
[5]). Per effettuare tale scelta i dipendenti hanno sei mesi di tempo dal 1° gennaio 2007 se assunti prima del 31/12/2006 o, dalla data di prima assunzione, se assunti dopo il 31/12/2006 per manifestare la propria scelta circa la destinazione del Tfr maturando.
I dipendenti, in base all’art. 8 comma 7 D.Lgs. n. 252/2005 hanno a disposizione sostanzialmente tre possibili opzioni:
-scelta esplicita verso un fondo pensione;
– mancata scelta (silenzio – assenso);
– scelta di mantenere il tfr e quindi mantenere il Tfr maturando presso l’impresa, se questa ha meno di 50 addetti, o conferirlo al Fondo della Tesoreria dello Stato per l’erogazione del gestito dall’Inps se l’impresa ha almeno 50 dipendenti.
Gli effetti delle scelte variano, oltre che in ragione di tali opzioni, anche a seconda che il lavoratore abbia un rapporto di lavoro in essere al 31 dicembre 2006; abbia un rapporto di lavoro instauratosi successivamente al 31 dicembre 2006; sia di prima occupazione anteriormente al 29/04/1993(
[6]).
I dipendenti assunti in data antecedente al 31 dicembre 2006 possono quindi optare, attraverso la compilazione del modulo TFR1 di destinare il proprio Tfr maturando ad un fondo pensione prescelto o di mantenerlo presso il datore di lavoro. I dipendenti assunti dopo la data del 31 dicembre 2006 sono invece tenuti alla compilazione del modulo TFR2 entro sei mesi dalla data di assunzione. In entrambi i casi, qualora l’azienda in cui il dipendente sia occupato impieghi almeno 50 dipendenti, il versamento del Tfr al fondo Tesoreria dell’Inps sarà effettuato dal datore di lavoro e riguarderà anche le somme maturate dal 1° gennaio 2007 fino alla data del versamento ( nel caso si assunzione posteriore al 31-12/2006 saranno versate tutte le somme accantonate dalla data di assunzione).
Se entro il 30 giugno 2007 il lavoratore non esprime alcuna indicazione relativa la destinazione del Tfr, tale silenzio viene interpretato come manifestazione tacita della volontà di aderire alla previdenza complementare. L’art. 8 comma 7 let b) prevede a questo riguardo che il datore di lavoro trasferisca tale Tfr maturando alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, o ad altra forma collettiva individuata con un diverso accordo aziendale, se previsto. In caso di presenza di più forme pensionistiche il Tfr maturando è trasferito, salvo diverso accordo aziendale, a quella alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda. Qualora infine non sia possibile risalire ad una forma pensionistica collettiva individuabile sulla base di tali criteri allora il datore di lavoro trasferirà detto Tfr presso un’apposita forma pensionistica complementare istituita presso l’Inps, denominata FONDINPS. Da rilevare è, in questo caso, la preferenza da parte del legislatore per l’incanalamento del Tfr entro un fondo pensione, seppur con gestione a carattere prudenziale, quando invece avrebbe potuto permettere al dipendente che non avesse espresso la propria volontà di lasciare il Tfr in azienda. Altro fatto da rilevare per la grande importanza che esso viene a rivestire sul futuro dei dipendenti è che il D.Lgs. n. 252/2005 preveda la possibilità, per un lavoratore che in un primo tempo abbia optato per mantenere il proprio Tfr in azienda, di poter aderire in un periodo di tempo successivo ad un fondo pensione, mentre non è annoverata la possibilità di poter tornare sulle proprie scelte una volta che si è aderito ad un fondo. Da qui si capisce l’estrema importanza delle scelta dei dipendenti e le sue importanti ricadute sul futuro degli stessi.
I dipendenti la cui prima occupazione è antecedente al 29 aprile 1993 che, alla data del 31 dicembre 2006 non versano Tfr ad alcuna forma di previdenza complementare possono decidere di versare ad un fondo collettivo tutto il Tfr maturando oppure una percentuale prevista dagli accordi collettivi applicati al rapporto di lavoro. In mancanza di accordi collettivi che dispongano in merito al conferimento del Tfr devono versare almeno il 50% del Tfr futuro (art.8 comma 7, lett. C)). La quota di Tfr futuro non conferita resta in azienda oppure, in caso di azienda con almeno 50 dipendenti, viene versata al Fondo della tesoreria dello Stato per l’erogazione del Tfr istituito presso l’Inps. Qualora invece i dipendenti siamo già iscritti alla previdenza complementare al 21/12/2006 anche tramite conferimento di una quota di tfr, possono decidere di versare la restante quota di Tfr futuro al fondo al quale già aderiscono o di tenere il Tfr in azienda, se questa occupa meno di 50 dipendenti o al fondo per la gestione del Tfr presso l’Inps, qualora abbia alle proprie dipendenze almeno 50 lavoratori. In caso di silenzio – assenso il datore di lavoro procede a versare la restante parte di Tfr al fondo al quale già aderiscono i dipendenti.
In conclusione di questo breve scritto vorrei evidenziare che il dipendente ha effettivamente diritto all’erogazione della pensione complementare dopo almeno 5 anni di iscrizione ad una forma di previdenza complementare e solo dopo aver maturato i requisiti di accesso alla pensione obbligatoria pubblica.
Altro fatto da sottolineare è la reale e fondamentale importanza dell’adesione ad un fondo pensione che consenta di compensare il consistente ridimensionamento subito dalle prestazioni proprie della previdenza obbligatoria, soprattutto per la fascia di popolazione più giovane che, come lo scrivente, rientra totalmente nel sistema pensionistico contributivo.
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Laureato in Relazioni di Lavoro – Università di Modena e Reggio Emilia.
[2] Torcello, M. (2007),
Tfr e previdenza complementare: la nota di Confindustria sui decreti attuativi (Guida al lavoro del sole 24 ore n. 8 16 febbraio 2007), ed. Il sole 24 ore, Milano, p.20.
[3]Opuscolo informativo edito dal ministero del lavoro e della previdenza sociale,
TFR, scegliere oggi pensando al futuro p. 4.
[4] Magistà. A., Mania, R. ( a cura di) (2007),
Il manuale del Tfr, come costruire la propria pensione, ed. Manuali di Repubblica, Roma, p. 11.
[5] AA.VV (2007) Una guida indipendente per il tfr, in TuaPensione.it, p. 3.
[6]Torcello, M. (2007),
Tfr e previdenza complementare: la nota di Confindustria sui decreti attuativi (Guida al lavoro del sole 24 ore n. 8 16 febbraio 2007), ed. Il sole 24 ore, Milano, p.20.
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